“Non è stato per niente carino da parte tua.”
Non udiva quella voce da così tanto tempo che
pensava di averla immaginata, fra lo stacco silenzioso di un brano musicale e
l’altro. Davina si era voltata e le cuffie erano scivolate dalla testa sulle
spalle. Kai…
“Mi sveglio una mattina e scopro che il tuo mondo prigione sta divorando i miei mondo prigione! Come cavolo ci sei
riuscita?”
Non aveva ricreato l’Altro Lato? Per quello
non necessitava di un’Ancora di collegamento? “Credevo fossi andato via.”
“Sono rimasto nei dintorni, cercando una
soluzione per riportarti indietro. Mi è stato fatto presente che la mia
presenza era superflua e ho preferito allontanarmi” aveva risposto, lanciando
occhiate intorno come un ladro che teme di essere scoperto. “Che ascolti?”
“Nulla di importante” aveva risposto mettendo
a posto le cuffie e raccogliendo i dischi. “Mi fa piacere rivederti.”
“Stai ancora con quel tipo? Perché ci ho
pensato e ripensato e volevo chiederti di uscire” aveva borbottato, frettoloso
ed imbarazzato. “Se per te era ok…
Davina aveva annuito con un sorriso
smagliante ed era stata sollevata dal peso degli acquisti.
“Mi spieghi come hai fatto a replicare il mio
incantesimo? C’entra la Bennet? L’ho vista in giro
con il tuo amichetto spilungone.”
Oh! Allora quel bacio aveva portato a
qualcosa di più! Davina era arrivata alla cassa e aveva infilato il braccio
sotto il suo.
“Il tuo mondo sta prendendo il controllo come
quello creato da Qetsiyah e…” e quella pietra? Perché
indossava una pietra maledetta?
“E... che cosa?”
aveva sussurrato alzando due occhi grandi ed invitanti su di lui. “Forse
esploderà come è esploso l’Altro Lato.”
Gli smontava la testa se parlava e lo
guardava in quel modo. Le membra mollicce e la tremarella allo stomaco erano
tornati.
“È così importante?”
Sapeva tutto quello che c’era da sapere su
come baciare una ragazza. L’aveva scordato appena toccato. “Ti mostro la mia
arte e tu mi freghi l’incantesimo…”
“Scusa.”
Non con quel musetto, maledizione!
///
“Dicono che quando il momento è giusto, le
cose si incastrano magicamente e davanti a te ci sono solo chilometri di strade
spianate...”
“E chi lo dice?”
“Le persone a cui è capitato. Chi altri?”
Il sole era piacevole e caldo e non c’era la
solita confusione in giro. La ricerca aveva dato esisto negativo e l’umore di Kol era peggiorato. Bonnie lo aveva seguito nei suoi
spostamenti senza battere ciglio e aveva continuato a pensare agli unicorni.
Kol aveva raggiunto una
panchina e nella migliore tradizione dei pusher, aveva aperto una falda della
giacca ed estratto una fialetta di sangue. “È del tipo migliore. Butta giù.”
Bonnie l’aveva odorato ma non aveva notato
niente di strano.
“Ti devi fidare di me.”
“Alterando l’aspetto originario, Klaus si
troverebbe in difficoltà col quadro” aveva risposto restituendo la fialetta.
“Grazie lo stesso.”
“Cacasotto” aveva sussurrato, portando le
mani dietro la testa. “A ore dodici, dritto di fronte a noi.”
Bonnie aveva seguito la direzione del suo
sguardo e una mano cattiva le aveva strizzato i polmoni, togliendole tutta
l’aria. Aveva serrato le palpebre e guardato di nuovo. Erano entrambi sorridenti
e allegri, avevano le mani intrecciate e i volti felici… mentre lei desiderava
solo avere una Bic per pugnalare Kai in tredici modi
diversi.
Quattordici se contava quello suggerito da
Klaus.
Era stato allora che aveva visto il suo primo
unicorno.
“Ehi! Da quanto siete una coppia, voi due?!”
Davina aveva mosso il dito indicandoli entrambi e Bonnie si era irrigidita
quando aveva sentito il braccio di Kol passarle
dietro le spalle.
“E voi?” aveva risposto il ragazzo,
sorridente. “Fino a nove ore fa, uscivi con mio fratello.”
