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Autore: Master Chopper    07/09/2015    5 recensioni
'Conosci i motivi per cui sono convinto che la collaborazione, l’importanza dell’alleanza e la fiducia debbano essere il nuovo cavallo di battaglia per la Famiglia.
Per tanto comprenderai la mia stolta richiesta di collaborare, nuovamente, a favore di questa causa che intendo portare avanti finché morte non me lo conceda:
In Giappone, precisamente nella mia città natale, Nanimori, ho lasciato da cinque anni mio figlio:
Tengoku Marco Sawada.
Confido nelle tue capacità, Reborn.
Tuo Eterno Amico, Sawada Tsunayoshi
VONGOLA X ‘
- CONCLUSA - Attualmente in corso su: ' [SoF] Saga dei Sette Peccati Capitali '
ATTUALMENTE IN REVISIONE. ATTENZIONE, ALLA FINE DELLA REVISIONE I CAPITOLI POTREBBERO ESSERE STATI MODIFICATI RISPETTO ALLA VERSIONE ORIGINALE. Capitoli revisionati: 3.
Genere: Azione, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Reborn, Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Stories of a Family [SoF]'
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 by sissi1234/ nekomata04 ♥

Target Number 10: Una Famiglia





Verde.


Il riflesso della sua iride nel bicchiere d’acqua.

Attorno a lui gente in festa, che rideva, discuteva, mangiava in compagnia.

L’uomo al suo fianco, fino ad allora intrattenuto a parlare con sua moglie, gli rivolse un sorriso carico d’affetto.

‘Che succede?’ sembrava volergli chiedere.

Fortunatamente al giovane non era accaduto niente, era solo rimasto confuso dagli avvenimenti di poco prima.

 

 

Quaranta minuti prima dell’inizio della festa

 

 

“ Ehi, Ten-baka! Non ci vediamo da così tanto tempo che mi sta venendo la voglia di pestarti a sangue!”

 

I capelli rossi di Kevin svolazzavano accompagnati da una leggera brezza, sotto le luci ormai quasi assenti del tramonto.

Gli occhi neri erano spalancati, così come la bocca semiaperta per mostrare un ghigno.

 

“ Kevin?” chiese Tengoku, inclinando la testa su di un lato.

“ Pensavo fossi rimasto a Namimori …” borbottò il bruno, grattandosi la testa con aria pensierosa.

 

Alle sue spalle Vito si stava fingendo morto stecchito.

“ Nah, la preda si è lasciata scappare qualche informazione prima della partenza.”

Sogghignò Kevin, alludendo a Giorgia.

 

Lo sguardo di Ten si assottigliò di colpo, fissando con occhi gelidi il ragazzo di fronte a sé.

“ Non dovresti sapere di questo luogo, sono informazioni riservate.”

 

Di tutta risposta il Presidente del Comitato Disciplinare rise sguaiatamente, prima di afferrarlo dal colletto della camicia e sollevarlo da terra con un solo braccio.


“ Non fare la voce grossa con me, Ten-bak-”

Per sua sorpresa, l’ultima parola gli uscì di bocca come un rantolio soffocato.


Abbassò lo sguardo, vedendo il ginocchio di Tengoku conficcato nell’incavo del suo collo, poco sotto il mento.

Sgranò gli occhi e lo scagliò verso terra, ma nuovamente senza accorgersene perse l’equilibrio e cadde all’indietro.


Sopra di lui, il ragazzino era in piedi e lo squadrava con freddezza.

“ Che cosa è successo al mio adorato Ten-baka?” domandò con tono canzonatorio, mentre senza perdere il suo ghigno si rimetteva in sesto.

 

“ Tengoku possiede un’abilità innata differente da quasi tutti i precedenti  Boss dei Vongola: l’Istinto d’Emulazione.

Lo richiamò una forte voce femminile dalle sue spalle.


Il bruno si sporse oltre Kevin, avendo già riconosciuto quel tono forte e deciso.

 

“ Akane-chan!” salutò  con la mano la ragazza mora che si stava lentamente avvicinando.

Vestiva una classica camicia rossa sotto una giacca grigia abbottonata e dei normali pantaloni lunghi neri con le scarpe di pelle.

 

Ma la Vongola continuò, mantenendo sempre lo sguardo puntato sull’intruso.

“ E’ capace di emulare anche le più difficili arti assassine, soltanto vedendole un paio di volte o provandole sulla sua pelle. Ovviamente è una qualità innata, quasi mai vista su di un Boss e più adatta ad un sicario, forse.”

“ Ma pensa …” sussurrò il rosso, iniziando a chiudere le palpebre. Lentamente si piegò in avanti, accennando qualche passo verso il ragazzo, che rimase fermo nella sua posizione.

 

“ Comunque volevo solo ringraziarti per quello che è successo a Namimori, Ten-baka …” dopo qualche secondo perse i sensi e svenne sull’erba fresca.

 

“ Fratellone!” strillò una ragazzina.

Dalle ombre degli alberi apparve Angelyca Celeste e, rapidamente raggiunse il corpo del fratello.

“ Ha combattuto molto per entrare.” Mormorò la mora, portandosi una mano sulla spalla destra e provando a muovere il braccio, ma l’unico risultato fu un rumore parecchio brutto che le fece accapponare la pelle.

 

“  Riposati, manca ancora molto alla festa.” Sorrise il bruno, guardando preoccupato l’amica, che ricambiò e sparì presto nella Magione.

- Dove si sarà cacciato Vito?- si chiese, per poi riportar l’attenzione sulla giovane Angelyca, che aveva appoggiato delicatamente il capo del fratello sulle sue gambe.

