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Autore: Odinforce    27/08/2015    2 recensioni
La maledizione che lo aveva afflitto per anni era ormai svanita. Era trascorso più di un anno, ma Ranma sorrideva ancora compiaciuto ogni volta che si bagnava con l’acqua fredda senza subire alcuna trasformazione. Si sentiva felice come non mai, alla pari di un uomo che aveva sconfitto una malattia mortale, libero di assaporare tutte le piccole cose straordinarie che la vita ha da offrire.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Nuovo personaggio, Ranma Saotome, Ryoga Hibiki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il riflesso
 
« Signor Saotome? »
Ranma aprì gli occhi di scatto, trovando subito chi lo aveva chiamato. Un’infermiera del turno di notte, venuta a svegliarlo con gentilezza; si alzò a sedere, lanciando un’occhiata all’orologio appeso al muro di fronte. Erano quasi le tre di notte.
« Scusate, devo essermi appisolato » ammise con un piccolo sbadiglio. « Cosa succede? »
« La signorina ha ripreso i sensi » disse l’infermiera. « Vorrebbe ringraziarvi per ciò che avete fatto per lei. Le ho suggerito di rimandare la questione a domattina, ma ha insistito... non vuole aspettare. Per voi va bene? »
Il ragazzo impiegò un po’ per registrare la situazione, ma alla fine annuì.
« Certo... nessun problema. »
L’infermiera lo invitò dunque a entrare nella camera, e Ranma obbedì senza ulteriori indugi.
« Solo per pochi minuti » raccomandò lei, « poi dovrà riposare ancora. Ha subito una brutta esperienza, dopotutto. Cercate di non affaticarla. »
« Certo, infermiera. Grazie » fece Ranma con un inchino. Quando la porta si richiuse alle sue spalle, fu libero di concentrarsi sulla persona che al momento era al centro dei suoi pensieri.
La ragazza con il codino, unica ospite di quella camera d’ospedale, stava seduta sul letto in fondo. Non riuscì a trattenere lo stupore mentre la guardava, sebbene l’avesse già incontrata in precedenza: a parte i tratti somatici tipicamente europei, la somiglianza con la sua controparte femminile nei giorni della maledizione era inequivocabile. Lo stesso colore dei capelli, lo stesso azzurro negli occhi, e una corporatura molto simile.
Il loro incontro non poteva essere accaduto per caso.
« Ciao » disse la ragazza, riportandolo nella camera.
« Oh. Ehm... ciao. »
Ranma si avvicinò al letto, nervoso come non lo era da tempo. Lei lo guardava con aria dolce, come se fossero amici intimi.
« Come ti senti? »
« Molto meglio, adesso... grazie a te. »
« Bene, questo mi conforta. Temevo di non essere intervenuto abbastanza in fretta. »
« No, invece » disse la ragazza. « Sei stato un fulmine. Mi hai salvata... come un vero eroe. »
E gli tese la mano, invitandolo a stringerla. Ranma l’afferrò, e i due si guardarono negli occhi per un lungo silenzio.
« Io sono Ranma. »
« Piacere. Io mi chiamo Roslin... ma puoi chiamarmi Rose. »
« Piacere mio. Senti, Rose... perdonami se la domanda che sto per farti ti sembrerà strana o inopportuna, ma... io e te ci siamo già visti da qualche parte? »
« Ma certo. È successo stamattina, al centro commerciale... ti avevo urtato per sbaglio. Non ti ricordi? »
Ranma fece un sorrisetto, cercando di mascherare la sorpresa. Lei ricordava quell’attimo così breve.  
« Ah, sì... certo » disse lui. « Ma a parte oggi... ti risulta che ci siamo già incontrati? »
Rose lo guardò con aria perplessa.
« Prima di oggi? » fece. « No, non mi sembra proprio. Ma perché me lo chiedi? »
« Ah, non farci caso. Era solo una mia impressione, non preoccuparti. »
Ranma decise di far cadere il discorso. Non era il momento più adatto, in fin dei conti, e Rose sembrava sincera. La sua teoria sull’incontro non casuale cominciava a perdere consistenza.
