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Autore: TenthLover    17/08/2015    3 recensioni
Questa storia tratta di un ragazzo di 25 anni, Cole, reduce da una delusione d'amore. Incontra un ragazzino, Dylan, apparentemente molto infantile. Decisamente non è il suo tipo. Nonostante questo, forse questo ragazzino potrebbe essere in grado di cambiarlo.
DAL CAPITOLO 1
Dylan si mise a sedere su uno dei tavoli accanto a me. Lo guardai male ma mi ignorò.
-Com'è essere gay?
-Bé, proprio come le leggende. Mangiamo, dormiamo, lavoriamo e a ogni luna piena ci trasformiamo in licantropo.
-Davvero molto divertente. Ma, insomma... fa male? Il... sai...
Ecco un altro ragazzino che crede che l'omosessualità sia chissà cosa. Non era la prima volta che ricevevo domande del genere.
-Cosa ti fa credere che sia io il passivo?
-Non lo so, lo sei?
-Credo dovrà rimanerti la curiosità.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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DRIIIN DRIIIN

 

Il suono della sveglia mi fece sobbalzare. La luce che entrava dalla finestra colpì con violenza i miei occhi e fui costretto a chiuderli. Decidere di mettere il letto proprio di fronte alla finestra è un'idea di cui mi pento ogni mattina. Cercai di mettere a fuoco la stanza intorno a me: riuscii a distinguere le coperte verdi stropicciate che mi erano state regalate da mia madre, il muro di un bianco ormai ingiallito coperto a tratti da qualche fotografia della mia infanzia, la mia amata scrivania coperta di fogli e il grande armadio di legno riempito solo da pochi vestiti. La camera era spoglia e comunque la maggior parte delle cose che conteneva non erano state decise da me. Nonostante mia madre non abitasse con me, ci teneva particolarmente a vedere delle fotografie in giro per casa. Anche la tenda verde era stata messa da mia madre. “Sta bene con il copriletto”, disse. Nonostante la stanchezza decisi di alzarmi e di non fare come sempre tutto di fretta. Almeno per quella mattina, non era compito mio aprire il bar quindi riuscii a dormire qualche minuto in più. Magra consolazione considerando che non avrei voluto lasciare quelle lenzuola. Avrei preferito dormire tutto il giorno, non uscire più di casa. Gli ultimi giorni non erano stati dei migliori. Solitamente sono un tipo che ama stare da solo ma mi ero ormai abituato alla presenza costante di Jonathan nella mia vita. Non invadeva i miei spazi e non stavamo molto insieme, ma... mi piaceva. Era una delle pochi costanti nella mia vita. Vivevo alla giornata, non avevo nessuno scopo preciso. La luce lampeggiante sullo schermo del mio cellulare attirò la mia attenzione. Era un SMS di un mio collega, Zack.

Ehi Cole, sbrigati che ti aspetta una bella sorpresa”.

Una bella sorpresa? Detto da lui mi risulta davvero preoccupante. Decisi di non pensarci e afferrai i vestiti messi da parte il giorno prima per prepararmi. Mi lavai, mi vestii e mangiai un boccone veloce prima di andare a lavoro. Avevo avuto la fortuna di trovare un lavoro vicino a casa mia. La paga non era esaltante ma per un venticinquenne che vive da solo era più che sufficiente. Legai i capelli con un elastico e, dopo aver preso la borsa, mi diressi al bar. Per questo lavoro la lunghezza della mia capigliatura non era l'ideale ma non ci prestavo più di tanto attenzione. Preferivo lasciarli lunghi nonostante le occhiatacce che ogni tanto ricevevo per strada.

Nonostante fossero già le 8:00, il quartiere era deserto. Abitavo in un piccolo paesino quindi la cosa non mi sorprese più di tanto. Non mi dispiaceva questa vita. Non avrei voluto dover fare conversazione già di prima mattina e anche con persone che non rientravano tra le mie favorite. Decisi di fumare una sigaretta, consapevole che non avrei potuto farlo per un po'. Sentii il fumo riempirmi i polmoni e vidi le prime nuvole che iniziavano ad affacciarsi da dietro le montagne. L'estate era appena iniziata ma non mi avrebbe sorpreso se avesse iniziato a piovere. In vista dell'entrata, buttai via la sigaretta. Il bar si chiamava Diamond. Più che il nome di una bar a me sembrava il nome di un night club. Nonostante questo, era un bel posto. Io stesso lo frequentavo prima di iniziare a lavorare e questo fu anche un vantaggio per me conoscendo abbastanza bene sia i servizi che offrivano che i prezzi. Inoltre, la maggior parte dei tavoli erano fuori quindi l'interno non era troppo rumoroso. Una volta entrato, Zack mi raggiunse subito.

