Teatro e Musical > Romeo e Giuletta - Ama e cambia il mondo
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Autore: Naomi_Shonenai    30/08/2015    0 recensioni
*[“Mercuzio, chi è la regina Mab?”
[...]
“Come non sai chi è?”
Poi cominciò a parlarne in modo poetico e sognatore:
“Lei che tra le fate è levatrice…”
Romeo, comprendendo che il suo amico era partito per il mondo dei sogni, lo lasciò perdere ma fu attratto da una frase in particolare:
“Su questo cocchio, notte dopo notte, galoppa nelle menti degli amanti riempendole di sogni amorosi.”
[...]
“Questa notte ti verrà a trovare! E allora capirai chi è davvero la regina Mab”
Mercuzio x Romeo
Un sogno inaspettato, una paura di non essere accettati e poi, quando tutto è finalmente chiaro e roseo, il futuro riserverà dolori più o meno forti, ma anche gioie e felicità.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Aprì gli occhi nel pieno della notte. Uno spiraglio di luna illuminava un fascio di quella stanza.
Sentì un calore indescrivibile avvolgerlo. Non ne conosceva il motivo, ma doveva ammettere di non dispiacere affatto quel luogo caldo.
Solo dopo capì di essere tra le braccia del suo Mercuzio. Il giovane era ancora vestito mentre lui indossava solo una camicia aperta che di certo non copriva proprio nulla.
Si guardò intorno e vide,sul comodino, delle pezze bagnate e una ciotola d'acqua ormai raffreddata.
Osservò poi il suo Mercuzio. Accarezzò i capelli dorati, poi scese e sfiorò delicatamente il suo viso baciando le sue labbra rosse e vive senza svegliarlo.
Con delicatezza si scostò dalle sue braccia e si alzò dal giaciglio.
Dopo aver infilato i pantaloni, si diresse alla finestra.
Si affacciò verso la notte e sussurrò:"Grazie, regina Mab."
Sul suo sguardo colmo di felicità affiorò un sorriso che la rappresentava a pieno.
Aveva trovato l'amore della sua vita. Ora non era un gioco, questo era un amore serio. Serio e complicato, ma dei suoi sforzi ne valeva la pena.
Chissà se la regina Mab avesse mai potuto accorgersi di ciò che aveva creato, di un fiore che, insieme a Benvolio, aveva piantato e ora osservava, soddisfatta, mentre questo sbocciava.
"Romeo..."lo chiamò Mercuzio nel bel mezzo di un sogno.
Lui sorridendo camminò piano verso il compagno e,prima che potesse rassicurarlo con parole gentili, il biondo lo chiamò ancora.
"Romeo!"il suo nome era diventato più simile ad un grido.
"Romeo scappa via!"si dimenò nel sonno.
Il Montecchi non capiva.
La regina levatrice delle fate aveva portato sogni di nera pece all'uomo che nei sogni viveva. 
Il moro si sentiva in obbligo di riportarlo tra le sue braccia, di fargli sentire il suo calore e sostituirlo ad un freddo incubo.
"Mercuzio, amore mio, svegliati!"
Il biondo aprì piano gli occhi, battendo ripetutamente le ciglia.
"Cos è successo?  Dove sono?"chiese con voce assonnata. La visione del suo Romeo apparve ai suoi occhi nocciola.
"Sono arrivato in Paradiso?"
Romeo perse momentaneamente quell' espressione impaurita di poco prima e ne ottenne una di sollievo.
"Le mie braccia sono rese il Paradiso dalla tua presenza, angelo mio."
Gli spostò una ciocca dal viso.
"Ti agitavi nel sonno. Cuore mio, hai fatto cattivi sogni?"
"No, cuor gentile, non preoccuparti, questo uomo sta bene."
"Seriamente Mercuzio, parlami dei tuoi tormenti"
Si mise seduto, stroppicciandosi la faccia con una mano
"Sarò forte per non piangere davanti a te ma sarei giustificato quand'anche io piangessi"
"Cosa afflige il tuo cuore ora che esso mi appartiene?"
"Sei sicuro di volerlo sapere?"lo guardò con occhi angosciati.
"Sì!" rispose convinto.
"Ebbene...ho sognato la mia fine."
Il mondo attorno a Romeo si spezzò come un vetro in frantumi.
"H-hai sognanto di morire?" Sussurrò lascoiando che i suoi occhi si riempissero di lacrime impaurite.
Mercuzio, preoccupato, lo abbracciò.
"Shhh...calmo... era solo un sogno."cercò di tranquillizzarlo accarezzandolo delicatamente.
Il Montecchi piangeva come un fanciullo. Le sue lacrime calde bagnavano la camicia del della Scala.