« Devo andare » le disse. « L’infermiera mi ha concesso solo qualche minuto. Be’... è stato un piacere conoscerti, ma avrei preferito circostanze migliori; mi dispiace che tu abbia dovuto subire un simile orrore. »
« Già » ammise Rose con amarezza. « Uno pensa sempre che cose del genere accadono sempre agli altri... e mai a te. Quando devo essere stata stupida... ora temo che potrebbe accadere ancora! »
Ranma restò al suo posto. Poteva ancora fare qualcosa per lei, dopotutto.
« Non accadrà più, se imparerai a difenderti. Ecco, tieni » e le porse il suo biglietto da visita. « Sono un insegnante di arti marziali: vieni a trovarmi quando vuoi... sarò lieto di insegnarti qualche tecnica per impedire ad altre bestiacce di metterti le mani addosso. »
Rose prese il biglietto, incuriosita. Lo esaminò con attenzione, prima di rivolgere un altro sorriso a Ranma.
« Be’... buonanotte » fece lui, voltandosi per uscire.
« Buonanotte, Ranma. E grazie ancora... grazie di tutto. »
Il ragazzo uscì dalla stanza, mentre un miscuglio di sensazioni invadevano la sua mente come una tormenta. Non era sicuro di cosa provava in quel momento, tanti erano i dubbi che lo opprimevano: quella ragazza, Rose... si era quasi convinto che fosse caduta giù dal cielo, con l’unico scopo di incontrarlo. La realtà era tuttavia un’altra molto più semplice: lei era solo una persona qualsiasi, nonostante l’incredibile somiglianza con la Ranma a cui aveva detto addio da tempo.
Solo un’incredibile coincidenza. Doveva farsene una ragione.
Ranma sospirò, incamminandosi per il corridoio. Ma il suo comodo letto avrebbe dovuto aspettarlo ancora un po’, dal momento che il ragazzo fu quasi subito avvicinato da due carabinieri. Avevano saputo dell’aggressione e desideravano interrogarlo sull’accaduto, per ricostruire i fatti con precisione. Ranma, non avendo nulla da nascondere, raccontò com’erano andate le cose.
« ...e sono scappati come conigli » concluse dieci minuti dopo. I due agenti avevano ancora un’aria scettica, tuttavia.
« E li ha affrontati tutto da solo? » chiese uno di loro, cercando di vederci chiaro. « Senza alcun aiuto? »
« Pratico le arti marziali fin da quando ho memoria, agenti... e posso assicurarvi che la mia memoria non è affatto corta » ribatté Ranma. « Insegno in una palestra qua vicino, potete controllare » e mostrò loro un altro biglietto. « Vengo da molto lontano, ma sono un onesto cittadino che cerca di farsi gli affari suoi... e di aiutare le persone in pericolo, quando sono minacciate da qualche criminale. Non mi aspetto nulla... sono solo contento di aver salvato quella ragazza, e ciò mi basta. »
I due carabinieri si cambiarono un’occhiata curiosa.
« Grazie » disse il secondo agente. « Per il momento è tutto, signor Saotome, è libero di andare. Si tenga comunque a disposizione, potremmo aver bisogno di farle ulteriori domande. Intanto dovremo aspettare domattina per interrogare la signorina Roslin, per sentire la sua versione dei fatti. »
« D’accordo. Ma andateci piano, per favore... si è presa un bello spavento, stanotte. Non è roba che potrà dimenticare facilmente. »
Poco dopo, Ranma era fuori dall’ospedale, finalmente libero di tornare a casa. Era stata una lunga giornata, con una notte ancora più lunga. Un piccolo imprevisto nella sua vita che poteva dire già superato, con quella strana coincidenza che lo rendeva memorabile.
Rose era solo una ragazza qualsiasi... ma era contento di averla conosciuta. Questo pensò mentre si infilava tra le coperte, con un sorriso sulle labbra.
Forse l’avrebbe rivista in giro.
 
Ranma si svegliò il mattino seguente, alle sette in punto come al solito. Avrebbe preferito continuare a dormire, dopo gli eventi della notte precedente, ma non poteva permetterselo: quella mattina aveva altre lezioni da tenere in palestra. Così, armandosi di pazienza e coraggio, si alzò per cominciare la giornata: allenamento, colazione, un giro di bucato e via. Era un’altra giornata di sole, ma il freddo invernale persisteva; riusciva a sopportarlo, dopo aver trascorso ore in meditazione sotto cascate gelate. Né l’uomo comune né le intemperie potevano piegarlo con così poco, amava pensare... e il triste episodio della sera prima era servito a ricordarlo alla gente del quartiere.