Che glorioso imbecille!,
aveva pensato grattando la fronte e mettendo su un sorriso fasullo a bocca
chiusa. Con noncuranza, Bonnie aveva accavallato una gamba e si era accostata
al fianco del ragazzo. “Ho come l’impressione di aver mangiato del cibo
scaduto, tesoro” aveva detto
sottovoce e Kol aveva scambiato un lungo sguardo con
Davina che non sembrava più felice come prima. “Di nuovo quel bistrot, tesoro?”
“Eh già” aveva risposto, alzandosi. “Scusatemi…
ehi, che bella collana.”
Davina l’aveva toccata e nascosta sotto la
maglia. “Riguardati, cugina. Kol…”
“Magnifica Reggente” l’aveva canzonata e Bonnie aveva infilato il braccio
sotto il suo e tirato via. Avevano camminato un bel po’, prima che la stizza
del ragazzo esplodesse.
“Nove ore! L’ha scaricato da appena nove ore
e sta già infilando la lingua in bocca a quel verme!”
“E tu sei così stupido da stuzzicare la
strega che ha lanciato la maledizione a tuo fratello. Guarda che se ti fai
ammazzare, non puoi replicare il giochetto della fuga. Se muori, sei kaputt. Claro?”
“Credevo volessi vedermi morto.”
“Sono tanti i modi in cui vorrei vederti
ridotto” aveva sospirato e Kol si era fermato,
lanciandole una lunga occhiata sostenuta. Le era sembrato che il torace gli si
gonfiasse come il corpo di un pesce palla che si sente minacciato, ma forse era
solo...
“Sono tante le cose che vorrei fare con te, Bennet.”
Una fitta di piacere aveva attraversato
l’inguine ed era scoppiata nel ventre. Bonnie aveva sentito il corpo
riaccendersi come se mille soli splendenti fossero sorti tutti insieme. “Ti sei
montato la testa per quel bacio.”
“Non è stato granché. Non perderci tempo, io
non l’ho fatto” aveva detto e stretta forte. “Ti ho vista, eccitata dalla
seduta con mio fratello. Occhi brillanti, guance infiammate… tutto quel tempo
nuda alla mercé dello sguardo di un uomo… a cosa stavi pensando?”
Alla stupidaggine che stava facendo, alla
serietà mostrata dall’ibrido, alla stanza fresca. Klaus aveva intaccato il muro
di silenzio con la domanda giusta e Bonnie aveva iniziato a parlare del più e
del meno, consapevole che dall’altro lato della porta, il mostro grattava e si
agitava. Poi Kol era entrato all’improvviso e…
“A cosa stai pensando, zuccherino?”
Bonnie aveva sussultato e brividi violenti e
bagnati di calore liquido, le avevano intorpidito le membra quando l’aveva
sentito chino su di se. Le labbra si erano seccate improvvisamente e il tempo
si era dilatato all’infinito. Bonnie si era sentita indifesa ma la sensazione
non era stata spiacevole. Aveva continuato a mantenere il contatto visivo con
il bordo della sua giacca ma appena le aveva toccato il viso, infilando la mano
fin sotto i capelli, il sangue aveva iniziato a batterle nelle tempie e nelle
orecchie e le palpebre si erano fatte pesanti...
“Ah, è così che si fa.”
Bonnie aveva quasi cacciato un urletto e il
cuore le era uscito dal petto: Kai era comparso
all’improvviso e li osservava con espressione dubbiosa e accigliata da una
panchina.
“Davina sta provando tutti i vestiti di un
negozio e ne ha ancora per parecchio. Perché indossa una pietra maledetta? Sono
pericolose, lo sapete?”
“Non è…” Kol si era
schiarito la voce, eccitato fino all’ultimo centimetro di se stesso. “Non è
maledetta. È un falso storico.”
“Sei un esperto di pietre? Fammi vedere il
tuo diploma, bello.”
“Io cammino su questa terra da molto più
tempo di te. Bello.”
“Ed io posso rovesciarti le mutande sulla
testa in un secondo” aveva risposto. “L’errore che commettono tutti gli incapaci, è scambiare la pietra di Necrus con la Lacrima di Neos, nota
per la sua capacità di influire sulla personalità di chi la indossa. Sembrava
troppo bello per essere vero…” aveva sospirato. “Ok, farò la mia buona azione
quotidiana e cercherò di portargliela via.”
