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Autore: almost_    20/08/2015    4 recensioni
Borgo Silvano, nella regione di Kérehon, è l'ultimo luogo dove umani e Pokémon vivono assieme in armonia.
Un uomo malvagio ha infatti preso il potere, il Tiranno, vietando il possesso dei Pokémon, rinchiusi e sottratti ai proprietari. Borgo Silvano è troppo piccolo per costituire una minaccia, finché non si scopre che vi si nasconde uno studioso di Pokémon, il professor Oshizami, che conduce ricerche su qualcosa che potrebbe rivoluzionare la concezione dei mostri tascabili: l'abilità Empatica di ognuno di loro.
Il paese verrà distrutto, il professore rapito.
Toccherà al giovane Kaede andarlo a cercare, assieme ai suoi amici e agli assistenti del professore, in un viaggio ricco di insidie, che farà scoprire verità mai svelate sui Pokémon e aiuterà i protagonisti a maturare.
Un mondo difficile e oscuro si aprirà davanti ai loro occhi e per riportare l'equilibrio dovranno affidarsi alle indicazioni di uno studioso di una regione lontana: Samuel Oak.
Tra sfide, battaglie ed incontri vecchi e nuovi affronteranno il mondo, vincendo e perdendo contro loro stessi: una volta terminato il viaggio, niente sarà più come prima.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Ash, Brock, Misty, N, Nuovo personaggio, Prof Oak
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
Capitoli:
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 -Un ringraziamento speciale a Blue Eich, che mi indirizza sulla retta via sorbendosi con grande pazienza tutto ciò che scrivo in anteprima-
 
 
 

Capitolo due: Attesa

 
«Chissà cosa vorrà farci vedere tuo fratello, Kae… Sono emozionatissima!»
Aruya, Satoru e Kaede, ricevuto il biglietto di Tadashi, non avevano perso tempo e si erano subito messi in marcia verso il luogo dell’appuntamento: Bosco Smeriglio. Camminavano da una mezzora per le stradine di Borgo Silvano, con gli animi in fermento.
«Tu non sospetti niente?» chiese Satoru all’amico.
«E chi lo sa» fece quello, pensieroso. «Tada non lo si capisce mai… Previdente com’è non sarà di sicuro nulla pericoloso, però.»
«Non sarebbe bellissimo se il professor Oshizami avesse finalmente deciso di darci i nostri primi Pokémon?» Aruya era la più entusiasta di tutti, ma a quelle parole sue fratello sbuffò, ricordando tutte le volte che i tre amici erano stati cacciati a male parole dal suo laboratorio a causa delle loro insistenti richieste.
«Non fantasticare troppo, tu. Mamma ne brontolerebbe per mesi. E dubito che il professore darebbe un Pokémon da allenare ad una bambinella come te.»
La ragazza mise il broncio e, incrociando le braccia indispettita, bofonchiò: «Guarda che non sarebbe affatto strano! Tra poco compirò tredici anni, io.»
Dal canto suo, Kaede moriva dalla curiosità e doveva trattenersi per non affrettare troppo il passo e aspettare gli amici. Ammirava molto suo fratello Tadashi, ma raramente lui l’aveva coinvolto in uno dei “misteri” con cui si confrontava quotidianamente.
La possibilità che gli venisse affidato il suo primo Pokémon, poi, lo mandava in fibrillazione. Per tutta la vita aveva sognato di diventare allenatore e lasciare Borgo Silvano, e a lungo aveva fantasticato sulle sue avventure oltre le colline e i boschi ben conosciuti, aldilà dei quali non si era mai spinto. I vicoli raccolti del paese, le foreste brune e fresche e il laghetto dove suo padre andava a pescare: quella era tutta la sua realtà.
Che da quel giorno potesse cambiare qualcosa?
Passando accanto a casa sua si rammentò di non avere con sé una cosa assolutamente necessaria, e salendo di corsa su per le scale urlò ai due fratelli: «Aspettatemi un momento solo, torno subito!»
Aruya e Satoru non ebbero neanche il tempo di stupirsi, che il loro amico stava già precipitosamente ruzzolando giù dalle scale, con un quaderno di appunti e una matita stretti tra le mani.
Il rosso scosse la testa divertito e la ragazza esclamò: «Ah, ecco cos’era che dovevi prendere! Non riesci proprio a separarti da quella roba, eh?»
«Certo che no! Se dovessimo scoprire qualcosa di emozionante non mi perdonerei mai di non aver immortalato il momento!» spiegò Kaede, con un sorriso a trentadue denti, mettendo i preziosi oggetti nello zaino e riprendendo la sua frenetica marcia a capo dei tre.
Era molto affezionato al suo quaderno da disegno: vi raffigurava ogni cosa che lo colpisse, in particolar modo i Pokémon che incontrava, e col tempo stava diventando sempre più abile e fine con i suoi tratti veloci e precisi.