La mattine procedette tranquilla, con due ore di lezioni di karate prive di incidenti. Ranma trascorse poi la pausa pranzo insieme ai suoi colleghi, conversando su temi attuali; il ragazzo accennò brevemente all’agguato di ieri, suscitando una notevole sorpresa tra i presenti.
« Bravo » commentò Stefano, del corso di body building. « Hai fatto un ottimo lavoro, senza danni collaterali. »
« Bah, secondo me sei stato troppo buono » aggiunse Ilaria, insegnante di Krav Maga. « Dovevi rompergli le gambe, a quei maiali, e restare a guardare mentre strisciavano via. »
« Non sarebbe stato degno di me » ribatté Ranma. « Io sono un uomo d’onore... e non è solo un luogo comune del mio paese d’origine. Per quelli come me, che hanno praticato le arti marziali per tutta la vita, significa essere un tipo di uomo che ormai si può dire in via d’estinzione. Perché, infatti, continuare a brandire spade o spaccare rocce a mani nude in un’era di pistole e lanciamissili? Un tempo, combattere era un’altra cosa... era ancora un’arte. »
La sua voce era diventata malinconica, alla fine, con suo sommo dispiacere.
« Be’, è per questo che ci sono ancora quelli come te » disse Stefano con allegria, dandogli una pacca sulla schiena. « Per ricordare al mondo la nobile arte del combattimento! »
E scoppiarono a ridere, dimenticando in un attimo tutta la negatività dell’argomento.
Qualche ora dopo, Ranma fece ritorno alla palestra per un’altra lezione, quella sull’autodifesa femminile; quando si avvicinò alla reception, fu richiamato all’attenzione dalla ragazza al banco.
« Ranma, c’è una tipa che chiede di te. È laggiù. »
Il ragazzo si voltò, verso la sala d’attesa. Il suo sguardo si riempì di stupore quando riconobbe Rose, appoggiata a una colonna, intenta ad osservare l’interno della palestra. Lei notò il suo arrivo e gli venne subito incontro, con aria allegra.
« Ciao! »
« Ciao... Rose » balbettò Ranma, sempre più sorpreso nel vederla. « Ma cosa... ehm, come stai? »
« Sto benissimo » rispose lei. « Mi hanno dimessa questa mattina, i dottori hanno detto che era tutto a posto. Ho parlato con i carabinieri che volevano sapere dell’accaduto, e mi hanno lasciata andare. Sono libera di tornare alla mia vita, insomma. »
« Oh... ottimo. Mi fa piacere che ti sia ripresa subito. Ma, ecco... che cosa ci fai qui? »
« Be’, mi hai invitata tu. »
« Come? »
« Sì, mi hai dato il tuo biglietto » ribatté Rose. « Non ricordi? Mi hai proposto di seguire qualche corso per imparare a difendermi, ed eccomi qua. Quando sono arrivata, poco fa, ho fatto il tuo nome e ho saputo che oggi tieni il corso di autodifesa, perciò... insegnami tutto, sensei! »
Ranma abbassò lo sguardo, al culmine dello stupore. Era stato troppo impegnato a guardarla in viso per rendersi conto della realtà completa: Rose indossava una tuta da ginnastica, il che significava che era pronta ad allenarsi fin da subito.
Non aveva parole per descrivere la situazione. Continuava a pensare a lei come il suo vecchio riflesso dopo una doccia gelata, non a un’estranea con cui non aveva mai avuto a che fare.
Un riflesso...
