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Autore: Reaper_Hel    02/09/2015    0 recensioni
"Il mondo è di chi rimane, e tu non devi avere paura. Non sei solo." Questo recita la guida alla sopravvivenza del Superstite Responsabile.
Quando però Miriam si sveglia, quella mattina, non è rimasto più nessuno.
Genere: Horror, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Il MacDonald’s era aperto e semi-operativo. La luce dell’interno illuminava la strada diversamente scura, e l’insegna del franchising brillava come un faro di speranza che guidava gli affamati. L’idea di fare colazione lì, solitamente, la allettava. Ma quando si ritrovò in cucina a esplorare l’interno dei congelatori giganti, si rese conto che realtà era molto più deludente di quello che solitamente le veniva presentato sul vassoio. Si scongelò un hambuger e lo lanciò sulla piastra, per poi cercare di capire come si accendeva.
Non trascorse molto tempo dalla sua tristissima colazione a base di hamburger carbonizzato, formaggio e insalata (non era riuscita a trovare il pane) che le porte scorrevoli del fast-food si spalancarono. Miriam si stava versando il secondo bicchiere di Dr. Pepper quando lo vide.
Era un uomo con un forte odore di alcool addosso. Il tanfo le arrivò dritto in faccia, come un pugno, complice il vento esterno e lo scorrere delle porte. Aveva l’aspetto trasandato tipico del nerd scapolo che si è dimenticato di avere più di trent’anni e di doversi costruire una vita: l’archetipo di quello che probabilmente sarebbe diventata lei con un po’ di impegno. Indossava una t-shirt degli Oingo Boingo lavata qualche volta di troppo e un paio di jeans strappati. Il suo viso, barbuto e rotondo, era coronato da una criniera di capelli spettinati e un paio di occhiali bisunti. Aveva almeno quindici chili di troppo addosso, nascosti dall’abbigliamento oversize per la sua taglia.
 «Gh… Sei tu la ragazza dell’annuncio? Ho sentito l’annuncio sulla radio, l’ho sentito pochi minuti fa. Sono in ritardo?»
Miriam lo fissò cercando di non sembrare maleducata. Se avesse incontrato questo tizio in un’altra situazione, probabilmente l’avrebbe etichettato come innocuo e potenzialmente “irrilevante”, passando oltre. Il fatto che però questo fosse, almeno per il momento, l’ultimo essere umano sulla terra, la indusse a dover trattenere una forte crisi di lacrime.
 «No che non sei in ritardo, altrimenti non mi avresti mica trovata qui,» replicò un po’ seccata. «Sei di Fontanelle?»
 «No, abito a due isolati.»
Un silenzio imbarazzante ripiombò nel ristorante. Lui rimase sull’uscio con aria ansiosa, mentre i suoi occhi esploravano febbrili non solo ogni aspetto di Miriam, ma anche ogni piccolo dettagli del ristorante. Ciondolando da un piede all’altro e tirando i lembi della t-shirt, si schiarì la voce.
 «Hai, er, già mangiato?»
 «Sì. Vuoi mangiare anche tu?»
 «Magari.»
Miriam ci pensò un attimo, quindi gli indicò la griglia. «Guarda che io non ti cucino un bel niente.»
 «Oh… ah!» mormorò l’uomo, facendo un timido passo in avanti. «Non ti preoccupare, mi arrangio.»
 
