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Autore: xmeinwonderland    09/09/2015    0 recensioni
Che lui l'avesse amata era palese.
E che lui l'amasse ancora era certo.
Calum amava Amanda quando la stringeva stretta a sé uno di quei sabati sera, finiti come sempre a guardare per l'ennesima volta «Rapunzel», il film preferito di lei.
L'amava persino quando la chiamava "idiota", con tutta sincerità.
L'amava anche quando litigavano per il cibo migliore del mondo- secondo lui le lasagne, e secondo lei le patatine fritte.
L'amava quando le baciava la testa prima di dormire, e quando lei sussurrava "ti amo, cal."
Amanda, dal canto suo, amava Calum quando si addormentava sul divano in uno di quei sabati sera, proprio mentre Flynn Rider diceva a Rapunzel che era il suo nuovo sogno. Che quello era in assoluto il pezzo preferito da lei.
L'amava quando lui insisteva nel vedere un film horror, ma poi cedeva a lei, che preferiva di gran lunga guardare un cartone della Dianey.
L'amava quando la stringeva possessivamente a sé ovunque andassero, giusto per sottolineare che lei fosse di sua proprietà.
L'ha amato quando un giorno di pioggia uscì sotto casa di Amanda, urlandole che l'amava più della sua stessa vita.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum Hood, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Te vonno sorridente tra ‘sta gente finta.”

 

Allison era entrata nella mensa dell’istituto, e dopo aver fatto la fila per prendere il cibo, che quel giorno consisteva in un ammasso di fili rossi tutti appiccicati che chiamavano “spaghetti al sugo”, e una fettina, si guardò intorno, cercando il tavolo dei suoi amici.
Una mano che si contorceva, attirò la sua attenzione.
Era Calum, seduto al solito tavolo lungo, sotto alla grande vetrata, che le stava facendo cenno di unirsi per pranzare con loro.
Allison pensò bene di passare prima al tavolo dei suoi amici, che consistevano in tre persone, per avvertirli del fatto che avrebbe mangiato con altra gente, dunque andò verso il moro, sedendosi a qualche sedia più a destra, rispetto a dove si trovasse Calum.
<< Ragazzi, lei è Allison. >> La presentò il ragazzo, mentre la bionda abbozzava un timido sorriso e ricambiava il saluto a tutti.
Poi partirono ovviamente le presentazioni, iniziando da un tizio davanti a lei, castano e riccio, con gli occhi verdi, tanto diversi dai suoi quanto belli, che si chiamava Ashton. Il ragazzo dai capelli bianchi, con una frangia nera, accanto a lei, si chiamava Michael, poi si presentò la ragazza alla sua sinistra, Acacia, poi una castana vicino a Calum, Emily, una rossa, la quale aveva trattenuto i suoi lunghi capelli in una coda alta, Louise.
<< Allison.. Parks, vero? Facciamo educazione fisica insieme, se non sbaglio. >>
La bionda annuì, dando così ragione ad Acacia.
<< Dunque, hai diciassette anni >> Constatò Michael, dopo aver sentito che andasse in classe con Acacia.
Anche qui Allison annuì, troppo impegnata a mangiare quella poltiglia per poter parlare.
<< Da quant’è che frequenti questa scuola? >> Alla domanda posta da Calum, Allison dovette per forza rispondere.
<< Da settembre. >> Prese una caraffa d’acqua dal tavolo, versando un po’ del liquido nel proprio bicchiere.
<< Perché io non ti ho mai visto? >> Il moro sembrava più che stesse parlando con se stesso, che con lei, quindi Allison pensò che non dovesse rispondere proprio alla domanda.
Il pranzo andò avanti per una mezz’oretta, dove Allison non fece altro che rispondere alle domande che loro le ponevano.
 
 
 
