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Autore: SandFrost    21/08/2015    0 recensioni
E' una racconta di os sulle vicende dei babe Klaine. Le os non sono propriamente legate tra loro, ma potrebbero riportare vari argomenti o parole. Puntavo su 10 os, dove seguiremo i nostri Klaine durante la loro crescita. Dall’asilo fino a diventare adulti.
- Kurt e Blaine che si incontrano a varie età e diversi momenti della loro vita, si conoscono e diventano amici, proprio come due bambini. E stata un’avventura ma sono felice di essere arrivata alla conclusione. -
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’imponente edificio che si trovò di fronte, una volta sceso dal taxi, era alto più di cinquanta piani, ne era sicuro. Le enormi finestre che adornavano l’intero palazzo, risplendevano alla luce del sole, facendolo sembrare uno specchio. Deglutì rumorosamente e mosse i primi passi verso l’ingresso, anch’esso fatto di vetro. Lasciò il suo nome alla reception e si fece indicare la via. Doveva prendere l’ascensore e salire fino al penultimo piano, dove avrebbe dovuto incontrare il capo di quel posto e convincerlo ad assumerlo.

Erano passante tre settimane da quando era andato ad abitare a New York City. La grande città era ben diversa dal paesino da dove abitava e ci aveva messo più tempo del previsto ad abituarsi a quella nuova vita. Cosi, quando uno dei suoi amici gli aveva parlato di quel possibile lavoro al New York Times, non ci aveva fatto due volte e aveva fatto domanda. Aveva lavorato al giornale della scuola per tutti gli anni scolastici e, per quanto non si sentisse all’altezza, voleva provarci.  

Trovare l’ascensore non fu molto complicato ma dovette aspettare un bel po’ prima di vedere le porte aprirsi. Quando le porte si aprirono, scoprì di non essere il solo a dover salire, infatti, insieme a lui, entrò anche un alto ragazzo che poteva avere la sua età se no qualche anno in più. Prima che potesse fare qualcosa, notò che il ragazzo premette per il suo stesso piano e, un po’ per il nervosismo e un po’ per rompere il ghiaccio disse; “Oh, vedo che andiamo allo stesso piano, anche tu hai un colloquio di lavoro?”.

Il ragazzo che gli stava affiancò, lo guardò e gli sorrise ma non aggiunse altro cosi ne approfitto per continuare e “Ho un colloquio lì oggi e sono un po’ nervoso. Ho sentito dire che il direttore amministrativo è un vero osso duro e che assume di rado, infatti questi colloqui, gli sono stati obbligati. Ma che per adesso non ha assunto ancora nessuno di tutti quelli che hanno fatto domanda. Dicono che i suoi test siano difficili da superare e che lui mette molta ansia. Non voglio criticare o giudicare qualcuno che non conosco ma sembra un vero stronzo, non trovi?”.

“E perché mai lo sarebbe?” chiese allora il ragazzo che ne s’era stato in silenzio ad ascoltarlo parlare, fissando i numeri illuminarsi man mano che l’ascensore saliva. “Magari sta solo cercando di fare il suo lavoro al meglio e non vuole assumere persone che non sono all’altezza o che non hanno i requisiti adatti per affrontare il tipo di lavoro che svolgono qui. I test servono a questo e se non si riesce a superarli, mi chiedono come possano affrontare cose più complicate di quelle, anche perché questo lavoro non è semplice come può sembrare”.

“Posso capire le sue motivazione ma magari, tra tutte quelle persone scartate, c’era veramente qualcuno che lo meritava o che sognava di far parte di questo settore da sempre. Magari si è solo limitato a guardarli negli occhi e a cercare la loro paura e, dato che un colloquio di lavoro mette già ansia, li ha scartati non ritenendoli in grado di reggere la pressione. Cosa, forse, non del tutto sbagliato, questo io non lo posso sapere, ma mi chiedo cosa ne sarebbe stato di lui se qualcuno lo avesse giudicato in base al suo livello di ansia e non per il suo talento.