 

Pareva molto triste, eppure non riuscì a trovare il coraggio di alzare lo sguardo.

 

In quel momento Tengoku venne assalito dai sensi di colpa.

“ A-ascolta …” incominciò, massaggiandosi le tempie. Stava per fare una cavolata, già lo sapeva!

“ Vai dentro e fatevi dare una camera per la notte. Se lo chiedono siete miei amici.” Concluse, accennando un sorriso alla ragazzina dai capelli biondo miele e dagli occhi color rosso scuro.

 

Poi anche lui si allontanò.

 

 

 

“ Ten? Ten, sicuro di stare bene?” La voce di suo padre lo riportò alla realtà.

Erano seduti al grande tavolo nel giardino della villa, dove venivano serviti piatti oppure aperitivi in continuazione, per i numerosissimi ospiti di quella sera.

Tsunayoshi gli aveva appoggiato una mano sulla spalla, sussurrandogli piano nell’orecchio per evitare di farsi sentire dagli altri.

 

Il bruno ebbe un sussultò e scosse energicamente la testa, come per risvegliarsi da un sogno.

“ Sì, sto bene.”

 

 

Poco più in la, Vito Ello guardava i festeggiamenti poggiato con la schiena al muro e il solito occhio socchiuso.

“ Ehi, bovino!”

 

Il moro si voltò infastidito, riconoscendo la voce.

“ Che vuoi, Plaza?”

 

Miguel, vestito di tutto punto al ritorno dall’infermeria, teneva in mano due bicchieri da cocktail pieni fino all’orlo di un liquido rosso scuro.

“ Tieni … è sangria.” Disse soltanto, portandosi alla bocca il suo bicchiere e porgendo l’altro al ragazzo.

 

Vito accettò un po’ incerto, ma alla fine bevve anche lui.

“ Buono.” Sussurrò dopo aver deglutito anche l’ultimo sorso.

“ Sì, bhe … era un mio modo di scusarmi per prima. I Bovino non sono poi così inutili.” Ridacchio il futuro Boss spagnolo, contagiando presto anche il Bovino.

“ Già, nemmeno i Plaza, a quanto pare. Ehehe...”

 

Sarebbe stato un’ottima riappacificazione se nella mente dei due giovani non brulicassero questi pensieri:

- Schifoso Bovino, appena mia madre, Boss dei Plaza, verrà a sapere di questo affronto … bhe, preparati a vedere distrutta la tua ridicola famigliola di bovari! –

- Sì, sì, come no, idiota d’un Miguel! Aspetta che lo dica a mio padre e ti giuro andrà su tutte le furie … La vendetta vien servita fredda su di un piatto d’argenzo.  Credo … –

 

“ Maria carissima!” esclamò una voce roca che fece venire loro la pelle d’oca.

“ Al !!” squittì una donna.

Rapidamente la figura di un grasso uomo in giacca e cravatta li superò, andando ad abbracciare … niente di meno che Maria Nostrado, Quinto Boss dei Plaza.

 

Quell’uomo era Al Bovino Ello, attuale Boss dei Bovino e … padre di Vito.

 

Aveva i capelli neri con molte ciocche grigie, tutti tirati all’indietro, la carnagione abbronzata, grandi occhi verdi e un anello d’ottone al naso.

“ Da quanto tempo. Ti trovo bellissima, come sempre. Rimani sempre della stessa bellezza di quando ci siamo conosciuti, trent’anni fa.”

“ Ohhh, adulador! ” arrossì la donna, soffocando una risatina imbarazzata.

 

Nel mentre i rispettivi figli trattenevano conati di vomito, con delle facce da pesci lessi.

“ B-bhe, dicevo … i Plaza sono una stupenda f-f-famiglia …” mormorò Vito, con gli occhi sgranati e un sorriso tremante.

“ Oh, grazie … a-anche i Bovino …” rispose Miguel, non riuscendo più ad incrociare lo sguardo con un qualsiasi essere vivente.

 

 

 

 

 

Nel mentre, in un angolo più appartato dei giardini interni, il giovane Devon era intento ad ammirare la luna, mentre ogni tanto portava alla bocca il suo cocktail.

Ormai era maggiorenne secondo la legge italiana, ma doveva comunque nascondersi alla madre per fare quello che voleva. Presto avrebbe trovato una casa tutta sua, si diceva da qualche giorno.

 

“ Ehi, damerino! Ti abbiamo fatto una domanda!”

Peccato che nemmeno in quel momento era da solo.

 

Un gruppo di uomini, probabilmente dai venti ai trent’anni, lo aveva raggiunto da un pezzo, chiedendogli un colloquio con Decimo Vongola.

 

“ Mi sono già espresso … odio ripetermi.” Sibilò freddo il moro, liquidando nuovamente quegli uomini.

Dovevano avere dei permessi particolari per entrare nella Magione in periodo di festeggiamenti. Di sicuro facevano parte di qualche Alleata, ma se non si univano alla festa come tutti gli altri, voleva dire chele loro motivazioni non erano proprio serene.

 

“ Sì, eh? Ascolta damerino, siamo della Famiglia Tomaso ed il nostro Nono Boss ci ha chiesto di fargli da messaggeri. Ti basta come motivazione?!” Alzò la voce quello che doveva essere il leader del gruppo: un ragazzo ventenne alto e piuttosto muscoloso, con dei lunghi capelli ricci biondi e cadenti all’indietro.

Ormai era lampante che aveva perso la pazienza.

 

“ Non me ne può fregare di meno.” Disse Devon, schiacciando con un movimento quasi impercettibile della mano, il bicchiere di vetro al muro.

