Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: MartinaJBieber    02/09/2015    1 recensioni
Una ragazza.
Un cantante.
Un omicidio?
La sfortuna si sta trasformando in fortuna?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Justin Bieber
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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THE DREAM

FIRST CHAPTER

 

Ero lì sconsolata, fuori dall'arena in cui il mio più grande sogno stava per esibirsi e io non potevo vederlo, per l'ennesima volta. Mi misi seduta per terra, nell'attesa di un miracolo. -Martina, alzati dai. Sarà per la prossima volta.- Disse in tutta calma la mia migliore amica, Deborah. Mi alzai, facendo scendere un'altra lacrima sulle mie guance rosse per colpa del freddo.

Una volta tornata a casa, corsi subito a rinchiudermi in camera dove in seguito mi buttai lunga sul letto per continuare a piangere. Dopo lunghe ore passate sveglia, finalmente il sonno si fece sentire e crollai nel cuscino tutto bagnato dall'amaro delle lacrime.

 

***

Era passato un mese da quello straziante giorno ed ormai era arrivato il mio diciottesimo compleanno, che ovviamente decisi di non festeggiare. Sono ormai sette lunghi anni che non festeggio il mio compleanno, perché esattamente il dodici febbraio di sette anni fa, il giorno del mio undicesimo compleanno, i miei due genitori furono coinvolti in un incidente mortale, dove persero la vita entrambi. Ora vivo con mia zia, mio fratello e le mie due cugine, entrambe ventiduenni.

Erano le sei di mattina ed ero uscita per fare una passeggiata nei vicoli della piccola cittadina in cui vivo. Ormai avevo camminato abbastanza, ma non volevo tornare in casa. Odiavo stare chiusa dentro la mia camera, anche se era l'unica attività che svolgevo durante il giorno. Poi, camminando incontrai Beth, un'amica d'infanzia di mia madre. Mi misi seduta nella panchina, accanto a Beth. Per qualche secondo sentimmo delle urla, uno sparo, poi silenzio. Dov'ero capitata? Ero in un film dell'orrore? Mi alzai vedendo un signore, vestito di nero correre via. Era stato lui a sparare? Perchè l'aveva fatto? Mi alzai di scatto, dopo che la signora se ne era andata e cominciai ad inseguire quell'uomo. In quel momento mi sembravo un po' il detective Conan. Non avevo più fiato, avevo corso almeno più di un chilometro, quando sentii un rumore dietro di me. Mi girai di scatto e mi trovai davanti l'uomo in nero, con un coltello in mano, puntato verso il mio viso. Ero terrorizzata. Era giunta la mia fine? Il giorno del mio compleanno? Cominciai a tremare dal terrore, quando un ragazzo con una felpa grigia ed un cappellino dei “Mets” si scaraventò contro l'uomo per salvarmi, credo.

Starete dicendo, “È la classica storia inventata, in cui lui la salva e vissero tutti felici e contenti.” No, cari miei. Questa storia è vera.

Mi alzai e presi il telefono mentre quel ragazzo stava tenendo fermo il bandito in nero. Chiamai la polizia che arrivò in un batter d'occhio, presero il bandito, lo ammanettarono e infine chiamarono mia zia. Chi era quel ragazzo? Come faceva ad essere lì in quel momento?

-Ehi, stai bene?- Mi girai di scatto e finalmente vidi il viso del ragazzo. Era lui. Era Justin, il ragazzo che mi aveva salvato la vita era il mio idolo. -Tu.. Tu sei Justin!- Urlai mentre le lacrime cominciarono a rigarmi il volto. -Piacere,- Disse sorridendo imbarazzato -Ti prego, non piangere. Vieni qui, abbracciami- Sprofondai nelle sue braccia. Quell'abbraccio, aveva colmato il vuoto che avevano lasciato i miei genitori sette anni fa. -Ti rifaccio la domanda, stai bene? Ti prego, rispondimi di si, sennò mi sento male.- Risi, e sorrisi contro il suo petto. Mi allontanai di pochi centimetri da lui per rispondere alla domanda che mi aveva posto per due volte di fila. -Sto bene, ma sinceramente ora come ora ho paura.- Sorrisi di nuovo, per farlo rallegrare. -Amore di zia! Martina!- Mi girai e trovai mia zia in lacrime. -Come stai? Cosa è successo di preciso? Ti ha toccato?- Non risposi, ma per la prima volta, ricambia un suo abbraccio. Non avevo mai abbracciato nessuno oltre a mio fratello dopo la scomparsa dei miei genitori.

***

Eravamo alla stazione della polizia, dove avevano appena messo in gattabuia il signore che aveva cercato ci aggredirmi. “Ma lo sparo, aveva usato una pistola contro qualcuno?” disse la vocina che avevo in mente. Un poliziotto mi fece alcuno domande per capire cosa fosse successo quella mattina. Dissi tutto quello che sapevo e che avevo visto, quasi. Non dissi dello sparo, volevo scoprirlo da sola. Era un mio compito.

  
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