“Il mondo è fatto di opportunità e di dare possibilità ma se lui le stronca sul nascere, allora tutto questo non ha senso. Ho conosciuto un ragazzo giorni fa, è lui che mi ha parlato di questa opportunità di lavoro. Parlava di quanto avesse aspettato questa occasione e che si accontenterebbe di rispondere al telefono pur di lavorare qui ma non ce l’ha fatta perché la sua ansia era tanta ed è stato scartato prima di aprir bocca. Questo non mi sembra giusto e a te?” parlò in fretta, quasi avesse paura di essere bloccato a metà discorso o di essere giudicato.

Prese una bocca d’aria, sentiva la gola secca e le mani sudate, soprattutto quando il ragazzo si girò completamente verso di lui, sollevò le labbra in un accennò di sorriso e, prima che l’ascensore si fermasse e le porte si aprissero, chiese “E tu, tu ti accontenteresti di rispondere solo al telefono pur di lavorare in questo posto?”. Senza dare dopo il tempo di rispondere, uscì e “Ci si vede al colloquio di lavoro Blaine Anderson, spero che tu possa passarlo e che tu sappia reggere la pressione allora. Non vedo l’ora di lavorare con te”. Blaine restò a boccheggiare prima di ricordarsi che doveva  muoversi.
 



 
Blaine Anderson ripensò a suo padre, aspettando il suo turno seduto su un divanetto di eco pelle nera. Infondo se era lì a tentare la sorte era anche per lui, perché era lui che gli aveva trasmesso quella passione. Suo padre, James Anderson, aveva lavorato per quello stesso studio, molto anni addietro. Gli raccontava spesso degli articoli scritti, di quella esperienza lavorativa e quanto gli mancava. Per questo, dopo aver preso una laurea e una specializzazione in giornalismo, era partito per la grande mela in cerca della stessa opportunità ed esperienza e per questo che quando “Signor Anderson, il Signor Hummel l’aspetta” aveva iniziato a sentire il cuore martellarli nel petto.

Bussò alla porta ed entrò una volta avuto il permesso. Sentiva le mani sudate e le gambe pensati. Entrò di spalle e chiuse la porta dietro di sé, quando si voltò presentandosi con un “Salve, io sono..” si rese conto che era già partito con un piedi fuori dalla porta. Trattene il fiato ma non si mosse di un solo millimetro e quando “È un piacere rivederla signor Anderson, mi presento, io sono Kurt Hummel e sono lo stronzo che dirige questo posto e che non assume nessuno, usando test difficili da affrontare. Ma prego si accomodi e valuti lei stesso”. Il suo cuore manco un battito poiché era lo stesso ragazzo che aveva visto solo pochi minuti prima, in ascensore.

“Io, mi dispiace infinitamente, non lo sapevo” iniziò, facendo il primo passo in avanti e lasciandosi alle spalle la sua unica fonte di uscita, ma il ragazzo che sedeva dritto alla poltrona dietro alla scrivania lo fermò a metà frase e gli indicò ancora una volta la sedia per farlo accomodare. “Non si preoccupi Anderson lei non lo sapeva e lo stupore nei suoi occhi ne è la prova, poiché nessuno sarebbe cosi schiocco da criticare il proprio futuro capo in quel modo pochi secondi prima di un colloquio, non è cosi?”. Blaine annuì e Kurt continuò.

“Ma permettermi di raccontarti la mia storia, dato che non mi sembravi molto ferrato in materia“. Blaine deglutì e si sedette sulla sedia, intrecciando le mani sulle gambe, per trasmettersi sicurezza. “Ho ricevuto tanti no nella mia vita e la maggior parte per dei stereotipi. Abitavo in Ohio prima di trasferirmi a New York e nessuno meglio di te sa come ci si può sentire confusi al cambiamento, giusto? Ho dovuto lasciare mio padre a casa e ho passato i primi anni qui, a convincerlo che stavo bene, quando lavoravo in un bar ristorante.

“Ho fatto domanda per un lavoro qui, non appena messo piede in questa città. E ne ho fatto molti altri, non lasciandomi influenzare da un no come risposta. Qualcuno ha avuto l’occasione di darmi un opportunità ma ho dovuto fare domanda per cinque anni, ogni giorno, facendo ogni lavoro possibile e immaginabile per potermi mantenere, prima di avere quella opportunità. Ho iniziato con il consegnare la posta ma non ero qui per questo, quindi ho cercato di mettermi in mostra ogni volta che ne avevo occasione e alla fine ce l’ho fatta.