-Ehi amico, mi dispiace. Credo che oggi non avere il primo turno per te sia stata una sfortuna.

-Cosa vorresti dire? Che avete combinato?

Mi diressi in uno stanzino dove chi lavorava lì posava le proprie cose e si cambiava. Alla fine erano comunque quattro mura che contornavano borse e grembiuli. Zack mi seguì dato che comunque il bar era vuoto.

-Come accidenti fate a legare questo grembiule da soli?

Nella stanza ci trovai un ragazzo che non conoscevo. Sembrava avere massimo 15 anni. Aveva i capelli folti e rossi. Gli occhi verdi erano contornati da qualche lentiggine su una carnagione molto chiara. Aveva un aspetto particolare, non lo avevo mai visto. Comunque, me lo sarei ricordato. In quel momento, stava praticamente litigando con un grembiule.

-Zack, chi è il ragazzino?

Alla mia frase, si girò con un'espressione profondamente offesa e irritata.

-Ehi, con chi credi di parlare?! Ho 20 anni e ho un nome!

-Tu? 20 anni? Tra cinque anni forse.

Poggiai una mano sulla sua testa per rimarcare il fatto che arrivasse fino alle mie spalle. Quello lo fece arrabbiare ancora di più e la schiaffò via. Probabilmente lo scambiavano spesso per un ragazzino. Non intendevo essere offensivo, era solo un'osservazione. Anche lui doveva essere consapevole di avere l'aspetto di un ragazzino. Magari stava dicendo la verità, ma ai miei occhi rimaneva un bambino.

-Non so se stia per venirti il ciclo ma non per questo dovresti tormentare chi non conosci, Missy!

-Missy? Senti, oggi non è giornata ragaz-!

-Cole, vedi di piantarla anche tu. Questo ragazzo si chiama Dylan ed è la sorpresa di cui ti stavo parlando. Da oggi inizierà a lavorare qui e... indovina chi sarà il suo tutor? Congratulazioni!

Zack si dileguò dopo avermi dato una pacca sulla spalla. Dylan non sembrava più di tanto sorpreso, probabilmente glielo avevano già anticipato.

-Ehi Zack, spero tu stia scherzando!

In mancanza di risposta, sospirai mettendomi il grembiule. Mancava soltanto questa. Vidi il ragazzino che ancora cercava di indossare il suo quindi decisi di aiutarlo. Vederlo così goffo mi faceva irritare. Oltretutto, ero l'ultima persona che aveva iniziato a lavorare lì. Perché toccava a me fare da tutor?

-Hai anche un nome da ragazzino.

-Ehi, adesso piantala!

-Va bene, va bene, senti. Oggi non sono affatto dell'umore e soprattutto non ho proprio voglia di insegnare a qualcuno questo mestiere, a te in modo particolare. Cerca di non ostacolarmi troppo e forse andremo d'accordo.

-Che problema hai che ha peggiorato il tuo umore? Il fidanzato ti ha lasciato?

Probabilmente Dylan decise di usare il maschile per prendermi in giro o per alludere nuovamente al fatto che io sia una donna in mancanza di altri insulti. Nonostante questo, era proprio ciò che era successo ma non avevo per niente voglia di parlarne. Decisi di lasciar cadere l'argomento. Lì tutti sapevano della mia sessualità, prima o poi l'avrebbe comunque capito da solo. Non risposi alla domanda e uscii dallo stanzino.

-Cos'è, ho indovinato?

Il ragazzo iniziò a seguirmi. Ero il suo tutor, quindi era giusto che lo facesse ma mi irritò parecchio. Lasciai di nuovo cadere la sua domanda cercando di tenerlo occupato.

-Sei capace di lavare un tavolo?