Un aiuto inaspettato che risolveva un
problema. Bonnie era girata su se stessa, fissando l’uscita del parchetto. Ma
la maledizione come la scioglievano?
“Dimenticavo!”
Kai era riapparso e
Bonnie era trasalita un’altra volta.
“Dimenticavo la parte più divertente. Il
mondo che Davina ha creato sta mandando in risonanza tutti i mondi esistenti.
Presto ci sarà un altro botto e la strega che mi avete fatto spedire lassù,
sarà libera di tornare indietro. Era tanto per farvelo sapere e rovinarvi la
giornata.”
Con un cenno di saluto era sparito e Bonnie
aveva lasciato andare un lungo sospiro frustrato. “Chi è la strega richiusa sul
mondo prigione?”
“Ayana, discendente
di Qetsiyah, insegnante di nostra madre. Siete
imparentate.”
Forse Ayana aveva
nervi migliori dei suoi. “Una creatura
che non è di questa terra.”
“Sempre fortunato, il bastardo. Suggerirei di
reperire informazioni in merito alla strega. Vieni con me?”
“Dove andiamo? A farci rovesciare le mutande
sulla testa?” aveva riso e un braccio pesante le aveva circondato le spalle.
Bonnie si era irrigidita subito ed era scivolata avanti, tenendolo a distanza. “Kol… quello che stava per succedere, non dovrà mai succedere.”
Il ragazzo l’aveva guardata e schioccato le
labbra, Bonnie si era sentita un po’ stupida a reagire a quel modo. Stupida e
confusa dal suo comportamento. La maltrattava, la insultava…
“Ringrazia lo scemo per l’interruzione,
invece: se avessimo iniziato non ti avrei chiesto di recarci in una biblioteca
polverosa a spulciare il passato della tua antenata. Saremmo già a letto a
dedicarci lungamente l’uno all’altro, zuccherino.”
Ma non diceva che non… Sconcertata, Bonnie
aveva boccheggiato come un pesce. “Difficile rimangiarsi una cosa del genere...”
Tzè! Poteva mangiarsi anche lei, se voleva.
“Ok”
aveva detto con un filo di voce. “Mangiami, se ci riesci...”
///
Bonnie era certa che da un momento all’altro
qualcuno li avrebbe sorpresi. Immaginava la voce che viaggiava da New Orleans
fino alla scuola d’arte di Jeremy, i commenti caustici di Damon e l’espressione
sconvolta di Elena.
Era stata a letto con due ragazzi, conosceva
le mosse ma alternava momenti di rigidità ad altri di pieno smarrimento. Ignorava
i sapori e non riconosceva gli odori ma le sue dita erano lunghe, il corpo incredibilmente
accogliente e i baci mozzafiato. Sembrava conoscere meglio di lei la strada da
seguire, così Bonnie gli aveva lasciato il comando e si era lasciata travolgere
fino a giacere sorda e stordita. Non aveva mai raggiunto una completezza simile
con un’altra persona. Non era stata la sola. Aveva dormito e quando si era
svegliata, le luci della città avevano sostituito il sole. Poi era accaduta una
cosa che aveva visto solo nei film. Kol le aveva
chiesto di seguirlo e Bonnie si era lasciata immergere nell’acqua calda della
vasca da bagno che profumava di zucchero filato, miele e cannella. Era rimasta
buona a farsi viziare, finché non aveva affondato la mano fra le sue gambe. Illanguidita,
si era adagiata contro la ceramica e direzionato i lavori. Sul finire, si era
aggrappata ai bordi e al suo braccio. Le forze le erano tornate quando l’acqua
era ormai fredda.
Kol le aveva raccontato
la storia della possessione di Davina, la mattina dopo, a colazione. Aveva
trasformato un pezzettino di carta in un origami e le aveva regalato un fiore.
Le aveva tolto una briciola dal labbro ed informata che si sarebbe recato in
biblioteca a fare quella ricerca.
Bonnie aveva pensato ‘ok, è finita’ e aveva
continuato a ruminare il suo pancake innaffiato da una colata di sciroppo
d’acero. Ci aveva messo un po’ ad inghiottire. Il tempo necessario perché
tornasse indietro e la coinvolgesse in un altro lunghissimo bacio mozzafiato.
