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Autore: _unintended    19/08/2015    3 recensioni
"Che poi, probabilmente, l'unica cosa che piangerei sarebbe acido."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 The dreams in which i’m dying
are the best i’ve ever had.
 
 
Non ti accorgi del buio fino a quando non lo senti nelle tue ossa.
Fino a quando non lo senti scorrere nelle tue vene al posto del sangue, fino a quando non impregna i tuoi pensieri, fino a quando chiudendo gli occhi tutto ciò che vedi dietro le palpebre è questa figura scura, alta, solitaria, che ti fissa e ti sorride e sai, lo sai per certo, che sta ridendo della tua vita.
Per me il buio è svegliarsi la mattina e non sapere esattamente perché ci si è svegliati. Avrei potuto dormire un altro po’. Avrei potuto dormire un’altra eternità.
Per me il buio è desiderare così tanto un abbraccio, una parola, una mano che ti sfiora la guancia, uno sguardo carico d’affetto. Perché non posso essere toccato come se mi amassero davvero?
Per me il buio è tornare a casa, salire in stanza, gettare lo zaino in un angolo e piombare sul letto, e sapere quanto male, e al tempo stesso quanto bene faccia il silenzio. Quanti respiri contiene la solitudine?
Per me il buio è non sapere quando l’incubo finirà, e quando finalmente mi sveglierò. I sogni in cui muoio sono i più belli. Mi sembra quasi di vivere.
Per me il buio è posare la mano sul petto e cercare il mio battito cardiaco, e rendermi conto che no, non esiste, sono morto. Forse hanno inscatolato i miei organi e li hanno donati ai senzatetto, e forse li vorrei indietro, perché cosa se ne fa un fottuto senzatetto della mia milza?
Per me il buio è camminare in mezzo alla gente. Posso quasi sentirmi respirare affannosamente mentre il mondo mi passa accanto senza accorgersi dello squarcio profondo che mi attraversa lo stomaco.
Per me il buio è sentire le mie viscere scivolare fuori, lentamente, inesorabilmente, e vedere il sangue sulle mie mani, e chiedermi perché deve andare per forza così ogni dannata volta.
Per me il buio è osservare impotente mentre il vuoto scava la mia tomba, e poi mi ci seppellisce dentro, e mi ricopre di terra e fango, e all’improvviso mi spengo.
Per me il buio è amare la desolazione che ho dentro quando nessuno può sentirmi, quando nessuno può leggere le scritte sulla mia pelle, perché la mia pelle è piena zeppa di scritte segnate col pennarello indelebile, ma allora perché nessuno le vede?
Per me il buio è amare il buio, desiderarlo, volerlo con tutte le proprie forze. Perché magari quel tizio strano dietro le mie palpebre potrà anche stare ridendo della mia vita, ma la sua risata è l’unico suono che riesce a spezzare il silenzio, quando diventa troppo assordante.
 
 
 
Dear darkness
Dear darkness
Won’t you cover, cover
Me again?
 
 
 
Ma cosa urli?
A cosa serve urlare?
A cosa serve consumare tutto il fiato che hai nei polmoni per qualcuno che non esisterà mai, che non ascolterà mai?
Vai in mille pezzi.
E il mondo sta zitto.
Sei così stanco. A volte la stanchezza ti tritura le ossa, facendole a pezzettini e passandole al setaccio, lasciando scorrere via tutte le briciole rimaste della tua umanità.
Non sei più umano. Semplicemente non esiste più un solo brandello di te che ricordi ancora il significato della parola “umano”.
Ha senso provare qualcosa?
Magari dovresti iniziare a drogarti. Sarebbe tutto più semplice. Vuoi sentire l’oblio sfiorarti le braccia, farti venire la pelle d’oca, farti chiudere gli occhi e bisbigliare “Ancora, ancora” fino a quando non ne avrai più nemmeno la forza, e tutto ciò che riuscirai a fare sarà dormire per sempre.
A volte ti chiedi come debba essere avere una malattia mortale. Qualcosa del tipo “mi restano pochi giorni di vita”, e ti rendi conto che dovresti sfruttarli al meglio, e lo fai, lo fai davvero, e poi muori, ma ne è valsa la pena.
Vorresti che ne valesse la pena anche per te.
Magari se questi fossero i tuoi ultimi istanti di vita, li prenderesti, li guarderesti un po’, e diresti “massì, facciamolo” e poi li sfrutteresti.
Invece te ne stai qui, e gli istanti ti scivolano dalle mani come se fossero acqua, e non riesci più a raccoglierli, non riesci nemmeno più a vedere dove siano finiti, perché non riesci nemmeno a muoverti o a pensare ad altro che non sia
Un istante
Forse dovrei morire
Due istanti
Ho paura
Tre istanti
Basta
Quattro istanti
Aiuto
Cinque istanti
E sei solo.
 