“Le mie idee hanno colpito il capo della società che ha deciso di mettermi a capo di questa divisione e sì, questi colloqui mi sono stati imposti perché abbiamo poco personale anche se io ritengo che sia abbastanza. Considerato questo, cerco qualcuno che riesca a sorprendermi e quel ragazzo di cui parlavi in ascensore, quel tuo amico che ti ha suggerito di fare domanda, lo ricordo molto bene. Dirado dimentico un volto, come ricordo che tutto quella che ha fatto è stato supplicare per un posto di lavoro, senza dimostrare il suo talento per questo lavoro, per questo non è stato assunto”.

Durante tutto il discorso senza pausa di Kurt Hummel, Blaine se ne era stato seduto alla sua sedia, con le labbra semi aperte e lo sguardo attento. Una parte di sé voleva interromperlo e chiedergli scusa per averlo giudicato senza conoscere la sua storia e senza sapere chi fosse, l’altra parte di sé avrebbe voluto chiedergli molto di più e farlo parlare ancora ma quando il ragazzo di fermò per prendere fiato, tutto quello che riuscì a fare fu alzarsi, sorride e “Credo che dovrei provarci ancora e ancora prima di avere una reale opportunità di lavorare qui, grazie per il suo tempo comunque”, avvicinandosi di nuovo alla porta.

“Prima che tu vada via, vorrei sapere quale sarebbe stata la tua risposta alla domanda”, il moro sollevò un sopraciglio confuso e “La domanda che ti ho posto in ascensore e alla quale non ti ho fatto rispondere, perché sono andato via”. Blaine ci pensò per qualche secondo, ricordando l’intera conversazione e mosse il capo quando capì a cosa si riferita e “No” disse “Non mi accontenterei mai di rispondere al telefono, non qui. Ho studiato e mi sono preparato per affrontare qualsiasi argomento e non per prende appuntamenti ma forse lo farei”, Kurt lo incitò a continuare e Blaine lo fece.

“Sei mi accontenterei? La mia risposta è no ma la strada alla vetta più alta. inizia dalle fondamenta quindi sì, lo farei ma considerandolo un trampolino di lancio e non una sosta. Farei il mio lavoro al meglio, dimostrando la mia pazienza e impegno, ma non perdendo occasione di fare domanda ancora e ancora. Ho trascorso tre anni a dedicarmi alle rubriche inferiori, guadagnami poi il mio posto come direttore del giornale all’università. Pazienza e impegno, questo è il giornalismo per me” spiegò annuendo.

Stava per girare i tacchi e uscire cosi come era entrato ma “La tua scrivania sarà quella sulla sinistra, la riconoscerai subito perché è anche l’unica disponibile” il moro aprì la bocca per dire qualcosa ma “Ti avevo detto che non vedevo l’ora di lavorare con te, no? Diciamo che la nostra conversazione in ascensore è stato il tuo test e questa è la tua possibilità. Resterai in prova e oltre al tuo lavoro, dovrai essere sempre reperibile per me, che potrei chiamarti in ogni momento e ora, per commissione e aiuti vari. Buon divertimento Blaine e non farmi pentire della mia decisione”.
 



 
Il suo periodo di prova era iniziato nell’istante in cui si era seduto alla sedia girevole della sua scrivania. I compiti che gli venivano assegnati andavano dal correggere una bozza al trascrivere un file a penna sul computer, tutte cose che richiedevano tempo e paziente e a Blaine di certo non mancava, anche se sentiva una sensazione di disagio. Aveva appena finito di rileggere nell’ennesima bozza quando decise di fare una pausa bagno, prima del prossimo compito. Di quel posto conosceva solo la sua scrivania e l’ascensore in cui era arrivata con, bhe, il suo capo.

