Premessa dell’autrice.
Ieri (03-09-15) avevo postato
questa storia, ma rileggendola e con la spinta della recensione di una
lettrice
(L_Red) ho deciso di
revisionare e
modificare il testo.
Quindi se
dovesse esserci qualche lettore/lettrice di ieri, spero che questa
modifica sia di vostro gradimento.
Detto
ciò, buona lettura!
IL
RAGAZZO DELL’AUTOBUS.
SINGOLO
ATTO.
Guardandoti
negli occhi ricordo soltanto
di aver visto il tuo volto in sogno.
Rabindranath
Tagore.
«Mmh…»,
si
ritrovò a mugugnare infastidita dalla musichetta elettronica
che proveniva dal
cellulare; svogliatamente si sollevò quel che bastava per
metter fine alla
sveglia, per poi alzarsi definitivamente e dirigersi verso il bagno.
Stava sciacquando i capelli quando le venne in mente il sogno che aveva
fatto
quella stessa notte.
Un volto. Un volto che le dava il tormento da quasi
una settimana.
Esattamente cinque giorni prima aveva cominciato a fare dei sogni, tra
loro
ricorrenti.
Il sogno cominciava con lei, che come da abitudine, prendeva
l’autobus per
spostarsi, e quando arrivata alla fermata doveva scendere si ritrovava
sempre
accanto la figura di un ragazzo - che aveva sempre lo stesso volto - e
che
insieme a lei pigiava il pulsante per far aprire le porte del mezzo.
Quando la
mattina dopo si alzava cercava di ricordare il volto ma niente, non
riusciva a
capire chi fosse, o cosa tutto ciò significasse.
Uscì dalla doccia, e asciugò i suoi capelli scuri
aventi delle ciocche tinte di
rosso, fermandoli poi con una molletta; vedendo l’orario si
apprestò a vestirsi
e truccarsi in maniera leggera con una matita celeste e un
po’ di mascara.
Scese al piano di sotto per andare in cucina a prendere una brioche al
volo,
«Ci vediamo più tardi.», disse ai suoi
genitori per poi dargli un bacio e
uscire di casa.
Una volta arrivata alla fermata, per ingannare il tempo, si mise le
auricolari
alle orecchie, mandò un messaggio alla sua amica
più stretta dicendole
dell’ennesimo sogno. La mente contorta della sua amica aveva
elaborato, questi,
come una sorta di visione del futuro, ma lei non ci credeva
completamente,
erano solamente dei sogni.
Non si accorse della vibrazione del suo cellulare poiché
arrivò l’autobus, vi
salì cercando con gli occhi un posto libero, che con la sua
solita fortuna
non trovò, così con la mano destra si
appoggiò agli appositi sostegni per
evitare di cadere.
●●●
Delle urla
soffocate lo svegliarono.
Grugnendo infastidito, si rotolò sul fianco, seppellendo il
volto sotto il
cuscino.
Il rumore si attutì leggermente, sapendo di non riuscire
più a prendere sonno
scalciò via le coperte.
Una volta in piedi esaminò la stanza: dei vesti ed il
cartone della pizza, che
era stata la sua cena la sera prima, giacevano a terra.
Poi guardò il letto sfatto, con poca voglia tirò
su il lenzuolo sul materasso,
dicendosi mentalmente che l’avrebbe fatto una volta tornato a
casa.
Raccolse il cartone, lasciando i vesti sparsi sulla moquette. Prese
degli
indumenti puliti, l'indossò ed uscì dalla stanza.
Altre urla riempirono il corridoio, sbuffando, prese con stizza le
chiavi di
casa e senza farsi sentire si lasciò dietro le urla e la
porta di casa.
«Casa… Ma per
favore.», si ritrovò a sussurrare tra i denti a
bassa
voce, mentre si incamminava alla fermata dell’autobus.
Ogni giorno era la stessa storia: si svegliava e l’unico suo
pensiero era
quello di uscire da quelle quattro mura.