“ Andatevene. Tornate domani, quando i festeggiamenti saranno finiti.”

 

I mafiosi abbandonarono ogni altro tentativo di dialogo e si misero in guardia, estraendo coltelli a farfalla e pistole.

Immediatamente il ragazzo fu accerchiato da quattro uomini, di peso e stazza decisamente superiore alla sua. Lo avrebbero annientato in una frazione di secondo.

 

“ Bhuerg! Cos’è questa puzza?!” esclamò disgustato un uomo, che presto indietreggiò assieme ai suoi compagni.

Poison Cooking: Necro-drink

 

Dalla bocca del moro fuoriusciva del denso fumo nero, come se fosse stato una ciminiera umana.

Dopo un paio di secondi, gli uomini che avevano inalato quel gas, incominciarono ad accusare forti dolori alla testa e al petto, così intensi da non riuscire nemmeno a pensare.

Ma prima ancora che si potessero riprendere, vennero raggiunti da dei rapidissimi calci che li fecero piombare violentemente a terra, ormai privi di sensi.

 

“ Dannato!” imprecò il capo, mirandolo con la pistola e sparando un colpo, presto imitato dai suoi picciotti.

Ma … inaspettatamente Devon era scomparso.

“ Come …?” eppure il biondo l’aveva perso di vista solo durante un battito di palpebre. Possibile che potesse essere così veloce.

 

“ Necro-drink è una tecnica di mia invenzione, dove il fumo prodotto, dopo poco si dirada lasciando un gas meno denso che copre la vista come un miraggio.”

La voce lugubre del moro arrivò dalle loro spalle.

 

Poison Cooking: Diabolico pasticcere

Prima ancora che i mafiosi potessero voltarsi, dolci di tutti i tipi li centrarono in piena faccia, cogliendoli così impreparati da disarmarli all’istante.

 

Short-cakes, bignè, profitterole e barchette alla panna oscurarono la loro linea di tiro, lasciandoli presto ricoperti di zucchero e crema.

 

Il loro biondo capo, che era rimasto illeso perché riparato dietro i suoi uomini, scoppiò a ridere.

“ E che cosa pensavi di fare lanciandoci addosso dei dolcetti?! ”

 

“ Bhe, io non faccio proprio niente.”

Nel buio della notte, gli occhi verdi del Vongola scintillarono e, presto si spalancò un enorme sorriso compiaciuto.

 

Ancor prima che il leader potesse avvertire gli altri che c’era qualcosa che non andava, dato che il comportamento di quel ragazzo gli aveva messo i brividi, delle urla di puro terrore lo interruppero.

 

Con orrore vide i suoi uomini portarsi le mani alla faccia per … strapparsi decine e decine di enormi scolopendre viola che rapidamente si erano aggrovigliate sui loro volti.

 

La presa delle bestie era forte e non persero tempo a sfuggire alle prese dei mafiosi cercando di entrargli nelle bocche spalancate dalla paura.

“ Smettila!” urlavano pietà, mentre venivano morsi e graffiati sulle mani e sula faccia da quelle coriacee spire che toglievano il respiro.

 

“ Che cosa gli hai fatto?! ” esclamò il biondo esasperato, lanciando uno sguardo implorante a Devon, che sghignazzava silenziosamente a testa bassa.

 

Quest’ultimo, dopo un altro minuto di silenzio, sollevò leggermente il braccio destro, per poi dare un forte colpo con il dorso della mano ad un albero al suo fianco.

Il tronco vibrò leggermente e presto cadde una mela, che venne raccolta sempre dallo stesso ragazzo.

Il killer iniziò ad avanzare verso il Tomaso, mentre ad ogni passo alzava sempre più lo sguardo verso di lui.

 

Alla fine gli arrivò a pochi centimetri dal petto, piantandogli quegli occhi carichi di scherno in quelli pieni d’odio del biondo.

“ Questo.” Sussurrò piano.

Il mafioso provò ad aprir la bocca per chiedere spiegazioni, ma … non ci riuscì.

Scoprì presto che non poteva perché la grossa mela tenuta in mano dal biondo adesso gli stava tappando la bocca.

Non fece in tempo.

 

Altre piccole scolopendre fuoriuscirono dal frutto, bucando la buccia e zampettando dentro la sua bocca, mente lui non poteva far altro che piangere e provare ad urlare senza controllo.

“ Posso trasformare in una tana di scolopendre tutto quello che tocco, è una tecnica che ho imparato dieci anni fa, in Francia. L’ho chiamata: Mano della morte a cento zampe.

 

“ Ora …” riprese, puntando un dito alla gola del ragazzo, che ormai stava per perdere i sensi per lo shock.

“ Io ti darò la possibilità di sopravvivere. Tutto quello che devi fare è andare dal tuo Boss e dirgli di ripassare in settimana … personalmente.” Sottolineò l’ultima parola, per poi conficcare nel collo della vittima una siringa piena di un denso liquido verde foglia, che venne presto iniettato in vena.

 

Il Tomaso cadde in ginocchio, vomitando un misto di bile e del suo stesso sangue per almeno venti secondi.

 

Poi, senza dire nemmeno una parola, iniziò a correre a gambe levate verso i boschi, sparendo dopo poco.

 

“ Hai mentito vero?” domandò curioso Doku Dokuro Rokudo, appollaiato sopra il ramo di melo.

“ Sì. Morirà tra quattro ore, esattamente dopo aver recapitato il messaggio a quel moccioso viziato del suo Boss. Ma ora …” Devon alzò lo sguardo, osservando il piccolo squadrarlo da capo a piedi.