Entrò nel bagno e si avvicinò al lavandino, guardando il suo riflesso allo specchio. I suoi occhi sembravano stanchi e la sua pelle esausta ma il suo sorriso era quello di sempre e gli dava la carica per non fermarsi, in fondo, doveva dimostrare che era meritevole di quel posto. Aprì il lavabo e si sciacquò il viso e le mani. “Blaine? Blaine Anderson?” si sentì chiamare e sollevò di scattò il capo, con il viso ancora bagnato “Il Capo ti sta aspettando nel suo ufficio, ha un compito per te” lo informò una ragazza castana con occhiali specchi e un sorriso beffardo sul viso.

Sospirò quando la vide uscire e si affrettò ad asciugarsi il viso con della carta. Fissò il suo riflesso allo specchio e si incoraggiò con lo sguardo prima di fare qualche passo verso la porta, con un piedi fuori si rese conto di non aver chiuso l’acqua e, dandosi dell’idiota, tornò di nuovo verso il lavandino, fece per girare la manopola quando questa si sfittò completamente e rimase nella presa della sua mano “No, no, no. Ti prego non puoi farmi questo, sono già nei guai. Andiamo collabora” mormorò sempre più agitato, cercando di avvitare la manopola dalla parte opposta.

Dato che il destino non si era preso ancora del tutto gioco di lui, con un movimento troppo affrettato l’acqua iniziò a spruzzare da tutte le parti, bagnandogli il viso e la camicia “Cosa ho fatto di male, eh?” si lamentò prendendo dei fazzoletti, premendoli contro il getto dell’acqua che cambiò direzione e bagnò i suoi pantaloni “Dannazione, mi ci mancava solo questo adesso, come mi presento dal capo conciato cosi? Dannazione” imprecò a voce un po’ più alta, con le mani in avanti con l’intento di bloccare il getto dell’acqua una volta per tutte.

Uno schiarirsi di voce fu il suo segnale che niente sarebbe andato bene da lì a poco. Prese un respiro profondo e “In quanti guai mi sono messo?” chiese quando, voltando il capo verso la porta, notò la testa di Kurt Hummel che sbucava e lentamente entrava nella sua visuale. Il direttore di quella sezione si appoggiò allo stipite della porta, con le braccia intrecciare intorno al petto e un espressione seria sul viso. “Giuro che non sono stato io, cioè stavo cercando di rimediare ma chiaramente la situazione mi è sfuggita di mano e adesso non so cosa fare. Se sono licenziato, lo posso capire”.

Con sua grande sorpresa, Kurt rise. E non gli importava se stava ridendo di lui, di quanto sembrasse ridicolo e della situazione assurda. Non gli importava neanche di avere i vestiti completamente fradici o di essere bloccato nella stessa posa, perché Kurt stava ridendo e ogni cosa gli sarebbe andata bene. Quando la risata di Kurt scemò, gli si avvicinò e girò una manopola sotto il lavello, non perdendolo di vista neanche un secondo. “Dico sempre a Sam si sistemarlo ma si occupa dei lavori di ristrutturazione dell’ultimo piano e quindi non ha mai un secondo per farlo”.

“Tu non sei arrabbiato con me quindi, voglio dire, lei non è arrabbiato con me?” chiese sentendosi impacciato e terribilmente a disagio dalla avvicinanza del ragazzo, o forse stava ancora ripensando al suono di quella risata e, quando lo aveva sentito parlare, era stato come perdersi due volte. “E perché mai dovrei? Anzi mi chiedo perché Rachel non ti abbia informato del guasto quando ti è venuta a cercare” rispose in maniera calma, sorridendo a Blaine in tono di scuse. “Adesso capisco perché ghignava quando mi ha visto e prima di uscire” pensò ad alta voce, facendo ridere di nuovo Kurt di gusto.

In quell’istante pensò che avrebbe potuto fare quel genere di idiozia per tutta la sua vita, solo per sentire quel ragazzo ridere in quel modo. “Non ti preoccupare per il lavandino, magari è la volta buona che qualcuno lo ripari, il problema adesso è trovarti dei vestiti asciutti da prestarti, dato che mi accompagnerai a una riunione all’ultimo piano e non puoi di certo venirci cosi” Blaine abbassò lo sguardo verso il suo vestiario zuppo d’acqua e arrossì al “Ti presterei i miei vestiti ma ti andrebbero troppo lunghi, ma forse possiamo trovare qualcosa, andiamo su. Siamo già in ritardo”.
 



