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Autore: cryleshton    18/08/2015    2 recensioni
Dal testo:
«Il rumore della pioggia battente di Gennaio riempie la stanza, scandisce ogni secondo che passa, fa rilassare i nervi e i muscoli. Gocce come adamis liquida. Alec si rende conto di non avere più paura, di non voler più fingere di essere forte e insensibile. Ripensa al taccuino, quello che tiene chiuso nel primo cassetto del comodino, quello che racchiude la vita di Magnus. Ripensa ai discorsi di quella sera, di quanta felicità gli scorresse nelle vene sfogliando quelle pagine. Ripensa ai primi baci, alle prime risate, alle discussioni e alla rottura – così immatura da fargli venir voglia di sorridere. Un brivido, invece, lo attraversa e lui cerca di cacciarlo indietro – un riflesso involontario.
“A che pensi, Alexander?” ama essere chiamato in quel modo dallo stregone, come se quel nome, quelle poche lettere, potessero essere più potenti di qualsiasi incantesimo. Si tira su, occhi negli occhi, un’intensità tale da poter illuminare l’intera galassia. Scintille nello stomaco.
“Penso che il ‘per sempre’, confrontato con noi, è un tempo limitato.” sorride sornione e si sente leggero.»
Malec.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Merrily we fall out of line

Out of line.
I'd fall anywhere with you
I'm by your side.
 
La luce filtra luminosa dalle persiane non completamente abbassate. Colpa di Magnus, pensa Alec. Ha sempre avuto l’odiosa abitudine di lasciare uno spiraglio aperto, anche con venti gradi sotto zero, anche con il Sole alto nel cielo. Non importa quale stagione, ora o nazione sia, il Sommo Stregone di Brooklyn ha bisogno di essere bagnato un po’ dalla luce mattutina prima di aprire gli occhi, e diventa indisponente se non accade – tremendamente indisponente.
L’unico a svegliarsi, però, è il suo povero fidanzato.
Sbatte le palpebre.
Una.
Due.
Tre volte.
Si gira sul fianco destro e preme il gomito contro il materasso per guardare meglio il ragazzo con cui dorme ogni notte. Lo fissa per minuti che sembrano ore: studia ogni particolare, lo imprime a fuoco nella sua memoria. Lo conosce come le sue tasche, ma tutte le mattine trova una sfumatura diversa (migliore, peggiore) che alimenta il sentimento – quel sentimento puro e potente che li legherà per sempre.
Muove gli occhi blu cobalto di scatto, passando dai capelli neri e soffici ai piedi aggrovigliati nelle lenzuola, dal naso piccolo alle labbra socchiuse, dalle ciglia scure alle mani strette a pugno sotto al cuscino. La luce crea infinite ombre e giochi di colori sulla pelle d’ambra di Magnus. Se solo Alec fosse bravo la metà di Clary a disegnare, quello davanti ai suoi occhi sarebbe un soggetto perfetto. Quasi angelico, per ironia della sorte.

“La smetti di fissarmi mentre dormo, Alexander?” borbotta lo stregone con la voce roca e impastata dal sonno.
 
Swinging in the rain,
Humming melodies.
We’re not going anywhere until we freeze.
 
Lo sente irrigidirsi, il corpo più pesante sul materasso. Il suo Alec è così dal primo giorno, ogni volta che viene colto in flagrante, con la guardia abbassata, si congela, le emozioni sembrano abbandonarlo completamente. Come se lasciarsi trasportare dal cuore potesse romperlo in mille pezzi, come se sia suo dovere rimanere impassibile davanti a qualunque cosa. Magnus, però, sa – sa benissimo – che quella è solo una maschera. Una delle più fragili, a suo avviso, perché quegli occhi grandi e azzurri lo tradiscono sempre. Non capirà mai perché i mortali abbiano così paura di soffrire, perché cerchino di proteggersi a tutti i costi, anche preludendosi la possibilità di essere felici. Tanto prima o poi tutti vengono feriti – chi più, chi meno, non fa differenza. E’ inutile rimanere nella propria “safe zone” se nemmeno quella può tenerti al sicuro, pensa lo stregone sorridendo. Gli occhi costantemente chiusi.
Alec balbetta una delle tante scuse di sempre e a Magnus viene voglia di abbracciarlo e stringerlo contro il petto, sentire il battito accelerato del suo cuore e sfiorargli le guance fino ad avere i polpastrelli che bruciano.

“Mi stavi guardando, ma va bene. Ora vieni qui.” spalanca le braccia e si tira su a sedere. Sbatte le palpebre e gli occhi da gatto si posano famelici sulle guance arrossate dal calore delle lenzuola, le mani piccole e callose, da Cacciatore, e i polsini della felpa mangiucchiati dal nervosismo del ragazzo davanti a lui. Non esiste niente di più bello, ripete come un mantra mentre Alec gli si accoccola contro il collo.

Il corpo come velluto.
 
I'm not afraid anymore,
I'm not afraid.
Forever is a long time,
But I wouldn't mind spending it by your side.
 
Potrebbe stare ore così, Alec. Schiacciato su di Magnus, dita fra i capelli, respiro costante, regolare, baci sfuggenti che odorano di felicità permanente.
Potrebbe rimanere ore così, Alec. Il profumo accogliente e familiare nelle narici, la pelle scura e senza tempo mischiata alla sua, pallida e ancora troppo acerba. Il sorriso consapevole di chi vive alla giornata.

