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Autore: Edith Edison    08/09/2015    0 recensioni
Newtmas||1488 parole||Spoiler!The Scorch Trials||Capitolo 12
Il ragazzo scrollò via la mano di Newt e cominciò con il suo solito sproloquio di commenti sarcastici, ma Thomas si era già estraniato, mentre il ritmo del suo cuore aveva iniziato a battere forte una serie di colpi quasi dolorosi. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era quello che avevano tatuato sul suo collo.
Che doveva essere ucciso.
***
Aveva bisogno di aria.
Aria.
Perché non riusciva a respirare?
***
« Thomas, per favore, rispondi. »
Di nuovo la stessa voce.
Lo stava chiamando.
Stava reclamando la sua presenza nella realtà, stava tentando di strapparlo via a quella dimensione confusa che lo aveva lentamente ed inesorabilmente risucchiato.
***
« Se avete finito di fare gli innamorati, qui ci sarebbe Jeff pronto a visitare Thomas. »
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Newt, Thomas
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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How could I breathe without you?


 
« Dobbiamo essere certi di avere un vero leader prima di domani. Non possono esserci dubbi su chi comanda. »
« Questa è la cosa più ridicola e da faccia di caspio che tu abbia mai detto » commentò Minho. « Tu sei il leader, e lo sai. Lo sappiamo tutti. »
Newt scosse la testa in modo deciso. « La fame ti ha fatto dimenticare quei cavolo di tatuaggi? Pensi che siano solo decorazioni? »
« Oh, per favore » replicò Minho. « Credi davvero che vogliano dire qualcosa? Stanno solo giocando con la nostra testa! »
Invece di rispondere, Newt di avvicinò a Minho e gli abbassò la maglietta per lasciare scoperto il suo tatuaggio. Thomas non aveva bisogno di guardare, se lo ricordava. Designava Minho come il Leader.
Il ragazzo scrollò via la mano di Newt e cominciò con il suo solito sproloquio di commenti sarcastici, ma Thomas si era già estraniato, mentre il ritmo del suo cuore aveva iniziato a battere forte una serie di colpi quasi dolorosi. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era quello che avevano tatuato sul suo collo.
Che doveva essere ucciso.*

 

Gli sembrò che il mondo intorno a lui stesse lentamente svanendo, ogni contorno andava sfocandosi sempre di più fino ad assumere l'aspetto di una massa informe. 
Ogni suono percepito dal suo nervo acustico dava l'impressione di provenire da metri e metri di distanza, le voci di Minho e Newt erano così lontane.
Sentiva il sudore imperlargli la fronte e il respiro farsi sempre più pesante. 

Aveva bisogno di aria. 
Aria.
Perché non riusciva a respirare?


La situazione che stavano vivendo lo travolse tutto ad un tratto: la scomparsa di Teresa, Aris, l'Eruzione, l'Uomo Ratto che blaterava qualcosa sulle Variabili che la C.A.T.T.I.V.O. aveva inflitto loro ed avrebbe continuato ad infliggere finché non avrebbero sviluppato una cura, la Zona Bruciata, il Pass Verticale che avrebbero dovuto attraversare il giorno seguente.
Perché cos'altro avrebbero potuto fare?
La C.A.T.T.I.V.O. li aveva in pugno, erano solamente dei burattini nelle loro sporche mani, controllavano le terminazioni nervose di ognuno dei Radurai e ciò voleva dire che potevano influenzarli a proprio piacimento.
Potevano manipolarli.
Chiuse gli occhi con forza, con la speranza che tutto intorno a sé sarebbe scomparso e lui si sarebbe ritrovato a casa sua, con sua madre che cucinava nella stanza accanto alla propria e all’esterno il cielo che splendeva azzurro poiché le eruzioni solari non avevano devastato il mondo senza pietà.
Eppure riusciva a percepire solo dolore e preoccupazione ed ansia, sentimenti che imprigionavano la propria cassa toracica e non permettevano ai polmoni di contrarsi normalmente.

Aria.
Non riusciva a respirare.
Stava morendo?


Era stato così stupido a pensare che fuori dal Labirinto sarebbero stati liberi di vivere la propria vita, una vita migliore di quella da Radurai, una vita costellata da decisioni e libertà.
Ma la verità era che la libertà per loro non esisteva, non più. 
Perché erano degli esperimenti, speciali, di inestimabile valore, erano parte di quel progetto che - a detta dell'Uomo Ratto - avrebbe portato al raggiungimento della 'più grande conquista nella storia della scienza e della medicina'.
Stavano aiutando se stessi e i loro amici - visto che, a quanto pareva, avevano tutti contratto la malattia - ed il resto del mondo, quei pochi sopravvissuti alle eruzioni solari che sarebbero potuti impazzire da un momento all'altro a causa del virus. 
Cadde in ginocchio e si portò automaticamente una mano al petto, le dita affondarono nella camicia di flanella del pigiama che avevano indossato la sera prima.

Stava morendo?
Come si faceva a respirare?
Perché era così difficile incanalare una manciata di ossigeno?


Si ricordò degli Spaccati, i loro occhi iniettati di sangue che galleggiavano in un mare immenso di follia, le macchie verdastre simili a muschio al posto dei capelli e le ferite e le cicatrici sparse per tutto il corpo, così come i visi ustionati dai potenti raggi ultravioletti.
Un brivido lo percorse tutto.
Anche lui avrebbe assunto quello spaventoso aspetto nel caso in cui non fossero stati capaci di raggiungere il porto sicuro dopo aver attraversato la Zona Bruciata?
Era quello il destino che attendeva lui ed i suoi amici?
Dopo tutto ciò che avevano affrontato?
Beh, forse non sarebbe diventato uno Spaccato, forse non ne avrebbe avuto la possibilità. 

