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Autore: Nono23    28/08/2015    4 recensioni
Una coppia in vacanza in Giappone, quattro amici che si incontrano, un padre pessimo che è ora di sistemare… di certo i nostri amati campioni non si annoieranno! Se condite il tutto con un’arzilla tata, battute maliziose, battibecchi amorevoli… beh, fate voi! Buona lettura e buon divertimento tra mille emozioni!
Dedicata a baby junior, slanif e gratia, ma anche agli amanti della coppia… anzi delle coppie!
Genere: Comico, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Artista e il Capitano-Love Story'
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Note dell’autrice:
Ciao ragazze!
È con immenso piacere che pubblico questa storia! Baby junior, slanif, è la FF che vi avevo tanto nominato e finalmente ha preso forma. Naturalmente la dedico a voi, carissime! Sono molto emozionata, la one-shot che doveva essere si è trasformata in un paio di capitoletti. Spero non vi dispiaccia. Ci sono alcuni riferimenti provenienti dalle storie di slanif, le quali consiglio caldamente di leggerle perché sanno come farti ridere. Slanif, sei la mia maestra in quanto Genzo/Karl e comicità. Quindi grazie a te. BJ, santa donna, sei la mia prima vera sostenitrice e ciò mi rende iper-orgogliosa. Un grazie enorme anche a te.
Spero che questa FF la legga anche la carissima gratia, amante dell’introspezione e della poesia. So che qui è più comica come storia, ma spero che, se mai ti dovesse capitare di leggerla, ti possa strappare un sorriso. Naturalmente dedico anche a te la storia. E un grazie va anche a te, che sai cogliere l’essenza di quelle quattro righe che spaccio per poesie e di cui vado anche piuttosto fiera.
Piccola nota, poi non vi rompo più fino al prossimo capitolo. Quando Holly e Tom parlano della loro Love Story, sono tutti spunti dalle One-shot che fanno parte della raccolta “L’Artista e il Capitano-Love Story”. Se volete saperne di più, leggetele tranquillamente. Ma credo che la storia sia comprensibile anche senza quelle letture. Quello riferito a Patty e Holly ecc… l’ho scritto, ma non l’ho mai pubblicato perché… beh, non so cosa ne sia venuto fuori… ecco… In realtà neppure di questo so se vi piace o meno. A me ha divertito e fatto emozionare al contempo.
Anche per la storia d’amore tra il Kaiser e il portiere c’è la Song-Fic. Si chiama ‘Quando non dici niente…’ e sinceramente, seppur sia stato solo un esperimento, è una delle quali sono più orgogliosa.
Il Ghiacciolo e l’Orso Gigante sono nomignoli che si sono diffusi tra me, BJ e slanif per identificare quella coppia glacialmente focosa. Mentre Claude è di mia invenzione, così come Hilde, la mamma di Benji. Per altre delucidazioni su Hilde Clarke, potete leggere ‘Boule en verre’.
L’avvertimento ‘Violenza’ e ‘Tematiche delicate’ è per stare su larga scala, ma non c’è nulla di particolarmente trascendentale.
Non credo ci siano errori di battitura. Caso contrario avvertitemi, per favore! Sono giusto un po’ sbadata…!
Spero di avervi regalato qualche risata e qualche emozione, ragazze. Io mi sono divertita a scriverla, e voi a leggerla? Spero davvero di sì.
A presto! Buonanotte!
Nono23.

Disclaimer: i personaggi appartengono al grande maestro sensei Yoichi Takahashi, io mi diverto a bistrattarglieli un po’!