Gli diedi il necessario mettendomi poi a sistemare la merce che era appena stata consegnata. Zack iniziò a servire i primi clienti, i bambini che dovevano andare a scuola e chi doveva recarsi a lavoro. Per un po' di ore non ci sarebbero stati molti clienti. Gli orari più difficili erano quelli pomeridiani. Rivolsi nuovamente lo sguardo a Dylan e lo vidi intento a cercare di pulire una macchia che ormai faceva praticamente parte del tavolo da tempo. Mi lasciai scappare una lieve risata. Per un attimo mi fece tenerezza. Andai da lui e fermai il suo braccio.

-Quella macchia è lì da tempo, è inutile che ti stanchi per niente.

-Non potevi dirmelo prima?

-Bé, scusa tanto.

Ricominciai a sistemare la merce quando Dylan iniziò nuovamente con le sue congetture.

-Quindi... sei gay?

-E questo da cosa lo avresti dedotto, Sherlock?

-Non saprei. Forse i capelli lunghi? Le mani delicate? O magari perché non hai risposto alla mia domanda di prima?

-Molto divertente. Ebbene sì, lo sono. Ti crea problemi?

-Mmh, non direi. Però sono curioso.

Dylan si mise a sedere su uno dei tavoli accanto a me. Lo guardai male ma mi ignorò.

-Com'è essere gay?

-Bé, proprio come le leggende. Mangiamo, dormiamo, lavoriamo e a ogni luna piena ci trasformiamo in licantropo.

-Davvero molto divertente. Ma, insomma... fa male? Il... sai...

Ecco un altro ragazzino che crede che l'omosessualità sia chissà cosa. Non era la prima volta che ricevevo domande del genere.

-Cosa ti fa credere che sia io il passivo?

-Non lo so, lo sei?

-Credo dovrà rimanerti la curiosità.

Raccolsi gli scatoloni e uscii per portarli nel retro del locale.

-Ehi, non fare lo stronzo!

Puntualmente, Dylan mi seguì. Iniziò a diventare irritante.

-Ehi, senti, ti dispiace seguirmi solo se hai bisogno per il lavoro?

-Wow, proprio non vuoi socializzare. Bene, ti giustifico solo perché hai problemi di cuore.

Con questo, entrò. Mi dava fastidio che, almeno in parte, sapesse i fatti miei ma ci passai sopra. Continuai a lavorare sentendo costantemente addosso gli occhi del nuovo arrivato. Non sapevo se fosse per curiosità o solo per irritarmi ma comunque continuò a farmi domande su domande.

-Se fossi gay mi chiederesti di uscire?

-Direi proprio di no.

-Eh? Ma che cattivo! Guarda che ho successo con le ragazze.

-Ciò non significa che tu debba averlo anche con i ragazzi.

Risi e continuai a lavorare. Sembrò mettere su il broncio ma non riprese il discorso. In realtà lo trovavo un ragazzo molto carino ma per il resto non era il mio tipo. Stando con lui sarei costantemente irritato.

 

***

 

Per tutta la giornata, ebbi la possibilità di osservarlo. Si dimostrò un ragazzo molto diretto e socievole un po' con tutti. Ai clienti piacque. Con il passare delle ore iniziai ad abituarmi ai suoi modi di fare, tanto che non rimasi sorpreso nemmeno quando mi chiese se avessi mai fatto una cosa a tre mentre lavavo i bicchieri. Nonostante questo, però, mi sembrò allo stesso tempo anche un ragazzo timido. In giornata si era messo in testa di imparare a fare un frullato e dopo esserci riuscito mi venne automatico scompigliare i suoi capelli per congratularmi. Questo gesto deve averlo imbarazzato perché il suo viso divenne del colore dei suoi capelli. In fondo forse non era un tipo così fastidioso nonostante si impegnasse per cercare di farmi mantenere proprio quell'impressione.

-Ehi, ha iniziato a piovere. Zack ha detto che abitiamo vicini, mi dai un passaggio?

Proprio quando credevo che mi sarei liberato di lui, eccolo che torna.

-Sono a piedi anch'io.

Dopo aver preso la borsa, presi l'ombrello che portavo sempre e comunque con me.

-Mmh... però hai quello. Dai, ti prego!

Iniziò a scuotermi il braccio e a supplicarmi finché non dovetti arrendermi. Tanto erano pochi metri.

-Va bene, va bene.

-Grande!

Mi sorrise e prese le sue cose. Non lo avevo mai visto sorridere così durante il giorno. Devo ammettere che lo faceva sembrare davvero carino. Sorrisi tra me e me e uscii aprendo l'ombrello. Dylan mi seguì attaccandosi a me.

