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Autore: shane_lilith_riddle    05/09/2015    2 recensioni
Crow ha bramato, lottato, sperato, sofferto, gioito.. Tutto per amore.
Un amore che, letteralmente, è riuscito a condurlo in manicomio. Dentro le mura del St. Jimmy's Asylum, Crow non ricorda più nulla del suo passato, né dell'amore che lo ha condotto con tanta forza verso la follia, tutto è stato cancellato dai farmaci e dalle sedute di elettroshock.
Ma forse, qualcuno ha voluto fargli dimenticare tutto.
Qualcuno per cui, il misterioso passato di Crow, è una realtà fin troppo scomoda.
Ma il passato si rifiuta di stare a guardare, e quando una nuova paziente entrerà nell'istituto, tutti i misteri nascosti torneranno a galla, e come in una partita a scacchi, ogni mossa verrà ben calibrata fino a condurre all' inevitabile epilogo.
Basta solo seguire il coniglio bianco.
Genere: Dark, Erotico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Non-con | Contesto: Contesto generale/vago
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Benvenuti, viaggiatori. Chi ha già letto "Lasciami Entrare", saprà benissimo che le mie storie sono decisamente tormentate, ricche di personaggi che stanno ai margini e amano e odiano intensamente, dettagli piccoli che diventano importanti con l'avanzare dei capitoli e tantissime metafore.
Questa storia è stata ispirata principalmente dal film "Ragazze: interrotte", da "Sucker Punch" e anche da "Alice in Wonderland", il libro, che ci accompagnerà in questo nostro torbido ed oscuro percorso attraverso la tana del coniglio.
Vi lascio la colonna sonora di questo primo capitolo: https://www.youtube.com/watch?v=B8NMMXmqteI
Che dire, Buon Viaggio!



 
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FOLLOW THE WHITE RABBIT


 
 
 «Ma io non voglio andare fra i matti», osservò Alice.
«Be', non hai altra scelta», disse il Gatto «Qui siamo tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta.»
«Come lo sai che sono matta?» disse Alice.
«Per forza,» disse il Gatto: «altrimenti non saresti venuta qui.»


 
La sbobba informe e appiccicaticcia s’incrosta al piatto, si incolla al cucchiaio. Può sembrare vagamente composta da pasta e qualche verdura, ma ha l’aria di essere stata congelata e riscaldata talmente tante volte da renderla ormai insipida e ingeribile.
-Possibile che ci rifilino sempre la stessa schifezza?- si lamenta Rage, con espressione schifata.
-Questo posto è una merda, ormai sta cadendo a pezzi.- risponde qualcuno, e a giudicare dal tono mesto, Crow può scommettere che si tratti di Fury.
Dal canto suo, lo stomaco si contorce alla vista _seppur sfuocata_ del piatto, così gli esce naturale allontanarlo da sé, anche se i muscoli protestano, intorpiditi.
E comunque non riuscirebbe a toccare cibo, la lingua è ancora impastata, ruvida come cartavetra.
“Maledetti medicinali”.
Potrebbe quasi dire che quella roba a lungo tempo lo farà ammattire, se non fosse che a rigor di logica, per trovarsi in un posto come il St. Jimmy’s Asylum, pazzo lo devi essere per forza.
-Il nostro Crow, qui, è loquace come sempre, eh?- scherza Rage.
-Zitto, prima che ti faccia saltare tutti i denti.-  gli intima, la voce roca perché troppo poco usata, o meglio dire usata esclusivamente per urlare.
Già basta il brusio insopportabile degli altri pazienti in mensa a martellargli il cervello, senza che ci si metta anche Rage.
-Amico, tra i sedativi e le sedute di Elettroshock, il tuo umore sta decisamente precipitando.- Continua l’altro, imperterrito. Non riesce proprio a frenare la lingua.
-Prima eri molto più simpatico, lasciatelo dire, ma devi mangiare,  altrimenti rischi che..-
D’improvviso, Rage si ammutolisce.
E Crow potrebbe quasi gridare al miracolo, se non fosse che anche gli altri pazienti nella stanza sembrano zittirsi di colpo.
“Oh, cazzo.”
E difatti, quando alza lo sguardo, nota subito un infermiere corpulento e dall’aria minacciosa puntare dritto dritto verso di lui.
-Hey tu!!- lo apostrofa, subito.
-Sì?- Crow sorride, sprezzante.
-Ti conviene finire il tuo pasto, ragazzina, non ci tengo ad avere grane con te!-
“Ragazzina???”
-Oh-oh.- mormora Rage, allarmato.
-Oppure?-
-Oppure, ti distruggo, Principessa.- minaccia l’altro, sogghignando.
In quella, Crow si alza, puntando i suoi occhi di ghiaccio puro in quelli piccoli e sprezzanti dell’omone pelato e sudaticcio.
E con i tratti perfetti, i capelli corvini che scendono lisci fino agli zigomi, le labbra piene, invitanti, il corpo asciutto, androgino quasi, Crow può quasi sembrare un angelo.
È di una bellezza perfetta, disarmante.
Eppure, la sua bellezza esteriore stride con tutto il buio, la follia, la malvagità che si porta dentro.
Forse, semplicemente non può esistere una bellezza tanto bella, tanto pura, che non sia corrotta da qualche difetto, snaturata dalle imperfezioni. E lui ne è il chiaro esempio.
È marcio, irrecuperabile, sadico.
E quando l’uomo lo fissa a sua volta, il ghigno malefico che porta sul volto se ne va rapidamente, mentre quello di lui si allarga.
Sì, gli occhi di Crow sono due porte spalancate verso il nulla, la perdizione, la dissolutezza.
L’unica cosa che faccia trasparire quello che davvero si cela al suo interno.
 