Dopo altre quattro ore di lezione, Calum poté finalmente uscire da quel manicomio e dirigersi verso la sua Audi nera.
Prima che salisse, notò Allison qualche metro avanti a lui, che aveva tutta l’aria di avviarsi verso la fermata dell’auto.
<< Allison, vuoi un passaggio? >> Dunque la chiamò, perché non sapeva cosa pensasse la ragazza degli autobus, ma a lui non piacevano per niente.
La bionda corse verso Calum, annuendo freneticamente, dopo aver urlato da lontano un “Grazie.”
Si allontanarono da lì, e dopo aver svoltato la prima curva, Calum si rese conto effettivamente di non sapere dove abitasse.
<< Che deficiente che sono; dove abiti? >>
Allison scoppiò in una fragorosa risata, dicendogli la via e dandogli indicazioni su cui arrivarci. A quel punto il moro la interruppe, facendola arrossire per la seconda volta quel giorno.
<< Ferma, ferma, so dov’è. Sono diciannove anni che vivo qui. >> Le mostrò uno dei migliori sorrisi che avesse mai fatto, e lei bofonchiò uno “Oh, scusa.”, iniziando poi a torturarsi le mani dall’imbarazzo.
<< E’ lontano da questo liceo, perché non ne hai scelto uno vicino casa tua? >>
Il ragazzo, che odiava il silenzio, in generale, pensò bene di dover dire qualcosa, mentre Allison scrollò le spalle << Mio padre è un professore, e l’hanno ammesso lì, quindi ho pensato di andarci anche io. >>
<< Oh, e cosa insegna? >>
<< Biologia. >>
Calum annuì, non era una delle sue materie preferite –aveva, almeno, una materia preferita? –ma il professore Parks non era un suo insegnante; lui aveva una donna, ad insegnargli biologia.
<< Non lo conosco >> Infatti disse.
<< Beh, non mi aspettavo lo conoscessi, in fin dei conti, è qui solo da tre mesi. >>
Calum si incuriosì, anche perché lui era già abbastanza un ragazzo curioso di suo, dunque le porse un’altra domanda.
<< Da quanto ho capito, non sei di Chicago. >>
Allison scosse la testa << No, prima abitavo a Denver. >>
<< Denver.. ci sono andato in vacanza tipo all’età di dieci anni, magari ci siamo anche incontrati. >> Il ragazzo rise, seguito dalla bionda, che scosse subito la testa, di nuovo.
<< Ne dubito, io a quell’età abitavo ancora a Canberra. >>
<< Quindi, sei Australiana? >>
Allison annuì, e Calum non aveva ben capito dove lei fosse nata, ma non volle comunque più tornare su quel discorso, o si sarebbe rincoglionito ancora di più.
Alla fine, dopo una quarantina di minuti, era di ritorno a casa, e stava attraversando il vialetto della sua abitazione.
Ovviamente i genitori erano tornati, perché lui prima di uscire aveva chiuso le persiane del salotto, mentre ora erano aperte.
Suonò al campanello, e qualche minuto dopo aver sentito urlare un uomo con “arrivo subito”, finalmente la porta si aprì.
Calum mostrò un sorriso spontaneo, alla vista del padre, che lo fece entrare dentro, salutando con un << Le chiavi signorino, non si portano dietro? >> Poi anche lui ricambiò il sorriso, felice di rivedere il figlio.
Gli diede una pacca sulla spalla, e in quel momento comparve dalle scale la signora Hood, che sentendo il marito parlare, era corsa al piano di sotto.
Si diresse verso il figlio, appena lo vide, stringendolo in un materno abbraccio che Calum ricambiò.
<< Ciao, mamma. >> Bofonchiò, cercando di non morire soffocato.
La donna dovrebbe essersene accorta, perché mormorò un “Oh”, e sciolse la presa.
<< Festeggiamo la rimpatriata con un’uscita di famiglia, d’accordo? >>
E se Calum sorrise, per la strana frase con cui il padre se ne fosse appena uscito, la madre assunse un’aria di rimprovero, con tanto di mani poggiate sui fianchi e i tacchi a picchiettare sul pavimento del salotto.
Rise di gusto, ‘chè alla fine i genitori gli erano mancati, e salì in camera sua, catapultandosi nel bagno e infilandosi velocemente nella doccia.
Quando Calum scese in cucina, una ventina di minuti dopo, i genitori erano alle prese con la strana “uscita di famiglia”.
Il signor Hood era seduto sulla sedia bianca, sporto in avanti, con le braccia sul tavolo di marmo, mentre la signora Hood, era compostamente seduta e con la schiena appoggiata allo schienale.
Bisticciavano tra la pizzeria, scelta eccellente da parte dell’uomo, e un’affascinante ristorante, scelta elegante da parte della donna.
<< Io opterei per il Mc, mh? >> Si intromise il figlio, e il padre lo guardò felice e orgoglioso di lui.
Mentre la madre, con aria scioccata aggiunse << No, no. Io non so neanche cosa sia, il mc >>
E Calum si lasciò scappare una risata, travolgendo anche il padre, avviandosi verso la madre e prendendola per il braccio, facendola così alzare.
<< Beh, è più o meno come il ristorante di cui prima parlavi. >>
E il moro, notando lo sguardo confuso della donna, sicuramente per il suo “più o meno”, si affrettò ad aggiungere << Però ha anche qualcosa da pizzeria, capito? >>
 
