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Autore: Blacket    18/08/2015    1 recensioni
[...] Non aveva età e riserbo, ma il sorriso si faceva più forte, e non importava che il tempo l’avesse sfiorato col suo passare- pareva fosse riuscito a domarlo per poco, poiché il vento poteva ancora afferrare i suoi ricci –non più così bruni!- e la pelle era ancora scura e baciata dall’estate.
-Sei piacevole, bambolina.-
Le scostò una ciocca dietro l’orecchio, ridacchiando placido, e parve che quel borbottio potesse esplodere come un vulcano, e che fosse il ringhio basso di un leone divertito e ancora forte. La osservò per bene, indugiando dove più gli parve opportuno.
-Ma ora vorrei mi accompagnassi dal dottore che ha in cura mio nipote. Voglio parlargli.- e l’infermiera balbettò, così circuita e schiaffeggiata da uno sguardo tanto prepotente, lucido e d’oro colato, così aggressivo e languido, -Ora.- [...]
[...] Alzò lo sguardo, realizzando con ritardo esasperante di aver davanti il cacciabombardiere del suo reggimento- ed era grande e voltato verso una porta, osservava una cartelletta e nulla più, tanto torvo e accigliato.
Ora andava vestito come un uomo di medicina. A Lucio parve ridicolo, rise. [...]
Genere: Commedia, Generale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Antica Roma, Germania Magna
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Trattarello sul caso e la casualità, di bla bla Personaggi: Lucio Cesare Vargas (Impero Romano), Gunther Ariovisto Beilschmidt (Magna Germania)
Tosca, appena nominata, era la moglie di Lucio.
Raiting del capitolo: verde



Trattarello sul caso e la casualità, di Ludwig Beilschmidt.


Ricordo il tempo in cui ancora dovevo sposarmi con Tosca, e la conoscevo poco meno della mia divisa logora e delle doppiette cariche che mi davano in mano. Ricordo la cenere, il fuoco, gli scoppi, i singulti e le mani livide dei soldati.


Vibrò un risolino imbarazzato, un mormorare deciso che voleva ostentare ritrosia, ma il volto arrossato dell’infermierina andava a tingersi più volte del sorriso caldo di quell’uomo tanto avvenente e sfacciato, “che pare avere addosso il sole secco, e forse le labbra sanno di mare”, sempre più stretta nella sua uniforme.
Non aveva età e riserbo, ma il sorriso si faceva più forte, e non importava che il tempo l’avesse sfiorato col suo passare- pareva fosse riuscito a domarlo per poco, poiché il vento poteva ancora afferrare i suoi ricci –non più così bruni!- e la pelle era ancora scura e baciata dall’estate.
-Sei piacevole, bambolina.-
Le scostò una ciocca dietro l’orecchio, ridacchiando placido, e parve che quel borbottio potesse esplodere come un vulcano, e che fosse il ringhio basso di un leone divertito e ancora forte. La osservò per bene, indugiando dove più gli parve opportuno.
-Ma ora vorrei mi accompagnassi dal dottore che ha in cura mio nipote. Voglio parlargli.- e l’infermiera balbettò, così circuita e schiaffeggiata da uno sguardo tanto prepotente, lucido e d’oro colato, così aggressivo e languido, -Ora.-
Picchiettò il dito sulla cartella, sul nome di Feliciano Vargas, e le parole divennero imperiose ed alte, forti e voraci al pari d’un condottiero, così abituato al comando- sorrideva ancora, e la donna non potè che ricordare le fauci di una fiera, tanto selvatica e attraente nell’abito gessato.
-Mi scusi, mi scusi…- cercò di riassettarsi, prese respiro, -vado subito a chiamarlo, mi aspetti qui.- si voltò di scatto, sussultando poco dopo; Lucio non si negò di salutare a dovere le forme di lei, dandole una decisa pacca sul sedere- osservò con piacere il singulto dell’infermierina, il suo goffo tentare di rimettersi a posto.
Questa volta rise.

Ricordo le canzonacce sguaiate e terribili che noi compagni uggiolavamo agli avanposti, le corde torte e sibilanti degli strumenti, le gole raschiate dal panico ad intonare motivetti amorosi.
Ricordo il profumo dei grembi di donne ancora sconosciute, della polvere da sparo ed il tremolio implacabile alle ginocchia.

Osservò il corridoio vuoto, ed un essere particolare capitolarci in mezzo- sorrise, poiché era bianco ed era albino, ed una volta sola nella sua vita aveva conosciuto un simile candore: era ancora in fasce e balbettava mugugni, era sostenuto da mani forti e tremanti, e non erano le sue.
Si trattava di un giovinotto, e lo vide scivolare più in fondo assieme al suo orribile parlato. Borbottava a proposito di Vati, Vater, con un sorriso dispettoso che andava disegnandosi in volto, e gli occhi –Santo cielo!- erano rossi, come il sangue e le rose! Lucio sogghignò e non trattenne la sua voce consumata e calda, pensando che Romano, vedendolo, si sarebbe fatto il segno della croce invocando in cuor suo i Santi più fidati e bellicosi.

