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Autore: Coffee_Time    30/08/2015    1 recensioni
Nove canzoni, nove flashfic, e la riproduzione casuale.
Il nonsense assoluto di trascrizioni affrettate ma ugualmente corte di quello che mi è venuto in mente in 35.14 minuti.
Genere: Generale, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Probabilmente quando mi creerò una pagina Facebook – se mai lo farò – cancellerò questa cosa da EFP e la metterò lì, perché, be’, è più una sfida che una storia.
Ho messo la riproduzione casuale tra le canzoni dei MyChem e ad ogni canzone ho scritto ciò che mi veniva in mente; in pratica ho trascritto i panorami mentali che mi si formano quando ascolto la musica. Per questo le flashfic sono senza senso e non c’entrano troppo con le canzoni.
Quindi, credo di aver mancato completamente lo scopo della sfida ma non m’interessa u_u
Mi sono resa conto di essere lentissima a scrivere, forse mi perdo troppo ad ammirare immobile quello che mi figuro.
I titoli li ho scritti con l’“inchiostro” bianco, così potrete provare a capire la canzone di partenza, per poi controllare evidenziando la riga sopra ogni… ““storia””. E se vi va potete lasciarmi un messaggio o altro per dirmi che avete indovinato, o che ho bisogno di serie cure mediche ewe
La prima è stata quella di prova, infatti penso la più corta. Mi ha spiazzata.

Divertitevi.

 

 

 

Vampire Money

Passeggiavano tutti per una strada che, seppur asfaltata, era poco trafficata.
Mikey davanti a tutti, scattante, muoveva le gambine lunghe senza sembrare affaticato.
Il cielo era azzurro. Completamente, azzurro.
Del tipo la pagina di Paint quando prendi il barattolo di vernice virtuale e clicchi il foglio altrettanto virtuale.
-Muovetevi, sfigati!- Urlò.
E gli altri quattro, fradici, grugnirono in risposta.

 

The Only Hope For Me Is You

Il treno si mosse, tremò rumorosamente.
E Frank aveva già le cuffie nelle orecchie, lo sguardo oltre le macchie del finestrino.
Vide il grigio ed il rosso degli edifici diventare a volte più grigio, altre più marroncino, e ogni tanto quei colori sfilacciati diventavano verdi, oppure il sole spuntava come un cugino rompipalle che ti fa “” da dietro la porta della tua camera, così che ad ogni battito delle palpebre vedeva pallini neri.
E con lo sguardo che scrutava il mondo, anche i suoi pensieri si persero tra i rami e le finestre, e si compressero, e fermarono.
E rimaneva solo un dubbio, un tormento: si ricorderà di me?

 

Cemetery Drive

Uno strano suono gli sfiorò l’orecchio, arrivandogli piano piano nel cervello.
Era acuto, sembrava l’urlo di qualcosa non più vivo.
Era una porta che si chiudeva.
Gerard ebbe quasi l’impulso di fare una smorfia, perché in quella casa andavano cambiati i cardini.
La smorfia la fece comunque, ma per trattenere le lacrime che sentiva gli stavano traboccando direttamente dall’anima.
E non si stupì di aver fatto caso ad un rumore tanto sinistro, quando l’unica persona di cui gli fosse mai importato era fredda, persa, e morta.

 

Burn Bright

Scalciai un pezzetto di carta, che sembrava unto.
Insomma, era la classica carta fatta di plastica che ti permetteva di tenere la pizza.
Camminavo continuando a guardare il pavimento, a volte alzavo di poco il mento per evitare di sbattere la testa contro qualche palo.
Osservavo la mia ombra allungarsi, accorciarsi, scomparire, allungrasi, sotto la luce dei tanti lampioni di fianco ai quali camminavo.
Svoltai un paio di volte, poi entrai in un locale che conoscevo benissimo.
Entrai e basta, e lo cercai con lo sguardo.
Poi vidi le sue mani, nei capelli di un ragazzo.
Vidi la sua bocca, la sua lingua, dentro la bocca del ragazzo.
Mi girai.

 

Save Yourself, I’ll Hold Them Back

I sottili fili di cotone del panno, intrecciati, catturarono gran parte del sudore sporco che aveva sul viso, e Gerard si rimise in tasca quel pannetto intenzionato a stargli attaccato alla faccia per sempre.
Il sole lo faceva sembrare più brillante. Non mentalmente, solo più lucente.
Corse.
Era estate, e a Belleville faceva un fottuto caldo.
E Gerard doveva andare a prenderlo, dovevano scappare.
Insieme. Dovevano almeno provarci.

 

Thank You For The Venom

Colpì il muro con un pugno, sentendo il dolore solo sotto forma di un formicolio che a malapena raggiunse il cervello.
Sentì molto più chiaramente le lacrime che gli stavano tagliando le guance, ed ebbe l’impulso di sbattere anche la testa contro il muro, magari forte. Magari avrebbe perso sangue. Magari qualcuno l’avrebbe trovato lì, morto, contornato da un brillante rosso.
Diede solo un colpettino con la fronte, troppo stanco anche solo per provare a morire.
Come aveva potuto?
Come aveva potuto essere tanto stupido da avergli creduto, e da illudersi che in qualche modo sarebbe riuscito a ritrovare l’ossigeno al di sopra del mare che lo sommergeva?

 

The Jetset Life Is Gonna Kill You

L’ho trovato, finalmente.
Era a casa sua.
Esatto, dopo giorni di cellulare spento e azioni più estreme di quelle degli agenti federali, Gerard aveva deciso di rifugiarsi in casa.
Come se non mi sarebbe mai venuto in mente di cercarlo lì.
Dovevamo parlare, e lui era scappato.
Eravamo a scuola, abbiamo litigato, poi la campanella è suonata e l’ho perso.
E ora sono qui, davanti alla porta della sua casa, perché voglio provare a capire almeno uno dei tanti pensieri che lo strattonano in continuazione, e voglio che capisca che non deve mentirmi, mai.

 

Party Poison

Premette la pancia di quel mostro colorato da un daltonico, probabilmente, o qualcuno privo di senso estetico o anche solamente di buonsenso.
Dopo aver applicato una leggera pressione, il mostricciattolo sembrò prendere vita, sembrò divincolarsi e maledirlo in una lingua asiatica. Probabilmente stava cantando.
Alzò lo sguardo, lasciando perdere quel giocattolino inutile, orribile, e che a dire la verità gli incuteva un po’ di timore.
E si chiese come ci fossero finiti, loro, una manciata di ragazzi con l’unico problema di avere troppi problemi, un’ambizione e qualche ora di tempo libero per alimentarla.
Loro in Giappone.

 

Disenchanted

Ho sonno.
Sto morendo di sonno.
E se non mi mettessi a pensare a tutte le parti più tristi della mia vita, magari riuscirei a lasciare un po’ di spazio al niente che mi invade ogni notte prima di addormentarmi.
Ma non ci riesco, e continuo ad osservare il soffitto.
In questa ultima settimana mi sto facendo un sacco di domande.
Domande su di me, domande su Frank.
Mi ha lasciato, senza dirmi nulla. Mi ha proprio abbandonato.
Eravamo amici, ma è da una settimana che non mi rivolge altro che sguardi di disprezzo.
Sarà che gli ho detto di essere gay, ma giorni fa non si faceva scrupoli a parlare con me fino alle quattro del mattino via messaggi.
E pochi giorni fa ho deciso che un amico così non lo merito.
Cioè, è lui a non meritarmi.
Quindi lo lascerò andare, anche con la voglia di cercarlo che mi impedisce di dormire.

  
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