Da quando i suoi genitori si erano traditi avvicenda in quella casa non
c’era
più pace.
Le urla erano diventate un’abitudine, tanto che i vicini
neanche ci facevano
più caso. Così come i suoi genitori non facevano
più caso a quando e in che
stato lui rientrasse o uscisse da casa.
L’unico motivo per il quale non era andato a vivere da solo,
lasciando che quei
due si urlassero addosso era la sua piccola sorellina, davanti la quale
i
genitori si comportavano come niente fosse.
Ed era per lei che non si era discusso di nessun divorzio.
Calciando un sassolino, abbandonò i pensieri che gli
passavano per la testa.
Comminò per qualche altro metro e si appoggiò ad
un palo aspettando che il
mezzo arrivasse.
Quando vide l’autobus in lontananza si scostò dal
palo. Ed una volta arrivato
davanti a sé salì, con una piccola speranza nel
cuore.
La speranza di vederla.
●●
Due fermate
dopo sentì il suo cuore perdere un battito, e non per via
della brusca fermata
ma per la persona che era appena salita e che si era avvicinata a lei
per poter
timbrare il biglietto.
L’aveva guardato per un breve attimo ma guardandolo
negli occhi ricordò
soltanto di aver visto il suo volto in sogno.
Quel ragazzo era lo stesso che vedeva apparire nei suoi sogni, ed ora
era
davanti a lei posizionato a qualche passo di distanza.
Non un sogno. Ma la realtà. Era la
realtà quella, non un sogno.
Si ricordò del messaggio che aveva inviato, ma del quale non
aveva letto la
risposta, così prese il cellulare dalla tasca posteriore dei
suoi jeans.
“Ah!
Te lo ripeto: per me è un sogno premonitore. Sai spero tanto
che lo
incontrerai veramente a questo ragazzo dell’autobus; almeno
mi tolgo lo sfizio
di dirti: “Te l’avevo detto!”, visto che
non mi stai mai a sentire.”,
così recitava il messaggio, e si
ritrovò a sorridere davanti alla schermo del cellulare, per
poi digitare
velocemente la risposta.
“Beh…Mi
sa che te lo puoi levare ‘sto sfizio.”, invia a
+39******5, invio in corso, invio
riuscito.
“Che
significa…? Ma perché giusto oggi non
l’ho preso con te l’autobus?!”, lesse mentalmente, in
risposta le
inviò una risatina e un “Eh, sai
com’è… Il destino ha voluto
così!”, la
prese in giro sapendo quanto lei credesse nel fato.
Ripose il cellulare in tasca e si voltò cercando di evitare
di guardarlo.
●●●
Non appena
fu sul mezzo un sorrisetto ben celato gli spuntò in viso.
Lei era lì.
Le si avvicinò per timbrare il biglietto, per poi restare a
qualche passo di
distanza da lei.
Non capiva perché quella ragazza dai lineamenti delicati e
di cui non sapeva il
nome, non appena l’aveva visto aveva strabuzzato lievemente
gli occhi, per poi
arrossire leggermente.
Ad un certo punto la vide portare la mano nella tasca posteriore dei
suoi
jeans, dal quale estrasse un cellulare.
La osservò sorridere allo schermo. Molte volte
l’aveva vista sorridere mentre,
supponeva, leggesse qualche sms, e si chiedeva ogni volta con chi
parlasse e
cosa la facesse sorridere in quel modo così dolce e
accattivante allo stesso
tempo.
Riscossosi dai suoi pensieri la vide digitare una qualche risposta.
Messaggiò per un altro po’, poi con un sorriso
divertito riposò il telefono
nella tasca dei jeans che indossava.
Una volta riposto il cellulare si voltò, dandogli le spalle.
Ebbe la strana sensazione che volesse evitare anche solo di guardalo
per
sbaglio.
Scuotendo la testa e insultandosi mentalmente per la stupidaggine che
ebbe
pensato si sistemò meglio sulla parete su cui si era
poggiato, vista l’assenza
di posti, e chiuse gli occhi, non prima di averla osservata un altro
po’.