« Va tutto bene, Ranma? »
« Oh? Sì, certo! » rispose subito, riprendendosi. « Be’, devo dire che mi hai colto di sorpresa, Rose... non mi aspettavo che venissi a trovarmi così presto. Pensavo che volessi aspettare un po’, dopo quello che è successo ieri... che avessi bisogno di tempo... »
« Se devo impedire ai cattivi di aggredirmi in futuro, è meglio imparare a difendersi fin da subito » dichiarò Rose con decisione. « Chi può dire quando potrebbe ricapitare una cosa del genere. »
« Certo, hai ragione. Va bene, stavo giusto per cominciare la lezione... sei la benvenuta. »
E Rose si incamminò con lui verso la sala, pronta a cominciare. Ranma era ancora sorpreso, ma bilanciava questo stato d’animo con l’ammirazione che improvvisamente provava nei confronti di quella ragazza. Anche dopo una brutta esperienza come quella, lei era riuscita a riprendersi in fretta... e a decidere di fare subito qualcosa per rimediare; per migliorare; per diventare più forte.
E quale maestro poteva essere migliore di colui che l’aveva salvata da un incubo?
Pochi minuti dopo, erano tutti nella sala per la lezione. Le allieve erano in tutto una decina, compresa Rose, ognuna con una motivazione ben precisa per trovarsi là in quel momento: donne vittime di violenze o abusi, ma c’erano anche donne intenzionate a prevenire simili fatalità, imparando a difendersi fin da subito. Ranma aveva sentito fin troppe notizie spiacevoli sull’argomento, ma era lieto di offrire il suo aiuto per ridurre anche di un minimo la percentuale di aggressioni ai danni delle donne.
Lui e la sua collega Ilaria si misero in posizione, pronti a cominciare. Rose occupò gran parte del tempo ad osservare, poiché il corso era già in una fase avanzata; Ranma illustrò alcune tecniche di proiezione, utili per liberarsi da una presa posteriore e mettere al tappeto l’aggressore. Il ragazzo, come al solito, simulava l’aggressione, permettendo a Ilaria di difendersi con la tecnica illustrata.
Venne poi il momento per le allieve di esercitarsi sulla tecnica. Una dopo l’altra cercarono di replicarla ai danni di Ranma, ognuna con risultati diversi; in generale, tuttavia, il giovane era soddisfatto di loro. Rose rimase per ultima, rimasta ad osservare con aria incerta per tutto il tempo.
« Coraggio, Rose » la invitò Ranma. « Ora prova tu. Se hai osservato attentamente, sai come fare. »
« Va bene. »
La ragazza si fece avanti, ponendosi al centro del tappeto. Ranma si avvicinò da dietro per simulare ancora una volta l’aggressione; le strinse le braccia intorno al collo, con delicatezza, aspettando la mossa di Rose. Una reazione maldestra, ne era certo... non poteva essere altrimenti da una principiante assoluta...
Ecco perché non si aspettò assolutamente ciò che accadde.
Con una rapidità quasi fulminea, Rose afferrò le braccia di Ranma e si abbassò per liberarsi dalla sua presa; poi, con uno strattone, lo fece cadere a terra. Il ragazzo finì al tappeto, sotto lo stupore generale.
Ranma alzò subito lo sguardo, stupefatto. Rose stava in piedi davanti a lui, rigida ma decisa; perfino lei sembrava sorpresa di ciò che aveva fatto, ma in una dose moderata.
« Wow » commentò, rimettendosi in piedi. « Rose... complimenti! Ci hai messo un po’ troppo entusiasmo, ma direi che il risultato è inequivocabile. Ottimo lavoro! »
Rose sorrise, e fece un inchino come nella migliore tradizione orientale.
« Grazie, maestro. »
E tornò al suo posto. Le altre donne le fecero ulteriori complimenti, e Ilaria approfittò di quel momento per parlare con Ranma. Aveva un’aria turbata, e lo invitò a voltarsi verso il muro.
« Ha dimostrato un gran talento » disse a voce bassa, in un tono perplesso. « Sei sicuro che sia una principiante? »
« Così mi ha detto... perché? »
« Perché pratico le arti marziali da dodici anni, so riconoscere un principiante... e da ciò che ho appena visto, quella ragazza non ha l’aria di esserlo. Ha replicato perfettamente la tecnica e ti ha messo al tappeto in un attimo, come se sapesse farlo da anni. »
Ranma rimase senza parole. A pensarci bene, Ilaria aveva ragione: pur essendo una mossa semplice da eseguire, ci voleva ben più di un’ora per padroneggiarla così bene. Forse Rose la conosceva già, eppure...