-Wow, piove più forte di quanto pensassi.

-Già.

Vidi Dylan un po' rigido mentre camminavamo per la strada. Avevo iniziato a vederlo così dopo che la pioggia aveva iniziato a battere sul mio ombrello. Forse era solo una mia impressione ma lo sentivo sobbalzare a ogni tuono. Che avesse paura?

-Ehi, per caso hai paura?

-Non dire sciocchezze! E' solo che... i tuoni sono improvvisi.

-Ma se i lampi praticamente è come se ti avvertissero.

-Senti, chiudi il becco.

Lo sentii stringersi a me e sorrisi. Non ero mai stato in un'intimità del genere con qualcuno. Il mio rapporto con Jonathan non era mai stato così ravvicinato se non per il sesso. Decisi di mettergli un braccio intorno al collo per farlo sentire più protetto. Lo sentii rilassarsi, o forse era anche quella una mia impressione. Rimasi molto sorpreso da questa parte di lui. Lo conoscevo solo da un giorno ma non credevo che in una sola persona potessero essere racchiuse caratteristiche apparentemente così diverse tra loro. Arrivai alla conclusione che forse le cattive impressioni che mi aveva dato dipendevano tutte dal mio umore.

Cercai di farlo distrarre.

-Bé, allora... cosa ti piace fare a parte fare domande e ficcanasare?

-Scusa tanto se sono curioso. Bé, gioco ai videogame, esco con gli amici e leggo.

-Wow, tu leggi?

-Ti sembra così strano?

-Solo un pochino.

Non credevo che Dylan fosse il tipo da lettura. Questo mi ricordò che a casa dovevo ancora terminare il capitolo della mia storia. Mi piaceva molto scrivere. Non lo facevo per lavoro, non ero sicuramente all'altezza nonostante mi sarebbe piaciuto. In ogni caso, era una cosa che mi rilassava molto. Non avevo una vita molto attiva ed entusiasmante. Scrivere in qualche modo mi faceva immedesimare e fingere che la vita dei personaggi che io stesso stavo scrivendo potesse essere la mia vita, che le loro avventure fossero anche le mie.

-Leggere mi rilassa.

-Davvero? Anche scrivere è rilassante.

-Oh, quindi sei una specie di scrittore?

-Direi di no. Ogni tanto butto giù qualche riga nel tempo libero.

Non mi sembrò molto convinto e in effetti era una bugia. Scrivevo praticamente in ogni momento libero della giornata. Piccole storielle fino a interi racconti.

-Ecco, questa è casa mia.

I miei pensieri furono interrotti da Dylan.

Mi avvicinai all'entrata della casa da lui indicata e mi fermai aspettando che entrasse ma non lo fece.

-Dylan, tutto okay?

Il ragazzo si limitò a stringere la mia giacca e a rimanere col viso basso. Sospirai lievemente e guardai le finestre per cercare qualche luce accesa.

Probabilmente aveva paura di stare in casa senza nessuno.

-Sei a casa da solo?

Annuì. Sospirai nuovamente e decisi che era troppo carino per lasciarlo solo e spaventato.

-Vuoi farmi entrare?

-Eh? Vuoi? Certo!

Sembrò tornare lo stesso di sempre con quel suo largo e nuovo sorriso. Aprì la porta di casa e mi lasciò entrare chiudendosi poi la porta alla spalle.

-Uhm, carina.

-Grazie.

Era una situazione un po' imbarazzante, non sapevo cosa dire. Solitamente nell'arco di tutta la giornata era stato lui e prendere discorso ma sembrò essere a corto di cose da dire. Mi portò in una stanza che sembrò essere il salotto e accese il camino. Cercai l'interruttore della luce ma fu comunque inutile perché non c'era elettricità probabilmente a causa del temporale.

-Ottimo.

-Non si accende?

-Già.

Dylan si mise a sedere sul divanetto davanti al camino e io feci lo stesso. Sembrava particolarmente a disagio e rigido. Il temporale sembrava solo peggiorare.

-Uhm, hai della cioccolata calda?

-In cucina, perché?

-Posso prepararne un po'?

-Certo.

