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Autore: MaddaLena ME    18/08/2015    1 recensioni
A volte, solo due solitudini riescono a farsi compagnia.
Dal testo (cap.7):
«Paura? Ora? Ora non posso chiamare nulla PAURA! Paura, quella con la P maiuscola, è quella sera di pioggia, Jesse alle calcagna, il dolore, la polizia, gli spari, il terrore allo stato puro e poi, finalmente, la tua porta…che si apre! Sai qual è stato l’unico pensiero che ho avuto davanti a quella porta? CASA! Credo non sia stata diversa dalla sensazione di un rugbysta che arriva in meta dopo 20 metri di corsa con l’ovale sotto l’ascella… »
House: «Tu non l’hai mai provato, vero?»
Joy: «Già…» e, ritirando la propria mano, la portò al petto e guardò altrove, il più lontano possibile rispetto ad House, per mascherare gli occhi lucidi: «…appena il tempo di imparare a camminare, e ho imparato a zoppicare!»
House rimase ad osservarla, in silenzio, mentre lei rimaneva con la faccia voltata dal lato opposto: così simili, eppure… così diversi!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Greg House, James Wilson, Lisa Cuddy, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Quarta stagione
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Nell’ufficio di House c’era una ragazza. Nessuno ricorda di averla mai vista, prima. Le tendine non erano tirate e li si poteva vedere gesticolare, ma erano troppo lontani dal vetro e non sbraitavano abbastanza perché dall’esterno si potesse sentire qualcosa. Dal labiale e dallo svolgimento dell’incontro, pareva che lei stesse avanzando una richiesta e il dottore non fosse affatto intenzionato ad accontentarla. Ma lei non demordeva, anzi pareva tenergli testa, eccome.
La videro uscire, mentre sentirono House chiosare: «Il Raggio di sole non ti darà il permesso di scegliere con chi fare lo stage! Chiedi, chiedi pure alla Cuddy…»
«Certo che chiedo, cinico bastardo!»
«Ti rivolgi così al tuo prossimo capo?»
«Allora pensi che IO la convincerò…»
«Non è detto che sia TU a convincerla, non è l’unico modo attraverso cui potrai essere al mio servizio.»
«Al tuo servizio? Non credo proprio…»
House sfoderò la sua miglior faccia da “vedremo chi ha ragione!” e questo, per entrambi, equivalse ad un commiato.

***

Nello studio di Cuddy, la ragazza aveva terminato la sua richiesta. Attendeva con impazienza la risposta.
C: «Ti rendi conto di quello che mi chiedi?»
J: «Lo so, lo immagino. Difficile, pressoché impossibile! Quanto meno improbabile. House è un professionista di prim’ordine e tutti vorrebbero poter lavorare con lui…»
C: «No, non ci siamo. È evidente che non mi segui»
J: «Può provare a cambiare strada, allora?»
C: «Cosa?» Cuddy era un po’ destabilizzata dalla risposta, ma era abituata ad House, e soprassedette : «No. Il problema è che nessuno mi ha mai chiesto House. E, del resto, io non l’ho mai proposto a nessuno stagista…»
J: «Ah, Lei non si fida degli stagisti…»
C: «No, non è quello il problema!»
J: «Non La seguo, però… forte! Sarei la prima a chiederlo? Quindi ho la precedenza? Se le lavo la macchina, ho qualche speranza in più?»
Cuddy tra sé e sé certamente pensò: “Ma cos’ho fatto di male?”, ma le si rivolse: «Sì, forte… non hai capito!… il problema è House…..Sì alla prima e no alle altre due. Ma perché lo vuoi fare?»
«Il problema… sarebbe House? Per me, non lo è. Allora, se non ci sono altri problemi, significa che posso iniziare!»
«Perché lo vuoi fare?»
«House è un buon medico»
«E…»
«…e di solito gli stage si cerca di farli con i buoni medici, no?»
Cuddy si alzò, le girò intorno, la guardò da ogni lato e, arrivata di fianco a lei, sentenziò: «Tu mi nascondi qualcosa… che hai fatto alla gamba?»
Joy non pensava che gliel’avrebbe chiesto, le faceva male parlarne, rabbrividiva ancora, non aveva intenzione di rovinare tutto, non voleva darle la possibilità di averla in pugno dal punto di vista emotivo e così svicolò, in maniera anche un po’ goffa: «Non pensavo ci fossero discriminazioni per i disabili! Ho ottimi voti, nonostante sia giovane…»
Cuddy, seccata:«Non è quello!»
J: «E cos’è, allora?»
C: «Se hai qualcosa alla gamba, perché non hai un bastone?»
J: «C’è dietro qualche doppio senso, eh? Non dipende da me, questo dipende da madre natura…»
Cuddy non credeva alle proprie orecchie, allucinata la riprese: «No, nessun doppio senso…» (“Aiuto, ma questa da dove viene, come ha potuto pensare che io…”) «No, volevo dire… non hai bisogno di un aiuto per camminare?»
J: «Beh, se hai 50 anni, puoi anche decidere che un bastone ti dà un tono. Un tocco di classe. Ma se zoppichi da quando hai 5 anni e vai in giro con un bastone, non acquisti stile, sei semplicemente ridicola…»
C: «Scusami, domanda stupida…» rispose, un po’ in imbarazzo, per averla fatta
«Direi…!» rispose prontamente a mezza voce, facendo un giro e mezzo con la sedia girevole.
Cuddy la guardò: «Mi ricordi qualcuno…»
J: «Allora, è fatta?»
C:«Sì, gli farai da segretaria, lo rincorrerai per le firme, non avrai alcun potere, sarai trattata e bistrattata a piacimento durante tutto l’arco della giornata, farai gli straordinari per tenere a bada tutto e se ci sarà qualcosa fuori posto, la colpa sarà tua… il posto è tutto tuo…auguri!»
J: «Perché no? Fantastico! Grazie…» e uscì, con un sorriso trionfante.

***

Si diresse subito da House: ora doveva riuscire la fase 2.
Senza bussare, aprì la porta dell’ufficio di House. Lui era lì, con i piedi sul tavolo, il solitario sullo schermo del computer, una mano a palpare la pallina di gomma e l’altra a lisciarsi la barba.
«Non hai bussato!» notificò House
«Avrei dovuto?» senza aspettare risposta, soggiunse: «Non so cosa fare… Cuddy ha detto che se tu abiti da me, non potrò lavorare con te… il nostro accordo va in crisi…»
H: «Oh, tranquilla, ti accontento subito. Stasera sono da te, porto la chitarra e il resto. Ma davvero posso scroccare tutto?»
Joy, con un ghigno diabolico approvò: «Perché no?»
H: «E dove la parcheggio la moto?»
Joy, prontamente: «In garage»
H: «E il pianoforte?»
J: «Lo metterai in camera tua»
H: «E i vestiti?»
J: «Idem»
H: «È distante dal Princeton? »
J: «Non più di tanto»
House mise subito in chiaro: «Tu non entrerai nella mia vita!»
Joy assicurò: «Non ne ho la minima intenzione…»
H: «Ok, ti accompagno a casa, stasera!»
J: «Ti aspetto» gli disse, e, con le mani, andò a sfiorargli le tasche della giacca, quasi fosse un accenno d’abbraccio, ma con il mantenimento della debita distanza.
Lui grugnì, ma non aggiunse altro, né si lamentò.

   
 
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