Basta poco, davvero poco, per farlo scattare. Mentre l’uomo è ancora concentrato, lui con uno scatto rapido ha già afferrato il piatto, per spaccarglielo sulla faccia con una violenza sconcertante.
La minestra cola immediata, mischiandosi al sangue e ai cocci, ma Crow non si ferma.
È feroce, è sadico, è vuoto.
Un altro calcio, stavolta nella pancia, e uno ancora, finchè l’uomo non è in ginocchio.
E poi ancora, e ancora, e ancora.
Non ha nemmeno avuto il tempo di rendersi conto. È troppo lento.
Crow invece ragiona veloce, la testa schiarita dall’adrenalina, dall’euforia.
-Ci risiamo..- sente sussurrare a Rage.
Poi, i pazienti fino a quell’istante ammutoliti cominciano a impazzire.
C’è chi urla, chi si dimena, persino chi sviene. Gli infermieri ci mettono poco ad arrivare, a prenderlo alle spalle, a sparargli dritta nella nuca lo stantuffo di un’altra di quelle loro siringhe con tanto sonnifero da stordire anche un cavallo, mentre aiutano l’omone ad alzarsi.
-Che dici, sono abbastanza Principessa, adesso?- sibila Crow, dimenandosi, facendo scoppiare a ridere Rage, prima che tutto diventi nero.
 
 
 
 
 

Il primo colore che vede, è il bianco. Un bianco intenso, accecante, che avvolge ogni cosa, quasi in una nebbia nebulosa.. e maledettamente familiare.
 Poi, come sempre, arriva la voce. Un sussurro, a dire il vero.
 Sottile, lieve, impalpabile.
“Aspettami…”
Crow si guarda intorno, nella foschia luminosa. Ma non c’è nulla che riesca a vedere, oltre sé stesso. È come se la voce non provenisse da nulla, e fosse al contempo attorno a lui, ovunque.
“Aspettami..ASPETTAMI!”
-Che cosa dovrei aspettare?- Si chiede, come sempre.
Ed ecco che una manina, lieve, affusolata, candida, spunta sfuocata tra la bruma.
E per quanto si sforzi di afferrarla, Crow non riesce proprio a prenderla. La segue, a tentoni, nel chiarore latteo così disturbante.
“Asp- non andare via.. NON ANDARE”
-Non sto andando via!- Grida, confuso. Ma gli risponde solo il silenzio, un silenzio gelido, tombale.
Poi, di nuovo, la mano. A pochi centimetri dal suo volto, a palmo aperto. E Crow fa un passo indietro, istintivo, mentre il cuore balza in gola.
 –Ma che cazz..-
“Ricordati… DEVI RICORDARE!”
-MA COSA!!!- Grida, esasperato, cercando di prendere la mano, di attirarla a se, inseguendo la voce, correndo nella nebbia, per vedere il volto, il maledetto volto che non riesce mai a scoprire.
-CHE COSA VUOI DA ME?- esplode, –CHE CAZZO STAI DICENDO!-
“Ricordati CHI SEI!”
 