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Japanese Holiday

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Benji sospirò per l’ennesima volta. Il suo adorabile fidanzato aveva insistito che per le vacanze di fine Campionato sarebbero andati in Giappone. Aveva iniziato addirittura dieci giorni prima, dopo aver vinto la partita contro l’Offenbacher, ad essere piuttosto petulante, gli girava sempre attorno ed era… stomachevolmente  gentile. Faceva quasi paura. Così si decise a chiedergli cosa diavolo volesse da lui e Schneider, per nulla intimorito, gli rispose che voleva andare sull’isola di Honshu per le ferie. Lui l’aveva guardato stralunato e aveva domandato il perché di quella sua insolita richiesta. Lui era stato evasivo e Price decise che per “punizione” avrebbe negato finché non si fosse arreso. Certo, quello era il suo buon proposito. E sembrava anche aver funzionato perché Karl aveva desistito quasi subito. Una settimana più tardi, però, quando si erano rincontrati a casa di Benji, il Kaiser lo minacciò: “Se non vieni con me in Giappone, ti lascio a stecchetto finché mi gira. E potrebbe girarmi molto a lungo…” Price si era riscosso subito del suo torpore e aveva sbraitato qualcosa tipo: “NON PUOI FARMI QUESTOOOOO!” “ Oh, si che posso, caro!” era stata la sua risposta sogghignata. Alla fine tra i due quello che cedette fu proprio il portiere che non aveva la minima intenzione di correre un “rischio” simile. Per quel motivo, ora, si trovava sull’aereo che sarebbe atterrato alle 14.00 in punto a Tokyo. Per non farsi riconoscere avevano indossato entrambi un paio di occhiali neri e dei cappellini. Naturalmente non ci fu bisogno di comprarlo per Schneider: gliel’aveva prestato “gentilmente” il numero uno dell’Amburgo, accompagnando il tutto con: “Se dovesse succedergli qualcosa, sappi che ti pentirai di essere nato”.

Casa Becker, 13.45...

Quel giorno diluviava come non faceva da tempo e chiunque con un briciolo di senno aveva deciso di passare la domenica in casa. Tra di essi vi era l’Artista del campo, comodamente sdraiato sul divano a sonnecchiare in un delicato dormiveglia. Così delicato che, quando qualcuno, che non aveva neppure un puntino di senno invisibile anche al microscopio digitale più potente, suonò al citofono, saltò via, perdendo almeno dieci anni di vita. Con una tachicardia che era paragonabile solo all’aver affrontato la Maratona di New York senza allenamento, andò ad aprire.
<< E tu che ci fai qui?>> domandò sorpreso al fidanzato, con voce leggermente stridula dallo spavento.
<< Vengo a trovarti, no?>> rispose con un tono ovvio che fece sbuffare Tom.
<< L’avevo capito, sai? Non sono così scemo. Perché mi sei venuto a trovare, allora?>> provò lui, cambiando quesito. Vide Holly esitare e gli si avvicinò, scrutandolo negli occhi, che però teneva bassi. Era arrossito? Dopo tutto quello che avevano fatto  -a letto¬- arrossiva ancora? Holly era incredibile. Così incredibile che non si aspettava il suo gesto. Gli infilò la lingua in bocca. Era la cosa che gli veniva meglio, quando erano insieme. Dopo rotolarsi allegramente tra le lenzuola, ovviamente. Presi alla sprovvista caddero entrambe sul divano e Hutton finì a cavalcioni sul numero 11.
<< Che tradotto significa “ ho voglia di te”?>> chiese quest’ultimo con un sorriso, carezzando il volto leggermente affannato del Capitano, che annuì.
In un attimo collegò tutto. Il temporale, i vestiti bagnati del ragazzo sopra di lui, la loro prima volta.
<< Dimentichi che eravamo sul mio letto, però!>> aggiunse ad alta voce ai suoi pensieri.
