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Autore: Jimmy_xx    08/09/2015    2 recensioni
Charlie ha diciotto anni, è una ragazza timida che ama la musica e odia il suo aspetto. Non sa che in quel normale e monotono giovedì di aprile la sua vita cambierà. Lei, vista da tutti come una persona debole e lunatica, riuscirà a tener testa a questo cambiamento?
Dal primo capitolo:
"Sento della musica provenire dalla casa di fianco [...] Ciò a cui assisto e che sta accadendo in questo stesso istante in quella stanza mi fa schiudere la bocca e spalancare gli occhi: c’è un ragazzo a petto nudo che si sta cambiando la maglietta."
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CHARLIE


Giovedì 27 aprile.
La mia sveglia suona sempre al solito orario, 6:15 del mattino, ma finisco comunque per alzarmi alle sei e trenta e fare le corse per non rischiare di perdere il pullman. Per fortuna anche oggi sono riuscita a salire pochi secondi prima che le porte si chiudessero e mi lasciassero a casa.
In pullman mi piace sedermi vicino al finestrino, mettermi la musica alle orecchie e isolarmi dal resto dei ragazzi che fanno confusione parlando, ridendo, facendo i compiti o anche russando. Oggi i miei pensieri vagano irrequieti, per questo decido di ascoltare musica che mi trasmetta tranquillità e seleziono la playlist che ho creato sul cellulare con dei brani di Ludovico Einaudi. È piacevole. Da dove abito io, ci vogliono circa quaranta minuti per arrivare alla fermata in città e altri quindici per andare a piedi dalla fermata a scuola.
Scendo dal pullman e mi incammino verso scuola, circondata da altri ragazzi che ogni mattina affrontano il mio stesso viaggio. Ormai so attribuire ad ognuno di loro il nome e la classe, chissà se anche loro sanno io chi sono. Forse mi faccio troppi problemi. Davanti a me c’è il gruppetto dei quattro ragazzi del quinto anno, si chiamano Peter, Christopher, Dante e Daniel, la loro classe è di fronte la mia. In genere i temi dei loro discorsi variano tra football, ragazze, uscite del sabato sera, professori incapaci, pullman troppo pieni… insomma discorsi interessanti (sono ironica), ma normali per questa età. Dietro di me c’è la ragazza del secondo anno che sta camminando da sola a passo svelto e ascolta la musica, come sto facendo io. Credo si chiami Claire.  Affianco a lei ci sono un ragazzo e una ragazza che si tengono per mano, i fidanzatini che non possono mai mancare all’appello. Lui è al quarto anno, si chiama Larry. Lei è al secondo anno e si chiama Abigail. Di fianco a me c’è un ragazzino, credo sia del primo anno, ha un’andatura costante e veloce, ha l’aria di essere timido, non sembra sentirsi a suo agio. Probabilmente perché è circondato da persone più grandi; ma non ne ho idea. Di lui non ricordo il nome.
Arrivo a scuola, tolgo l’auricolare dalle orecchie e raggiungo il gruppo della mia classe. Quando arrivo io in genere ci sono quasi tutti perché dopo cinque minuti suona la campana e siamo costretti ad entrare. Il mio posto si trova nella fila centrale della classe, terzo banco. Alla mia destra, come compagna di banco, siede Tallulah. Lei è per certi versi molto simile a me, in particolare per quanto riguarda l’aspetto esteriore; ma abbiamo dei gusti un po’ diversi e in genere lei è più socievole di me, io sono più chiusa. Mi piace trascorrere il tempo insieme a lei, mi fa sempre ridere, ci divertiamo un mondo a “fare cose pazze”, a parlare di ragazzi e a guardare film horror, che poi la notte non ci fanno chiudere occhio. È la persona migliore che conosco, le voglio un mondo di bene. La giornata di scuola inizia con due ore di letteratura inglese: Shakespeare. Praticamente un sonnifero, infatti non riesco ad ascoltare una sola parola, ho troppo sonno.
−Ehi Charlie, che ne dici di venire a casa mia domani così possiamo ripetere insieme chimica e fare un po’ di esercizi? – mi sussurra Tallulah per non farsi sentire dalla professoressa.
