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Autore: LadyElizabeth    02/02/2009    5 recensioni
Un breve sfogo per dimostrare tutto il mio affetto ad un vero campione. A un ragazzo che non si risparmia mai, che regala mille emozioni a persone sparse in tutto il mondo. Per tutti coloro che lo hanno visto piangere ieri, o per coloro che vogliono sapere cosa significa amare veramente uno sport. Questa è per te Roger. Ti voglio bene.
Genere: Malinconico, Sportivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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My Champion...

 

Buonasera.

Ora, molta gente riterrà, una volta letto questo mio sfogo, che sia stato del tutto inutile, che io sia una povera pazza, che non sia capace di capire cosa è davvero importante nella vita o chissà che altro…

Accetto ogni critica però avevo davvero bisogno di scrivere qualcosa.

Per sfogarmi,

per smettere di piangere,

per urlare da un foglio di carta.

 

Avete presente la vera passione per uno sport?

Quella che ti spinge a fare mille sacrifici, a rinunciare alla tua adolescenza, alla tua spensieratezza, ai tuoi amici, pur di allenarti per ore e ore ed essere il migliore?

Io forse non ho questa passione così sconfinata.

Ma ieri ho visto un uomo che ce l’ha nel sangue la passione per il suo sport.

Il tennis.

Quella persona è Roger Federer.

Ebbene, ieri l’ho guardato giocare per cinque ore di pura agonia.

Il primo set perso, il secondo vinto, il terzo buttato via e il quarto vinto alla stragrande…

E poi?

E poi blackout sul quinto set.

Gettato via senza lottare per 6 giochi a 2.

In quel momento ha visto sfumare dalle mani il suo quattordicesimo slam.

Peccato se ne sia reso conto solo dopo che si è seduto sulla panchina.

L’ho visto chinare la testa e fissarsi le ginocchia per degli attimi interminabili.

Ed è stato lì che il tennis, la gara, Federer, tutto è scomparso.

Era rimasto solo Roger.

Un uomo che ha dovuto fare i conti con la paura, quella che attanaglia ogni singolo umano.

E che purtroppo ieri ha stretto il suo cuore e la sua testa in una morsa d’acciaio.

Poi, la premiazione…

Sale sul palco, ritira il secondo premio e si avvicina al microfono.

Non riesce a parlare.

Allora, di fronte all’incertezza, al suo tentennare per la prima volta dopo anni, un tifoso si alza e urla: “I love you Roger!”.

Sempre in silenzio, si gira a lanciare un’occhiata a colui che ha urlato quell’amore così viscerale…

E quando si gira nuovamente verso i microfoni, una lacrima riga il suo volto.

Seguita subito da un’altra.

E un’altra ancora.

Piange, singhiozza come un bambino.

Tutta la folla si riunisce in un “oooh” di stupore.

Lui che finora aveva pianto solo di gioia, ora si scioglie in lacrime per una finale persa.

Cerca di smettere, in fondo sa che deve dire qualcosa, ma proprio non riesce a frenare quell’ondata di emozioni che lo travolgono.

E così fa un passo indietro…

Le telecamere stringono l’inquadratura sul suo viso, rigato di lacrime, sulle sue mani tremanti, sui suoi occhi rossi.

Ed è stato lì che ho pianto anche io.

Fino a pochi attimi prima avevo gridato davanti allo schermo, sperando che si desse una mossa, l’avevo accusato di aver gettato via la partita da solo…però davanti alle sue lacrime non ce l’ho fatta.

Perché non era Federer che piangeva, quello era Roger.

Era un bimbo deluso, arrabbiato con se stesso, incapace di capire perché si fosse bloccato così…

Quel pianto racchiudeva la delusione, l’amarezza, l’amore così grande per il tennis capace di farlo piangere per una vittoria sfumata, la paura…

Non era più un grande campione ma un uomo spaventato.

E mentre lui singhiozzava hanno inquadrato i suoi occhi.

Dio, cosa non erano i suoi occhi.

Due pozze marroni, colme di lacrime…

In quegli occhi ho rivisto i miei.

I miei come erano conciati tre mesi fa, quando mi avevano prospettato tre mesi di riposo.

Tre mesi lontana dal tennis.

E non ero stata capace di guardare una partita di Roger senza piangere.

Perché sentivo un dolore nel petto troppo forte.

Ieri ho capito come si sentiva.

Anzi, lui stava molto peggio.

Il mio era un problema fisico.

Il suo psicologico.

E vederlo così mi ha inevitabilmente ricordato che non importa quante partite hai vinto, se ami il tennis ogni sconfitta ti fa un male indescrivibile.

Avrei voluto abbracciarlo, piangere assieme a lui e, una volta calmato, fargli un bel discorso.

Era logico che le sue lacrime avrebbero fatto il giro del mondo.

Oggi i media sono stati impietosi con lui.

Lo hanno dato per spacciato, hanno detto che si è chiusa l’era Federer, che l’epilogo di un campione è stato scritto con quelle lacrime.

Ho pianto di nuovo a leggere quelle parole.

Come può la gente dire queste cose?

Come può permettersi di dare per finita una persona?

Gli hanno assestato il colpo di grazia…

In realtà io non ci credo.

Penso che avesse tenuto tutto dentro per troppo tempo…

Doveva piangere e sfogarsi.

Per poi ricominciare.

Ha ancora tutto per vincere.

Deve solo ritrovare se stesso.

Non deve temere le parole dei giornali, non deve nemmeno leggerle…

In fondo le parole che contano sono quelle di chi lo ama.

Della sua fidanzata, dei suoi genitori, dei suoi amici, dei suoi fans che ieri hanno pianto con lui.

In Roger c’è un amore tanto grande per il tennis che avrà il sopravvento su tutto.

Io ci credo.

Ce la farà a vincere 15 Slam e a diventare il più forte campione al mondo.

In fondo gliene mancano solo due.

E anche lui sa di potercela fare.

Deve solo guardare negli occhi il problema e affrontarlo, senza paura.

 

Sono con te, sempre e comunque.

Sei stato fondamentale per me, adesso più che mai.

Per me sei già il più grande, ma so che potrai diventarlo per tutto il mondo.

Ti voglio bene Roger.

 

 

 

 

 

Ok.

Ho scritto.

Ho buttato giù d’impulso quello che avevo da dire.

Molto probabilmente molti di voi non comprenderanno o non condivideranno le mie emozioni.

Non importa.

Volevo solo scrivere.

In questo modo mi sento più vicina a lui.

E forse posso smettere di farmi venire gli occhi lucidi ogni volta che lo si nomina.

Da domani, solo ottimismo.

Per lui e per me.

Buona serata.

Un bacio,

Liz.

  
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