Lo guardò per un attimo, poi lo tenne tra le braccia, si alzò e si diressero verso la camera del numero 11. La giacca era stata tolta durante il tragitto dallo stesso proprietario e gettata in corridoio. Becker l’aveva adagiato delicatamente sul letto, iniziando a sbottonare lentamente la camicia bianca del fidanzato. Alternava a quel gesto baci via via sempre più focosi. Holly perlustrava la schiena del compagno, al quale aveva fatto levare la maglietta verde acqua precedentemente, e fremeva sotto il tocco morbido ma esperto delle sue labbra sui suoi pettorali. Ancora con addosso i jeans, si strusciavano l’uno contro l’altro, riempiendo la stanza di gemiti di piacere. Una cosa, però, si erano dimenticati entrambi, presi com’erano dalla passione. In quel lontano pomeriggio, durante una tempesta che non ne voleva sapere di passare, nella camera dell’Artista del campo, prima di giungere al punto clou del momento, erano stati bellamente interrotti dalla chiamata dal padre di Becker, che lo avvisava che sarebbe rimasto in un albergo per la notte in quanto la macchina era dal meccanico. Tom slacciò piano i due bottoni dei jeans di Holly, sotto di lui, accarezzando, poi, il membro che premeva. Stava per fare lo stesso il ragazzo sovrastato, ma il rumore fastidioso del campanello che suonava come impazzito li distolse dalla loro piacevole attività. Oliver furente, immaginando sicuramente qualche venditore di aspirapolveri; Becker esasperato che dovesse essere esattamente tutto come la loro prima volta.
<< Corri sotto la doccia, che poi ti raggiungo!>> gli disse scattando fulmineo verso la porta d’ingresso, dopo essersi ricomposto alla bell’e meglio. Inutile cercare di trovar le parole più esaurienti per descrivere lo stupore e la meraviglia di Tom nel vedersi comparire oltre alla porta un Kaiser e un portiere megalomane fradici e leggermente tremanti per il freddo del temporale.
<< Ciao Tom, è un po’ che non ci si vede! Ci fai entrare? È dieci minuti che suoniamo il campanello e avremmo un po’ di freddo.>> lo fece scansare il portiere, che entrò in casa seguito da Karl.
<< B-Benji! Che bello rivederti! Quanto tempo! È un piacere rivedere anche te, Schneider! Come state?>> chiese il padrone di casa facendoli accomodare sul divano leggermente inumidito dall’arrivo di Holly poco tempo fa.
<< Infreddoliti ma bene.>> rispose Price.
<< Mi dispiace, però ero così concentrato nello studio della mia materia preferita da non aver sentito il campanello…>> inventò la prima balla che gli passò alla mente per giustificarsi.
<< E sarebbe?>> chiese il Kaiser in un perfetto inglese.
<< Ehm… Anatomia!>> sparò a caso, dopo l’immagine di lui e Holly nel letto. Sorrise angelico cercando di convincere i due ospiti, i quali lo osservarono attentamente: capelli particolarmente spettinati, camicia sbottonata in alto e jeans richiusi un po’ male. Senza contare il leggero rossore delle guance, accompagnato da un impercettibile fiatone. Tom, sentendo addosso gli sguardi indagatori dei due amici, cambiò discorso, domandando loro se gradissero qualcosa. Accettarono di buon grado del thè. Solo in quel momento Becker si ricordò di aver lasciato Holly sotto la doccia ad aspettarlo. Non fece in tempo a terminare il pensiero che il suo fidanzato scendeva lentamente le scale, appoggiandosi al corrimano. Lanciò al numero 11 un’occhiataccia, poi si sorprese alla vista dei due ospiti inattesi. Entrò in salotto e salutò entrambi.
<< Quanto tempo ragazzi!>> esclamò lui entusiasta… solo in apparenza. Era scocciato di essere stato interrotto sul più bello e arrabbiato col fidanzato per averlo “dimenticato” in doccia. Con un falso sorriso aveva posto domande varie sulla vita dei due in Germania, domandato della carriera calcistica e intrattenuto i due ragazzi abilmente. “Qualcosa che gli viene bene e non sia calcio? … Che mi abbiate sostituito nuovamente il mio Holly, carissimi alieni? Se è così grazie! Però c’è da tenere in conto che, nonostante non siano così attaccati al calcio come lo è il mio tesoro, anche Benji e Karl ne sono appassionati, quindi è stato anche facile… Bah, qualunque cosa gli abbiate fatto, va bene così.” Pensò Becker mentre osservava i tre amici. Poi, la curiosità di Benji, lo spiazzò completamente:
<< Ma, Holly, scusa la domanda, cosa ci fai qui, fresco di doccia, se Tom studiava anatomia?>> fece con fare innocente. I due diretti interessati arrossirono e in quel momento avrebbero desiderato tanto potersi nascondere sotto i due cappellini di Price.