−Mi sembra un’ottima idea, oggi quando torno a casa lo chiedo a mia madre e ti mando un messaggio con la risposta.
−Mitica! – esclama Tallulah con un ampio sorriso – non mi piace come sta spiegando Shakespeare la professoressa, lo fa sembrare noioso, in realtà è molto più bello, più… intenso!
−Piacerà a te, io non riesco proprio a capirlo. – esclamo rammaricata. Si, Shakespeare, o comunque la letteratura non fanno per me, non riesco a farmele entrare in testa e non capisco le persone, tipo Tallulah, cosa ci trovino di così “intenso”.
 
Torno a casa, sono le 14:45; muoio di fame! Appena metto piede dentro, trovo mia madre indaffarata nel pulire la cucina e vedo che ha lasciato sul tavolo un piatto coperto con la pasta, il mio adorato pranzo; mio padre invece sta dormendo sul divano con la televisione accesa, un classico. Poso lo zaino, vado da mia madre a salutarla e poi mi siedo a tavola.
− Sto morendo di fame! Come hai fatto la pasta?
− Con il ragù bianco, spero ti basti. Come è andata a scuola? – mi chiede.
− Bene, la solita monotonia. Domani posso andare a studiare da Tallulah? Mi viene a riprendere papà quando finisce a lavoro. – chiedo con la bocca piena, mi sto ingozzando, ho troppa fame.
−Okay, basta che mi tieni informata sui vostri spostamenti.
−Sarà fatto. –
Finisco di mangiare, metto il piatto nella lavastoviglie, prendo lo zaino e vado in camera. Appena mi siedo sul letto mando un messaggio a Tallulah per dirle che per domani è confermato. Mi risponde con un evviva seguito da dieci punti esclamativi e subito dopo con un “potresti darmi i compiti per domani??? Graaaaazie!”. La solita Tallulah, inaffidabile.
Mi sdraio, non ho ancora voglia di iniziare i compiti. Guardo l’armadio e decido di giocare, di passare un’oretta di divertimento. Inizio a svuotarlo, metto tutti i vestiti sul letto, prendo le scarpe e le allineo tutte ai piedi del materasso, vado in bagno, prendo la scatola dove teniamo i trucchi e la poso sulla scrivania. Ho voglia di vestirmi in tutti i modi, provare tutti gli outfit possibili, per me è un metodo di sfogo e divertimento per distrarmi da tutto e da tutti. Per primo scelgo un vestito nero che usai la primavera scorsa per il matrimonio di mio zio Joshua, dovrebbe entrarmi ancora, non credo di essere cresciuta. Lo indosso e mi fa impazzire, è bellissimo, mi fa apparire più carina di come sono in realtà. Come scarpe seleziono degli stivaletti neri con i lacci e con un tacco di circa tre centimetri. Sono un modello sportivo che abbinato a questo vestito non mi rendono né troppo elegante né troppo casual. Dalla scatola dei trucchi tiro fuori il rimmel e lo applico alle ciglia per renderle più lunghe e più scure. È il momento del giudizio, mi avvicino allo specchio che si trova nell’angolo della mia camera e mi guardo. Sicuramente questo vestito mi rende migliore di come sono. Il mio viso truccato solo alle ciglia appare più luminoso, ho gli occhi più grandi. I capelli lunghi e castani con delle schiariture dorate mi scendono sulle spalle scoperte, coprendole. Il vestito è senza spalline ma con le maniche che arrivano fino al gomito; la gonna parte dai fianchi e mi arriva sopra le ginocchia; è a ruota corta. Amo questo vestito perché risalta le parti del corpo che più mi piacciono, cioè le mie gambe, lunghe e esili, e il mio decolleté, che non è ne troppo grande né troppo piccolo; insomma una dimensione adatta alla mia età adolescenziale. Ciò che non amo di me è il mio viso; il naso è piccolo ma abbastanza lungo e la bocca è anch’essa piccola con il labbro superiore più sottile. Lo odio, ma non posso farci molto. Divento triste, cupa, smetto di giocare e rimetto tutto a posto. Si, direi che tra i tanti aspetti negativi del mio carattere c’è anche quello, si esatto, sono lunatica.