 
Era in ritardo. Era dannatamente in ritardo e non riusciva ad andare più in fretta. La sua giornata era iniziata nello stesso modo; non appena si era seduto alla scrivania aveva iniziato a spulciare la pilla di fogli che aveva alla sua destra. La maggior parte erano correzioni e qualche modulo da compilare, ora mai ci aveva fatto il calo ed era diventato abbastanza veloce. Era alla prese con una trascrizione quando Kurt gli aveva mandato un messaggio, scrivendogli che stava per arrivare e che aveva bisogno delle bozze finite e un latte macchiato scremato dato che c’era.

E lo sapeva. Sapeva che non doveva correre con quel bicchiere caldo in mano, anche se era sigillato con il coperchio ma era in ritardo e non poteva commettere altri casini come quello del bagno ma lui era Blaine Anderson e la sfortuna sembra averlo baciato. Cosi, nella fretta di voltare l’angolo, assicurandosi che la tazza non si svuotasse sulle bozze che stringeva sotto il braccio destro, non vide la segretaria che gli stava andando in contro e, una volta notata, cercando di evitarla, andò a sbattere contro una pianta e, naturalmente, tutto il latte gli andando a finire sulla camicia pulita. “Maledizione”.

“Dimmi almeno che le bozze sono in salvo e che tu ti sei portato una camicia di riserva, considerato l’ultima volta” sollevò il capo e Kurt Hummel era lì, di fronte a lui, appena uscito dall’ascensore nel più completo ordine e con le 24 tra le mani. Bellissimo e perfetto come sempre, che a Blaine mancò il fiato e deglutì rumorosamente “È bollente, dico il latte che ti è finito addosso. Forse dovresti andare a cambiarti ma lasciami prima quelle bozze, okay? Meglio non rischiare” sorrise a frase terminata e accennò una risata quando gli passò le bozze che aveva tenuto al sicuro dagli schizzi di latte.

“Io, sì. Ho una camicia nella mia borsa” disse frastornato “Mi dispiace per il suo latte macchiato scremato, ma ho dovuto evitare una segretaria che andava di fretta e non ho visto l0a pianta e ci sono andato contro e poi siete arrivato e..” si bloccò quando vide il ragazzo cercare di darsi un contegno, spingendo una mano aperta contro la sua bocca ma finendo comunque per scoppiare a ridere in una risata fragorosa e sincera. Non era giocandosi il posto che lo avrebbe voluto rivederlo ridere ma poco importava, no? Kurt stava ridendo ed era musica per le orecchie.

“Solo tu per evitare una persona potresti finire per scontarti contro una pianta” disse, tenendosi lo pancia con le mani e asciugandosi una lacrima “So che non dovrei ridere dei miei dipendenti ma è praticamente impossibile con te” rise ancora, singhiozzando e rendendo la frase incompressibile “Sembra quasi che ti crei piacere farmi ridere in questo modo, ammettilo” continuò, facendo dei respiri e toccandosi il viso “E adesso fila a cambiarti, abbiamo ancora tempo ma mi devi un Grande nonfat mocha”.
 
 



Camminava con passi incerti ed a ogni passo, la pila di fogli che gli copriva il viso, traballava. Era al termine della sua seconda settimana di prova e gli avevano assegnato un manoscritto. Doveva stamparlo, fotocopiarlo, rileggerlo e assicurarsi che venisse revisionato e messo in commercio, prima della fine della giornata e questo implicava parlare con il capo stampa e organizzare i vari motori di vendita ma niente lo terrorizzava e spaventava più della stampante-fotocopiatrice dell’ultimo piano. “Buona fortuna Anderson” gli disse qualcuno, che non riuscì a vedere. Era la decima persona che lo salutava in quel modo, con un ghigno sulle labbra, pronti a un suo fallimento.

Da quello che aveva scoperto, ed una macchina difettata e che, dopo la centesima copia, iniziava a dare i numeri e a bruciare i vari comandi inseriti. Era già arrivato a novantotto copie e si era fermato per sistemare e impaginare già quello che aveva, cosi da far riposare la macchina per qualche momento e non farla andare in tilt, senza regalargli un’altra bella figuraccia. Ne aveva avuto già abbastanza per tutta la sua intera vita. Ma ovviamente, non erano ancora abbastanza.