<< È che Holly non aveva fatto in tempo a far la doccia dopo gli allenamenti e allora, siccome casa mia è più vicina rispetto alla sua, si è fermato qui. Nel frattempo io studiavo e poi siete arrivati voi. …EhEhEh!>> ridacchiò lui imbarazzato. “Holly reggimi il gioco, ti prego!” pregò lui, incrociando le dita dietro la schiena.
<< Eh già, Tom ha proprio ragione!>> si aggiunse il numero dieci giapponese, annuendo per sostenere di più la sua risposta. Becker sgranò gli occhi e lo osservò, ma si ricompose subito: “Grazie amore mio! Grazie alieni!” Benji e Karl li guardarono dubbiosi, ma poi lasciarono perdere. In fondo, loro non erano tipi da impicciarsi troppo nella vita degli altri.
<< E voi? Qual buon vento vi porta qui?>> domandò Holly.
<< Noi siamo qui… in vacanza.>> rispose Benji, guardando di sbieco il bel Kaiser e incrociando le braccia al petto. Lui fece finta di nulla.
<< Oh, che bello! E quanto vi fermate?>> cercò di apparire il più possibile gentile il numero 10, anche se un po’ l’interruzione e la dimenticanza gli bruciavano ancora.
<< Tre settimane, circa.>>
<< Ah, bene. Potremo vederci spesso, allora! Ma ditemi, dove alloggerete?>> chiese stavolta il numero 11.
<< Nella mia villa.>> rispose Price con tono ovvio.
<< Oh ma certo! Come ho fatto a non pensarci!>>
<< Bene, noi ora togliamo il disturbo. Scusate la lunga interruzione. Ci rivediamo. Ciao.>> salutò Schneider, loquace solo in quel momento. Era stato silenzioso quasi tutto il tempo, rispondendo solo a qualche domanda al massimo con un sì o un no. Aveva osservato attentamente sia Oliver che Tom, notando i loro sguardi e che ogni tanto si erano sfiorati… volutamente. Benjamin l’aveva seguito sino alla porta d’ingresso, scortati dalla Golden Comby.
<< Ciao ragazzi. Statemi bene.>> furono le ultime parole del portiere, prima di salutarli definitivamente con un cenno della mano.
I due ragazzi rimasero, così, soli in casa. Si fissarono negli occhi per un po’, poi Becker s’avvicinò lentamente ad Hutton, con quel passo felino che sapeva farlo impazzire. Holly s’imbambolò ad osservarlo e un sogghigno incurvava le labbra rosee di Tom. Quasi inconsciamente, si ritrovò ad andargli incontro, non che mancassero chissà quanti passi…, e a posizionargli le dita sui fianchi, stringendoli decisi, facendo sospirare l’11. Gli intrappolò le labbra in un bacio passionale, ma si riscosse poco dopo, dicendo:
<< …Ehi! Che stai facendo?!>> quasi lo gridò e l’Artista si staccò come se si fosse scottato.
<< …Eh?>> mormorò sconvolto da tale reazione. Fulminei gli passarono per la mente un miriade di pensieri sul perché di quelle parole, che in realtà aveva compreso benissimo. “ E se si fosse stancato di me? Se ha capito che in realtà è etero e lasciare Patty è stato il suo più grande errore? O peggio, mi dicesse che stando con me ha solo perso tempo? Che non mi hai amato veramente? Che è stato tutta una farsa? E io? Come potrei stare sentendo quelle parole? ...Male. Malissimo. Però devo e ho il coraggio di ascoltarle, guardandolo negli occhi. Provo a rispondere alla suo domanda, cercando di mantenere ferma la voce”.