-Crow? Croow?- Una vocetta infantile, cantilenante, lo riporta alla realtà.
Una realtà dove non ha nessuna voglia di tornare. Dove la testa pulsa e martella e il corpo è pesante oltre il sopportabile.
-Svegliati, è tardi!-
Nel buio, le palpebre si aprono e chiudono più volte, cercando di focalizzare qualcosa.
Ma c’è solo oscurità attorno a lui, una coltre di nero pressante, mischiata al puzzo di chiuso e muffa.
Nessuno è venuto ad aprire le finestre, nessuno ha fatto entrare un pò di luce.
“Certo che questo cazzo di posto sta proprio cadendo a pezzi.”
Si trascina lento fino alla finestra dalle pesanti sbarre, aprendo con fatica le persiane finchè i suoi occhi chiari non si scontrano con la lieve luce del mattino.
Getta uno sguardo disinteressato al materasso di Rage, il suo compagno di stanza, ma è sfatto e completamente vuoto. “Dev’essere uscito prima.”
Poi, mal volentieri, i suoi occhi si appuntano sulla sagoma infantile che sta al centro della stanza.
Rabbit. È una bambina, una bambina con un abito color azzurro pastello, con le calzette arricciate sulle gambe, e un paio di scarpine rosa. I colori accesi fanno talmente tanto contrasto con le pareti grigie e spente dall’intonaco scrostato, con la ruggine e la muffa che si annidano un pò ovunque, che gli danno il mal di testa.
Ma la cosa più disturbante fra tutte, non è tanto ciò che indossa la bambina, bensì lei stessa.
Perché porta una maschera da coniglio.
Una maschera da coniglio bianco, di peluche, maledettamente  inquietante.
Eppure, la sua vocina non è per nulla attutita. È chiara, limpida, quasi che non si trattasse affatto di un costume.
-Che cazzo hai da guardare?- le ringhia.
E i suoi occhi sono ghiaccio, la rabbia gli altera i tratti, i muscoli tatuati guizzano sotto la pelle, si contraggono sotto la veste da paziente, mentre si avvicina alla bambina.
Ma lei non sembra preoccupata, tutt’altro.
-Ti avevo detto di lasciarmi in pace!-
-Sta arrivando.- mormora Rabbit, come se non lo avesse ascoltato affatto.
Crow si passa una mano tra i capelli scompigliati, frustrato.
-Chi?- domanda, alla fine.
-Segui il coniglio bianco.-
Come sempre, Crow cerca di guardare cosa si nasconde dietro gli occhi del coniglio, ma non vede nulla, se non due orbite vuote.
È davvero possibile che non sia una maschera?
-Non cercare risposte che hai paura di conoscere, potrebbero condurti alla follia.-
E lui ride, una risata amara, risentita, del tutto simile al gracchiare di un corvo.
-Sono già folle, o non sarei qua dentro.-
-Forse invece sei fin troppo sano.-
-Ma cosa..?-
-Sei in ritardo.- ripete Rabbit, come un disco rotto.
 