La luce filtrava appena dalle ampie fronde scure che si aprivano sopra di lui. Poteva udire stormi di Pidgey e di Starly vociare allegri tra i rami, accompagnando il canto dolce del fiume lontano. L’autunno era alle porte, e già le prime foglie rosse si staccavano, morte, dai loro alberi, per andare a formare uno scricchiolante tappeto colorato sul suolo umido e fangoso.
Tadashi lasciò che una brezza delicata gli andasse a scompigliare i lunghi capelli castani, mentre si premeva sul naso fino gli occhiali rettangolari, che parzialmente coprivano i suoi occhi, verdi come le chiome degli alberi ch'erano intenti ad ammirare.
Era alto, per i suoi diciassette anni, eppure si sentiva minuscolo, avvolto nel suo camice bianco da laboratorio, in confronto alle sequoie svettanti oltre il suo sguardo. Camminava tranquillo nella quiete della natura, mentre un Luxio lo seguiva, silenzioso. Magro e col volto affilato, la figura di Tadashi era esile, ma bastava guardarlo negli occhi per comprendere l’intensità e la forza che possedeva. Le sue mani lunghe e curate sollevarono un piccolo orologio: era già da un’ora che aspettava, Kaede avrebbe fatto meglio a sbrigarsi, o non sarebbe arrivato in tempo…