●●
Era quasi
estate e su quel mezzo c’era dell’aria viziata, e
si moriva dal caldo. Si mosse
per prendere la bottiglietta che aveva dentro la tracolla, ma un rumore
stridulo e la fermata brusca del bus le fece quasi perdere
l’equilibrio.
«Ma che…?», si ritrovò a
sussurrare voltandosi verso il conducente per capire
cosa fosse successo.
Bene, solo questo ci mancava!, si ritrovò
a pensare, quando l’autista li
pregò di scendere dal mezzo.
«Oh, scusa.», le disse proprio lui,
dopo averla accidentalmente colpita
al braccio, una volta sceso.
«Nulla.», rispose con un’alzata di spalle.
«Mi dispiace dirvi che c’è un piccolo
guasto al motore, quindi ci vorrà
un’oretta o più prima di poter
ripartire.», annunciò sempre l’autista,
scusandosi per l’imprevisto, e aggiungendo che
momentaneamente avrebbero potuto
fermarsi all’Autogrill vicino. Con un sospiro si
incamminò, come tutti gli
altri, verso quest’ultimo; avrebbe preso una bibita per
dissetarsi.
Magra consolazione., si disse.
Inconsciamente si ritrovò a cercare tra le persone quel
ragazzo, ma non lo
trovò, scosse la testa entrando in Autogrill, prese una
lattina d tè freddo e
andò a pagarla.
●●●
Una brusca
frenata gli fece aprire gli occhi di scatto.
Vide la confusione anche sul volto del resto degli altri passeggieri, e
si
chiese cosa fosse successo.
Un mormorio delle persone che lo circondava si fece più
concitato quando il
conducente chiese gentilmente di scendere.
Una coppia di ragazzini lo spinse ed accidentalmente colpì
la ragazza che
cominciava ad essere per lui un pensiero fisso.
«Oh, scusa.», le disse per scusarsi di averla
colpita al braccio, una volta
sceso.
«Nulla.», fu la sua riposta con un’alzata
di spalle.
Una volta scesi tutti il conducente spiegò che vi era stato
un piccolo guasto
al motore e che quindi ci sarebbe voluto del tempo per poter ripartire,
cercò
di scusarsi aggiungendo che se avessero voluto sarebbero potuti andare
all’Autogrill lì vicino.
Imprecando mentalmente si allontanò da quella massa di gente.
D’altronde ci sarebbe voluto un bel po’ prima di
poter risalire sul bus.
●●
Quando uscì
si sedette su una panchina -non molto distante dagli altri passeggeri-,
e venne
subito affiancata da una donna anziana che cominciò a
blaterare facendole
venire un mal di testa insopportabile. Cercò di finire
quella sorta di
conversazione in più modi, ma ogni volta quella signora
riusciva a trovare un
nuovo argomento di discussione di cui parlare, e non sapendo
più come fare si
limitò ad annuire a tutto ciò che diceva senza
realmente ascoltarla.
Le era capito più volte di alzare lo sguardo ed incontrare
quello del ragazzo,
che era magicamente riapparso; era bello, e non era la sola a pensarlo
visto
che due ragazzine vicino a lui ridacchiavano e lo stavano letteralmente
mangiando con gli occhi.
«Mi scusi signora, mi sento poco ben.», la donna
seduta vicino a lei non le
fece neanche completare la frase che subito cominciò a
tartassarla di domande:
«Oh cara! Che hai? Vuoi che ti prenda qualcosa?».
«No, no. Non si preoccupi, vado al bagno a rinfrescarmi un
po’.», le disse
alzandosi e camminando a passo svelto verso il bagno della stazione di
servizio.
●●●
Dopo essersi
allontanato si era andato a stendere sotto un albero lontano qualche
metro da
dove si trovava il mezzo. Senza accorgersene si era addormentato.
E quando si svegliò imprecò contro se stesso.
Una volta aperti gli occhi si era ritrovato sudato, e con un
alzabandiera
totalmente inadeguata.