 
 
These things inside my head
They never make much sense
So I wouldn’t hold my breath
I hope I die before they save my soul.
 
 
 
E a volte va bene così.
Ma che dico.
Va sempre bene così.
In fondo ho imparato a conviverci. Non mi fa più paura. È l’unica cosa che non mi fa paura in tutto l’universo. Essere solo, intendo.
Sto bene.
Non sono mai stato meglio.
A volte poso la mano sul vetro. Così, giusto per vedere se scotta. Perché non posso attraversarlo, e gli altri non possono attraversarlo, e non posso romperlo, e gli altri non possono romperlo, e allora a volte mi chiedo se non sia tipo così bollente che la gente non possa nemmeno avvicinarsi.
Invece no. È freddo, liscio, e la mia mano ci lascia un’impronta quando la levo.
È una semplice lastra di vetro.
Tra me.
E il mondo.
Magari nessuno vuole oltrepassarlo, o romperlo, o mandarlo in mille pezzi, questo vetro. Magari neanche io lo voglio. Magari voglio restare qui, dove mi sento più al sicuro, dove posso pensare alla morte senza che nessuno mi indichi e dica “Toh, guarda, questo tizio sta pensando alla morte”.
È bello passare inosservati. Ti senti come se potessi fare qualsiasi cosa, tanto nessuno sta nella tua testa, e nessuno vede ciò che pensi o ciò che fai. A nessuno interessa, semplicemente.
Spero di morire prima che prendano la mia anima, perché la mia anima è mia e nessuno può permettersi di accostarsi. Sono geloso della mia anima perché è la mia unica amica, perché mi fa sentire meno uno schifo quando penso di essere uno schifo.
In fondo ai miei pensieri insensati e illogici io poi ci tengo. Vorrei bruciarli, sul serio, vorrei dar loro fuoco, e magari anche appiccare un bel falò nel mio cervello e vedere quanta roba viene consumata prima che io muoia arrostito. Però ci tengo. Sono i miei pensieri.
Senza i miei pensieri cosa resta di me?
 
 
 
Swallow the tears back often enough
And they’ll start feeling like acid dripping down your throat.
 
 
 
Non lo so, a volte tremo così tanto che ho quasi paura ci sia un terremoto, e mi verrebbe quasi da sporgere la testa fuori dalla finestra e vedere se sono già morti tutti sotto le macerie.
Ma sono soltanto io.
Sono soltanto le mie mani che tremano incontrollabilmente, le mie gambe che non mi reggono in piedi, la mia testa che ciondola e non ha voglia, non ha nessunissima voglia di ragionare ancora un secondo di più.
Ho freddo.
Poi uno non deve domandarsi se è già morto. Sono abbastanza sicuro che soltanto i cadaveri abbiano così freddo, e siano così pallidi. Soltanto i cadaveri sono così spenti. Soltanto i cadaveri hanno qualcosa che li corrode dall’interno, mangiucchiandoli a poco a poco.
Sì, insomma. Ammettiamolo. Sono morto da tempo.
Le lacrime semplicemente non esistono. Non so, forse ho qualche problema ai dotti lacrimali. Forse dovrei farmi controllare. Non piango da quando ho memoria.
Rimango lì, impalato, ad aspettare che i miei occhi diventino umidi, ma nulla.
Che poi, probabilmente, l’unica cosa che piangerei sarebbe acido.
Me lo immagino, io che piango acido. Mi immagino la scena. Le lacrime che scorrono lungo le guance bruciandomi il volto, e io che me ne accorgo, e urlo, e le lacrime scorrono ancora, e scavano una scia di fuoco lungo tutto il viso, poi sulla gola, e c’è tanto dolore, e poi sono morto.
 
