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Autore: _Gia    04/09/2015    1 recensioni
“Come dimostrazione di ciò che succede a chi non si attiene alle regole.”
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Effie Trinket
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nel momento in cui le trombe suonarono a festa, nel momento in cui esse decretarono la fine dei Giochi della Fame di quell’anno, il cuore di tutti gli abitanti del Distretto 12 si riempì di gioia per la tanto attesa vittoria di uno dei ragazzi provenienti dal loro Distretto.
Dopo tanti anni di sconfitte ed umiliazioni, il 12 aveva finalmente un Vincitore di cui vantarsi.
E chi lo avrebbe mai detto che il Vincitore in questione sarebbe stato proprio lui, l’appena sedicenne HaymitchAbernathy? Lei, poco più che bambina di quindici anni, con i capelli color del grano raccolti in una coda scomposta che le arrivava alle spalle, sicuramente sì. Quell’anno, per lei, era stata la quarta Mietitura e, in qualche modo, l’appariscente Accompagnatrice Capitolina aveva spedito nell’Arena una parte di lei anche non avendo pescato il suo nome. Haymitch era stato, da sempre, il suo compagno di giochi, di ‘’avventure’’ e di risate, finendo per diventare il suo primo amore solo qualche mese prima. Le cose sembravano andare bene, tra loro non c’era mai stato un minimo cenno di crollo, si davano forza a vicenda nelle dure situazioni a cui la disastrata vita nel Distretto 12 conduceva, fino a quella nomina a Tributo dei cinquantesimi Hunger Games.
Non una lacrima, però, aveva solcato le pallide guance della ragazza.
Lei sapeva che sarebbe tornato. Probabilmente era stata semplicemente una stupida illusione da bambina innamorata, una vana speranza che però si era rivelata concreta con il suono di quelle trombe e l’immagine di un Haymitch vincitore quasi indenne da tutto quello, se non per qualche graffio o osso rotto.
Fu una gioia per tutti.
Gioia che però andò a sfumarsi quando, dopo appena un paio di minuti, un urlo di terrore fin troppo familiare squarciò quell’aria festosa che era venuta a crearsi in Piazza.
Un ulteriore urlo, di un bambino, poi due spari di pistole.
E la ragazzi riuscì appena a scorgere i corpi esanimi della madre e del fratellino di Haymitch, prima di percepire quattro braccia afferrarle le proprie e un forte dolore alla testa.
Poi il buio.

Quando la giovane iniziò a riprendere coscienza le ci vollero appena un paio di secondi per avvertire due voci estranee parlottare tra loro. E, nel tentativo di carpire dalla loro conversazione qualcosa di importante riguardo tutta quella situazione, decise di tenersi ben lungi dall'aprire gli occhi e lasciandoli così chiacchierare indisturbatamente tra loro, fin quando non si fecero scappare dalle labbra un qualcosa che la fece rabbrividire.
C’era già una famiglia pronta a fare di lei una perfetta Capitolina.
Furono poche ma chiare parole, che bastarono a farle percorrere la schiena da un brivido di terrore che, inevitabilmente, la tradì.
Perché privarla della propria vera famiglia? Era sempre stata una ragazzina attenta alle regole, con l’abitudine di carpire anche dalla situazione più tragica una valida ragione per continuare a sorridere, e che non avrebbe mai potuto creare problemi a nessuno. Perché mai avrebbero dovuto farle una cosa simile?
Immediatamente, sentì i due uomini avvicinarsi alla superficie su cui era stesa e ridacchiare tra loro, ironizzando sul fatto che tra qualche ora non si sarebbe ricordata più neanche di quello.
Neanche il tempo di dare un senso a quelle parole che l’anestesia iniettatale fece effetto, e nella mente della ragazza tornò ad esserci il buio.