<< Ci stavamo baciando.>> “Accidenti la voce che mi è uscita era tremula.”
<< Questo lo so, sono consapevole delle mie azioni!>> “Siamo sicuri?” se lo domandò l’11, non staccando le iridi caramello dalle sue antracite. In quel momento erano diventate ancora più scure, ciò significava che era serio e determinato. Si osservavano in un silenzio carico di suspense, poi Holly sbottò:
<< Io sono ancora arrabbiato con te! Mi hai letteralmente dimenticato in doccia! Ciò vuol dire che io non conto nulla per te.>> Becker lo osservò basito, poi parlò, incerto:
<< H-Holly… capisco che non è bello essere abbandonati dalla persona che si ama, ma ti sembra il caso di fare tutte queste storie? Insomma, cosa potevo fare? Cacciarli via? Era un sacco di tempo che non vedevamo Benji e Schneider, fare quattro chiacchiere non penso ci abbia fatto male, no?>> “Cari alieni, vi scrivo per un reclamo. È importante che non beviate nulla quando siete sul posto di lavoro, perché poi mi mandate l’Holly “sbagliato”. Siete pregati di fare i vostri interventi a mente lucida. Grazie. Tom Becker.”
<< Sì, ma… UFFI!>> sbuffò incrociando le braccia al petto con un’aria infantile che fece sbattere una mano in faccia al povero Tom.
<< Beh? E ora che ti prende?>> domandò notando il gesto del suo ragazzo.
<< Nulla, nulla. ……Solo dovresti smetterla di farmi perdere preziosi anni della mia vita…>> aggiunse dopo qualche attimo di silenzio. La voglia di spiaccicargli la mano con cui si era colpito il volto era forte, ma riuscì a trattenersi. Holly neanche sentì le ultime parole, in quanto sussurrate. L’11 sospirò, poi lanciò una frecciatina, che sapeva come far risvegliare quel tontolone del suo tesoro:
<< Allora, vogliamo riprendere il nostro discorso o preferisci star qui a fare il bambinetto offeso?>>
<< Bambinetto offeso a chi?>> chiese in una domanda retorica. Gli afferrò i polsi e lo baciò con foga. Lo spinse contro la porta e in un attimo la circolazione, così come il battito cardiaco aumentarono. L’eccitazione che avevano prima dell’intrusione dei due amici era ritornata, probabilmente ancora più forte. Furono costretti a spogliarsi vicendevolmente un’altra volta, ma non era un gran problema. Si sfiorano con crescente voglia, le carezze erano sempre più audaci e i baci più focosi. I loro bacini aderirono perfettamente, strusciandosi e scatenando una serie di gemiti e sospiri che riempirono l’atrio caldo e accogliente di casa Becker. Quando si unirono, il loro amore scoppiò contemporaneo.
<< Mi piace quando mi prendi con la foga di una belva… dovrò interromperti più spesso!>> sussurrò ridacchiando Tom, abbracciato strettissimo a Holly. Lui mormorò qualcosa che assomigliava a un “Ma anche no!”. Decisero, infine, che era il caso di farsi un bel bagno entrambi. Inutile dire che andarono insieme in doccia. Ed inutile spiegare cosa successe sotto il getto d’acqua caldo che arrestava la sua impetuosa corsa sul corpo muscoloso dell’Artista, disperdendosi in milioni di goccioline invitanti. Era chiaro che erano ognuno la droga dell’altro.
<< Vorrei essere quel pensiero che ti fa sorridere per strada senza motivo…>> sussurrò Becker all’orecchio dell’amato, mentre era aggrappato al suo petto muscoloso e caldo, entrambi ancora sotto l’acqua.