“ Che dici, sono o no costretto ad ucciderti?”

“ Vediamo chi ci riesce prima.”

Il ragazzo avvertì un tocco freddo esattamente al centro della sua schiena.

Il figlio delle Nebbie gli stava sicuramente puntando contro un coltello, pensò, constatando che effettivamente non c’era più nessuna traccia sull’albero.

“ So che stai nascondendo qualcosa Devon.” Sussurrò malefico il bambino, ma presto il suo ghigno venne smorzato.

Il braccio del figlio di Bianchi era teso all’indietro, con il palmo rivolto verso la sua faccia e uno strano movimento sotto la sua manica gli fece abbassare l’arma.

 

Era stato più veloce di lui.

I due rimasero a guardarsi per un lungo lasso di tempo, scandito solo dal  frinire delle cicale.

“ Va bene, fa niente. ” Mormorò il bambino, gettando via il coltello e sorridendo innocente al killer, che ricambiò facendo ritrarre la sua scolopendra.

“ Salutami gli Anonimato.”

 

 

 

Era passato ormai un quarto d’ora da quando Tengoku aveva ultimato il suo leggero pasto (non era più abituato alle cene italiane, così ricche di tanti tipi di pietanze diverse) e lo stare lì iniziava seriamente ad infastidirlo.

 

Non che ci fosse maleducazione o arroganza negli ospiti, anzi! Non era nemmeno tutta quella confidenza e i saluti di persone sconosciute a metterlo a disagio, sebbene non fosse abituato neppure a così tante attenzioni.

 

Era l’essere completamente da solo.

 

Era da quando aveva messo piede alla magione che gli avevano imposto di prepararsi, rassicurandolo che avrebbe rivisto i suoi amici in seguito.

E aveva paura.

Paura che suo padre e sua madre potessero continuare a mentirgli, che potessero rimandare in Giappone Azura, Drake e Giorgia.

Sperava che l’appoggio di Akane, Veronica  e di Reborn potesse bastare.

Ma … se poi avessero costretto tutti loro a diventare quella maledettissima Undicesima famiglia di cui tutti non facevano che parlare?!

Era stanco di farsi chiamare Undicesimo da tutti quelle persone di cui si dimenticava il nome dopo nemmeno dieci secondi, stanco di tutte quelle adulazioni e di quel rispetto che lo facevano apparire  come un gran lord con il potere di giustiziarli senza battere ciglia.

 

Quel mondo non apparteneva a lui, e mai sarebbe stato così!

 

Decise di alzarsi da tavola e non venne fermato da nessuno.

Sentì solo dei brusii alle sue spalle, probabilmente erano gli altri invitati che si chiedevano il perché di questo comportamento.

 

Ma infondo … a lui non importava. Voleva solo vedere i suoi amici e non sarebbe stato suo padre o le leggi della Famiglia Vongola a fermalo.

 

 

Dopo aver percorso gran parte del lato est della Magione, riuscì a scorgere in lontananza delle figure uscire dal portone d’ingresso.

Sorrise: erano loro.

 

Drake vestiva piuttosto elegantemente e teneva raggiante Akane sottobraccio, che sospirava ogni cinque secondi. Giorgia e Azura camminavano in testa, troppo prese dal parlare per notarlo.

Però sembravano sereni e questo gli riempiva il cuore di gioia.

 

Adesso sarebbe corso da loro e avrebbe chiesto scusa, così che tutti insieme avrebbero potuto passare una bellissima serata.

Lontani dalle preoccupazioni, lontani da tutto …

 

Non riuscì nemmeno a muovere un altro passo che una mano si posò sulla sua spalle e delle ombre lo circondarono.

 

“ Ciao Undicesimo, che piacere conoscerti! ” Era stato un ragazzo dagli irti capelli castani a parlargli.

Immediatamente altri suoi coetanei lo imitarono, con sorrisi entusiasti.

“ Sei proprio identico a Decimo, due gocce d’acqua.”

“ Sì, sì, due gocce d’acqua!” fecero eco gli altri.

“ Vieni con noi, dai. Così facciamo un po’ di conoscenza.” Il ragazzo gli cinse le spalle con un braccio e iniziò ad incamminarsi insieme agli altri, trascinando inevitabilmente Tengoku.

 

Il bruno provò a protestare, ma prima colse di sfuggita uno sguardo deluso di Azura che gli tolse il fiato.

A testa bassa li seguì in un gazebo poco lontano, al confine dei giardini esterni.

“ Allora, inizio io.” Il ragazzo castano di poco prima prese a parlare, tra una risata senza senso e l’altra.

“ Io sono Samuel, della Famiglia Tomaso.”

 

“ Piacere Samuel!” ripeterono tutti gli altri ad alta voce, suscitando un altro coro di risate.

“ Ciao …” sussurrò soltanto Ten, ancora triste per i suoi amici.

O meglio … avrebbe ancora potuto chiamarli così?

 

“ Bhe, come avrai capito siamo tutti della Famiglia Tomaso.” Sghignazzò di nuovo Samuel, facendo sedere il figlio di Tsunayoshi al suo fianco, quasi come una costrizione.

“ So che ti potremo sembrare un branco di pazzi, ma ‘forse’ siamo brave persone.” Sottolineò il forse con un sorriso.

“ No, scherzo. Imparerai che stare con noi sarà molto più divertente che passare il tempo con quegli sfigati che a malapena ti parlano.”

 

Il bruno finalmente si voltò verso Samuel, con uno sguardo confuso.