Archiviò le prime pagine del manoscritto in una scatola bianca, dato che non si fidava ancora di nessuno e che era stato chiesto a lui di occuparsi della pubblicazione, e ricoprì la scatola con il suo coperchio, perché la precauzione non era mai troppa in quel luogo e tornò a dedicarsi al macchinario che aveva di fronte, guardandolo con aria di sfida e incrociando le braccia al petto. “E ne resterà solo uno dei due, e per tua sfortuna, sarà io a vincere oggi”.

Si sentì un idiota e, passandosi una mani sulla fronte, premette il pulsante stamp, con le goccioline che gli imperlavano la fronte di un sudore freddo e che sapeva di agitazione. La macchina emise un rumore stridulo ma dopo iniziò a stampare il resto del manoscritto. Blaine, dalla felicità, improvvisò un balletto della felicità, muovendo tutto il suo corpo a un ritmo che sentiva solo nella sua testa e che attirò non pochi sguardi su di lui. A poche copie dalla fine, canticchiò anche qualcosa e “Blaine Anderson e chi altri se no”.

Chiuse istintivamente gli occhi, conoscendo troppo bene quella voce e quell’accennò di ilarità che ora mai lo accompagna nel sogni più oscuri e persi. “Dimmi che non stai improvvisando un ballo della vittoria, accompagnato da una melodia che era nella tua testa, anzi, dimmi che è cosi perché la scena sarebbe molto più divertente” e pronunciò l’ultima frase tra risate trattenute e con gli occhi lucidi per la scena comica che gli si era presentata, per lui, quell’oggi. Il moro non ebbe il tempo di rispondere o giustificarsi, che la macchina infernale iniziò a fare rumori, movimenti, strani e dopo a buttare per aria fogli bianchi sporchi d’inchiostro ma con niente altro stampato sopra “Dannazione”.

“Ehi, guarda il lato positivo, ha bruciato solo la parte finale e quella è piena di ringraziamenti di gente che si vanterà ogni volta che ne avrò occasione ma che magari conosce a stente il nome del libro. Si può dire che hai vinto contro la macchina”. Gli occhi del moro iniziarono a brillare e a illuminarsi, luce che proveniva dal sorriso raggiante che aveva esteso le sue labbra fino a farlo essere teneramente adorabile e stava per urlare la sua felicità ma “Sei consapevole che ho comunque bisogno di quella pagina, vero?”. Blaine annuì tornando in sé e recuperando i fogli stampati e quelli che la macchina aveva lanciato per aria, “Ma prima, rifai di nuovo quel balletto, ti prego” ridendo in una maniera adorabile ma cercando di sembrare neutrale.
 



 
Si sentiva nervoso, anzi, era nervoso e dal nervoso non riusciva a stare fermo. Andava avanti e indietro non sapendo cosa fare o cosa pensare. Avrebbe potuto consumare il pavimento, con un altro passo. Ma andiamo per gradi; Kurt Hummel si era presentato alla sua scrivania qualche giorni prima parlandogli del suo periodo di prova e che era ora per lui di scegliere cosa fare, per questo, gli aveva assegnato un articolo e del tempo a disposizione. Se l’articolo lo avesse colpito, allora sarebbe stato assunto e assegnato a una rubrica, in caso contrario, la sua esperienza lì era giunta al termine.

Aveva completato l’articolo la sera precedente e non aveva dormito tutto la notte, leggendolo e rileggendolo, controllando ogni virgola, spazio e maiuscola. Riusciva ad avere gli occhi aperti grazie ai cinque bicchieri di caffè che aveva bevuto prima di presentarsi di fronte l’ufficio del suo possibile capo per consegnargli l’articolo e aspettare. Perché principalmente era quello che stava facendo, andando avanti e indietro di fronte quella porta ancora chiusa. Lui aspettava il verdetto, mentre il nervosismo lo stava consumando dall’interno.