<< Ma tu lo sei già.>> rispose deciso lui. << E io? Lo sono per te?>>
<< Da sempre. Sei sempre stato nei miei pensieri. Vuoi il calcio, gli allenamenti, vuoi che la nostra amicizia fosse una primitiva forma d’amore, ti ho sempre pensato. E ho sempre sorriso.>>
<< Usciamo da qui.>> decise il numero 10. << Fa caldo.>> Tom si allontanò leggermente da lui e lo scrutò attentamente. Di che caldo parlava, esattamente?
<< Colpa tua.>> aggiunse Holly, sentendosi osservato insistentemente. Lo vide sogghignare e passare “distrattamente” un mano sulla sua schiena. Lui rabbrividì.
<< Ma come? Non avevi caldo?>> chiese lui con una vocina innocente. Lui non gli rispose, ma si limitò a fargli una linguaccia e avvolgersi dentro un asciugamano. Becker lo copiò e con solo l’intimo addosso, si diressero in camera da letto, dove avevano iniziato, ma non concluso, il loro interessantissimo discorso.
Si accoccolarono l’uno sul petto dell’altro, poi Oliver sentì il fidanzato sospirare. Ma non era un sospiro di piacere, uno di quelli che, modestamente, solo lui gli sapeva donare. Era… diverso.
<< Tom, cosa c’è che non va?>> gli chiese sussurrando e passando dolcemente una mano tra i suoi capelli lisci. Il ragazzo sussultò a quella domanda, a conferma del sospetto dell’amato, lo guardò negli occhi, poi abbassò nuovamente lo sguardo.
<< Come hai fatto a capirlo?>> sospirò ancora lui.
<< Sei troppo spesso con un’espressione pensierosa. Anche un babbeo come me se ne accorge.>> disse lui, sorridendo.
<< Non sei un babbeo, solo…>> cercò la parola adatta nel suo modesto repertorio di giapponese e concluse << …un po’ distratto, ecco. Ma sappi che ti amo anche per quello.>> gli carezzò il viso teneramente e lo vide arrossire leggermente. Sorrise fievolmente a quell’atto spontaneo, ma s’incupì il secondo dopo, ritornando a sprofondare il viso nella sua canottiera intima.
<< Sarò anche distratto, ma ti conosco bene. C’è qualcosa che non va. Perché non ne parli con me?>> stavolta sbuffò, ma mormorò qualcosa d’incomprensibile sul suo petto coperto dal tessuto leggero di cotone nero.
<< Non ho capito un’acca di quello che hai detto, quindi ripetilo adesso.>> gli ordinò il Capitano, sollevandogli il mento, giusto per staccarlo da sé.
<< … Ho… p-paura…>> seppur a bassissima voce, Holly sentì chiaramente quelle parole e non capì cosa intendesse. Cioè, aveva paura, okay, ma di cosa? Vedendo che non proseguiva, lo spronò con la domanda che lo scoteva internamente:
<< Di cosa dovresti aver paura, tanto da farti rimuginare sopra per giorni?>>
<< …Di essere stato un errore per te… Insomma, prima stavi con Patty, sembrava che vi amavate molto e poi, quando mi hai ‘obbligato’ a fare il tuo fidanzato davanti a lei… ho sentito di amarti veramente… e che fingere mi faceva male… Ma nonostante tutto… ho paura… che… che non sarò mai al suo pari, nel tuo cuore…. Io… ho paura…>> si sentiva un emerito stupido a dire quelle cose, eppure era ciò che provava davvero in quei giorni. Holly lo guardò socchiudendo leggermente le labbra, in un moto di sconcerto per la rivelazione del fidanzato, poi parlò con un tono serio e dolce allo stesso tempo:
<< Tom Becker, ascoltami attentamente. Non devi pensare MAI più una cosa del genere, perché non sei  stato, non sei, e MAI sarai uno sbaglio per me. A Patty volevo molto bene, sì, non lo posso negare, ma non l’ho mai amata come sto amando te. I sentimenti e le reazioni che mi provochi, sono quasi del tutto nuove per me, per questo a volte sembro… com’è che mi hai definito?... Ah sì, sembro distratto. Non devi MAI sentirti inferiore a ciò che ho provato per lei, né tantomeno aver paura di non essere ricambiato. Perché l’amore è l’unico delitto in cui non si può far a meno di un complice*(*Frase leggermente rivisitata di Charles Baudelaire). E il mio complice sei tu. Tu e soltanto tu. E sappi che non potevo scegliere complice migliore, perché ti amo dal profondo della mia anima come non ho MAI amato nessuno.>> Tom l’aveva fissato e, pur contro la sua volontà, gli occhi si erano fatti lucidi.