 
 
Find someone who will tremble for your touch, and whose fingers are a poem.
 
 
 
Si chiama Gerard.
Non so come faccio a saperlo, devo averlo sentito da qualche parte.
Si chiama Gerard, ed è bello.
Ci sono io qui che lo guardo a debita distanza, e c’è lui lì, in lontananza, oltre il vetro, e non sorride mai.
È bello guardare qualcuno di così bello. Da lontano, però. Se ti avvicini si rovina tutto. Succede sempre così.
Tu osservi da lontano, e ti sembra tutto così bello e fragile e incantato e immobile, che se soltanto muovi un muscolo, sai che quel delicato equilibrio crollerà.
Non voglio che l’equilibrio crolli. La mia vita è il perfetto equilibrio tra respiro e apnea, e mi va bene così da diciassette anni.
È tutto perfetto.
Sono in apnea. In apnea è quel periodo della mia vita in cui tutto è ovattato, soffice, tutto è silenzioso e mi sembra di camminare sott’acqua. È così che mi sento quando osservo Gerard da lontano. In apnea. Potrebbero anche accoltellarmi allo stomaco, e non me ne accorgerei.
I suoni sono smorzati, se non completamente inesistenti. Le cose, i colori, le persone, è tutto attutito. Le persone. Le persone si muovono e camminano e parlano e respirano come in un film muto, come in quelle scena a rallentatore che sembrano non finire mai.
Gerard è l’unico che si muove, si muove sul serio, e parla, parla sul serio.
Parla a me.
E all’improvviso sto respirando.
È come rispuntare a galla dopo quella che ti sembra un’eternità. All’improvviso stai respirando, e ti rendi conto che per tutto questo tempo i tuoi polmoni avevano iniziato a bruciare, a desiderare ossigeno, e ora ce l’hai e stai molto meglio.
E il mondo intorno a te ricomincia a fare chiasso.
Non so come sia potuto succedere.
Siamo io e lui nel corridoio della scuola, e lui mi ferma e mi parla e mi dice che avrebbe bisogno degli appunti di storia, e io gli dico sì, ok, e lui mi dice posso passare da casa tua, questo pomeriggio?, e io gli do il mio indirizzo e in tutto questo sto davvero respirando ed è la cosa più strana del mondo.
Sto respirando.
 
 
-Do you ever feel lonely?
-Only when I’m among people.
 
 
 
Per diciassette anni della tua vita, hai convissuto con la consapevolezza di essere irrimediabilmente diverso. Che poi quando uno pensa alla parola “diverso”, si immagina quasi qualcosa di positivo, di speciale.
Se sei diverso sei speciale, originale, ti distingui dagli altri, non ti confondi tra la massa.
No.
Io dico diverso, e intendo che sei proprio diverso e basta. Nessun aspetto positivo. Nessun vantaggio. Nessun contenuto speciale.
Semplicemente ci sei tu.
E poi c’è il mondo.
Siete due cose distinte e separate, e non c’è proprio possibilità che queste due cose si mescolino, nemmeno tra un milione di anni.
È un dato di fatto e lo sai, lo sai bene, perciò non ci provi neanche a cambiarlo.
Però poi arriva. Arriva quel qualcuno. Quel Qualcuno con la q maiuscola, quel qualcuno che mischia le carte in tavola e stravolge tutto, e tu ti senti derubato dei tuoi stessi pensieri, e all’improvviso non ti appartengono più perché sono tutti suoi,
tutti
dannatamente
suoi.
E non hai mai avuto così tanta paura.
 