Un’infermiere corpulento entra nella stanza all’improvviso, con aria minacciosa.
 Crow lo guarda in viso, giusto per appurare che non si tratti di quello che ha pestato, ma no, non c’è traccia di ferite sul suo volto, anche se per lui i suoi “carcerieri” sono tutti uguali.
-363, sei in ritardo.- gli ringhia, puntandogli un dito grassoccio sulla divisa.
Sei in ritardo..
-Ti conviene muoverti, dato che sei già bello sveglio, e ti si sente parlare da solo fino al corridoio.- poi ridacchia, maligno.
“Ah-ah. Molto divertente.” Eppure, stavolta Crow non ha voglia di menare le mani, è ancora fin troppo intontito.
Si volta verso la piccola Rabbit, ma quella è già svanita nel nulla, come sempre.
-Coraggio, muoviti idiota! Dovresti già essere in sala comune, Sta arrivando qualcuno!-
Sta arrivando.
E Crow deglutisce a vuoto, mentre una sensazione di disagio gli scorre sinistra lungo la spina dorsale.
Chi sta arrivando?
 
 

 
 
Quando la nuova arriva, tutti si fermano a guardarla.
C’è chi grida vedendola, chi si dibatte, chi si accascia e sbarra gli occhi per impedirsi di vedere, chi semplicemente rimane a fissarla a bocca aperta, mentre le infermiere si affannano a elargire sedativi.
Crow fissa. Crow rimane paralizzato sullo stipite della porta, a guardarla da lontano, in piedi, gli occhi di ghiaccio semichiusi, lo sguardo perforante di un predatore.
 E lei pare un coniglio, sì, un piccolo coniglio bianco.
Non guarda nessuno, non poggia gli occhi su un punto preciso della sala grande, ma li lascia vagare su tutto e su niente.
Si dibatte, tra le mani di due infermieri robusti, quasi volesse fuggire.
E Crow si palesa nella stanza, la attraversa, si avvicina per vedere meglio quella figurina gracile che fa tanto chiasso, che è la causa di tanto clamore tra i malati.
E uno dopo l’altro, gli altri lo notano. Ammutoliscono, si appiattiscono alle pareti, mentre le infermiere sospirano di sollievo.
Lui è la miglior medicina. Qualcosa di irrazionale, di disturbante, che costringe chiunque a raggelare.
È la paura, è il “corvo”, come Rage lo ha tanto amabilmente soprannominato.
È il peggiore di tutti loro “mostri” lì dentro. E paradossalmente, anche il più sano.
L’unica che pare non notarlo, è proprio lo scricciolo. Muove a destra e a manca quel suo faccino, ma non vede lui, non sente, neppure le importa probabilmente, non sembra nemmeno in sé.
Invece, lui non riesce a staccarle gli occhi di dosso.
È uno spettro, oppure un angelo caduto. Una bambola, una visione..
Non può essere reale.
I capelli, un lucente manto color neve, cadono in ciocche mosse fino alle ginocchia pallide, incorniciandole il volto che pare di porcellana viva, le labbra a cuore, il naso minuscolo, le lunghe ciglia chiare che disegnano lievi ombre sulle guance di un tenue rosa, la pelle bianca, liscia, perfetta, in cui fluttuano intricati intrecci di vene verdi e viola, quasi fosse trasparente.
Poi, ci sono i tagli. I graffi, i lividi blu e gialli, che sembrano violare quel corpo minuto, creando piccole galassie, costellazioni che lo ipnotizzano.
E il rosso, il rosso che sporca la pelle.
Rosso sulle nocche delle mani affusolate, rosso sui piedi scalzi, rosso persino sulla camicia da notte leggera, impalpabile.
Si muove, si dimena, con gli occhi spalancati, talmente chiari da apparire grigi e a tratti rossi, quasi privi di pigmento, che guizzano ovunque senza fissarsi su nessun punto, ma gli infermieri che la reggono sono tutti ben piazzati, corpulenti. La stringono talmente forte per le spalle e i polsi, che Crow è quasi certo le resteranno i segni.
Basta tanto poco a segnare una pelle così delicata..
“Qui la distruggeranno”, e la mano corre in automatico verso la nuca, laddove le scosse di Elettroshock gli hanno lasciato cordoli di cicatrici rosee, a causa dell’alto voltaggio.
