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Autore: Curse_My_Name    27/08/2015    6 recensioni
“Ooh, il mio compagno di bevute preferito... procuriamoci un po’ di idromele!”
Una tranquilla serata in taverna può degenerare nel delirio più totale se si alza troppo il gomito...
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se qualcuno avesse chiesto a Lorek Galbarn quale fosse la migliore locanda di tutta Skyrim, lui avrebbe sicuramente risposto “il Focolare Accogliente”. Nelle città del nord come Windhelm potersi rifugiare dal freddo era un piacere che stimolava la gratitudine e lo stomaco dei viaggiatori, e Lorek si sentiva rinascere ogni volta che l’aria calda e profumata dell’antica taverna lo avvolgeva. Nato a Karthwasten, cresciuto lungo le piste dei cacciatori, Lorek era un nord dall’aspetto piuttosto singolare: aveva lunghi capelli neri che contrastavano con la carnagione pallida e gli occhi chiari, una corporatura poco robusta e delle mani affusolate che lo facevano sembrare più un bardo che un cacciatore. Per non parlare di quelle lunghissime gambe storte, che se unite al naso adunco lo rendevano simile a un pollo troppo cresciuto, e delle labbra che il gelo rendeva di un preoccupante colore violaceo, come se il suo sangue nord si rifiutasse di concedergli una qualche resistenza al freddo. Ma nonostante l’aria poco minacciosa, Lorek era molto ricercato per le pelli e la carne che riusciva a procurare con il suo piede leggero e la sua abilità con arco e trappole. Aveva il fegato di avventurarsi anche nelle tane dei grandi orsi grigi e amava raccontare di essere riuscito una volta perfino ad abbattere un mammut.
Si era recato a Windhelm proprio per concludere un affare con un compratore che gli aveva offerto un bel gruzzolo per una dozzina di pellicce di volpe delle nevi con cui voleva confezionare un mantello alla moglie. Infreddolito ma soddisfatto dal pagamento, Lorek aveva lasciato la casa del cliente per dirigersi alla locanda, ansioso di spendere alcune delle monete che tintinnavano nel suo borsello. Indugiò per un attimo sull’uscio, per meglio godersi il tepore che lo aveva accolto, poi entrò, salutò affabilmente Elda, l’ostessa, e chiese tre bottiglie di idromele e un piatto di arrosto
-Horker, come al solito?- domandò lei sorridendo
-Ah, mi conosci. Sì, horker. Quelle grasse bestiacce hanno una carne maledettamente saporita-
-Te lo porto subito- lui stava per ringraziare quando il tizio seduto sullo sgabello alla sua destra si accasciò sul bancone sbattendo la testa e ridacchiando
-Saaaaaaam…- chiamò con voce lamentosa -tocca a te..- sventolò il boccale vuoto in direzione del suo vicino, un uomo avvolto in una tunica scura che sghignazzava divertito
-Sicuro di riuscire a proseguire?-
-Ecco a te, Lorek. Voi due, signori, forse per oggi avete bevuto abbastanza-
-Siate gentile, bella fanciulla, io e il mio amico stavamo facendo una gara..- Lorek li lasciò per spostarsi al piano di sopra: era qui che ardeva il vero e proprio focolare, su cui poggiava la famosa candela di Deroct, vincolata in qualche modo a non spegnersi mai. Il cacciatore si sistemò su un tavolo lì vicino per godersi il calore del fuoco e iniziò a divorare il suo pasto; prima o poi avrebbe dovuto chiedere a Nils cosa mettesse nei suoi piatti per renderli così unici. Masticando, il nord alzò lo sguardo sul resto della sala per osservare gli avventori: in un angolo, come sempre, c’era Adonato Leotelli, impegnato a comporre chissà quale opera, mentre dalla parte opposta sedeva Stenvar, un grosso e goffo mercenario che una volta aveva provato ad assoldare. Non era andata molto bene, perché come cacciatore era un disastro, e quando Lorek gli aveva urlato contro perché aveva fatto scappare l’ennesimo branco di cervi col suo passo pesante, lui gli aveva mollato un pugno ed erano passati alle mani.
Al ricordo il naso di Lorek protestava ancora, e il nord si affrettò a voltarsi prima di incrociare lo sguardo del colosso. In questo modo vide quella stupida gallina di Viola Giordano che assaltava il povero Brezza Solitaria, riempiendolo di chiacchiere e domande. Il capitano, con grande pazienza, rispondeva nel modo più cortese possibile, ma nei suoi occhi si leggeva la disperazione. Nel frattempo il bardo Luaffyn, una bella dunmer dalla voce melodiosa, stava intonando una canzone per Tornbjorn Frantuma Scudi, che da quando aveva perso la figlia passava quasi tutte le sere ad annegare le sue pene nel vino. Il vecchio aveva le lacrime agli occhi mentre l’elfa narrava la storia di una giovane fanciulla colpita da un male incurabile e descriveva la sofferenza dei suoi genitori. Se a due passi da loro non ci fossero stati dei Manto della Tempesta che giocavano a dadi ridendo e ruttando, sarebbe stata una scena molto commovente.
Lorek fece due grossi sorsi di idromele, ma quando riemerse dalla bottiglia aggrottò la fronte. Dalle scale erano appena saliti i due che prima sedevano al bancone; adesso anche il tipo con la tunica sembrava un po’ brillo, ma mai quanto il suo amico, che continuava a ridere in modo idiota e camminava barcollando vistosamente. Ogni volta che rischiava di cadere le risate si facevano più forti, e quando i due si avvicinarono al tavolo dove erano seduti i Manto il cacciatore spostò la propria sedia per seguire meglio la scena.