Significa che d’ora in poi faremo in modo che ogni giorno sia importante, ha detto Magnus quando sono tornati insieme, quando le piccole incomprensioni iniziali sono sparite, quando hanno capito entrambi che vivere senza l’altro è impossibile.

In fondo, non è poi per sempre un amore così?

Il rumore della pioggia battente di Gennaio riempie la stanza, scandisce ogni secondo che passa, fa rilassare i nervi e i muscoli. Gocce come adamis liquida. Alec si rende conto di non avere più paura, di non voler più fingere di essere forte e insensibile. Ripensa al taccuino, quello che tiene chiuso nel primo cassetto del comodino, quello che racchiude la vita di Magnus. Ripensa ai discorsi di quella sera, di quanta felicità gli scorresse nelle vene sfogliando quelle pagine. Ripensa ai primi baci, alle prime risate, alle discussioni e alla rottura – così immatura da fargli venir voglia di sorridere. Un brivido, invece, lo attraversa e lui cerca di cacciarlo indietro – un riflesso involontario.

“A che pensi, Alexander?” ama essere chiamato in quel modo dallo stregone, come se quel nome, quelle poche lettere, potessero essere più potenti di qualsiasi incantesimo. Si tira su, occhi negli occhi, un’intensità tale da poter illuminare l’intera galassia. Scintille nello stomaco.

“Penso che il ‘per sempre’, confrontato con noi, è un tempo limitato.” sorride sornione e si sente leggero.
 
Carefully we’ll place for our destiny,
You came and you took this heart
And set it free.
Every word you write and sing is so warm to me,
So warm to me.
I’m torn,
To be right where you are.
 
“Ricordi quando dissi che senza emozioni rischiamo di pietrificarci?” Alec annuisce piano, sempre zaffiro liquido al posto delle iridi. “Tu hai preso il mio cuore e gli hai dato una possibilità, lo hai reso libero. Io, con te, sono rinato.” lo sente tremare tra le sue braccia, le gambe si fanno rigide ma non si sposta – rimane incollato al suo petto e non è quello che Magnus si aspettava. Era già preparato ad una fuga, un “è ora di alzarsi” detto con il fiato spezzato e gli occhi di ghiaccio, impenetrabili. Invece, il naso piccolo e freddo di Alec si fa spazio tra il suo pigiama, fermandosi nell’incavo del collo. Iniziano a disegnare cerchi, linee, figure geometriche a caso, perfino rune incomprensibili. Il cuore di entrambi perde un battito. Il dolore si fa sentire, dopotutto muscolo strappato non torna mai come prima, ma ne vale la pena. Ogni tocco è un battito d’ali nello stomaco.

Nessuno dei due proferisce parola, chiudono gli occhi e si lasciano trasportare dai loro respiri calmi, precario quello del Cacciatore, eterno quello dello stregone.
All’improvviso Alec sorridere, soffocando una risata.

“Che c’è, ora?” sbuffa giocoso Magnus.

“Da quand’è che siamo così sdolcinati?” e poi ride, riempie la stanza e sovrasta il rumore secco della pioggia contro il vetro, addosso ai muri, sopra la città.

E’ il suono della mia vita, pensa il più grande ignorando volutamente l’altro e sorridendo di rimando.
Tell me everyday
I get to wake up to that smile.
I wouldn't mind it at all.

You so know me.
Pinch me gently.
I can hardly breath.
 
Eccolo, lo scopo di quella domanda: il sorriso.
Alec fissa rapito gli angoli della bocca carnosa di Magnus che si alzano verso l’alto, scoprendo i denti bianchi e perfetti. Guarda gli occhi splendere di una dolce felicità, illuminando gli occhi verde-oro. Ammira le rughe d’espressione, proprio accanto alle ciglia lunghe e scure, che lo rendono più umano, mortale quasi quanto lui. Si perde nei muscoli facciali che si distendono e portano via anni e anni di esistenza, raffigurandolo come un giovane e stravagante uomo. Un uomo tutto glitter e lustrini, ma pur sempre bellissimo. Un raggio di sole, agli occhi del più piccolo.

Mi togli il fiato, Bane, vorrebbe dire ogni volta Alec ma senza risultato. Forse è ancora troppo presto per lasciarsi andare. Forse è troppo tardi per diventare qualcun altro.

“Hai intenzione di oziare tutto il giorno?” domanda alla fine.

“Sono un libro aperto per te, non è vero?” è tutto quello che ottiene come risposta da Magnus.

Si china a baciarlo e si convince sempre di più che una vita separati non sarebbe mai degna di essere vissuta appieno. “Esatto, ma se non ti alzi sarò costretto ad usare la violenza.”

“Aku cintu kamu, figlio di Nephilim.”

Scoppiano a ridere entrambi, cadendo di nuovo sulle lenzuola di seta nera, perdendosi tra mille baci e cento altri ancora. Il mondo è grigio, ma con Magnus la vita è piena di colori.
 
«Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior.»
«Ti odio e ti amo. Ti chiederai come faccia. Non so, ma avviene ed è la mia tortura.»
   
 
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