Dieci minuti più tardi, il ragazzo si trovò davanti a un vassoio di pancakes e un hamburger di tutto rispetto, completo di pane, salse e bacon affumicato.
 «Vuoi dei pancakes?»
 «Grazie, ho già mangiato,» mormorò Miriam, un po’ piccata.
 «Bé, immagino che ti aspettassi qualcosa di meglio. Dico bene?»
 «Per cosa?»
 «Per salvarti.»
 «Ah. No no!»
Silenzio. Per qualche motivo, non vedeva l’ora di tornarsene a casa.
 «Comunque, mi chiamo Lasher. Piacere di conoscerti… Miriam. Dico bene?»
 «Dici bene. Sono spariti tutti?»
 «Tutti quanti. Non ne sono ancora certo, ma credo non ci siano molti Superstiti in città.»
Il dubbio inespresso di Miriam divenne più concreto. La sua mano cominciò a tremare appena.
 «Ci sono delle altre persone? Le hai viste?»
Lasher scosse il capo. «Sei la prima persona che vedo da quando il cielo… Bé, ha smesso di funzionare, ecco.»
 «Ma anche su Internet? Non c’è nessuno su Internet? Ce li hai gli amici che non vivono qui?»
 «Forse un paio, ma non sono sicuro. E comunque, abitano in Korea. I punti di raccolta sono deserti. In realtà, non so bene cosa fare.»
Miriam non aveva nessun dubbio a riguardo. Fece una smorfia disgustata e lanciò un’occhiata nervosa all’oscurità di fuori. «Suppongo di no.»
 «L’importante è non rimanere fuori a lungo e continuare a stare dove ci si trovava quando le persone accanto a te sono scomparse.»
 «Ma le guide per i Superstiti dicono tutto l’opposto! Bisogna andare via dai posti dove la gente scompare, vuol dire che non sono sicuri.»
Lasher sembrò vagamente seccato dal tono isterico di Miriam, che dovette accorgersene perché si irrigidì. «Vuoi dare retta a me, o a una persona che probabilmente è sparita? Ora rispondi a una domanda: dove ti trovavi quando gli altri sono scomparsi?»
 «D-dormivo nella mia camera.»
 «Capisco. La sta stanza si trova in un rifugio, una casa molto vecchia e ben protetta oppure il tuo letto è particolare?»
 «Dormo nel seminterrato.»
 «Bingo. Farai meglio a dormire sempre lì, allora, se ci tieni a non sparire.»
 «Non lo so se ci tengo tanto, a non sparire,» replicò Miriam.
 «Come siamo infantili. Non volevi essere salvata, mezzora fa?»
Le guance della ragazza si gonfiarono. «Hai la lingua fin troppo lunga per i miei gusti»
 «Non volevo offenderti, mi dispiace. Dico solo che dovremmo essere più costruttivi, fintanto che non sappiamo effettivamente quante persone sono rimaste in questa regione.»
O nel mondo. Miriam si afflosciò sulla sedia appiccicosa del MacDonald’s e si sfregò la faccia con le mani. «Pensi esista un modo per capirlo?»
 «Ci sto pensando. Nel frattempo, l’idea della radio era buona. Penso che dovremmo ripetere l’annuncio ogni giorno. Magari potremmo registrarlo.»
 «Ogni giorno per quanto? Sono sicura che se ci facciamo notare abbastanza, ci verranno a prendere e ci porteranno in un centro d’emergenza per i Superstiti.»
Lasher fece una smorfia e si aggiustò gli occhiali. «Quelli sono i posti peggiori.»
«Come fai a saperlo?»
«Ci ho vissuto negli ultimi cinque mesi, prima di tornarmene a casa mia.»
 
Il pranzo del ragazzo proseguì spedito sotto l’occhio intransigente di Miriam. La sua mente non riusciva ad accettare che un tizio del genere fosse stato in grado di sopravvivere, quando in giro c’era gente piena di muscoli e arguzie da far invidia ai supereroi Marvel.
 «Quindi, se torno a casa, devo dormire nel seminterrato?»
 «Bè, suppongo di sì. Ma penso che sarebbe meglio, ecco, trovare un posto per rimanere uniti e organizzare le forze,» Lasher cominciò a tamburellare nervosamente le dita sul bordo del vassoio.
 «Dici… Vivere insieme?» Miriam dovette lasciar trapelare qualcosa sul viso, perché immediatamente il ragazzo arrossì.
 «Non è come pensi, al diavolo. Non intendevo niente di male. Volevo solo trovare un posto dove, ecco, potremmo organizzare un punto di ritrovo per i Superstiti. Deve esserci ancora qualcuno, no?»
 «Che genere di posto dobbiamo trovare?»
 «Non ne ho la minima idea, ma deve essere ben protetto. Come una specie di guscio anti-sparizione.»
 «Una cantina?»
 «Speravo in qualcosa di meglio, ma credo che la cantina andrà più che bene. Potremmo cercare nel quartiere di Holloway. Di solito i ricconi hanno sempre qualche tipo di bunker per le guerre…»
Miriam fece spallucce. «Vuoi trasferirti subito?»
«Preferisci aspettare le calende greche?»
Miriam sospirò snervata. «Ma no. È che voglio recuperare le mie cose, prima. E il mio gatto, se non è un problema. Cioè, non è proprio il mio gatto, ma non ha nessuno che si occupi di lui e…»
 «Anche io devo recuperare le mie cose. Ehm, spero non ti diano troppo fastidio le Action Figures, ma non me la sento proprio di lasciarle al primo arraffone.»
Miriam sorrise. «Io il gatto, tu le figures. Mi sembra che abbiamo un patto.»
Lasher apparve sollevato. Sorrise senza scoprire i denti e gli tese la mano per stringere l’accordo. Miriam esitò un po’, ma poi accettò guardandolo dritto negli occhi «Bevi per dimenticare?»
 «Ah! Sì, ho bevuto un po’, la notte scorsa. Ma non è una cosa che faccio di solito.»
 «Sarà meglio per te, cowboy.»
 «Ti lascio il mio numero di cellulare e ci vediamo qui tra due ore con tutto quello che ci serve, d’accordo?»
 «Ricevuto. Va da sé che se uno di noi sparisce nel frattempo, è un bel problema.»
Lasher annuì. «Niente che si possa risolvere, però.»
 