“ Sfigati?” non stava forse parlando di …

“ Sì, quelli che ti sei portato dal Giappone, Ten - Posso chiamarti Ten?- Lo sai anche tu che con quelli non ti diverti. Ti fai solo illudere e questo mi dispiace, Ten.”

Il castano finse uno sguardo compassionevole e diede delle piccole pacche sulle spalle di uno sconvolto Undicesimo. 

Poi, lentamente fece un cenno con la mano ad un suo amico, che gli passò un piccolo oggetto nero di forma rettangolare.

Era un pacchetto di carta e lo aprì con nonchalance continuando a fissare il nuovo ‘amico’.

 

“ Vuoi?” la avvicinò al suo volto, mostrandone il contenuto.

“ Non … sono normali sigarette quelle, vero?” domandò serio il ragazzo, notando solo adesso la foglia di marijuana verde disegnata sul nero del pacchetto.

“ Già, è roba più tosta!” ghignò uno della combriccola.

 

“ Vedi Ten, il Boss ci permette un sacco di cose fighe e a noi va bene così. Siamo tutti amici e condividiamo tutto.” Disse Samuel, rigirandosi la sigarette tra le dita, fissandola incantato.

 

“ Io un tempo ero della Famiglia Cassandra!” si sporse una ragazzina, alzando la mano.

“ Io dei Fossile!” seguirono altri maschi e femmine che a turno dicevano la loro vecchia Famiglia.

Alla fine, quasi tutti loro non erano Tomaso originali.

 

“ Teoricamente lo siete ancora, deficenti!” ringhiò con tono chiaramente scherzoso Samuel, per poi sorridere di nuovo a Tengoku.

“ Bhe, lo sono, ma essendo tutti figli o nipoti di Boss, hanno potuto convincere i loro capofamiglia ad allearsi con noi. E’ così che i Tomaso sono diventati una grande Famiglia in pochi anni.”

 

Dopo poco, mentre stava per accendersi la sigaretta, mormorò:

“ Sarebbe bello poter avere una piccola percentuale dei Vongola. Insomma, si fa tra amici, no?”

 

“ ECCO dove volevi andare a parare!”

Samuel cadde dalla poltrona per lo spavento, finendo addosso ai suoi amici seduti di fronte.

 

“ Simon!” esclamò Ten, riconoscendo il rosso che in quel momento gli sorrideva furbamente.

“ Ciao. Ho incontrato i tuoi amici e mi hanno spiegato un po’ di cose. Anche Doku mi ha riferito che voi Tomaso state combinando un po’ di guai.”

 

Il castano si rialzò, umiliato davanti a tutti e per poco non si trattenne dal sfogarsi sul futuro Undicesimo Simon.

“ Ma che dice questo damerino, Ten?! Diglielo che quelli non sono più tuoi amici. NOI siamo i tuoi amici! ”

La voce quasi non gli si smorzò appena vide che il bruno gli aveva dato le spalle, portandosi al fianco di Simon.

“ Ten …”

 

“ Mi dispiace, probabilmente il vostro Boss si deve sentire veramente solo per arrivare a tutto questo. Ma non credo che prendendo tutto con leggerezza, come se si trattasse di un gioco, sia la scelta giusta. Non in questo mondo … non nel mondo che ho visto io.” Disse calmo il ragazzo, voltandosi solo a discorso finito per guardare le facce metà basite e metà colpevoli dei Tomaso.

“ E, come ultima cosa … lasciate stare le droghe. Come mi ha detto una volta Reborn: forse ti possono rendere più figo agli occhi degli altri, ma sicuramente ti trasformano in quello che mai saresti voluto essere. Quando avrete capito tutto questo potremo essere amici.”

 

 

 

“ Mi dispiace … mi dispiace per la paura che avete provato a Namimori, per  il sapere che sarei partito per l’Italia, per avervi costretto a venire fin qui, in un mondo che so non vi appartiene di diritto come per me. 

Sono stato un’egoista, lo so, ma … da quando ho voi, ogni volta che mi sveglio non ho più l’ansia e la paura di andare a scuola e di stare da solo. Non ho vergogna di essere Ten-baka e persino la mia città mi sembra un posto migliore così. Solo che … ho sempre paura. Paura che possa essere tutto un sogno, che ritorni alla mia vecchia vita, senza Reborn e senza di voi. Perché io … nella mia vecchia vita non ci saprei più vivere ora che ho avuto l’esperienza di una vera amicizia. Quindi grazie e scusatemi.  Scusatemi per-”

 

Prima ancora che Ten potesse continuare il suo elenco, Azura fece una cosa che mai si sarebbe aspettato fino ad allora … lo abbracciò.

Non riusciva a vederle il volto, ma da quello che disse capì che stava trattenendo le lacrime.

“ S-sta zitto, brutto testone …”

 

Quella stretta, quel calore che gli stava bruciando il petto come una fornace …

 

Pianse. Pianse via tutte le preoccupazioni che aveva accumulato, tutte le paure e tutte le angosce.

 

Non vide bene se anche gli altri stavano piangendo.

Come prima, gli bastavano i loro sorrisi.

 

Sentiva il profumo dei capelli rossi della sua migliore amica, così vicina e che aveva rischiato di perdere per colpa sua troppe volte. Fin troppe.

 

Akane, che gli era sempre stata fedele, nonostante si fossero conosciuti mentre lei cercava di ucciderlo.

 

Drake, come volergli male? Aveva salvato la sorella da un imbranato come lui. Ma erano rimasti insieme.

 

Giorgia, aveva dato il meglio di sé, per dimostragli che era forte … non era stato per niente necessario.

 

Ricambiò l’abbraccio, stringendo forte Azura e ripetendo come un mantra per un tempo che a lui parve infinito ‘Grazie’.