«Ehi, voi tre!»
Satoru, Aruya e Kaede erano appena giunti di corsa al recinto che segnava l‘ingresso al bosco, quando si fermarono bruscamente, per poi voltarsi.
A chiamarli era stato un giovane robusto e bellissimo, con intensi occhi blu incorniciati da capelli mossi e neri, che li scrutava con un sorriso beffardo. Il camice bianco lo contraddistingueva come assistente del Professor Oshizami, e un Poochyena ringhiava minaccioso al suo fianco.
«Dove credete di andare?»
«Al bosco, a fare una gita» risposte senza esitazione Satoru, in tono di sfida.
«Beh, non è posto per i mocciosi, questo. Il professor Oshizami per oggi ha intenzione di compiere degli studi speciali in un’area particolarmente interessante…»
«Vorrà dire che staremo attenti a stare alla larga da quest’area così interessante» ribatté Kaede.
Il ragazzo accarezzò il suo Poochyena e reclinò il capo, sogghignando con le labbra carnose in un modo che non prometteva nulla di buono. Era Ichirou, un ricco figlio di papà: un tempo la sua famiglia gestiva la produzione di Poké Ball, e le poche presenti al villaggio erano fornite da loro. Il suo talento negli incontri Pokémon, poi, dava ulteriore adito alla sua arroganza, e spesso si divertiva a stuzzicare i tre ragazzi.
«Non credo di poter correre il rischio di lasciarvi andare, mi spiace.»
Già gli amici digrignavano i denti, impotenti, quando una giovane alta e formosa corse loro incontro, con i vaporosi capelli turchini svolazzanti, anche lei in camice bianco.
«Ichirou!» chiamò, sorridendo e agitando un braccio. «Non c’è problema: Tadashi ha chiesto un permesso ad Oshizami per far assistere i bambini all’esperimento!»
Subito il ragazzo cambiò atteggiamento, passandosi una mano tra i capelli, e storcendo la bocca sibilò: «Per stavolta vi è andata bene; vedete di sbrigarvi.»
Kaede, Satoru e Aruya non se lo fecero ripetere due volte e, nonostante fossero risentiti dall’essere stati appellati “bambini”, si affrettarono ad inoltrarsi nel bosco.
«Ichirou è un bastardo antipatico e viziato» sputò Aruya, arrabbiata.
«I tipi come lui è meglio lasciarli perdere. Fa tanto il figo, ma è prepotente solo con chi non ha modo di difendersi. È un codardo. Ama metterci nei guai da sempre, ma un giorno, se lo becco senza il suo Poochyena, gli faccio vedere io…» Satoru pareva estremamente serio, stringendo i pugni a quel modo e mostrandosi in tutta la sua minacciosa statura. Nonostante Ichirou avesse superato i diciotto anni, il rosso sarebbe stato tranquillamente in grado di batterlo in un combattimento aperto.
«Quando avremo i nostri Pokémon non ci sarà bisogno di prendersi a botte, lo batteremo in una sfida a modo suo» notò Kaede, sorridendo. «Meno male che è intervenuta Nivene, oggi…»
Aruya storse il naso.
«Fa sempre la maestrina, quella!»
«Perché è molto intelligente!»
«Non è vero, la difendi solo perché ha un seno grande! Voi maschi mi fate schifo.»
A fermare il litigio tra i due, intervenne la figura lontana di Tadashi, che assieme al suo Luxio stava venendo loro incontro.
«Eccovi, finalmente! Come mai ci avete messo tanto?»
«Ichirou ci ha intralciati» spiegò Satoru, sbuffando.
Tadashi si sfregò il mento, imbarazzato. «Scusatelo. Dà fastidio a voi solo per fare dispetto a me. Sono stato più veloce di lui nell’evolvere il mio Pokémon e non l’ha presa bene.»
«Se lo merita, quell’arrogante!» esclamò Aruya «E tu sei stato bravissimo, Tada!»
«Grazie, ma adesso non c’è tempo da perdere. Seguitemi.»
Detto questo fece rientrare il suo Luxio nella Poké Ball e cominciò a far strada tra le altre sequoie, inoltrandosi sempre di più nel fitto bosco.
«Dov’è che ci stai portando, fratellone?» chiese Kaede, mentre un Butterfree selvatico gli ronzava sopra alla nuca.
«Aspetta e vedrai, fratellino.»
«Ichirou ci ha detto che il professor Oshizami voleva compiere uno studio su un’area del bosco. Si tratta di questo?» s’informò Satoru.
«Beh, in effetti è così. Devo ammettere che io stesso ero contrario a portarvi, perché è uno studio molto delicato. Ma è stato il professore ad insistere, deve avervi presi in simpatia.»
«O magari si è accorto della nostra incredibile intelligenza e presto ci darà dei Pokémon!» suggerì Aruya con trasporto, rischiando di inciampare subito dopo in una radice.