 
 
Take my hand,
Take my whole life too.
 
 
 
Gerard mi bacia.
Non è che all’improvviso lui mi bacia, ma in un certo oscuro modo che ora non sto qui a cercare di capire, mi sta baciando.
Non so esattamente come reagire, solo che stiamo facendo l’amore.
Lo so perché sento i suoi capelli solleticarmi il collo, le sue ciglia che mi sfiorano la guancia, il sottile velo di sudore quando gli accarezzo le spalle, la sicurezza delle sue braccia attorno a me.
È la terza volta che mi chiedo come sia potuto succedere, ma poi non sto qui a pensarci molto, perché Gerard mi guarda e allora boh, mi spengo completamente e penso soltanto ad affogare nel nero delle sue pupille.
Perché uno potrebbe dire che sarebbe bello affogare nel verde delle sue iridi ma no, io affogo nel nero delle sue pupille, perché mi sembrano molto più belle. Sono tipo enormi, gigantesche, infinite, e mi stanno inghiottendo, e allora poi al verde chi ci pensa più.
La mia vita è fatta a spezzoni. Una scena è completamente scollegata dall’altra, e a volte mi chiedo se almeno ci sia un ordine cronologico, a tutto il caos che ho in testa.
Scena prima: io a scuola, che parlo con Gerard.
Scena seconda: quel pomeriggio stesso, Gerard a casa mia, e i miei appunti di storia tra le sue mani grandi e pallide.
Scena terza: un paio di settimane dopo, Gerard ancora a casa mia, Gerard mi bacia, io rimango immobile.
Scena quarta: tre minuti e ventisette secondi dopo, io sdraiato sul letto e lui sopra di me.
La scena quinta è la sua mano che si intreccia alla mia, ed io che mi chiedo come abbia fatto esattamente a squarciare il vetro, lui, tra tutte i sette miliardi di persone al mondo, e poi mi rispondo che no, non è poi così importante saperlo.
 
 
 
I’m the violence in the pouring rain, I’m a hurricane.
 
 
 
