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Autore: Helena Kanbara    18/08/2015    4 recensioni
[Missing moment da collocarsi più o meno dopo la scena Sizzy del capitolo 14 di Città di vetro]
Simon sembrava ancora così umano. E lo era: era meravigliosamente umano. Nonostante tutto. Aveva un cuore immobile, ma che ancora provava sentimenti ed emozioni. Amore, comprensione, compassione…
«Non è stata colpa tua», le aveva detto. E Izzy l’aveva sentito credere così tanto a quelle parole che sapeva bene che se fosse stata un po’ più lucida e meno accecata dal dolore della perdita, quasi gli avrebbe creduto a sua volta.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Izzy Lightwood, Simon Lewis
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Un accecante raggio di sole colpì il viso ancora un po’ pallido di Isabelle Lightwood, rendendola all’improvviso ben più sveglia di quanto avrebbe voluto. Avrebbe preferito potersi crogiolare ancora un po’ in quel suo stato di piacevole e rilassato dormiveglia, ma a quanto pareva quella giornata non le avrebbe permesso altra tranquillità. Era mattina; l’inizio di un nuovo giorno dal quale non era sicura che sarebbe uscita viva. Proprio come era successo a…
L’immagine di suo fratello Max le riempì gli occhi lucidi all’improvviso ed Izzy li serrò, convinta che così facendo avrebbe potuto non vederlo più. Ma l’immagine di suo fratello era ancora lì dietro le sue palpebre e le bruciava come fuoco vivo, tanto che Isabelle sentì gli occhi dolere e riempirsi di lacrime ancor di più. Oh, ma non avrebbe pianto. Non ancora. Non di fronte a Simon.
Simon. Izzy pronunciò il suo nome in un sussurro stupito – quasi senza rendersene davvero conto – ricordando solo in quel momento che Simon fosse ancora lì. Era rimasto accanto a lei, l’aveva accontentata permettendole di “distrarsi”, era stato l’unico ad avere l’ardore di andarla a cercare e non mollare. Izzy sapeva che Simon non sarebbe tornato a casa finché lei non gli avesse permesso di parlarle – non era proprio il tipo che mollava finché non aveva ottenuto ciò che voleva – e per questo gli aveva permesso di entrare. Per questo gli aveva permesso di averla.
Si era totalmente consegnata a lui, quella notte. Era convinta che distrarsi le avrebbe fatto bene, che bastasse passare la notte con un vampiro carino per scacciare dalla mente il pensiero di suo fratello Max e dal cuore l’immensa sofferenza causata dalla sua morte improvvisa e ingiusta. Ma alla fine quella notte con Simon non le era servita a granché, per quanto si fosse stupidamente illusa del fatto che dopo quello, tutto sarebbe tornato al suo posto. Che subito avrebbe ripreso a stare bene.
Semplicemente si era sfogata, nascondendo le sue lacrime contro il petto di Simon, che – a disagio come mai prima in vita sua – aveva fatto finta di niente, mascherando i suoi tocchi sul viso di Izzy per asciugarle le guance come semplici carezze. E lei alla fine si era addormentata, proprio lì tra le sue braccia, quasi come se nulla fosse. Ma ora che era di nuovo sveglia e priva di distrazioni, Isabelle dovette fare i conti con la realtà e capì subito: il dolore era ancora tutto lì, alla base del suo cuore sanguinante. Izzy lo sentiva più forte e terribile che mai, come se fosse un serpente che con le sue spire avvolgeva sempre più stretto il cuore della Cacciatrice. E Izzy sapeva bene che il suo cuore non ce l’avrebbe fatta a sopportare tutto quel dolore – non quella volta – sapeva che ne sarebbe uscito in mille pezzi.
Ma non era riuscita a pensarci, quella notte. Simon l’aveva distratta sul serio, se ne rese davvero conto solo in quel momento. Simon l’aveva tenuta lontana dalla sofferenza per almeno qualche ora, per quanto per lui fosse difficile e imbarazzante stare nella situazione in cui lei l’aveva trascinato. Izzy l’aveva sentito restare immobile nel letto almeno finché non aveva preso sonno, ma alla fine – dopo infiniti sforzi – doveva essere riuscito ad addormentarsi a sua volta, perché Isabelle lo osservò al suo fianco, tranquillo e illuminato dai primi raggi di sole di quella mattina.
Isabelle si prese parecchio tempo per guardarlo, muovendosi al suo fianco il più lentamente possibile per non svegliarlo. Simon Lewis era ancora lì: le dormiva accanto, con una mano mollemente posata sul suo fianco e i ricci scompigliati proprio come quasi sempre. Mentre ancora lo osservava, rendendosi conto di come ancora il suo petto si sollevasse in respiri dei quali non aveva più bisogno essendo un vampiro, Izzy allungò una mano verso i suoi capelli e vi intrecciò le dita, come già aveva immaginato di fare un sacco di altre volte durante la notte precedente.
Simon sembrava ancora così umano. E lo era: era meravigliosamente umano. Nonostante tutto. Aveva un cuore immobile, ma che ancora provava sentimenti ed emozioni. Amore, comprensione, compassione…
«Non è stata colpa tua», le aveva detto. E Izzy l’aveva sentito credere così tanto a quelle parole che sapeva bene che se fosse stata un po’ più lucida e meno accecata dal dolore della perdita, quasi gli avrebbe creduto a sua volta.
Simon l’aveva fatta stare bene – anche se solo per poche ore, anche se Izzy ancora stentava a crederci. E forse proprio per quello aveva sentito quasi di dovergli donare se stessa. Forse proprio per quello gli aveva, inconsapevolmente, affidato il suo “cuore da riparare”, ben sapendo – nel profondo del suo animo da guerriera – che Simon Lewis non l’avrebbe mai sul serio lasciata sola né delusa come facevano sempre tutti. Ben sapendo che lui le sarebbe rimasto al fianco sempre, aiutandola a raccogliere i cocci del suo cuore infranto dal troppo dolore e a rincollarli insieme, uno alla volta.
   
 
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