La causa? Lei, il suo “Nulla.”
e la sua voce dannatamente
sensuale.
Dopo essersi ripreso, seccatosi dai suoi pensieri che avevano preso una
brutta
piega, ritornò al bus.
Accanto a lui vi si erano fermate due ragazze, carine a detta sua, ma
il loro
modo di ridacchiare e il loro sguardo insistente lo stava infastidendo.
Cercò con lo sguardo la ragazza di cui non sapeva il nome, e
la vide seduta su
una panca vicino ad un’anziana signora.
Aveva la netta sensazione che la signora non le avesse dato un attimo
di tregua
visto il viso teso della giovane.
Un sorriso divertito gli spuntò sulle labbra, ma quando vide
il capo della
ragazza sollevarsi verso la sua direzione lo nascose. Sostenendo il suo
sguardo.
Dopo diversi sguardi, lei, non osò più guardarlo.
La vide farsi aria con la mano, per poi passarsela sul petto e scendere
lentamente in mezzo al seno e posarsi sull’addome.
Quel gesto così privo di malizia, gli fece mancare
l’aria.
E si maledì. Non poteva per un gesto così,
così stupido perdere la testa.
Preso dalle sue fantasticherie non la vide alzarsi e allontanarsi dalla
panchina.
Fece girovagare lo sguardo, finché non la vide entrare nel
bagno
dell’Autogrill.
Un’idea malsana lo colpì con un fulmine in ciel
sereno. E fregandosene del buon
senso la seguì.
●●
Si ritrovò
davanti ad una porta dove vi era appeso un cartellino con su scritto
che il
bagno era unico, quindi sia per gli uomini che per le donne, vi
entrò sperando
che fosse pulito.
Si bagnò i polsi con l’acqua fresca, si
umettò le guance, poi alzò il capo con
l’intento di sistemarmi alla bell’e meglio i
capelli, però il riflesso che si
ritrovò nello specchio non glielo permise.
Lui era lì.
Appoggiato al muro che la guardava, ma non disse nulla.
Si abbassò a prendere la tracolla che aveva poggiato a
terra, ma quando si
rialzò la sua figura allo specchio era ancora più
vicina, si voltò distinto
trovandoselo vicino.
Aveva gli occhi più profondi che avesse mai visto.
Guardandolo ancora non si spiegava il motivo per il quale lo avesse
sognato
così tante volte.
Il silenzio aleggiava su di loro.
«Ciao.», le sussurrò.
«Ehm…Ciao?», ricambiò
incerta, schiarendosi la voce.
«Hai bisogno di qualcosa?», gli chiese non capendo
cosa volesse da lei.
«Solo di provare una cosa.», le rispose sintetico
fissandola, «Non urlare, non
voglio farti del male.», aggiunse.
«Cosa?», chiese ingenuamente, confusa e leggermente
spaventata.
Ma la sua domanda non ebbe risposta perché le sue labbra
furono sulle sue,
dando vita ad un casto bacio.
La cosa che più la sorprese è che si
ritrovò a desiderare quel bacio,
ricambiandolo.
Oddio!, pensò, Sono in un
bagno, di un Autogrill, a baciare un totale
sconosciuto.
Ma i suoi pensieri coerenti vennero troncati dalle sensazione che ebbe
non
appena la lingua del ragazzo le sfiora le labbra. Chiedendole il
permesso.
Con un verso, che esprimeva la sua confusione ma al tempo stesso la sua
voglia,
glielo concesse.
Era un gioco di lingue, nessuno dei due era propenso a smettere, tanto
che
dovettero separarsi per mancanza d’aria.
Fu un secondo, si riguardarono negli occhi e le loro bocche si
ritrovarono. Il
bacio si fece sempre più spinto, finché lui non
arpionò le sue mani sui suoi
fianchi, sollevandola e appoggiandola sul marmo del lavandino
riprendendo il
bacio da dove si era interrotto.
Scese a baciarle il collo lentamente, mentre con una mano le tolse la
molletta
che teneva in alto i suoi capelli, «Come ti
chiami?», le domandò tra un bacio e
l’altro.