Io e Gerard non parliamo mai.
Lui viene da me, mai io da lui, perché è così che ci siamo capiti la prima volta, ed è così che succederà sempre.
Non so niente della sua vita, e lui non sa niente della mia.
Ma ci sta bene.
Gerard è inafferrabile. Gerard è silenzioso, muto, immobile, eppure è sempre in movimento, e ovunque mi volto lui c’è. C’è sempre, e non so se questa cosa mi terrorizzi a morte, o mi piaccia da impazzire.
Gerard è un uragano.
Ma non in senso metaforico, o allegorico, o come cazzo vi pare. Gerard è un uragano sul serio. Gerard è quel tipo di persona che o ti prende e ti porta con sé, trascinandoti lontano, lontano, lontanissimo, fino alla follia, o ti fa ribrezzo assoluto, e vuoi stargli solo alla larga.
Gerard è quel tipo di persona che non sa parlare, ma sa toccarti. Sa toccarti sul serio, del tipo che appena ti sfiora senti le tue vene trasformarsi in fili elettrici impazziti.
Gerard è quel tipo di persona con cui puoi parlare di morte quanto vuoi, ma soltanto se hai davvero intenzione di suicidarti. Perché Gerard è il suicidio, sul serio.
Gerard ti spinge a fare cose che tu nemmeno immagini.
Gerard sarebbe capace di prenderti per mano e condurti sull’orlo di un dirupo, e tu saresti troppo impegnato ad affogare nel nero delle sue pupille, per renderti conto che stai già cadendo.
Gerard è una larva. Gerard si nutre di te, dei tuoi sogni, dei tuoi pensieri, del tuo corpo, della tua vita, e tu non fai altro che fornirgliene ancora, e ancora, e ancora, e anche quando sei finito, quando sei completamente consumato, vai ancora alla ricerca di qualcosa da dargli.
Perché Gerard lo si può amare o lo si può odiare. E se lo ami, allora sei davvero fottuto.
Gerard è quel tipo di persona che il giorno prima trovi seduto sul portico di casa tua, ad aspettarti con un mezzo sorriso sulle labbra, e il giorno dopo lo cerchi dappertutto ed è completamente sparito.
E poi lo trovi.
Lo trovi nel posto più impensabile, del tipo che l’ultima volta l’ho trovato dietro un bidone della spazzatura, rannicchiato lì, sul marciapiede, infreddolito, stanco, con la morte negli occhi.
Gerard può parlarti per ore, e può non parlarti per giorni. Gerard ha tutto e nulla da dire, e soltanto se lo ascolti davvero, soltanto se lo ascolti attentamente, riesci a cogliere anche le più piccole sfaccettature della sua personalità, sfaccettature che non noteresti mai normalmente, perché Gerard è in un mondo a parte.
Gerard ha tutto in mondo dietro le sue palpebre, e ci si rifugia ogni giorno, quando meno te lo aspetti.
Ogni giorno puntualmente si oscura, per secondi, o minuti, o ore, e tu puoi solo aspettare che ne esca. Non serve a nulla scuoterlo, non serve a nulla gridare, puoi solo aspettare pazientemente che finisca.
Gerard è innamorato di me, e un giorno me lo dice.
Gli rispondo che anche io sono innamorato di lui, e poi mi bacia.
Gerard è quel tipo di persona che ha le labbra senza sapore. Nulla di lui ha un sapore né un odore preciso, ma è proprio questa la cosa più bella. Perché Gerard prende il tuo sapore, prende il tuo odore, e ti fa sentire davvero come se ne valesse la pena.
Essere lì.
Essere lì con lui.
Anche se puoi soltanto affogare nelle sue pupille nere, nerissime. Anche se lui nemmeno ti ascolta quando gli parli. Ma ti ha detto che ti ama, e null’altro importa.
 
 
 
Kiss the rain.
 
 
 
Bacia la pioggia, mi dice.
Io lo guardo confuso, e non sto capendo più nulla.
La pioggia mi impregna i vestiti, il corpo, la mente, i pensieri. Lui è qui, a un metro da me, e siamo in mezzo ad una strada deserta.
Mi sorride.
Bacia la pioggia, ripete.
Farei qualunque cosa per vedere quel mezzo sorriso sghembo, ve lo giuro sulla mia vita. Farei qualunque cosa.
Gli sorrido anche io, e gli chiedo di mostrarmelo.
Lui si mette di fronte a me, più vicino, più vicino, più vicino, fino a quando i nostri corpi si sfiorano.
Così, mi dice, e apre le braccia.
Io le apro con lui, e poi lui solleva la testa e chiude gli occhi, ed io sollevo la testa e chiudo gli occhi, e non esistiamo più.
Puff.
Spariti.
Sono una goccia di pioggia, e sto crollando rovinosamente al suolo. Non voglio cadere, ma lui è lì e mi aspetta, e allora penso ma sì, tanto che ho da perdere, tanto morirei per vedere quel mezzo sorriso sghembo, tanto sono già morto da tempo.
Ed è qui, proprio qui, proprio in questo preciso istante quando io, goccia di pioggia, mi poso ed esplodo sul suo labbro inferiore, che mi sento realmente vivo.
Puff.
Apro gli occhi.
Gerard non sta più sorridendo ora.
Mi dice di non lasciarlo mai, perché ha paura.
Io gli dico che sono qui, che non vado da nessuna parte, ma ormai non sembra più ascoltarmi.
Col pollice traccia il percorso delle mie labbra, e non so come si faccia ad avere cento, mille, diecimila battiti in cento, mille, diecimila posti diversi del mio corpo, ma è proprio quello che succede ora, e sento che potrei anche morire qui e sarebbe la cosa più bella del mondo.
Il mio corpo pulsa convulsamente, è vivo, freme, è in movimento, respira, perché Gerard si ferma col pollice sul mio mento e poi si avvicina, e oh cristo, sono morto. Sono davvero morto.
Mi bacia, ed è quel tipo di bacio che potrebbe durare anni, e non vorresti mai interromperlo, nemmeno per riprendere fiato. Perché è questo bacio l’ossigeno, questo bacio è vita, questo bacio è tutto quello che c’è di buono nel mondo, ne sono sicuro.
E insieme baciamo la pioggia.
 
