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Autore: RobertaShaira    07/09/2015    0 recensioni
I pensieri di Will subito dopo gli avvenimenti della 3x08, quando si ritrova finalmente faccia a faccia con Hannibal dopo troppo tempo in cui sono stati lontani.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hannibal Lecter, Will Graham
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Tre anni. Tre lunghi anni senza quell’uomo nella sua vita. L’ultima volta aveva voluto dirgli addio, aveva avuto bisogno di dirglielo perché non sapeva più dove finiva lui e iniziava Hannibal. 
“Non voglio pensarti, non voglio sapere dove sei, non voglio sapere cosa stai facendo. Addio.”
Gli risuonavano in testa le sue stesse parole e ogni giorno, in tutti quegli anni, aveva capito quanto fossero state inutili. Non poteva scappare, non aveva mai potuto farlo, fin da quando i due erano chiusi nelle quattro mura dello studio di Hannibal a psicanalizzarsi a vicenda, a scrutarsi, e Will si era fidato di quell’uomo strano che era entrato nella sua vita come nella sua mente, e nella sua anima, senza possibilità di tornare indietro. 
Eppure Hannibal gli aveva fatto del male, forse proprio perché si erano entrati dentro in quel modo indissolubile, forse proprio perché le loro menti si compensavano, forse proprio perché Will rendeva l’animo di Hannibal un po’ più luminoso tanto quanto Hannibal rendeva l’animo di Will un po’ più oscuro. Si erano fatti male a vicenda nel corso di quella che era stata la loro contorta e insana relazione, Will si era insinuato nella quotidianità di Hannibal facendogli credere di voler essere come lui, di volersi lasciare andare a quel lato di sé che solo con Hannibal poteva palesarsi. Will pensava di poter illudere Hannibal ma in realtà prendeva in giro se stesso, perché quel lasciarsi andare lo portò a provare cose che non aveva mai immaginato di poter provare, a fare cose di cui non si credeva capace, cose che fino a quel momento aveva immaginato solo quando si immedesimava nelle menti dei peggiori serial killer. Ma stavolta non c’era nessuna maschera, nessuna immedesimazione, nessun progetto o disegno di qualcun altro. Stavolta c’erano lui e Hannibal. Era tutto reale. Era tutto orribile. Ed era tutto tremendamente attraente. Come quell’uomo, che lo aveva trascinato in un baratro di perdizione e ossessione. Aveva cercato di tirarsene fuori, Will, ottenendo per tutta risposta la visione dell’uccisione di Abigail che credeva già morta da tempo, e un coltello dritto nello stomaco accuratamente posizionato in modo da non ferirlo mortalmente. 
Erano passati mesi prima che Hannibal e Will si rivedessero, mesi in cui erano l’uno il punto fisso dell’altro, mesi in cui non riuscivano a pensare, chi in un modo chi in un altro, a quella famiglia che sarebbero potuti essere. Hannibal voleva solo qualcuno che lo capisse, che gli entrasse nella mente e nell’anima come d’altronde aveva fatto Will. D’altro canto Will non poteva accettare di abbandonarsi all’invitante e macabro stile di vita di Hannibal. Quell’uomo, quello psicopatico, quell’irresistibile, affascinante, attento, scrupoloso, assolutamente straordinario (nella sua follia) killer, era stato suo amico. Era stato pura e semplice continuazione del suo essere. Fin quando non avevano provato ad eliminarsi a vicenda perché erano come un anima che vive in due corpi e si sentivano persi, avevano entrambi bisogno che qualcuno prevalesse, che qualcuno definisse ciò che erano, ciò che non potevano essere, ciò che erano stati e ciò che in un mondo utopico tutto loro sarebbero potuti diventare. Erano troppo legati, malsanamente legati, non potevano reggere quello che erano l’uno per l’altro. Eppure, nonostante tutto, nonostante i tentativi di staccarsi, di uccidersi addirittura, finivano sempre per salvarsi a vicenda. 
Ma Will non poteva continuare così, doveva staccarsene, doveva allontanarsi. Doveva. 

“Non voglio pensarti, non voglio sapere dove sei, non voglio sapere cosa stai facendo. Addio.”
Tre anni passati ed ora si trovavano uno di fronte all’altro, con solo una parete di vetro a separarli. 
Will aveva bisogno di lui, e sapeva che infondo non era solo per l’aiuto che Hannibal poteva dargli, grazie alla sua capacità di immaginare cosa potesse passare nella mente del nuovo, spaventoso, assassino di cui doveva occuparsi. Bastò rivederlo per far riaffiorare in lui tutte quelle emozioni che ormai cercava disperatamente di soffocare da anni. Quell’uomo gli mancava immensamente, gli mancava perché da quando l’aveva conosciuto era diventato, fondamentalmente, una parte di lui. Si era sentito incompleto in tutti quegli anni, aveva disperatamente tentato di colmare il vuoto avvicinandosi ad una donna e al suo bambino, era tornato a godere della compagnia dei suoi amati cani ma niente, niente era bastato per farlo sentire completo. Solo in quel momento, con Hannibal a pochi centimetri di distanza, finalmente si sentiva sé stesso. Come se una forza magnetica li attraesse l’uno all’altro, come se dovessero unirsi in un unico corpo, come se fossero nati per essere l’uno la bussola e l’altro l’oceano in tempesta. 
In quel momento, però, non aveva idea di quale fosse il suo ruolo. Aveva sempre pensato di essere la bussola, di essere quello che poteva condurre Hannibal sulla strada giusta. E Hannibal, oceano in tempesta, era caos puro che aveva bisogno di qualcuno che lo direzionasse verso la via della redenzione. 
Ma non esisteva redenzione per quell’uomo, che si era arreso e fatto arrestare solo per far sì che Will sapesse sempre dove trovarlo, solo per far sì che quell’addio pronunciato dall’unica persona a cui si era sentito legato dopo anni restasse solo una parola persa nel vento. 
Ma Will, in che quel momento, dinanzi ad Hannibal, si sentiva tutt’altro che l’ago della bussola, l’unica cosa che sapeva era che voleva scappare via, non da lui, ma con lui. Ed ecco che sentì la tempesta nascere e crescere nel suo animo, come sempre quando stava con Hannibal la sua morale scalpitava e perdeva ogni volontà, ogni parvenza di amor proprio. 
Lo sguardo di Hannibal era la sua bussola, dopo tutto quel tempo come all’inizio. Will si sentiva impotente, prigioniero delle sue emozioni, di quella situazione orrenda, di quell’uomo che gli aveva scombussolato la vita, prigioniero di un uomo che anche da prigioniero era comunque quello più libero tra i due. 
“Salve Will”
“Salve Doctor Lecter”
Queste parole rimasero sospese nell’aria mentre i loro occhi restavano fissi gli uni negli altri. 
C’era voluto tanto tempo, ma eccoli di nuovo lì. Insieme. 
Erano passati anni ma sembravano niente, tutto sembrava niente in confronto a loro due. Di nuovo lì. Di nuovo insieme. 
Come se non si fossero lasciati mai, come se non si fossero separati mai. Come se, semplicemente, fosse impossibile essere altro al di fuori di quello che erano insieme.
 
   
 
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