“Fa la brava in mia assenza” aveva detto,
sfilando una penna dalla tasca. “Allenati.”
Bonnie aveva sorriso e visto il suo secondo
unicorno.
///
“Sei sotto l’influsso di una maledizione.”
“Un’altra? E quando sarebbe successo?”
“Ventiquattrore fa” aveva risposto Bonnie guardando
l’orologio. “Ti sei alzato presto e sei uscito per incontrare una persona.”
Si era alzato presto, aveva fatto la barba ed
era uscito.
“Una donna con cui hai una relazione.”
Non aveva nessuna relazione.
“Una strega.”
Klaus aveva steso il giornale e sorriso.
Anche quella mattina, si era alzato presto ed era uscito a comprare il
giornale. Aveva preso l’abitudine di fermarsi a bere il caffè in una piccola
caffetteria snobbata dai turisti ed era lì che Bonnie lo aveva raggiunto.
“È un incantesimo selettivo e agisce sui
cinque sensi. Non puoi vederla, udirla o percepirla. Se fosse in piedi di
fronte a te in questo momento, non te ne accorgeresti.”
Sì, sembrava qualcosa che solo una strega
poteva inventare. “Ok, la strega che non so di frequentare mi ha lanciato una
maledizione. Motivo?”
“Gelosia. Crede che la voce della nuova
gravidanza di Hayley sia vera.”
Hayley passava da un capriccetto all’altro ma
era stata piuttosto chiara: Hope sarebbe rimasta
figlia unica, non si mettesse strane idee in testa. Klaus aveva sghignazzato e
le aveva detto di dormire con un occhio aperto. L’occhiata omicida che gli
aveva lanciato, la sentiva ancora addosso.
“Spero sia molto bella e abbia doti segrete
che compensano la sua scarsa intelligenza” aveva detto bevendo in sorso di
caffè bollente. “Peggio per lei e buon per me, invece. Non dovrò neppure
fingere di non vederla, incontrandola in strada.”
“Klaus, avete siglato un accordo che mantiene
la città in equilibrio ma la strega è sotto l’influsso di una pietra maledetta
che sta aumentando la sua aura malvagia e temiamo che si vengano a creare
tensioni destinate ad esplodere. Casuali e non.”
“E torniamo a quello che dico da una vita:
morte alle streghe. Senza offesa, Bennet…”
“Battute del genere sono fortemente sconsigliate
in pubblico, fratello. Ti prego di tacerle.”
Eccolo, il paladino dei deboli! Tutto
azzimato come un vero damerino! Klaus aveva esalato un sospiro, piegato il
giornale e gettato sul tavolino. “Una probabile guerra mi interessa ben più di
una scemetta che nei suoi cinque minuti di gloria mi
ha cancellato la memoria, Elijah.”
“Chiamare scemetta
la Reggente non avrà più lo stesso impatto di prima. Non verrà più scambiato
per un buffetto affettuoso alla propria fidanzata, Niklaus.”
Fidanzata? Addirittura! “Le Reggenti sono
sempre delle vecchie barbogie inacidite. Come mi sono ridotto a frequentarne
una?”
Elijah aveva steso una gamba, sistemando il
pantalone. “Questa non ha neppure venti anni.”
“Ed è scema come una campana rotta.”
“Irritarla potrebbe avere brutte conseguenze,
Niklaus.”
“Poteva uccidermi e non l’ha fatto. Questo
cosa ci dice?” aveva sorriso congiungendo le mani.
“È ancora innamorata di te e ha molti amici
fra i vampiri.”
“Sono intoccabile.”
“Davina è brava negli incantesimi. Non prova
più una briciola di amore per lei...”
“Mi stupisco che tu sia così ingenua da
credere che ne sia mai stato innamorato!”
Bonnie aveva sentito una fiammata
attraversarla tutta ma con noncuranza aveva tirato indietro una ciocca di
capelli mentre Kol spostava la sedia e si sedeva in
mezzo a loro, imbronciato. “Le streghe mi impediscono di accedere alla
biblioteca… indovinate da chi è venuto l’ordine? Come supremo successore, non
dovrei avere libero accesso ai segreti della congrega?”
Supremo successore? Bonnie lo aveva scrutato
apertamente. “Chi ha deciso la tua nomina? Sulla base di quali meriti sei stato
presentato? Non ti consentiranno mai di guidare la congrega, sei…”
“… un Mikealson? Non
mi si permette mai di dimenticarlo.”