"Mercuzio, non voglio perderti!"gridò tra le lacrime di disperazione.
"E non mi perderai..."lo baciò sulle labbra e, come per magia, il moro smise di versare lacrime.
Si accasciò poi tra le sue braccia. 
"Regina Mab, a cosa vuoi alludere?"pensò guardando la luna pallida.
Quella notte nessuno dei due chiuse occhio ma non proferirono parola creando così una situazione di pura ansia.

Il sole arrivò presto.
Entrò nella stanza il frate, seguito da Benvolio.
I due fecero finta di svegliarsi.
"Buondì Mercuzio"disse Romeo staccandosi dalle sue braccia. Avrebbe voluto restarvi in eterno ma sapeva che ciò non era possibile.
Mercuzio si stiracchiò. 
"Buongiorno!"
"Come ti senti figliolo?" chiese il frate.
"Grazie alle vostre cure non provo più il minimo dolore."
"Se stai meglio, niente ti tratterrà qui. Vai pure con i tuoi amici"lo informò il frate.
"Fratelli" lo correse il moro.
Benvolio e Mercuzio si guardarono e sorrisero , come anche l'anziano, del resto.
"Hai ragione, ora però vestiti! Mercuzio, Benvolio, lasciamogli qualche minuto"
Il biondo, prima di lasciare le lenzuola, mise un indice sotto il mento di Romeo per alzarglielo posando sulle sue labbra un bacio breve ma passionale.
Avrebbe voluto rimproverarlo:certe cose non si fanno davanti a tutti. Ma cambiò idea dopo aver notato il sorriso paterno del frate e quello soddisfatto di Benvolio che, a braccia conserte, benediceva la sua trovata. 
Romeo sospirò.Era felice che qualcuno li sostenesse.
Dopo che i tre furono usciti, si alzò e si vestì con gli indumenti sulla sedia, piegati e profumati.
Uscì poi dalla stanza e, ringraziando frate Lorenzo, si avviò per le vie di Verona con gli altri due ragazzi.
Girarndo per la città tra le vie affollate, incontrarono un gruppo di giovani Montecchi con cui il folle Mercuzio, per intrattenerli, raccontava con sapienza di ciò che le fanciulle, chiaccherando sotto un albero, chiamavano "nespola".

Ed ecco, da lontano, arrivare Tebaldo con i suoi uomini, i Capuleti.
Fu così che, per i nostri tre giovani, incominciò la tragedia.
Mercuzio si paralizzò per un attimo: il sogno avuto quella notte si stava pian piano avverando. E lui sapeva bene come sarebbe finita.
La possibilità di scappare esisteva, ma non per Mercuzio. Era suo dovere proteggere ciò che amava. Che razza di uomo non lo avrebbe fatto?
"Messeri, che la pace sia con voi."disse Tebaldo.
Il biondo sentiva qualcosa ribollire dal profondo:rabbia.
Come si permetteva a parlare di pace il re degli acchiappatopi?!
"Una parola ad uno di voi altri!"
Poi si avvicinò a Romeo. Il biondo sentì le mani prudere e la rabbia aumentare.
"Ah... il mio uomo!"
Con quale onore diceva ciò? Nessuno poteva permettersi di toccare il suo Romeo, ancor meno un lurido Capuleti,pensò.
"L'amore che ti porto non può permettersi un termine migliore di questo: tu sei un vigliacco!" gli gridò ad un centimetro dal naso scandendo le parole in una maniera che fece innervosire il della Scala ancora di più.
"Vigliacco io non sono, tu non mi conosci." Romeo era preoccupato per questa nuova lite tra famiglie.
"Ma questo ne ripagherà delle tue offese, Romeo."
"Io non ti ho mai offeso" ed era vero. Mai aveva macchiato l'onore dei Montecchi.
È vero, con Rosalina si era leggermente scottato eppure mai aveva macchiato la sua purezza. O forse... gli venne in mente il ballo della rosa a casa Capuleti. Le dame a cui aveva chiesto di ballare erano molte ma con nessuna si era spinto fin troppo in fondo. L' unica con cui aveva osato lievemente era la bella figlia del ricco Capuleti, una giovane fanciulla che non conosceva l'amore.
Tebaldo era suo cugino perciò probabilmente il fuoco della gelosia era esploso in lui.
Mercuzio intanto si era messo in mezzo ai due. Prese Romeo per il colletto avvicinandolo a sè. "Fredda e vile e disonorevole sottomissione."
Il moro doveva pur imparare a tener testa agli altri. Ormai, lo sapeva, quelli erano gli ultimi attimi in cui poteva proteggerlo.