 
 
Il viaggio di ritorno per Fontanelle fu breve, circondato da oscurità quasi impenetrabile e pieno di pensieri ancora meno chiari. Non era del tutto sicura di potersi fidare di Lasher. In realtà, quando aveva sentito le porte scorrevoli che si aprivano aveva capito che non era più del tutto sicura di voler trovare effettivamente qualcuno. E se si fosse trattato di un debosciato, un pervertito o un malato di mente? Chi l’avrebbe protetta allora? Bombalurina?
L’unica cosa peggiore di “nessuna persona” era “una persona, sbagliata”. Il messaggio che aveva lasciato in radio e sui social network era una lama a doppio taglio: se da una parte poteva usarli per contattare qualcuno, dall’altra aveva praticamente messo sul piatto che lei era una ragazzina sola e con una paura che non la faceva reggere in piedi.
Una potente vampata di calore le arrossò il viso, e Miriam si odiò profondamente per la sua debolezza. Pigiò il piede sull’acceleratore, lasciando che i fari abbaglianti tagliassero il buio come meglio potevano, ma non ci riuscivano davvero. Più che buio, sembrava nebbia scura: come se qualcuno l’avesse disegnata col pennarello.
 
Raggiunse il vialetto di casa e spense la macchina, lasciando i fari accesi, per osservare la graziosa villetta a due piani con la veranda in legno, le palme in giardino e la porta principale spalancata. Per la prima volta in vita sua, osservò quella sagoma con una punta di disagio. I suoi genitori non c’erano più: forse non ci sarebbero mai più stati. Non fosse stata per la loro decisione punitiva di farla dormire nel seminterrato, a quest’ora…
Spense l’auto e i fanali: non poteva permettere che la batteria si scaricasse: non ci sarebbe stato nessuno per sistemarla. Quindi, accesa la torcia del telefono decise di aprire lo sportello.
La stessa puzza di quando se n’era andata, e questa volta era ancora più forte.
 «Sono tornata! Ti sono mancata almeno un po’? Chi hai spaventato, mentre non c’ero?»
Scandagliando il giardino fino alla siepe, Miriam si incamminò a passo svelto verso l’uscio di casa. Quando fu sulla soglia, ben desiderosa di richiudere la porta dietro di sé, Miriam impallidì.
L’odore, all’interno, era ancora più intenso. Accese la luce del salotto il più velocemente possibile. Era tutto come lo aveva lasciato. La finestra rotta con il filo del telefono a penzoloni, la televisione accesa, le pantofole vicino alla porta.
Il frusciare dei cuscini del divano la fece sussultare.
 «Bombalurina? Sei tu?»
In quel momento, Miriam capì che non aveva tutto il fiato che avrebbe voluto avere per urlare tanto forte da frantumare la realtà. Seduto sul divano che dall’uscio non riusciva a vedere bene, c’era un ragazzo. Quando la sentì urlare, si voltò di scatto e balzò in piedi come se avesse preso la scossa.
 «S-s-sei un ladro? Sono armata. Ho una pistola. E un coltello,» borbottò afferrando il pomello della porta per prepararsi ad una ritirata strategica.
   
 
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