Mi alzai e andai nella stanza indicata da Dylan. La cioccolata calda potrebbe calmarlo e poi sarebbe l'ideale per una giornata d pioggia. Sentii dei passi dietro di me e vidi che mi aveva raggiunto. Silenziosamente, si limitò ad appoggiarsi al mobile accanto a me mentre io preparavo la bevanda calda. La cucina si riempì dell'odore dolce della cioccolata contornata dal ticchettio di un orologio e dalla pioggia che insistente continuava a battere sui vetri. Dylan mi sembrò a disagio ma in fin dei conti lo ero anch'io. Dopo averla preparata, gli avvicinai la tazza che prese con un sorriso forzato. Dal suo modo di fare credo che possa esserci un motivo per questo suo timore e che non sia solo il capriccio di un bambino. Non volevo costringerlo a parlare ma non potevamo nemmeno rimanere in silenzio tutta la sera. Era anche andata via la luce quindi non ci sarebbe stato nemmeno il rumore del televisore in sottofondo a tenerci compagnia. Tornando in salotto, diedi nuovamente un'occhiata alla casa. Era piena di mobili e soprammobili e anche numerose fotografie. Probabilmente, Dylan viveva con i suoi genitori. Mi misi a sedere insieme a lui e presi tra le mani la fotografia di un bambino coi capelli rossi arruffati.

-Questo sei tu, vero?

-Già, avevo tre anni.

Si avvicinò a me come se l'argomento avesse catturato il suo interesse. Tenne la tazza con entrambe le mani e soffio prima di iniziare a parlare.

-Quella è la mia prima cameretta. Io e la mia famiglia ci siamo trasferiti molte volte ma quella rimane la mia preferita. Era molto luminosa e piena di giochi. Quel peluche si chiamava Dana.

-Dana?

-In realtà doveva essere Diana, o almeno così dissero i miei genitori ma in quel periodo non sapevo ancora parlare.

Al ricordo iniziò a ridere e io feci lo stesso. Nonostante questo si spense subito e iniziò a bere la sua cioccolata.

-Senti Dylan, va tutto bene? Mi sembri una persona totalmente diversa. Che ne è delle tue domande?

Non volevo forzarlo a parlare ma volevo almeno dargli la possibilità di farlo.

-Non mi piacciono i temporali.

-Oh ma davvero?

-Senti, non sfottere!

Mi lanciò un cuscino e si mise a braccia conserte.

-Okay, scusa, me lo sono meritato. Ma non c'è nulla di cui preoccuparsi.

Gli accarezzai la testa cercando di consolarlo. Non ero molto bravo in queste cose ma sembrò tranquillizzarsi un po'. Vidi anche il rossore pian piano formarsi sulle sue guance e sorrisi.

-Vieni qui, avanti.

Posai la tazza e aprii le braccia aspettando che si avvicinasse. Solitamente gli abbracci da bambino mi calmavano. Non credevo che avrei mai potuto provare tenerezza per quel ragazzino che fino a poche ore prima mi era sembrato così irritante. Non pensavo potesse avere un lato così carino.

Mi guardò un po' confuso.

-Uhm... è una cosa da gay?

-Ma non fare il cretino.

Decisi di tirarlo a me e lo abbracciai posando anche la sua tazza semi-vuota. Si irrigidì un po' ma alla fine si lasciò andare e appoggiò il viso al mio petto. Sentii i suoi capelli sfiorarmi il viso ed era una sensazione che non avevo mai provato.

-Mi farai leggere un tuo racconto un giorno.

Annuì alla sua domanda.

-Un giorno, forse.

Nessuna aveva mai letto le mie storie o comunque nessuna aveva mai provato interesse. Come risposta, mi sorrise e mi strinse. Iniziai ad accarezzargli il braccio fino a quando il suo respiro non divenne più profondo. Si era appisolato tra le mie braccia tenendo la mia giacca stretta tra le dita. Sorrisi tra me e me. Era una visione davvero adorabile. Non era affatto il mio tipo, anzi era abbastanza irritante ma... in quel momento la visione di quel corpicino contro il mio mi scaldò il cuore. Sentii una sensazione che non avrei più voluto provare ma la ignorai. Chiusi gli occhi e mi addormentai anch'io col suono della pioggia che picchiettava sulle finestre.

 

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Buon pomeriggio ^^ Ho deciso di modificare un po' il primo capitolo, buona lettura o ri-lettura, spero vi piaccia e che vogliate lasciare un commento ^^

  
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