 
 
All we are is bullets, I mean this.
 
 
 
C’è Gerard morto ai miei piedi, e vorrei davvero svegliarmi da questo incubo perché non è divertente.
Non so come sono finito qui, perché la mia vita ha ripreso a funzionare a spezzoni, e ora sono qui e c’è Gerard con gli occhi spalancati, freddi, immobili, morti, e vedo distrattamente una scatolina vuota di pillole a pochi passi da lui, ma non potrebbe importarmene di meno perché tutto quello che riesco a vedere sono i suoi occhi e non si muovono, non si muovono
Non
Si
Muovono.
Crollo su me stesso.
Sul serio, crollo sul serio. Come un castello di carte. Sbam, a terra.
Non so se avete mai provato la sensazione, ma è come se ti stessero strappando contemporaneamente le unghie dei piedi e quelle delle mani, e non puoi fare altro che urlare.
Urlare.
A pieni polmoni.
Non lasciarmi, mi aveva detto. Ho paura, mi aveva detto. Ti amo, mi aveva detto.
Guardo il suo corpo immobile, e mi sembra che proprio lui, proprio Gerard, mi stia afferrando per la gola, e stringendo forte, forte, fortissimo, e non sto respirando, ma questo si sapeva, quindi mi sta bene.
Sorrido amaramente.
Il vuoto ha finito di scavare la tomba dentro di me, ed è pronto a buttarmici dentro.
Il mondo scoppia a ridere, la figura scura dietro le mie palpebre scoppia a ridere, il cadavere di Gerard lì a terra scoppia a ridere, e magari è proprio questo, magari è proprio un grande, assurdo, bizzarro scherzo di cattivo gusto.
Scoppio a ridere anche io. Rido istericamente, rido fino a quando non ho più aria nei polmoni, rido fino a quando non mi ritrovo in ginocchio a piangere, e non sto piangendo acido, sono soltanto lacrime, trasparenti, salate, innocue.
Ma fanno un male pazzesco.
 
 
 
Piove, ma non c’è nessuno a baciare la pioggia con me.
Mi pianto qui, in mezzo alla strada, nello stesso identico punto.
Mi sdraio sull’asfalto.
Mi dico che sono già morto, mi ripeto che sono già morto, mi urlo che sono già morto, e quando vedo i fanali in lontananza, la risata dentro di me cresce ancora, cresce e spunta fuori, e non capisco perché sto ridendo mentre sto per morire ma immagino sia una cosa bella se il mio inconscio ride.
Sono già morto.
Sono già morto.
Sono già morto.
Sento il camion proseguire a tutta velocità, avvicinarsi sempre di più.
Vi avevo già accennato cosa significa il buio per me?
Il buio per me è morire senza di lui.
Chiudo gli occhi.
La figura scura dietro le mie palpebre ha il suo volto. Non ride. Non sogghigna.
Mi fissa.
E poi è l’oblio.
 
 
 
 
 
 
Per Alex e Giuz, perché il buio per me è stare senza di loro.
 
 
 
 
 
1.“Mad World”- Gary Jules
2.“Dear Darkness” – PJ Harvey
3.“Joyriding” – Frank Iero and the Cellabration
4.“Schegge di me” – Tahereh Mafi
5.“White Oleander”
6.“La Sottile Linea Rossa”
7.“I Can’t Help Falling In Love With You” – Elvis Presley
8.“Hurricane” – Halsey
9.“Kiss The Rain” – Yiruma
10.“Demolition Lovers” – My Chemical Romance
   
 
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