Ricordo le mani tese ad un compagno, ricordo che era bello come un Dio e trasfigurava il suo volto con il dolore, la fame, e la furia nata da una rabbia che tutti conoscevamo bene e masticavamo col povero pane.
Ne rammento uno senza mano destra, che prima diceva d’essere un pianista. Un altro era capace di trovar tempo per giocare a briscola anche quando suonavano le campane per l’arrivo di Pippo, ed un terzo aveva in mente di tornare e sposare una tale Silvia, che lui non l’aveva mai voluto.

Sentì una voce profonda- altro smacco, invecchiava e si bagnava ripetutamente di ricordi, di Fu e Se rimasti incompleti, ed ancora non aveva finito di rimproverarsi che si sentì preso e strattonato dal tempo e da anni pesanti ed ostili. Si lasciò afferrare da memorie tanto richiamate al presente da esser stanche e perplesse d’esser vere, prima di scacciarle in malo modo e con uno schiocco della lingua.
Udì di nuovo la stessa voce, ed un passato scostato con tristezza tornò a lambirgli i piedi come poteva far la spuma del mare, aspettando “dannata!”, che avanzasse lui verso i flutti- così da imbrigliarsi le caviglie con alghe e pungersi coi ricci, affogando dopo aver ceduto al canto delle arpie.
Alzò lo sguardo, realizzando con ritardo esasperante di aver davanti il cacciabombardiere del suo reggimento- ed era grande e voltato verso una porta, osservava una cartelletta e nulla più, tanto torvo e accigliato.
Ora andava vestito come un uomo di medicina. A Lucio parve ridicolo, rise.
Si fermò di colpo, il respiro mozzo in gola e lava a gorgogliare furiosa nel petto- ora il cuore galoppava veloce, in un adrenalinico ricordo che prendeva fattezza reale, e il Signor Vargas sentì le sue spalle leggere, sul petto la fascia della doppietta. Sentì chiaro il vento sporco e lercio delle granate, i baci che sapevano di ferro e gelsomino- la gamba destra smise di abbaiare di tanto in tanto, e gli anni divennero brezza e sabbia.
-Ariovisto.-
Usò il suo secondo nome, “tanto vecchio che si fatica persino a pronunciarlo”, e Lucio pregò di vederlo sobbalzare come la lince che era stata, e di vederne i capelli lunghi e biondi seguire il capo- e lo fece, lo fece!, quando si voltò sconcertato e contratto dallo stupore. Ed era bello come in quel luglio del ’45, poiché aveva ancora la pelle chiara e il volto silvano, lo sguardo vibrante e dalla potenza d’una cannonata, le labbra rigide e pallide a scontrarsi col sorriso stanco del romano.
Non rispose perché non era mai stato suo interesse farlo, ma piegò il volto in un sorriso che era stupore ed una presa in giro al caso, che aveva giocato d’astuzia menandoli con diverse orme fra la rada pianura e lo spruzzo agitato dei mari tempestosi.
“Dio, Ariovisto”, e scoppiò una risata forte e fragorosa, che forse apparteneva davvero a chi avrebbe potuto tenere il mondo su un palmo, e pareva sporca di cenere, di polvere e d’oro- era assordante ed era un fulmine, ma tanto bella che nessuno avrebbe avuto cuore di fermarla.

Ricordo il verde innaturale delle selve, il verde dei prati, delle terre libere e degli Dei del Nord.





Note
: Apri una mini long (e spero resti MINI) sui mei nonni, che adoro sino all’inverosimile. Avevo in programma anche una storica, ma è molto più lunga e impegnativa, e la inizierò in futuro.
Che dire- ah, idea nata dal caso, nulla più. Siamo alla fine degli anni cinquanta-anni sessanta, e ho cercato di costruire un’ideale situazione famigliare, che verrà scoperta nei prossimi capitoli.
Sono quasi riuscita a rendere il tutto perfettamente bilanciato e quadrato –per via di nipoti e bestioline varie- e ne sono abbastanza soddisfatta.
Questo è ovviamente un capitolo di introduzione, nel prossimo si capirà meglio il ruolo dei personaggi e verranno spiegate più cose. Mi serviva distaccare l’incontro per poter dare un incipit veloce di ciò che si vedrà nella Fic.
Il titolo nasce da una stupidaggine incredibile e ancora mi chiedo il perché di certe mie decisioni, ma taccio e faccio.
Avviso: Raiting in movimento. Non so bene come spiegarmi, prendetelo come viene: in movimento.
Spero che possa interessare e piacere a qualcuno, nel caso lasciate un commentino! Mi piacerebbe sapere che ne pensate, cosa vi aspettate da un inizio simile e soprattutto se avete appunti da farmi. Grazie mille a tutti in anticipo!
Blacket.
  
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