Il ragazzo aveva tirato indietro la sedia con
un gesto stizzito e si era allontanato a grandi passi.
“… troppo legato al lato oscuro” aveva
concluso Bonnie, picchiando piano il pugno contro la bocca. “È sempre così
suscettibile sull’argomento?”
“Si vergogna della sua famiglia” aveva detto
Klaus ad alta voce scoprendo il caffè freddo. “Resta con noi perché non ha un
altro posto in cui andare.”
“C’è sempre un altro posto in cui andare.
Forse resta con voi perché vi vuole bene.”
Klaus aveva sorriso, conciliante come un
adulto che parla con un bambino piccolo. “Kol è
sempre stato un selvaggio… se volevi un lavoretto fatto bene, bastava
sciogliere il guinzaglio e dare l’ordine. Quando diventava incontrollabile,
eravamo costretti a metterlo a dormire.”
“Molto premuroso da parte vostra.”
“Strappa
una strega dal mondo magico, e si ucciderà nel giro di una settimana. Per
quando irritante, è pur sempre mio fratello. Non dimentico la tua parte nella
sua uccisione, e non mi piace il legame che avete creato. Ti chiedo di cessarlo
nell’immediato.”
“Tu non chiedi. Tu proibisci.”
“Sei una donna intelligente, Bennet.”
Bonnie aveva sorriso e si era alzata,
infilando la borsa a tracolla. “Elena aveva ragione su di te. A volte sei così
spiritoso…”
///
Non aveva mai camminato tanto e girato a
vuoto come quel giorno! Quando pensava di averlo localizzato, Bonnie tornava al
punto di partenza e solo a sera era riuscito a scovarlo al centro del ponte che
attraversava il laghetto di City Park.
Lo conosceva dai dépliant e aveva pensato di
visitarlo. L’illuminazione era studiata per togliere il respiro e la luna era
alta e splendida in cielo. Appena messo piede sul ponte, Kol
si era voltato verso di lei. Bonnie aveva sorriso, ben sapendo che nella
penombra e a quella distanza non poteva vederla. Le aveva teso la mano ed
invitato a raggiungerlo.
Scusa se ti ho fatto girare a vuoto, avevo
bisogno di starmene da solo.
L’avevo capito…
Vengo qui quando voglio rilassarmi. Bello,
eh?
Toglie il fiato.
Bonnie aveva posato i gomiti sul muretto,
guardandosi intorno. “Tuo fratello mi ha proibito di frequentarti. Teme per la
tua incolumità.”
“Klaus se ne frega di me, non vuole problemi
con una strega del tuo calibro” aveva detto, appollaiato sulle sue spalle.
Kol l’aveva baciata sul
collo e stretta un po’ e Bonnie aveva chiuso gli occhi. Quelle cose non
capitavano mai a lei. Era lei, la spettatrice delle storie delle sue amiche. Non
era lei che baciavano sotto la luna piena, circondati dal frinire dei grilli.
“Si creerà un problema nell’immediato se
proverà a dirmi di nuovo con chi devo o non devo uscire” aveva detto, girando su
se stessa. “Era questa… l’idea?”
“Non l’avevo pianificato e non so
risponderti, Bennet” aveva detto, col volto in ombra.
“Ho solo prenotato una cena nel mio quarto d’ora di gloria seguendo un impulso
ottimistico.”
E lei era affamata. Perfetto.
“Sicura? Sei una Bennet…
farsi vedere in giro con me non giova alla reputazione.”
Prego?
Kol l’aveva lasciata
andare e a Bonnie non era piaciuta quella distanza improvvisa.
“Ci sono i miei fratelli, il fardello del
nome e il fatto di essere tornato indietro. Sono quello strano della famiglia,
B. La gente mi scansa, ha paura di me.”
Aveva notato una cortina di distanza alla
festa di Davina, pensava fosse autoindotta dal malumore.
“Non ha mai visto i tuoi addominali.”
Kol aveva riso dopo un
lungo attimo. “Grazie, mi tengo impegnato…”
“È meglio mettere la gente in imbarazzo che
sentirsi imbarazzati. Me l’ha insegnato Caroline. Andiamo a scandalizzare le
menti moraliste della città.”