-Buonasera, signori- li salutò con voce un po’ impastata quello che si chiamava Sam -sapete dirci dove possiamo trovare un passaggio per Markarth?- l’altro ridacchiò ancora, alzando il boccale di nuovo pieno
-Avete shentito? Markarth, Markarth- singhiozzò e bevve, inghiottendo rumorosamente e sbrodolandosi tutto.
-Andate a disturbare qualcun altro, mezze tacche- rispose uno dei soldati in tono burbero, ma il tizio ubriaco si era già sistemato su una sedia libera e aveva preso i dadi
-Shi gioca, eeeh? Shi gioca?- un altro singhiozzo, e stavolta rovesciò la sua birra sulla divisa del nord al suo fianco, che si fece paonazzo e urlò
-Vattene subito, straccione!- Lorek trattenne il fiato mentre l’ubriaco, guardando chi lo aveva richiamato, assumeva lentamente un broncio ridicolo che probabilmente doveva essere un'espressione offesa.
-Shtraaassshioneee?- tirò i dadi in faccia al soldato, che si alzò di scatto facendo cadere la sedia alle sue spalle e lo colpì in pieno viso, mandandolo lungo disteso sul pavimento. Prima che potesse picchiare anche Sam, lui prese un piatto che si trovava sul tavolo e lo lanciò velocemente sulla schiena di un altro cliente, un orco che subito si girò verso il gruppo chiedendo a gran voce chi fosse stato. Sam indicò i Manto della Tempesta e si scansò per evitare di venire travolto dall’orsimer che aveva caricato imbestialito.
Per qualche ragione che sfuggì a Lorek, in breve la rissa si propagò nel resto del locale. Quel bestione di Stenvar fu il primo a gettarsi nella mischia, con aria gioiosa, e quando qualcuno urtò Tornbjorn facendogli scivolare di mano il suo amuleto di Arkay, il vecchio perse l’aria triste e sollevò una sedia per sbatterla sullo stomaco di un contendente. Lorek si abbassò per evitare un involtino dolce lanciato da chissà chi, e notò che Sam stava trascinando il suo amico svenuto giù per le scale.
Viola era praticamente saltata in braccio al capitano Brezza, strillando perché un uomo le aveva strappato la gonna e quindi “era sicuramente il Macellaio che girava per la città”.
-Guardie! Chiamate le guardie!- il lupo di mare, ridotto al limite della sopportazione, la fece scendere con molta poca delicatezza e spaccò la sua bottiglia in testa all’orco che aveva iniziato l’assalto, per stordirlo. Il divertimento di Lorek si guastò quando Stenvar, che stava prendendo a pugni un tipo tenendolo sollevato per la collottola, lo notò; il cacciatore non fece in tempo a mettersi in piedi che già quel bestione, sovraeccitato dall’alcol, dalla lotta e dal vecchio rancore, aveva estratto la sua enorme ascia e gli stava correndo contro. Lorek riuscì a schivare il primo fendente e a gridare
-Ma sei impazzito?- ma il mercenario nemmeno lo sentì, e alzò l’arma fin dietro la testa, calandola in avanti e spezzando in due il tavolo quando Lorek si spostò. Intanto Adonato si era rintanato contro il muro tenendo stretto al petto le sue pergamene e sussurrando preghiere, e Luaffyn aveva spaccato un liuto in testa a Rolff, un nord famoso per il suo odio nei confronti dei dunmer. Lorek sfilò una spada dal fodero di uno dei Manto della Tempesta e la usò per parare un altro colpo di Stenvar, assestandogli subito dopo un calcio in mezzo alle gambe. Il mercenario si piegò in due per il dolore, dando all’avversario l’occasione di sgusciare via e usare la testa di un uomo a terra per salire su uno dei pochi tavoli non ancora rovesciati. Da lì il nord poté notare che la stanza era nel caos più totale; il pavimento su cui erano sparsi cibo e stoviglie era stato ricoperto anche da una grossa chiazza di vomito su cui più di un rissaiolo era scivolato. Vedendo che Stenvar si stava riprendendo dal colpo basso, Lorek saltò su un altro tavolo nello stesso momento di un ragazzo, e i due accennarono un breve duello di spade per contendersi lo spazio ristretto. Provvidenza volle che il giovane fosse abbastanza ubriaco da non accorgersi dello sgambetto dell’avventuriero, che lo fece crollare a terra di muso. Lorek scese a sua volta e iniziò a correre per la stanza per sfuggire alla rinnovata furia di Stenvar, schivando e incassando alcuni colpi e bicchieri volanti e facendosi strada a suon di calci quando non riusciva a passare. Si lanciò verso le scale, ma a impedirgli di scendere al piano di sotto fu la locandiera, che era immobile sui gradini insieme al cuoco e fissava con espressione inorridita la candela di Deroct: era stata fatta cadere dal suo posto sopra il focolare e ora giaceva a terra.
Spenta.
L’orrore sul viso della donna lasciò il posto alla rabbia; saltò in avanti e prese dalle braci un ciocco di legno mezzo infuocato, per poi sbandierarlo furiosamente, strillando
-Quella candela bruciava da centosessantatre anni!-

Quando Lorek riuscì finalmente a uscire dalla locanda, inciampando nei gradini fuori dalla porta, notò con disappunto che aveva perso la faretra. Si lasciò cadere sulla pietra gelida e infilò due dita in bocca per cavarsi un dente ormai ammaccato, regalo, come la guancia gonfia, di una delle guardie intervenute per sistemare la situazione.
Il nord alzò lo sguardo e vide con stupore Sam che tirava il suo compagno fuori dalla neve e si allontanava sorreggendolo e mormorando
-Penso che mi divertirò ancora molto con te, piccolo mortale..-
  
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