 

 

 

 

La serata era stupenda: le stelle dipingevano il cielo, rese ancora più luminose una volta spente tutte le luci nei giardini.

La una era un faro e le costellazioni mille e mille barche danzanti nel cosmo.

 

Kevin guardava la volta celeste appoggiato coi gomiti al balconcino della sua camera, lanciando ogni tanto delle occhiate alla sorellina, per controllare che il suo sonno procedesse tranquillo.

 

Vito e Miguel bevevano sangria a non finire, forse per annegare l’imbarazzo causato dai loro genitori, ma almeno le liti si erano ridotte e adesso i due giovani ridevano e scherzavano facendo un gran baccano.

 

 

Doku era arrivato in ritardo e adesso sedeva al tavolo tra il padre e la sua mamma, una bellissima donna snella dagli stupendi capelli di un viola simile a quello dei suoi occhi, dalla carnagione chiara e con dei grandi occhi color ametista.

 

 “ Mamma.” La chiamo il piccolo, tirandole piano la manica del lungo vestito bianco.

 “ C’è una mosca nella mia zuppa. Posso uccidere il cuoco?” domandò con fare innocente, indicando il povero insettino che galleggiava nel brodo.

 

La donna, inizialmente non seppe  come rispondere, ma per fortuna intervenne il malizioso padre.

“ Fallo pure, se vuoi.” Sussurrò all’orecchio del bambino, che prontamente si alzò, pronto a dirigersi verso la cucina.

“ Però … sappi che la mosca l’ho messa io.” Ghignò, emettendo un basso ‘Kfufufu’.

 

“ Oh, papà …” si imbronciò il bambino, risedendosi vicino a Chrome a testa bassa.

“ Che c’è?”

“ … sei quasi più cattivo di me.” Rise il moro, indicando un’enorme tarantola nel piatto di pasta del padre, che repentinamente la lanciò in aria schifato e … forse un po’ sorpreso dal figlio.

 

 

Sul terrazzo della Villa Corex e Himeko erano rimasti gli unici due rimanenti ad osservare quel bellissimo cielo da una prospettiva tanto diversa rispetto ai tavoli degli invitati.

Strano, ma decisamente meglio così, pensò il Boss dei Licaone.

 

Ormai sulla sua gola non rimaneva più nemmeno un graffio causato dall’attacco a tradimento del Boss degli Anonimato e nemmeno tutto il sangue perso sembrava gravargli, come se non ne avesse un vitale bisogno.

 

Piuttosto i suoi pensieri erano rivolti alla splendida ragazza al suo fianco che, con gli occhi di una bambina, si meravigliava alla vista delle stelle brillanti.

 

Non poté fare a meno di sorridere, abbracciandola e dandole un tenero bacio sulle labbra, ricambiato con amore dalla Principessa della Neve.

 

 

In una mezz’ora passata semplicemente a ridere per le lacrime versate e le stupide preoccupazioni, Tengoku si era rasserenato sentendosi di nuovo vicino ai suoi amici.

 

“ Simon, scusa ma … perché sei qui con noi?” domandò ad un certo punto Drake, notando il rosso seduto a pochi passi da Ten, intento a controllare il cellulare.

 

“ Bhe, diciamo che non vorrei farmi trovare da un certo membro della mia Famiglia.” Sorrise incerto il ragazzo, ripensando ai suoi amici abbandonati alla precisione maniacale di Angelo, che in quel momento doveva essere proprio furente per il ritardo di ‘ Ventisette minuti! Anzi, quasi ventotto!’ come aveva ringhiato poco prima.

 

“ Bhe, comunque credo che sia ora di andare Juichidaime.” Sorrise dolcemente Akane, accarezzando la chioma bruna del ragazzo al suo fianco.

“ Dove?” domandò lui, aspettando una risposta dal Simon, che si limitò a dirigersi vero l’unica porta d’ingresso del salotto dove stavano riposando.

“ La parte finale della serata, il Ballo serale in stile Vongola. Dovrai scendere le scale della sala da ballo insieme ai tuoi genitori e ad un padrino. Passerete accanto ai Boss delle Alleate e arriverete fino ai Decimi Guardiani. Allora Tsuna-sama farà un discorso e poi si apriranno le danze.”

 

“ C-cioè, devo ballare?!” esclamò seriamente spaventato il ragazzo. Non era così intimorito dai tempi della scuola.

“ E’ una tua scelta.” Lo tranquillizzò Akane. Anche lei sapeva molto di come si sarebbero svolti gli eventi.

 

“ Ti preoccupi del ballare e non di chi sarà il tuo padrino, Ten-baka?” solo allora il bruno si accorse che la porta era stata aperta e, a quanto pare qualcuno nella penombra gli aveva parlato.

 

Per poco la sua voce non tremò ancora. Quel tono e quel modo di parlare … era stato costretto a sorbirselo per mesi interi. Ma così, gli aveva parlato parecchie ore prime, circa al suo arrivo alla Magione.

“ Chi sei?” domandò curiosa Giorgia, inforcando meglio gli occhiali blu davanti agli occhi.

 

“ Bhe, Giorgia De Luca, di solito una ragazza non mi dimentica così facilmente. Sono io, l’unico ed inimitabile …”

 

Gli occhi dell’uomo brillarono un secondo prima che lui scattasse avanti.

Più veloce del suono, si fermò davanti a loro, estraendo un oggetto dalla sua cintura che scintillò alla luce della lampada.

 

Tutor Hitman Reborn! CHAOS!

 

Ten sorrise, era bello vederlo alla sua vera forma.