Fissò l’orologio e notò che era lì da quasi mezz’ora e il suo articolo si leggeva in pochi minuti quindi le cose erano due: ho Kurt si stava divertendo a vederlo soffrire il quel modo e quindi lo stava facendo cuocere nel suo brodo anche se aveva già una risposta o non ci aveva ancora dato un’occhiata ed era intento in una discussione più importante al telefono con qualche funzionario, fatto sta che Blaine non poteva più aspettare oltre. Camminò a passo deciso verso la porta e “No, ma che sto facendo? Cosa credo di ottenere cosi? Non sarà mettendogli fretta che avrò la mia risposta”.

Fece qualche passo indietro e stava quasi per voltarsi e tornare alla sua posizione quando “Ma se invece si aspettasse questo mio tipo di azione? Chi può dirmi con certezza cosa è giusto fare. Magari se ne stata seduto sulla sua comoda poltrona ad aspettare che io bussi o che entri, quindi perché deludere le sue aspettative?”, sospirò e prese coraggio. Ripercorse i pochi passi di prima a chiuse la mano a pugno, sollevando il braccio verso la porta.

“Questa cosa è idiota, io sto diventando pazzo. E che faccio una volta bussato, scappo via terrorizzato e osservo la scena da dietro una pianta? Devi riacquistare il buon senso Blaine, devi..” non ebbe il tempo di completare la frase o di fare qualche passo indietro che la porta si aprì e “Blaine, cercavo proprio te ma penso che tu lo sapessi già”, il sorriso del suo bellissimo capo gli si parò di fronte, realmente a pochi centimetri di distanza e deglutì a vuoto.

“Mi spieghi perché il tuo braccio è sospeso a mezz’aria?” chiese il direttore, sposando lo sguardo dalla mano a pugno di Blaine e il volto del ragazzo, con un sopraciglio sollevato, chiaramente confuso. Blaine abbassò il braccio, infilando la mano nella tasca dei pantaloni e tossicchiando. “A ogni modo ho preso una decisione, che credo sia questa la tua decisone di sgranchirti le gambe d’avanti al mio ufficio, non è cosi?” Il moro ringraziò di avere la mano nella tasca o l’avrebbe usata per schiaffeggiarsi.

“Dicevo, senza giri di parole, sei dentro” Blaine si trattene più che poté ma alla fine la felicità era troppa e fece un salto accompagnato da un urlo che fece voltare tutti verso la sua direzione “Ma sappi che è per questo motivo che ti assumo. La gente qui è troppo seria, ho bisogno, abbiamo bisogno di ridere un po’ di più e di sentirci più leggeri e poi detto tra noi, la tua bravura nello scrivere è stato un colpo di fortuna. Onestamente, ti avrei assunto il secondo in cui ho sollevato lo sguardo e ti ho visto mettere piede nell’ascensore. Che resti un segreto, Blaine Anderson, ma tu mi piaci e sarà realmente eccitante lavorare con te”.









 
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Giuro che non è  una cosa intenzionale stoppare cosi le os, voglio dire, sento che il resto dovrebbe rimanere all’immaginazione e ho il terrore di rovinare ogni cosa, quindi sento che vanno bene cosi e poi adoro i finali, cosi dire, aperti. Ma passiamo alla One Shot. I Klaine, non più dei bambini (un trauma per me ç_ç), entrano nel mondo del lavoro e Blaine, che di gaffe è esperto (ne approfitto per ringraziare la mia meravigliosa Fra per avermi suggerito tutte le gaffe scritte, povero Blaine lol ma ti voglio bene ragazza), ne fa di tutti i colori e Kurt se la ride perché quando si incontra Blaine non si può restare seri, come del resto, se si incontra Kurt non si può non farlo ridere dato che la sua risata è un suono divino e armonioso, che riscalda ogni cuore. Qual è stata la nostra gaffe preferita? E le vostre gaffe?

A ogni modo questa è la penultima one shot per questa raccolta e la settimana prossima il cerchio (e questa esperienza) si chiuderà ma non sono cosa a pronta a dire qualcosa a tal proposito quindi vi do appuntamento(?) alla prossima settimana per la conclusione di questa raccolta e per i saluti finali.
Grazie a chi ha letto, inserito la storia delle seguite/preferite/ricordate e chi ha recensito.

- Sandfrost -
  
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