Quando iniziò a riprendere il controllo di se, la prima cosa che percepì fu un assordante ronzio, come se uno sciame di insetti le stesse ronzando nella mente. Aprì gli occhi, capendo subito di essere ancora nella stessa stanza in cui si era precedentemente svegliata e che, ovviamente, non faceva parte del suo Distretto.
I muri erano perfettamente verniciati, nell'aria c’era odore di pulizia, il lettino su cui era poggiata era troppo morbido e la parete che aveva di fronte in realtà non era che una specie di televisione.
No, non poteva trovarsi al Dodici.
Solo quando riuscì a prendere maggior padronanza di se' e della sua mente si rese conto di non trovarsi più stesa, bensì seduta. Lo schienale del lettino era stato alzato appositamente, per consentirle una perfetta visuale dello schermo a parete che le stava di fronte. Poi, improvvisamente, la televisione mostrò un’immagine che rappresentava chiaramente una zona del proprio Distretto. Nello stesso attimo in cui ciò accadde, il ronzio si amplificò notevolmente e un forte dolore alla gamba sopraggiunse. Poi un altro, sul braccio. E un altro ancora, sulla guancia. Avrebbe voluto dimenarsi, tentare di fuggire via, ma solo quando ne sentì il bisogno si accorse che il suo corpo era totalmente paralizzato. Così, l’unica cosa che poteva fare era sottostare alle punture, punture di tre insetti non ben identificati che volavano liberi per quella stanza sigillata. Le parti colpite, dopo non molto, iniziarono a dolere e lei non ebbe neanche il bisogno di abbassare gli occhi per capire che le sue gambe stavano già iniziando a gonfiarsi. La stanza sembrò iniziare a girare in tondo, come in un vortice, ma l’immagine del suo Distretto era sempre lì, di fronte a lei, ed iniziava a mutare ogni minuto che passava. Le misere e semplici casette malandate, si trasformavano a poco a poco in sfarzosi palazzoni a più piani. Il terriccio, le erbacce, gli spogli alberi che circondavano quelle case, tra cui anche la sua, divenivano elaboratissimi cortili, con erba di un verde acceso e alberi tutti fioriti e rigogliosi. Intanto il dolore provocatole dalle punture aumentava sempre più, anche se ormai il ronzio era praticamente inesistente. Al loro posto però, un acre odore invase la stanza. Forse era stato quello ad uccidere gli insetti. O forse era semplicemente lei che iniziava a non distinguere più ciò che fosse reale o meno. Il suo corpo, sempre paralizzato in quella posizione, la costringeva a tenere gli occhi fissi su quello schermo fin troppo grande, che ora proiettava un’immagine di lei, prima con gli abiti stracciati e sporchi del Distretto, al quale era sempre stata abituata, poi con gli appariscenti e luccicanti vestiti di Capitol City, con il quale lei non aveva mai avuto niente a che fare. Successivamente fu il turno della sua famiglia, che lasciò il posto a due uomini distinti e che lei non aveva mai visto prima d’ora. E lei era raffigurata con loro, in una perfetta ed amorevole rappresentazione di quadretto familiare Capitolino. Fu in quell'istante, alla vista di quelle immagini, che la confusione totale le attanagliò la mente, facendole dubitare di ogni cosa che prima d’allora, nella sua vita, era sempre stata una certezza. Fu come se quelle punture d’insetto, insieme alle immagini proiettate sullo schermo che le stava di fronte, le stessero letteralmente penetrando e modificando il conscio, fino a farle dubitare perfino di se, del suo nome, della sua provenienza, di tutta la sua vita passata. Una morsa al cuore la attanagliò, aggiungendosi alle punture che continuavano a dolerle, quando l’immagine di lei ed Haymitch comparì sullo schermo. Era una semplice immagine di loro due, bambini, intenti a giocare in Piazza. Solo che, successivamente, lui iniziò a scomparire, attimo dopo attimo, fino a lasciarla sola in quella Piazza troppo grande per un’unica bambina così piccola. Le immagini di lui nell'Arena si sovrapposero alla sua, fino diventare predominante sullo schermo, fino a farle chiedere se davvero conoscesse Haymitch, se la loro amicizia non fosse stata solo un sogno di una ragazzina che si era presa una cotta per uno dei Tributi di quell'anno. I minuti passavano e, senza che lei se ne accorgesse, con loro ella veniva privata dei suoi ricordi, della sua identità. Il dolore delle punture invece che diminuire aumentava e continuava a perdere sempre di più il contatto con la realtà. Chiuse gli occhi, in un vano tentativo di fermare quelle allucinazioni che le stavano distruggendo la memoria, ma non ci riuscì. Il buio provocatole dalle palpebre abbassate venne invece rimpiazzato dalle immagini di lei, vestita di tutto punto, in una scuola pulita, colorata e all’avanguardia, circondata da ragazzine che, come lei, erano perfettamente vestite ed ordinate.
Immaginò strade, con alberi ed edifici come quelli visti in precedenza, continuando così fin quando non si rivide su un divano, intenta ad assistere ad una Mietitura dei Giochi, come sempre solo che da casa, come se non fosse nulla che la riguardasse direttamente, vicino a quella donna che era stata precedentemente raffigurata insieme a lei nel quadretto familiare, che le parlava con uno strano accento e che, più volte, richiamava a se la sua attenzione chiamandola con un nome che non le era mai appartenuto. Almeno fino a quel momento, fino a che non si convinse che quello era da sempre stato il suo vero nome, fino a che anche l’ultima briciola di memoria non le fu strappata via, per poi essere rimpiazzata dalle informazioni che qualcun altro aveva voluto che assimilasse, fino a che non perse nuovamente conoscenza.