Decisamente più grande, presentava più di vent’anni. Era poco più alto di Drake, con i soliti capelli neri raccolti nella fedora con la fascia gialla e le basette ricciolute. Sopracciglia piccole e stessi abiti delle sue rappresentazioni robotiche, adesso il volto era più affascinante e gli occhi neri da vero latin lover.

Rinfoderò la pistola, con gran sollievo di tutti, e ghignò al suo protetto.

 

“ Comunque, se non si fosse capito, sarò io il tuo padrino. Come quella volta alla tua cresima.”

“ Cosa? Ma-ma come …”

 

Eppure il ragazzo non ricordava di aver mai incontrato prima Reborn, ed in più alla sua cresima … aveva un ragazzo della probabilmente diciottenne come padrino. Possibile che …?

“ Vuoi per caso che racconti a tutti la figuraccia che hai fatto durante la cerimonia?” fischiettò il killer, facendo arrossire completamente il povero Ten-baka.

 

D’altronde, non era colpa sua se era inciampato in piena cerimonia, cadendo addosso al sacerdote e quasi scatenando un incendio con le candele!

Ora non c’erano più dubbi.

 

“ Ti credo, ti credo!! Ma … quando dovrebbe iniziare?”

“ Adesso, Ten-baka.” Sorrise Reborn, arruffandogli i capelli.  Aveva subito capito che la preoccupazione del ragazzo era di separarsi nuovamente dai suoi amici.

“ Vale anche per voi, razza di smidollati! Soprattutto per te, Simon. Devo forse ricordarti che tuo padre e Angelo Adith odiano i ritardi? ”

Il rosso rabbrividì a queste ultime parole. Le interminabili ramanzine del padre, miste ai noiosi discorsi del suo Guardiano sulla responsabilità dell’essere Boss li avrebbe volentieri evitati.

 

Così tutti quanti si diressero sotto indicazione del tutor nella sala da ballo, tranne il suo protetto.

 

“ Ascolta, Tengoku …”

Il cuore del ragazzo perse un colpo. Quando era stata l’ultima volta che lo aveva chiamato così? Forse mai, forse una sola volta …

“ … non so se tuo padre vuole, ma … questo è un mio regalo. Accettalo, o sarò costretto ad offendermi.”

 

Come al solito era impossibile capire quando Reborn parlava seriamente, perché introduceva intermezzi demenziali ogni volta che uno si aspettava un discorso ragionato.

Fatto sta, che il ragazzo non seppe mantenere lo stupore davanti ai due anelli che il killer gli stava mostrando.

Uno era piccolo e di acciaio, con una stampa dorata del simbolo dei Vongola.

L’altro invece aveva incastonate due pietre a forma di goccia, che unite formavano un cerchio. Era una specie di Ying e Yang, solo fatto di rosso fuoco e di un giallo splendente.

 

L’uomo mostrò anche una catenina di ferro e il ragazzo accolse tutti i doni, continuandoli a fissare meravigliato.

“ Li accetto, sono bellissimi! Grazie mille Reborn!”

 

Erano momenti come quelli in cui avrebbe … semplicemente voluto abbracciare quel pestifero rompiscatole.

 Con i suoi modi teatrali e dispettosi, con quel ghigno e la battuta sempre pronta.

Con il suo modo snervante di dire ‘Ten-baka’ e il suo sadismo negli allenamenti alle quattro del mattino.

Con la sua capacità di aiutarlo sempre e di capirlo fino a fondo … e di conoscere sempre la giusta soluzione ad ogni suo problema.

Con la sua mancata competenza nell’insegnamento, ma anche con i suoi velati modi di volergli bene.

 

Si asciugò una lacrima ed indossò il primo anello, quello con lo stemma, per poi seguire l’uomo a braccetto in un lungo corridoio.

 

 

 

“ Mamma, papà … sono nervoso.”

“ Oh, tesoro. Stai tranquillo. Durerà così poco che non te ne ricorderai nemmeno quando rivedrai i tuoi amici.” Lo consolò la cristallina voce di Kyoko.

 

“ Concordo.” Annuì serio Reborn. “ E poi non sei il solo ad essere nervoso … Tsuna, ti sei messo la giacca al contrario.”

“ Maledetto Reborn!” Il Decimo, che tutto sembrava n quel momento fuorché un Boss, sospirò nel vedere che quello del sicario era solo uno scherzo.

Chissà da chi aveva preso Tengoku?

 

 

Alcune note di piano segnalarono l’inizio della cerimonia.

 

Il Decimo aprì il portone di legno in cima alla scalinata, illuminando i volti dei tre alle sue spalle.

Centinaia di occhi si posarono su di loro, tutti colmi di rispetto per quella figura tanto maestosa quanto leale e giusta.

 

Al suo fianco prese Kyoko, che fino ad allora aveva tenuto per mano ten, subito affiancato dal suo padrino.

 

Insieme scesero le scale. Non si sentivano regali o importanti, ma l’importante era dedicare quel momento di silenzio all’amicizia e alla fedeltà.

 

Proseguirono, ai loro lati così tanti Boss accompagnati dai loro guardiani da non poter essere contati.

 

“ Certo che Tsuna ci sa fare con questi momenti.” Sussurrò Takeshi, punzecchiando con il gomito Ryohei, che annuì energicamente.

“ Testa a prato ed idiota del baseball! Dovete chiamarlo Decimo!” Gokudera, al suo fianco lo sgridò ad un tono di voce stranamente controllato.

 

“ Però è vero, sono tutti così meravigliosi …” mormorò tra sé e sé, cercando di trattenere la commozione per quella scena.