«Camilla.», rispose ansimando,
per poi prendere l’iniziativa e
ricambiare i suoi baci umidi.
«Mmh…Non mi hai detto il tuo nome.», gli
disse a due millimetri dalla pelle del
suo collo.
«Non me l’hai chiesto.», disse lui
roco,« Pensavo fosse scontato.»,
controbatté, mordendolo dove prima l’avevo baciato.
«Mattia.», gemette.
Quando, però, le posò la mano sul bordo della sua
maglietta con l’intento di
levargliela, lo fermò.
«Io... Non sono una…», gli disse,
cercando di fargli capire di non essere una
poco di buono.
Anche se la voglia di averlo era straziante.
●●●
A quelle
parole arrestò i suoi movimenti.
Era chiaro che stava cercando di fargli capire che non fosse una
puttana.
Ma che cazzo mi è passato per la testa?!,
fu il suo primo pensiero.
Cazzo, e se è vergine?!, fu il secondo.
Ma che cazzo mi è passato per la testa?!,
pensò nuovamente dandosi del
coglione.
«Scusa. Non penso che tu lo sia…», disse
creando della distanza tra i loro
corpi.
Stava per aggiungere dell’altro quando abbassò lo
sguardo sul petto di lei,
trovando la maglietta slabbrata e il solco invitante dei suoi seni.
«Io...», sospirò, «Oh Dio. Non
puoi capire quanto ti desidero.», continuò dopo
un attimo.
●●
Quella
semplice frase l’aveva fatta fremere.
Si sentiva scossa da brividi lungo tutto il corpo.
Mi desidera? Come, perché?,
cominciò a pensare tra sé e sé.
«Cos…Che significa?», gli
domandò.
«Senti, lo so, noi due non ci conosciamo, so da cinque minuti
il tuo nome, non
so quanti anni hai, non so nulla di te.», cominciò
lui, come un fiume in piena.
«E non so nemmeno per quale assurdo motivo sogno di farti mia
dalla prima volta
che ti ho vista sull’autobus ed abbiamo premuto assieme quel
maledetto
bottoncino, okay?!», finì con lo stesso tono.
E fu allora che si ricordò doveva l’aveva visto la
prima volta.
Si, ricordò che era talmente in ritardo ed irritata che
aveva in mente solo di
chiamare la fermata, e non aveva fatto caso a chi avesse chiesto scusa
per aver
in pratica schiacciato il dito di un altro passeggero, guardandolo di
sfuggita.
Era successo esattamente cinque giorni fa.
Ed anche lei aveva cominciato, da allora, a fare dei sogni su di lui.
Era così chiaro il sogno.
Si ritrovò con la bocca schiusa a guardarlo.
«Oh, al diavolo l’essere una poco di
buono!», esclamò accorciando la distanza
che si era venuta a creare, e baciandolo.
●●●
Non ebbi il
tempo di registrare la sua esclamazione che mi ritrovai la sua dolce
bocca
sulla mia.
Riprendemmo a baciarci ed accarezzarci da sopra i vestiti.
Aveva un tocco talmente delicato, che aveva paura che quello fosse
l’ennesimo
sogno su di lei.
Ma quando gli accostò le labbra all’orecchio, e
gli sussurrò di spogliarla,
capì che no, non era un sogno.
La sua voce era troppo vivida per esserlo.
Lentamente come a chiederle nuovamente il permesso le poggiò
la mano sul bordo
della maglietta, in risposta gli poggiò una mano sulla sua e
insieme la
sfilarono.
Tolto il primo indumento, si spogliarono avvicenda, dedicando baci ad
ogni
parte del corpo dell’altro che prima era nascosto dai
vestiti, i quali
giacevano sul pavimento lurido.
La sua pelle era liscia e calda. Ed incendiava la mia.
●●
La loro
pelle era bollente, non avrebbe saputo dire chi lo fosse di
più dei due.