Perché come avrebbe fatto a sopravvivere senza aria?
Come sarebbe rimasto vivo senza respirare?


Probabilmente il tatuaggio era soltanto un altro giochetto della C.A.T.T.I.V.O..
Gli avevano fatto credere di avere impresse sulla pelle quelle lettere nere per scuoterlo da capo a piedi, per provocare in lui una reazione emotiva violenta a tal punto da sfinire il proprio corpo e permettere alla vita di abbandonarlo.
Era tutto un piano, una bufala.
Lo stavano prendendo in giro per l'ennesima volta.
Eppure ogni cosa era più seria: quello era un gioco mortale. 
E Thomas doveva trovare un modo per ingannarli a sua volta - per ingannare se stesso. Come poteva andare avanti senza fidarsi nemmeno del proprio istinto, dei propri pensieri? -, per vincere quel dannato gioco mortale e mandare a monte i loro fottuti schemi.
Non avrebbe lasciato che uno stupido tatuaggio determinasse il corso della propria vita.

Ma come poteva destarsi quando quella morsa non gli lasciava scampo?
Come si faceva a respirare?
Perché non riusciva a respirare?!


« Tommy! » 
Una voce.
Chi aveva parlato?

« Thomas, per favore, rispondi. »
Di nuovo la stessa voce.
Lo stava chiamando.
Stava reclamando la sua presenza nella realtà, stava tentando di strapparlo via a quella dimensione confusa che lo aveva lentamente ed inesorabilmente risucchiato.
« Thomas, ascoltami. Apri gli occhi. »
Si aggrappò a quella voce, a quell’accento inglese incredibilmente marcato, ne fece la sua via di fuga, l’unica possibilità che gli era rimasta per poter sopravvivere.
Tentò di ricordarsi come respirare; inspirò con forza dal naso e poi buttò fuori l’aria inalata dopo qualche secondo, riacquisto parzialmente percezione del proprio corpo e fece ciò che la voce gli aveva ordinato: aprì gli occhi.
E se li ritrovò incastrati in altri due marrone scuro che lo scrutavano millimetro per millimetro illuminati da una strana luce, sgranati a causa dell’espressione inquieta che deformava il viso nel quale erano incastonati.
Il viso di Newt.
Sì, Thomas era sicuro che quello fosse il viso di Newt.
E nell’esatto istante in cui Newt esalò un sospiro di sollievo, una boccata di aria pulita si scontrò contro il volto di Thomas.
Quando Newt fu sicuro che il moro stesse bene, che si era ripreso, Thomas riprese a respirare. Ed era una cosa che faceva paura perché nessuno dei due fino ad allora aveva saputo di essere così dipendente da un’altra persona.
Thomas aveva Teresa, certo, riuscivano a comunicare telepaticamente ed ascoltare la voce della ragazza nella propria testa e sapere che lei fosse in grado di sentire la sua era qualcosa di piuttosto intimo.
Ma il collegamento che stava percependo in quel momento con Newt – era talmente consistente da sembrare materialmente esistente – era tutt’altro: lo sentiva fin nelle viscere, si trattava di una forza invisibile che lo teneva unito al biondo e si chiese come avesse fatto ad accorgersi solo allora di quel legame.
Un legame folle e spaventoso, insano: non poteva condividere la propria essenza con qualcuno e anche solo pensare di uscirne indenne.


Pian piano riprese consapevolezza del mondo che lo circondava, delle voci dei Radurai nella stanza centrale, di Newt che intimava a Minho di chiamare i Medicali, dei passi dell’asiatico che si allontanava.
In un secondo momento, notò le mani di Newt premute sulle guance – dove dovevano essere rimaste per un bel po’ di tempo dato il calore che lo stava invadendo – e lo osservò chiudere gli occhi e poggiare la fronte sulla sua.
« Stai bene? »
Il respiro del biondo si infranse sulla suo viso, era rassicurante e sapeva di Newt in una maniera così particolare che lo tranquillizzò e fece sentire a casa.
Premette la guancia sulla sua mano, imprimendo una pressione che sperava fosse riuscita a calmarlo, poi voltò leggermente il capo e gli lasciò un bacio sulla pelle del palmo.
In altre circostanze quel gesto si sarebbe rivelato terribilmente imbarazzato e una sorta di tensione avrebbe preso forma tra loro due, ma in quel momento instaurare un contatto fisico era di vitale importanza per entrambi: per Newt perché aveva rischiato di perderlo ed aveva distintamente sentito le forze abbandonarlo insieme al colorito del ragazzo, per Thomas perché aveva intenzione di scoprire ogni sfaccettatura del filo che li collegava.
« Sto bene. »
« Non farlo mai più, Tommy. »
Thomas sorrise nell’udire il giovane pronunciare l’abituale soprannome che gli aveva affibbiato.
« Mai più, Newt. »
E Thomas si domandò, mentre era ancora estremamente vicino a lui, come avesse fatto fino ad allora a respirare. Come avesse fatto a respirare senza Newt.
 
« Se avete finito di fare gli innamorati, qui ci sarebbe Jeff pronto a visitare Thomas. »
 




*tratto dal capitolo 12 di 'Maze Runner: La fuga.

Una semplice fan-fiction che mi balenata in mente mentre
rileggevo qualche frase del secondo libro della saga. 
L'ultima frase è chiaramente opera di Minho:)
Spero che vi piaccia!

 

 
   
 
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