 

“ Vai così Ten!” si sbracciò Azura, dietro ai Decimi Guardiani, insieme agli altri del gruppo.

“ Mocciosi, vale anche per voi!” sbottò la Tempesta, stringendo i pugni per trattenersi dall’urlare a squarciagola.

 

 

Fortunatamente il Boss li aveva quasi raggiunti, quindi si concentrò in attesa del momento fatidico.

 

Stranamente, Tsuna si fermò a pochi passi da loro, mentre Reborn continuò imperterrito, seguito da un confuso Tengoku.

 

Cercò una risposta negli sguardi dei genitori, ma istantaneamente il padrino si fermò davanti ai sei uomini.

 

 

Il primo a farsi avanti fu Gokudera, la Tempesta Furiosa.

Gli si parò davanti e rimase serio per alcuni secondi, per poi accennare un sorriso carico di orgoglio.

 

Lentamente si inginocchiò e prese la mano con l’anello dei Vongola tra le sue, per poi baciarla con una calma teatrale.

 

Gli occhi del ragazzo sbiancarono e uno strano freddo gli pervase il corpo dalla testa ai piedi.

 

“ A voi …” Hayato si rialzò, porgendo un cofanetto rosso scarlatto al bruno, che lo prese ancora sconvolto.

 

Poi fu il turno di  Takeshi Yamamoto , la Pioggia Gentile, che ripeté lo stesso procedimento dell’argentato con un sorriso divertito che ripetute volte cercò di smorzare senza successo.

“ A voi …” disse, finalmente serio. Consegnò anche lui un cofanetto azzurro chiaro, passato a Reborn insieme al precedente.

 

Ritornò al proprio posto, scambiandosi con Ryohei Sasagawa, il Sole Splendente.

“ A voi!” ruggì, alzando velocemente il braccio che teneva uno scrigno giallo canarino, accompagnato da uno sguardo emozionato.

 

Arrivò anche Lambo, il Piccolo Fulmine, che ammiccò al ragazzo mentre consegnava anche lui lo stesso presente: un cofanetto verde smeraldo.

“A voi …”

 

 Chrome Rokudo, la Misteriosa Nebbia accennò un sorriso dolce al bruno, che per poco non arrossì quando la donna gli baciò la mano.

“ A voi …”

Il suo dono era  color indaco.

 

 Anche Hibari Kyoya, la Nuvola Solitaria, era presente.

Non si inchinò e non fece nessun baciamano, si limitò semplicemente ad assottigliare lo sguardo mentre mostrava un cofanetto color ametista.

“ A te.”

 

Sentì la presenza di Reborn sparire da dietro di lui, mentre contemporaneamente veniva affiancato da Tsunayoshi e da Kyoko.

 

Sua madre gli baciò la fronte, riprendendolo per mano e facendolo leggermente rinsavire.

 

“ Questa sera …” iniziò suo padre.

“ Non è un anniversario, o una qualsiasi giornata della memoria in seguito ad un evento preciso … questa data non ha un perché e non l’avrà mai. ” pareva così serio, eppure si capiva che anche lui era timoroso.

 

Le sue mani tremavano leggermente.

Ma non la sua voce.

 

“ Il perché di questa … festa, bhe … a molti potrà sembrare sciocco, dato che mai si era sentito prima in questa sede. Ma, io credo che, come dissi una volta ad un mio amico,  la collaborazione, l’importanza dell’alleanza e la fiducia debbano essere il nuovo cavallo di battaglia per la Famiglia.

Per tutti noi qui riuniti oggi. Sotto un tetto che ha rappresentato il valore di una fratellanza dai tempi di Giotto Vongola. Molti sanno che non sono mai stato d’accordo con gli ideali di Riccardo Secondo: per me la vera Famiglia è quella dove ti senti sempre a casa, circondato da parenti, amici … dall’amore. Ma, per quanto possa parere strano, credo anche nella filosofia di Primo: la Famiglia è giustizia, protezione da offrire ai giusti e la capacità di combattere gli ingiusti e i malfattori.

Se questa è non malavita, allora potreste dirmi che non sono un mafioso! Che sono un poliziotto, un avvocato, ma … questa è la mia visione. Formata grazie ad anni di prove … di passione … e di felicità nel sentirsi sicuri con qualcuno al proprio fianco. Alla Famiglia! All’Alleanza! ”

Un coro di ovazioni ripeterono queste ultime parole, sollevando bicchieri o semplicemente applaudendo, commossi od orgogliosi, dopo quel discorso che aveva scandito il silenzio e che aveva fatto breccia dentro di loro.

 

 

Erano una Famiglia.

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTORE:

 

Siamo dunque giunti alla fine di questa ‘Saga della Nascita’. Se penso a come è iniziato tutto, non posso non sorridere. Ho attraversato, abbiamo attraversato, attraverso i capitoli un lungo lasso di tempo di quasi nove mesi.

E’ stato bello, è stata dura ma i miei sforzi, la mia testardaggine e tutte le ore passate a scrivere sono state più che premiate dal vostro appoggio nelle recensioni.

Grazie, grazie a tutti voi. Spero continuerete a seguire con altrettanta passione  anche la prossima Saga.

Nessun welcome back, stavolta ;) !

 

Alla prossima !

P.S: I titoli come ‘Tempesta Furiosa, Pioggia Gentile, Piccolo Fulmine,  Sole Splendente e Nuvola Solitaria’ sono stati presi dalla raccolta di drabble di Maki Chrome: I COLORI DEL CIELO http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2937628

P.P.S: Perdonate la schifezza che è stato il dialogo finale di Tsuna …

   
 
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