<< Non potevo sentirmi rincuorare con parole migliori, Holly. Grazie. Sappi che per me sarai sempre il mio primo vero ed unico amore. Ti amo più del calcio e se mai mi dovessero chiedere di scegliere tra l’amore per te e la vita, sappi con certezza che risponderò che il mio amore per te è la mia vita*(*Frase leggermente rivisitata di Jim Morrison).>> si erano stretti forte, fino a togliersi il respiro, felici di essersi avvicinati un po’ di più col cuore grazie a quelle rivelazioni. S’addormentarono in quell’abbraccio, nel quale si erano anche scambiati un bacio, dapprima casto, poi sempre più passionale, ma con quella dolcezza che solo loro riuscivano a trasmettersi, anche con un semplice sguardo.

Per le strade di Fujisawa, verso villa Price…

Schneider non riusciva a celare la sua curiosità e ammirazione per quella cittadina tanto piccola quanto bella. Benji, accanto a lui, ridacchiava divertito. Prima di andare a casa sua, però, aveva deciso di condurlo al Belvedere. Era il punto più alto di tutto il paese, pregno di ricordi più o meno significativi per moltissime persone. Il punto in cui Holly gli lanciò il pallone per sfidarlo. Il punto in cui lui stesso pregò letteralmente Hutton di vincere tutte le partite del Campionato delle medie per poter sfidare Lenders e la sua squadra. E ora, seppur non volesse ammetterlo, si era sentito emozionato a portarvici il suo Ghiacciolo personale. Aveva colmato il cuore di ricordi e belle sensazioni, quando si ricordò di una cosa:
<< Grazie Karl. Sono felice di essere ritornato in patria, anche se per poco. Vedi quella villa bianca laggiù? Quella è la mia casetta.>> gli occhi piccoli di Schneider si sgranarono di colpo.
<< E quella la chiami casetta? Sei un orso gigante megalomane.>>
<< Inizia a immaginare gli interni allora! Vedrai, ti stupirò.>>
<< Mh.>>
<< Ti piace qui?>>
<< Carino e molto tranquillo.>>
<< Senti, adesso mi spieghi perché sei voluto venire proprio qui?>>
<< Uff. Mi prenderai per uno sentimentale se te lo dico.>>
<< Tu inizia a dirmelo, poi giudico io.>>
<< Volevo conoscere le origini del mio ragazzo.>> Benji rimase molto colpito da quella rivelazione detta tutta d’un fiato, eppure sentiva che c’era dell’altro. Qualcosa che Schneider si ostinava a nascondere. Se c’era un difetto che non sopportava del suo ragazzo era che non capiva che in coppia i problemi si condividono. Certo, la cultura giapponese gli imponeva il massimo rispetto per la privacy altrui, ma lui non poteva proprio vederlo star male e soffrire in solitudine. In fondo, il dolore passa prima se si divide.
<< Ghiacciolo, vieni qui.>> Karl storse il naso a quell’appellativo, ma fece quanto gli fu detto.
<< Perché non mi dici tutti i motivi? E comunque non c’è nulla di male nell’essere un po’ romantici ogni tanto.>> glielo disse dolce, tanto che il Kaiser non oppose resistenza alcuna.