-Incredibile, non è vero?- la voce scherzosa di Rage lo sorprende, riportandolo alla realtà, mentre l’amico si avvicina interessato, puntando i suoi occhi scuri sulla nuova arrivata.
-Finalmente in questo schifo ci sarà qualcosa di interessante da guardare.-
E una fitta di fastidio lo colpisce dritta allo stomaco, improvvisa, pungente. E le mani cominciano a prudere, mentre Crow sposta lo sguardo sulla testa riccia e castana di Rage.
“Controllati”, si dice, e la cosa lo irrita, lo turba. Quella bambolina spaurita non è sua, non ha alcun diritto su di lei, anzi. Crow non si affeziona a nessuno, non si avvicina troppo a nessuno. Non prova gelosia.
È vuoto.
In un posto come quello, è meglio che sia così.
Ed è quasi fastidioso scoprirsi a provare dell’interesse, dei sentimenti così inattesi, che non siano apatia o rabbia.
Ma non può. Non può assolutamente permettersi di mettere gli occhi su quel coniglietto.
Se Rage è interessato, buon per lui.
Deve tenerla lontana, deve evitarla come la peste. Deve odiarla, se possibile. Qualsiasi sentimento è meglio dell’affetto al St. Jimmy.
-Non vedo l’ora di conoscerla meglio.- sussurra Rage, l’espressione maliziosa sul bel viso.
E Crow contrae la mascella, stringe le nocche fino a farle sbiancare.
-Sarà solo l’ennesima svitata.- sibila, quando il Capo Reparto, Mr. Worst in persona, fa il suo ingresso nella stanza, il camice bianco coperto di schizzi vermigli, rendendo la scena se possibile ancor più grottesca.
-In isolamento.- ordina sbrigativo, con quella sua voce gracchiante, -Almeno finchè non si sarà stabilizzata.-
-Usiamo le cinghie?- chiede uno degli infermieri, e l’uomo si avvicina, sussurrando qualcosa come:
-Alla nostra paziente è richiesto un trattamento di favore.- o almeno così pare a Crow.
Poi si allontana, di nuovo.
-Solo tranquillanti!- raccomanda, mentre l’albina viene trascinata via.
-Non dimentichiamoci da quale famiglia proviene.- poi si guarda intorno, circospetto, quasi avesse notato solo in quel momento di stare in una stanza stracolma di pazienti.
Dopo, l’uomo appunta i suoi occhietti infossati su di lui, stringendo lo sguardo da dietro un paio di occhiali rotondi, e lanciandogli una lunga occhiata penetrante, prima di lasciare la stanza.
-Quel tipo non ti sopporta proprio.- mormora Rage, allontanandosi.
 E Crow la vede. Proprio lì, al centro della stanza, dove prima stava l’albina.
La bambina con la testa di coniglio.
E gli pare quasi di sentirla sussurrare, con la sua vocetta cantilenante:
-Te l’avevo detto!-
 


Qui di seguito, come sempre nel mio stile, vi lascio le foto dei nostri protagonisti.

Il prestavolto maschile si chiama Simon Kotyk, e a mio parere è perfetto per identificare Crow, con la sua bellezza androgina e gli occhi tormentati.


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La nostra prestavolto, è invece Nastya Zhidkova, modella albina dall'aria dolce e innocente, quasi irreale, ideale per rappresentare la nostra nuova arrivata, che presto rivelerà un lato nascosto di sè dietro il suo bel faccino.

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Nel prossimo capitolo, oltre ad analizzare meglio le vicende e il carattere dei due protagonisti, faremo anche qualche salto temporale dentro il loro passato, e la storia lentamente prenderà corpo, con i suoi intrecci e colpi di scena.
Che ne pensate del nostro Crow e dei suoi strani sogni? E chi sarà la nostra fanciulla misteriosa? 


Il prossimo aggiornamento sarà tra 10 giorni esatti, e se siete appassionati di colpi di scena, amori disturbati e disturbanti, personaggi colmi di oscurità e passione, torbidi segreti, certamente il nostro Crow non vi deluderà..
A presto! :)
  
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