I gemiti e i sospiri divennero sempre di più quando la
privò del reggiseno,
prese a baciarle il petto con foga, facendole inturgidire i capezzoli
poi parve
riprendersi e fermarsi, «Sarà meglio che andiamo
in bagno, in caso entrasse
qualcuno.», le disse e lei annuì frastornata.
Si infilarono dentro nel primo bagno, e ripresero ad esplorare
reciprocamente
le loro bocche.
C’erano solo due strati che separavano i loro corpi: il loro
intimo, e in men
che non si dica si privarono anche di quello.
Già da prima sentiva la sua erezione pulsare sulla sua
coscia, ma adesso il
contatto era più intimo tanto da scatenarle dei brividi
lungo tutto il corpo,
facendola anche gemere.
Sentì la sua eccitazione crescere mentre i loro corpi si
univano. Si sentiva
piena, completa.
●●●
Stava
impazzendo. Voleva farla sua.
Ma il minimo di contegno e razionalità che ancora risiedeva
in lui, lo fece
riprendere, e fermandosi il tempo che bastava le sussurrò di
spostarsi in un
cubicolo.
Una volta dentro ripresero ad esplorarsi con bocca e mani.
Aveva fantasticato sul suo corpo, ma le sue fantasie non le rendevano
giustizia.
L’intimo che entrambi indossavano era diventato di troppo, ed
inutile. Così in
men che non si dica se ne privarono.
E l’attimo dopo la sentì gemere per via della sua
eccitazione a contato con la
sua pelle.
La baciò delicatamente il collo e poi, le fu dentro.
●●
I loro corpi fusi, ricoperti da una patina di sudore, si muovevano con
costanza, addossati alla parete, fin quando l’orgasmo non li
raggiunse.
Ansimarono stanchi ancora uniti per poi scambiarsi un altro bacio.
Quando fu uscito da dentro di lei, uscì dal bagno per
raccattare velocemente i
loro indumenti, così si rivestirono con calma scambiandosi
sguardi complici,
uscendo poi dal bagno come se non fosse successo nulla.
Appena arrivarono alla panchina, dove prima era seduta, notarono che
l’autobus
era funzionante e si affrettarono per salirvi.
Ma prima che potesse anche solo fare un passo per il mezzo, la mano di
Mattia
le strinse la sua.
Si voltò verso di lui, guardandolo interrogativa. Non si
aspettava un simile
gesto.
«Non penserai che adesso io ti lasci andare, così,
vero?», chiese retorico
guardandola negli occhi.
Ricambiò lo sguardo non sapendo come reagire.
Vedendo che non rispondeva, le baciò lievemente la guancia
per poi sussurrarle:
«Permettimi di conoscerti veramente.».
Senza aspettare una sua risposta, come a darle tempo per pensarci,
salirono sul
bus.
Una volta partito, Camilla prese il cellulare, sotto lo sguardo curioso
del
ragazzo.
“Sai?
Sento che da questa notte in poi i sogni con Il ragazzo
dell’autobus
avranno un finale un po’ diverso dal solito.”. Invia.
Note
d’autrice.
Salve!
Come mia abitudine, ci tengo a scrivere che spero che chiunque sia
arrivato a
leggere fin qui sia rimasto soddisfatto e non pensi di aver perso tempo.
Scrissi questa storia due anni fa, e non so perché non la
pubblicai.
Nel settore delle “Originali-Romantico”,
è la seconda volta che pubblico una
mia creazione.
La prima che pubblicai fu una storia a rating rosso, quindi anche se ho
già
pubblicato qualcosa in questo settore, è pur sempre una
prima volta per me.
Spero che possiate apprezzarla.
Ed anche se non è una vera e propria storia romantica spero
di essere riuscita
a trasmettere tramite ciò che ho scritto qualche emozione.
Sarei davvero lieta di leggere qualche vostro commento, per sapere cosa
ne
pensate di questa storia e ovviamente del mio modo di scrivere;
critiche e/o
consigli sono ben accetti!
Grazie, e a presto!
Adriana.