« Non ha senso » obiettò. « Se sapesse difendersi così bene, ieri avrebbe potuto stendere da sola quei teppisti. Non avrebbe avuto bisogno del mio aiuto. »
« Chissà » mormorò Ilaria. « Non so cosa dire, dato che non la conosco per niente... ma ti suggerisco di fare attenzione. »
Ranma annuì con serietà. Dopo tutto quello che aveva passato, non era più il tipo da abbassare la guardia di fronte a un paio di begli occhioni. Aveva ancora dei dubbi su Rose, ma era certo di volerla conoscere meglio; così, terminata la lezione, si avvicinò a lei con aria allegra, proponendole di bere qualcosa insieme per festeggiare la sua ottima performance.
« Volentieri » rispose Rose con un sorriso. Insieme si avviarono così fuori dalla palestra, mentre il sole tendeva a tramontare – fin troppo presto, vista la stagione – sulla capitale.
Ranma decise di portare Rose da Leandro’s, che tra le altre cose serviva anche ottime bevande. Il ragazzo fu così in grado di sorprendere due persone in una sola serata: quando entrò nel locale insieme a Rose, fu subito riconosciuto da Sharon, la barista. Ranma fu lieto di constatare lo stupore impresso nei suoi occhi, dal momento che per la prima volta si presentava lì dentro in dolce compagnia.
Sharon non ebbe alcuna intenzione di perdersi il momento, perciò mollò tutto appena possibile e raggiunse i due ragazzi al loro tavolo.
« Cosa vi porto? » domandò, con un tono che mal celava l’entusiasmo.
« Una coca al limone, grazie » rispose Ranma.
« Per me un tè caldo » chiese Rose.
« Subito! »
Sharon si allontanò, non prima di mostrare a Ranma un pollice alzato con orgoglio: un gesto che avrebbe potuto interpretare con le parole “Dacci dentro!”.
All’improvviso calò un silenzio imbarazzante tra i due ragazzi, seduti agli estremi di un tavolo troppo stretto. L’incertezza su ciò che potevano dire li dominava entrambi in egual misura: erano ancora due perfetti estranei, dopotutto, giunti a fare la stessa strada insieme dopo un incrocio pericoloso.
« Vivi qui da molto? » domandò Rose per prima, spezzando il silenzio che si era creato.
« Oh... da quasi un anno » rispose lui. « Ho viaggiato a lungo prima di stabilirmi qui, dopo aver lasciato il Giappone. Ho visitato molti luoghi: Cina, Russia, Polonia e altri paesi lungo la via... poi ho trovato la mia occasione in questa città, e ho deciso di restare. Anche se le difficoltà non sono poche, mi trovo bene... sempre meglio di come stavo prima. »
Ranma tacque all’improvviso. L’ultima frase gli era scappata senza riuscire a trattenersi; ora temeva di aver detto troppo, di aver messo in evidenza il fatto di essere scappato dal Giappone e dalla sua famiglia. Preferiva non dire nulla di quel periodo, se poteva evitarlo: era sicuro che Rose non avrebbe mai creduto a una storia di sorgenti maledette, di frotte di spasimanti e incredibili scontri di arti marziali.
Rose, fortunatamente, non chiese di più, ma nel suo sguardo era evidente un barlume di comprensione... come se capisse di avere un passato da cui fuggiva.
« Ehm, e tu Rose? » disse, cercando di dirottare su un altro argomento. « Da dove vieni? Il tuo italiano è ottimo, ma ho riconosciuto l’accento inglese... ho indovinato? »
La ragazza annuì con un sorrisetto. Nel frattempo Sharon era tornata con la loro ordinazione, e ognuno prese a bere dal proprio bicchiere.
« Quasi. Sono americana, anche se le mie origini sono scozzesi... questo spiega i miei capelli rossi; inoltre prendo il nome dal paese di origine di mio padre. Lui è giunto negli Stati Uniti per fare fortuna e lì ha conosciuto mia madre; ora è a capo di un’importante azienda di prodotti elettronici e informatici, e questo ci ha concesso... be’, molte cose. »
« Oh, allora sei ricca! » osservò Ranma, senza trattenersi.