"Ti amo!"gli sussurrò all'orecchio prima di lasciarlo per avventarsi su Tebaldo.
Si scambiarono parole di sfida, poi i loro gesti si fecero più gravi e avventati. Sfoderarono la spada. Il sibilo del metallo rieccheggiava nella piazza. Capuleti e Montecchi incitavano i due combattenti ma nei cuori dei tre re del mondo rimbombava solo la paura e la tensione.
L'aria si era fatta ansiosa e grigia. Quegli attimi stavano passando sul filo di un rasoio, tra la vita e la morte, sospesi nell'oblio.
I due Montecchi provarono a calmarli ma senza successo.
Perchè se Benvolio accorreva per fermare Tebaldo, questo lo spingeva via in un battito di ciglia e se Romeo cercava di bloccare Mercuzio, lui lo spingeva via, più per peoteggerlo che per continuare a combattere.
Il giovane Montecchi, però, era fermamente convinto a fermarli perciò si mise tra i due. Tebaldo approfittò di quel momento e, incosciente delle proprie azioni, spinse la propria spada nella tenera carne dell'addome di Mercuzio, sotto al braccio di Romeo. Scappò poi via con gli altri Capuleti.
I due Montecchi, però, non si accorsero subito della ferita e, sollevati dal fatto che tutto si era sistemato, corsero in contro all'amico.
Il biondo informò l'amato di quella ferita con l' ingenua speranza che almeno lui potesse salvarlo dal destino ormai scritto.
Lui però, prendendo la sua affermazione per uno scherzo, corse in contro a lui insieme al cugino Benvolio.
"Come sei ferito?" gli chiese sorridente appoggiandogli una mano sulla spalla.
"Niente è solo un graffio." cercò di sdrammatizzare ma ottenne il risultato opposto.
L'espressione dei due si mutò in ansia.
"Ma la ferita non può essere grave.".
Mercuzio lo spinse via e lui, perdendo l' equilibrio, prese come appiglio la camicia del biondo. Essa si strappò e rimase tra le mani di Benvolio, inorridite alla vista non più di un candido panno bianco ma bensì di un pezzo di stoffa sgualcito e tinto del peggior colore per un alleato dei Montecchi: il rosso.

"Non è fonda cone un pozzo nè larga come il portale di una chiesa ma basterà".
Camminò trepidante verso Romeo e lo guardò preoccupato.
"Perchè diavolo ti sei cacciato tra noi?"
"Credevo di agire per il meglio!"gli gridò quasi piangendo, cominciando a comprendere ciò che sarebbe successo a poco.
"Ho ricevuto il colpo da sotto il tuo braccio" gli disse indicandolo.
Poi si avviò su una panca e si mise in piedi su di essa, gridando a tutti i presenti:"Chiedete di me domani, e troverete un uomo muto come una tomba."
Per un attimo mancò ma poi rivenne. Mercuzio non voleva anzi non poteva morire. Non così presto. Avrebbe lottato fino all' ultimo per restare con Romeo.
"Sono condito per bene. Questa volta me la sono beccata,  Romeo. È dura anche!" gli disse per non gravare tutta la colpa sul Montecchi. Sapeva che  non avrebbe retto tale peso.
Maledicendo le famiglie e le loro lotte, cadde a terra ma Romeo, nella disperazione, lo prese in braccio.
"Io muoio nella sabbia, sotto questi occhi tuoi. Romeo, ma perchè ti sei messo tra noi? Dentro la mia ferita i vermi mangiano già. Passo sull'altra riva, io ti aspetterò là."
Romeo lo guardava, incapace di aiutarlo. Piangeva, chiedeva aiuto ma sapeva bene quanto ciò fosse inutile.  Sarebbe arrivata la fine e lui lo sapeva bene.
"Lascio a voi la vostra guerra, è per voi ma senza me. Io muoio in pasto ai vermi ma muoio come un re."
Il Montecchi gli spostò una ciocca bionda dal viso. Voleva vedere il bel viso del suo amato. Per l'ultima volta lo voleva amare a pieno.
"Maledico le famiglie, maledico anche il tuo mondo, Romeo."
Infine, utilizzando la camicia di Romeo come appiglio e sorretto dalle sue braccia, espresse l'unica fatidica frase.
"Romeo, amore mio, la ragione perderai."
E, avvicinandosi al suo volto, fece la cosa più sensata: espresse il suo ultimo desiderio.
Colui a cui aveva donato ogni respiro, ora assaporava l'ultimo soffio di vita sulle proprie labbra. Colui a cui aveva dedicato
ogni battito del cuore, ora riceveva l'ultimo segno di vita e lo sentiva rieccheggiare in sè. Colui a cui era dedicato ogni suo incresparsi di labbra, ora poteva assaporarle quelle labbra, per l'ultima  volta.