Sistemata la stanza, mi siedo davanti la scrivania intenzionata ad iniziare i compiti, ma non sono molto convinta. Guardo l’orario, sono le quattro del pomeriggio, vuol dire che ho ancora una mezz’oretta di svago. Mi vado a sedere sul davanzale della finestra e inizio ad osservare quello che mi circonda. La mia casa è a due piani, circondata da un giardino abbastanza grande. Dal lato della mia camera posso vedere la casa dei vicini; la forma è molto simile a quella della nostra, due piani, un grande giardino, due terrazzi e un davanzale. Qui intorno in effetti le case sono fatte tutte allo stesso modo. Sento della musica provenire dalla casa di fianco, da dove mi trovo riesco a intravedere una finestra delle stesse dimensioni della mia nella casa dei vicini. Ciò a cui assisto e che sta accadendo in questo stesso istante in quella stanza mi fa schiudere la bocca e spalancare gli occhi: c’è un ragazzo a petto nudo che si sta cambiando la maglietta. Mi risveglio di soprassalto da questa visione e mi vado a nascondere dietro il letto. Speriamo non mi abbia vista, sarebbe vergognoso! Però, chi era quel tipo? Non l’ho mai visto. In quella casa ci abitano il signore e la signora Calbart, due vecchi sposati da non so quanti anni. Non li frequentiamo molto, ma comunque quando capita di incontrarsi o di vedersi attraverso la recinzione che separa i due terreni, ci salutiamo e parliamo del più e del meno. Cavolo, chi è quello? Devo dire che aveva un fisico da fare invidia.
Finisco i compiti in tempo per la cena. Stasera ci siamo solo io e mia madre perché papà ha il turno di notte nell’azienda dove lavora. La aiuto a finire di apparecchiare la tavola e ci sediamo una di fronte all’altra. Io e mia madre ci assomigliamo molto, abbiamo gli stessi capelli,  gli stessi occhi e la stessa bocca. Il naso purtroppo l’ho ereditato da mio padre.
−Hai finito tutti i compiti? – mi chiede mia madre.
−Si, finiti appena in tempo per venire qui a mangiare.
−Menomale, dai. Cosa dovete studiare domani tu e Tallulah?
−Chimica. La professoressa ha detto che sabato ci farà fare una simulazione della verifica della prossima settimana, che allegria! – esclamo, con voce bassa e seria. – Mamma, sai per caso se è arrivato qualcuno a casa dei vicini? Perché ho sentito della musica provenire dalla stanza di fronte la mia. – chiedo curiosa.
−Ah, mi ero dimenticata di avvertirti, la signora Calbart mi ha detto che oggi verso l’ora di pranzo sarebbe arrivato suo nipote dall’Australia e ha chiesto scusa in anticipo per eventuali rumori fuori dalla norma perché a quanto pare il ragazzo è un appassionato di musica o qualcosa del genere. – mi spiega, con aria divertita.
−Ecco, ora è tutto chiaro. Grazie per l’informazione, anche se arrivata in ritardo.
−Figurati. Ora che ci penso mi ha anche detto l’età e il nome. Se non mi ricordo male dovrebbe avere 23 anni e si chiama Mickey, o forse Ricky?! No, non ricordo. Sai potresti andare a conoscerlo, non è molto più grande di te. – dice mia madre con un tono troppo strano.
−Mamma! Ma cosa dici?! Ti sembra normale che io mi presenti a casa loro per “conoscere” questo nipote apparso dal nulla che ha il nome di un topo?
−Calmati signorina, io stavo dicendo così per dire, e poi non credo ci sia nulla di male.
−No, fidati, c’è molto di male!
−Okay, fai tu. Quando hai finito di mangiare togli il tuo piatto e vai a dormire, altrimenti domani farai di nuovo tardi per il pullman.
−Comandi! – esclamo, ancora sconvolta dalla discussione appena terminata.

***
Angolo autore
Okay, questa è la mia prima storia, spero vi piaccia! Spero di non aver scritto nulla di tremendo ahaha. I prossimi capitoli sono quasi pronti, cercherò di pubblicarne uno ogni uno-due giorni. Recensite e fatemi capire se c'è qualcosa che dovrei aggiustare, sono gradite recensioni positive e negative!
Detto questo, al prossimo capitolo!
Baci, Jx.
   
 
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