Rose abbassò lo sguardo, concentrandosi sul suo tè.
« No, mio padre è ricco » rispose con decisione. « Non siamo più in buoni rapporti... mi sono allontanata da lui quasi due anni fa. Ci tiene ancora al mio benessere, perciò non mi fa mancare il denaro per tirare avanti. Da allora ho iniziato a viaggiare per il mondo, ho visitato molti luoghi... un po’ come te. »
« Oh... mi dispiace, Rose. »
« E perché? A me non dispiace. »
Ranma notò che aveva ripreso a sorridere, come se nulla fosse.  
« Sono contenta di quello che faccio » dichiarò la ragazza. « Viaggiare è il modo migliore per trovare ciò che stai cercando, e decidi di fermarti solo nel momento in cui lo hai trovato... qualunque cosa sia. Non sei d’accordo? »
« Uhm » fece Ranma, incerto. « Penso di sì. Non sono sicuro se questa idea si possa applicare anche al mio caso, però. Io non credo di aver ancora trovato ciò che cerco qui a Roma... mi ci sono fermato solo perché ho avuto una buona occasione; e l’ho sfruttata, credendo di essere arrivato abbastanza lontano. »
« E tu cosa stai cercando, Ranma? »
Il ragazzo bevve un sorso, prima di rispondere.
« Cerco quello che cercano un po’ tutti, a questo mondo... una vita felice. »  
Normale, soprattutto, aggiunse tra sé. Dopo quello che aveva passato fino a diciotto mesi prima, era sicuro di non volere nulla di insolito nella sua vita.
« Hai ragione » disse Rose in quel momento. « Anch’io la sto cercando... a modo mio. »
E con quella nota enigmatica finì il suo tè, mantenendo il sorriso.
I due uscirono poco dopo dal locale, quando ormai era calata la sera sopra le loro teste. Ranma non riusciva a staccare gli occhi di dosso da Rose: anche se non era riuscito a capire come lei avesse fatto a metterlo al tappeto, durante la lezione, poteva dire di averla conosciuta meglio... e ne era rimasto piacevolmente affascinato. Ora non era solo il suo aspetto a conquistare la sua attenzione, ma anche tutto ciò che si nascondeva oltre questa facciata.
Ormai si era stabilito un legame tra i due, e il modo in cui si erano conosciuti non aveva più importanza.
« Sono stata molto bene, oggi » disse Rose con un sorriso. « Ti ringrazio, Ranma... per la lezione, per il tè, per... be’, per tutto. »
« Ah, figurati » rispose Ranma, portandosi le mani dietro la testa com’era solito fare. « Puoi tornare in palestra quando vuoi, sarò lieto di insegnarti il resto delle tecniche di autodifesa. »
« Lo farò sicuramente. Ora devo andare... a presto! »
Il ragazzo non si aspettò affatto la mossa successiva di Rose. Lei si era avvicinata a lui in un attimo e lo aveva baciato sulla guancia, per poi voltargli le spalle di scatto. La vide allontanarsi lungo il marciapiede, finché non sparì tra la folla di passanti. Ranma rimase immobile, impietrito come se fosse circondato da un branco di gatti: ma non era la paura a dominarlo in quel momento... piuttosto, lo stupore di essersi meritato un bacio da una persona che conosceva appena.
Sentiva di avere molto in comune con lei. Lui, giunto da oriente per lasciarsi un folle passato alle spalle; lei, giunta da occidente per stare lontana dalla famiglia. Entrambi avevano dei segreti... Ranma era certo di questo, dopo l’inattesa performance di lei in palestra; e anche il fatto che parlasse così bene l’italiano aveva un che di strano. Pertanto, Ranma continuava a considerare Rose un suo riflesso: una persona in grado di replicare i suoi pensieri, le sue qualità... e forse i suoi sentimenti.
Lei non sarebbe stata come Akane, né come Shanpu... né come tutte le altre donne che aveva conosciuto prima di quel momento. Sentiva che Rose lo avrebbe capito come nessun altro.
Così, dopo aver riacquistato la mobilità, si trovò per prima cosa a sorridere con gioia... lieto che una persona del genere fosse capitata improvvisamente nella sua vita.
   
 
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