«Non sperarci troppo.» Tadashi sorrise «Il professore sarebbe felice di accontentarvi, ma di questi tempi non sono decisioni da prendere alla leggera, se il Tiranno ne venisse a conoscenza… Ah, eccoci arrivati!» Si fermò all’improvviso, davanti ad un cespuglio particolarmente largo e folto.
«Ma cosa…?» cominciò Kaede, perplesso.
Tadashi scostò rami e foglie dell’arbusto, in modo tale da scoprire un’entrata bassa e stretta tra le piante, grande appena quanto bastava perché vi passassero uno per volta.
«Andate» li incoraggiò.
Uno dopo l’altro la attraversarono, Satoru con qualche difficoltà, e si ritrovarono in una piccola radura circondata dagli alberi, le cui fronde si univano da una parte all’altra di essa, tanto estese da oscurare il sole.
Quando Tadashi li raggiunse, li trovò basiti e con le bocche spalancate: nell’oscura penombra, dei grandi massi emanavano un bagliore violaceo e si sollevavano da terra come per magia. Alcuni, a mezz’aria, si frantumavano in mille piccoli frammenti che ricadevano sul suolo erboso. I rumori della foresta, il canto dei Pokémon e lo stormire del vento tra gli alberi, sembravano non toccare quel luogo, avvolto nel silenzio e nella quiete.
«U… Uwaaaaa!» esclamò Aruya, incantata.
«Ma… Come è possibile?» chiese Satoru, con le pupille dilatate tanto da inghiottire le iridi chiare.
Kaede aveva già tirato fuori il quaderno da disegno, e raggomitolato in un angolo d’erba correva veloce con la matita sul foglio.
«Non lo sappiamo ancora» rispose Tadashi, con le sopracciglia inarcate. «Il professore mi ha incaricato di scoprire di più sul fenomeno. Ha detto che farmi accompagnare da qualcuno mi avrebbe aiutato a riflettere. Più apprendo i metodi di quell’uomo, più mi lasciano sorpreso…»
«È bellissimo» sussurrò il fratello minore, alzando gli occhi dal quaderno.
«Sì, lo è. Si presenta solo di prima mattina. E la cosa più interessante è che l’energia che muove queste pietre sembrerebbe la stessa prodotta dai Pokémon.»
«La stessa energia dei Pokémon?» ripeté Aruya, basita.
«Esatto. È possibile che i Pokémon producano energia in eccesso durante la notte, che la foresta accumula e libera a questo modo. È una ricerca estremamente importante, e potrebbe essere connessa ai nostri studi…»
«Di quali studi parli?» lo sguardo di Satoru era determinato, ma Tadashi esitò.
«Non siamo più bambini, vogliamo saperlo!» proruppe Kaede «Cosa fai quando ti chiudi al laboratorio? Perché siete tutti sospettosi, costantemente? Perché il Tiranno non deve venire a conoscenza dei vostri studi? E perché sottrae i Pokémon agli esseri umani?». Le curiosità erano tante, e troppo delicate per essere soddisfatte.
Tadashi abbassò lo sguardo. Quei tre non si sarebbero arresi facilmente, ma sapeva di non poter rivelare le ricerche del professore. Dei ragazzi si fidava, ma era consapevole che si trattava di argomenti talmente pericolosi che anche solo esserne a conoscenza diventava una minaccia.
Prima che potesse trovare un modo per rispondere e placare i loro animi, si udirono delle grida lontane. Tadashi sollevò il volto e tutti tesero le orecchie. 
I massi tremarono e caddero assieme a terra, privi del bagliore violaceo che li avvolgeva fino a poco prima. Kaede ripose in fretta nello zaino il quaderno da disegno e si alzò, sentendo il cuore battere violentemente nelle orecchie. Cos’era quella sensazione? Paura?
I quattro si allontanarono dalla radura, correndo freneticamente verso l’uscita del bosco. 
Le urla si facevano più forti.
Da lontano, oltre le cime degli alberi, scorsero fiamme e fumo nero salire a spirali a sporcare il cielo chiaro. L’aria si fece acre. 
«Vie-viene… Da Borgo Silvano…» mormorò Aruya.
Gocce di gelido sudore scesero lungo la schiena di Kaede.
«Il villaggio.» Lo sguardo di Satoru era lontano. «…Stanno bruciando il villaggio!»
 

 
NOTE DELL’AUTORE
Grazie a tutti coloro che hanno letto il secondo capitolo; spero vi sia piaciuto, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, sia di come la trama sta evolvendo sia dei personaggi.
Un ringraziamento particolare a Blue Eich e ad anonymous_prongs che hanno recensito il primo capitolo.
Ho molte incertezze sul mio modo di scrivere, essendo questa la prima long che pubblico, ma spero di riuscire a proseguire ad aggiornare con costanza evolvendo al meglio la trama che ho in mente.
Grazie in anticipo a tutti coloro che vorranno lasciarmi una loro opinione.
 
   
 
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