Baciò il suo sogno, baciò il suo amore. L'uomo che da sempre lo aveva fatto sognare,  l'uomo che lo faceva vivere e sorridere.
Come ultimo gesto, Mercuzio baciò il suo sogno,  la sua regina Mab, la sua vita, Romeo. 
Dopodiché divenne tutto nero per il della Scala. 

Romeo, invece, vide tutto rosso. Pianse calde lacrime di disperazione. 
Prese tra le mani il volto freddo dell'amato, riscaldato da quel dolore che, improvvisamente, aveva deciso di sciogliersi. 
"Mercuzio! Mercuzio! Non lasciarmi! Ti supplico! Mercuzio, amore mio!"
Guardò il cielo plumbeo, implorando un aiuto che non ricevette.
Incrociò l'ennesimo e ormai ultimo sguardo  con gli occhi nocciola spenti con troppa fretta.
Non poteva accettare che non si sarebbero più riaccesi.
"Chi raccoglierà i sogni che avevi?"gli sussurrò accarezzandogli il viso dopo aver scostato le ciocche bionde.
Qualcosa iniziava a crescere in lui. Qualcosa che sostituiva pian piano il dolore.
Era la vendetta. Quel fortissimo senso di vendetta che lo corrodeva dal profondo.
Corse verso Tebaldo, gridando il suo nome e, accecato da tante, troppe emozioni aggrovigliate, infilzò il proprio pugnale nella schiena del Capuleti e,quando lo sfilò, il corpo di questo cadde a terra, privo di vita.
Anche le sue mani si macchiarono di rosso. Un rosso acceso e purtroppo indelebile. 
Fissò le proprie mani tinte di quel colore nauseante.
Solo dopo si accorse dei gesti appena compiuti e subito, si sentì svenire: la vista annebbiata, la testa pulsante dal dolore.
Benvolio invece, seppur con gli occhi colmi di lacrime vide benissimo i Capuleti arrivare. Corse incontro a Romeo e lo trascinò via.
Doveva salvare almeno lui dalla ferocia dei Capuleti. Per Mercuzio!
Vide un bagliore di speranza: frate Giovanni che passava di lì in groppa ad un cavallo. 
"Frate Giovanni!!!! Fermatevi ve ne ' prego!!"
Lui cambiò traiettoria e si avvicinò in fretta ai due. 
"Cosa succede, Messeri?Perchè state piangendo in due senza consolarvi l'un l'altro? "chiese spaventato.
"A dopo le spiegazioni. Tenete qui Romeo per poco, senza muovervi di un passo da questo luogo. Torno tra un secondo,prima che le vostre ciglia possano toccarsi ancora ."
Si alzò in fretta e prima di correre via più veloce del vento in burrasca, lo avvertì.
"Preparatevi a salvare una vita."
Guardò un attimo suo cugino che piangeva come un fanciullo.
"Due vite"
E poi corse via.
L'aria penetrava nei suoi occhi rossi e gonfi dalle lacrime che con il vento si asciugavano sulle guance divenendo fredde gocce penetranti.
Ma tutto ciò a lui non importava.
"Forse le vite da salvare...sono tre!"pensò prima di arrivare alla piazza.
Raggiunto l'amico, lo spoglio della giubba e della camicia. Strappò una striscia di quest'ultima e fasciò i fianchi di Mercuzio per bloccare l'emorragia. Gli rimise addosso la giubba per riscaldare quel corpo freddo.
Se lo caricò in spalla e, con la stessa velocità di prima, tornò dal giovane frate.
"Andrò con Mercuzio da frate Lorenzo, poi tornerò qua a prendere voi due. Perdonatemi frate Giovanni ma non voglio che, per colpa di una stupida e incoscente lotta tra famiglie,i miei due fratelli perdano la vita."
Saltò in sella, con lo sguardo stranito di frate Giovanni su di sè.
Il cavallo galoppava veloce. Lo scalpitio degli zoccoli rimbombava nella sua mente come il rintocco dell'orologio.
Aveva posato Mercuzio davanti a sè, bacino contro bacino, il viso appoggiato alla sua spalla. Benvolio lo teneva su con le braccia sotto le ascelle dell'amico mentre i due petti aderivano .
"Mercuzio, dimenticati la possibilità di morire! Non succederà, non lo permetterò!"
Trottava,accecato dalle lacrime. Si faceva strada tra i ricordi, rimembrò tutti i suoi sorrisi. Ne bastava uno per far tornare il sole sul viso di tutti.
"Ne vedremo ancora di tuoi sorrisi. È una promessa, tu non morirai!"

   
 
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