Quando la ragazza si svegliò nuovamente un forte mal di testa sembrò volerle far scoppiare la testa come un palloncino, e ci impiegò qualche istante prima di decidere se aprire subito gli occhi o concedersi qualche altra ora di riposo. Li aprì. Un raggio di sole fin troppo forte che filtrava dalla finestra proprio li vicino e le arrivava praticamente in faccia le disturbò la visuale, costringendola ad attendere qualche secondo in modo che la vista si abituasse a tutta quella luce. Quando questo accadde si alzò piano con la schiena, guardandosi intorno.
Immediatamente, un forte odore di pulizia le invase le narici. La stanza, tutta di un bianco impeccabile, ospitava solamente il lettino su cui era stesa e, di fianco ad esso, uno sgabellino di legno sul quale era seduta una donna che non ricordava di aver mai visto prima ma che, in qualche modo, sapeva per certo fosse sua madre. Non ricordava assolutamente come fosse finita lì dentro. La donna però, appena si rese conto che la ragazza ebbe ripreso conoscenza, le gettò immediatamente le braccia al collo, in un abbraccio, facendola irrigidire. Solo in quel momento, in un angolo della camera, vide un uomo che identificò come il padre, che si avvicinò a sua volta e si sedette sul bordo del lettino, di fronte a lei. Senza neanche avere il tempo di chiedere nulla o di far presente ai nuovi genitori di non avere le forze sufficienti per seguire alcun ragionamento, si ritrovò ad ascoltarli in un discorso nel quale le spiegarono tutto ciò che avrebbe dovuto sapere. Lei, dal canto suo, non ricordava assolutamente niente, e il racconto dei due le chiarì ben poco. Se non che si chiamava EffieTrinket e che l’anno prossimo, da brava Capitolina qual’era, sarebbe diventata l’accompagnatrice del Distretto 12.

Intanto, su tutte le televisioni di Panem, il giovane giornalista Capitolino avvisava tutti che fossero tre i morti che si contavano al Dodici.
“Come dimostrazione di ciò che succede a chi non si attiene alle regole.”
Facendo passare in televisione, insieme a quella della madre e del fratellino di Haymitch, anche la sua.
   
 
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