<< Vedi, volevo essere molto lontano dalla Germania. Ci sono… dei problemi… familiari e io sono stanco. Stanco di loro e dei loro insulsi litigi serali. Per questo credo di essermi portato a debita distanza delle loro grida stando qui nella tua terra.>> Price lo ascoltò attentamente, comprendendo benissimo come si dovesse sentire il fidanzato. In fondo, la sua situazione familiare non era molto diversa…
<< So bene cosa provi. Vieni a casa adesso. A proposito, credo che ci sia una persona a cui proprio non possiamo nascondere la nostra relazione…>>
<< E chi sarebbe?>>
<< La domestica.>> la faccia interrogativa del tedesco chiedeva maggiori delucidazioni.
<< Vedi, è una storia lunga. Così lunga che ti annoieresti ad ascoltarla.>> Schneider incrociò le braccia al petto contrariato.
<< Non eri tu quello che diceva “Tu inizia a dirmelo, poi giudico io”?>>
<< E va bene, che rompiscatole che sei! Sai che volevo molto bene a mia madre, a differenza di mio padre che non lo posso sopportare, no? Bene, purtroppo loro lavoravano insieme e spesso e volentieri erano in giro per il mondo. Solo che mia madre quando tornava dedicava tutte le attenzioni a me, mi raccontava storie incredibili sui paesi che visitava, era affettuosa… Insomma, recuperava tutto il tempo perso. Mio padre, no. Non mi calcolava. Non esistevo. Nei periodi di assenza c’era la domestica che si occupava di me. Perciò se anche provassi a nasconderle qualcosa mi sgamerebbe subito. E poi… mi sembra una sorta di mancanza di rispetto nei suoi confronti. Per questo a Claude vorrei dirglielo…>>
<< Certo, capisco. Andiamo che sta per ricominciare a piovere…>>
Villa Price, venti minuti più tardi…
<< Claude! Claude sono io, Benji! Sono tornato!>> annunciò la sua presenza il padroncino di casa. Una donnetta bassa, con piccoli occhiali sulla punta del naso, cuffia bianca in testa e mestolo in mano sbucò dalla cucina.
<< Claude!>>
<< Tesoro! Vieni qui! Mi sei mancato tanto!>> la donna lo strinse forte tra le sue braccia, tanto che Price tossicchiò un po’.
<< Fatti vedere! Oh, il mio piccolino! Com’è cresciuto!>> Schneider sogghignò divertito da quell’appellativo, mentre il ragazzo arrossiva vistosamente.
<< Ehm… Claude… per favore… ho vent’anni oramai!>>
<< Oh, mi sembra ieri quando dovevo rincorrerti per la cucina perché rubavi i biscotti caldi! Quanto tempo che è passato, tesoro!>> le reazioni dei ragazzi aumentarono: uno non la smetteva di ridersela sotto i baffi, l’altro era diventato un tutt’uno col suo adorato cappellino.
<< Oh, ma chi è questo bel giovanotto? Come ti chiami?>> si rivolse al biondo un paio di passi più indietro a loro.
<< Karl Heinz Schneider.>>
<< Piacere, Claude.>> gli allungò la mano, ricordando quell’usanza dalla sua antica cultura. Infatti, lei era francese, ma, a causa del lavoro del marito, si era dovuta trasferire in Giappone quando aveva ventisei anni. Fortunatamente trovò lavoro dai Price e da lì in poi si occupò del pargolo che la madre aveva lasciato tra le sue braccia al viaggio per Londra.
<< Piacere.>> gliela strinse il tedesco.
<< Ecco, vedi, Claude… lui è…>> non finì la frase perché sentì la porta dello studio di suo padre sbattere con una certa violenza. Dentro di sé pregò con tutto il cuore di essersi sbagliato, ma, appena volse lo sguardo, sbiancò. No, non poteva essere. L’unica volta che tornava a casa dopo anni di assenza… ci doveva trovare lui. Accidenti che razza di sfiga.

To be continued...


 
   
 
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