Ci volle un bel po’ per costringere Lana, affinché salisse sulla loro auto e partisse con loro verso il Mc Donald's.
Ma ci riuscirono, entrambi gli uomini, ed in quel momento erano proprio davanti alla porta di vetro, con Calum che la spingeva, ed entrava nel locale.
Lo seguì la madre, che alla vista dei tavolini ripieni di cibo spazzatura, Calum pensò potesse svenire lì.
Non successe quello, ma a passo lento, si diresse dietro al figlio fino al bancone, con la sciarpa rossa tirata fin sotto al naso, perché proprio non sopportava quell’odore.
Ordinò tutto il moro, per la propria famiglia, e si diressero verso un tavolo libero.
Lena fece scivolare il suo sguardo severo e ripugnante sui tre vassoi in legno, indicando poi un contenitore bianco << E’ coca- cola? >>
Il signor Hood, che fino a quel momento era rimasto in disparte, deridendo nel pensiero la moglie, si decise ad intervenire << Lena, quello che tu chiami “cibo spazzatura”, non ti ucciderà. Poi, a maggior ragione se fosse la prima volta. Ed ora fai la persona seria, che ci stanno guardando male. >>
La donna si guardò attorno, non trovò nessuno a guardarli, e lanciando un’occhiata al marito, che sembrava dire “sono io quella che tra un po’ ucciderà te”, portò indietro le spalle, e avvicinando a sé un vassoio, dicendo << Io sono una persona seria. >>
Calum scosse la testa, ridacchiando a bassa voce per non farsi sentire dalla madre. Trovava strani i genitori, e proprio non capiva come due persone del genere fossero finite a sposarsi.
 
 
Il giorno dopo, un mercoledì piovoso, Calum fu svegliato dai propri sogni, e riportato bruscamente alla realtà, da una voce che era tutto, fuorché melodiosa e rassicurante.
<< Sì mamma, guarda, sto già in piedi. >> Il ragazzo, dopo essersi ripreso dal mini infarto dovuto dalle grida della signora, si era alzato velocemente.
Sbuffando, dopo che la madre uscì dalla stanza, si vestì per poi correre in bagno a lavarsi i denti.
Salutò i genitori e si avviò frettolosamente verso la proprio auto, accendendo il mal ridotto telefono per sapere l’ora.
Si sedette nel posto guida, e quasi non gli venne un infarto vero, leggendo sul display l’orario: 7.26.
Di solito lui postava la sveglia alle 7.30, e quella mattina, pensandoci bene, non fu svegliato dalla voce del suo idolo.
Gliel’avrebbe fatta pagare, alla madre.
Ma purtroppo, non poté far nulla, se non accendere l’audi, e partire verso l’istituto.
Quel giorno ci mise un po’ più del dovuto, causa strade trafficate e il maltempo che formava code chilometriche.
Parcheggiò al solito posto, entrò nel solito bar, ma non trovò i soliti amici.
Ordinò un cappuccino e un cornetto al cioccolato, come di routine, e lo mangiò al bancone, senza occuparsi di andare in un tavolino.
Scese dall’alto sgabello, e pagò alla cassa, salutò e uscì dal locale.
Il suo umore migliorò un pochino, notando un biondo e un riccio correre verso di lui, con i vestiti bagnati e il cappotto mal messo sopra la testa, per coprire i capelli immacolati.
I due lo fulminarono e si catapultarono al caldo e all’asciutto, facendo scivolare il cappotto da sopra i capelli, e scompigliandoli un po’.
Facevano un po’ tutti gli stessi gesti, in quella combriccola.
Si sedettero nel primo tavolo trovato libero, e Luke, sprofondando nel comodo divanetto, brontolò un << Ciao. >> a Calum.
Il moro sorrise loro, e li salutò con un cenno della testa, ancora divertito dalla scenetta che gli si era posta davanti.
I due sembrarono capire, perché entrambi bofonchiarono qualche parola poco capibile, di cui Calum comprese “vaffanculo” e “idiota.”
Scoppiò in una fragorosa risata, alla quale dopo qualche secondo si aggiunsero Luke ed Ashton.
<< Oggi è il secondo mercoledì del mese >> Disse il riccio, facendo scivolare lo sguardo su entrambi gli amici, che annuirono all’unisono e il biondo precedette la seguente affermazione dell’amico
<< Pomeriggio a casa di Michael, ovvio. Allora, ci vediamo alle 18.00 lì? >>
E se Ashton quasi spontaneamente disse “sì, io ci sono”, a Calum ci vollero alcuni secondi di riflessione. Non aveva mai rifiutato un pomeriggio a casa dell’amico tinto, ma allora era diverso, e molte cose dal mese precedente erano cambiate. Iniziando con Amanda. Finendo con Amanda.
Ma rispose comunque con un accenno affermativo della testa, non preoccupandosi minimamente del fatto che gli altri due stessero avendo una conversazione fitta sull’ultimo gioco acquistato da Michael, e dunque non l’avessero degnato di uno sguardo. Ma sapevano tutti e tre che nessuno di loro avrebbe potuto rifiutare un pomeriggio del genere. 









Spazio a me


Buonasera, gente. 
Spero siate tutti vivi e vegeti, come me - scusate, orribile citazione in "hunger games e il canto della rivolta"; ho appena finito di rividere il film, okay.
Non c'entra nulla, lo so......
D'accordo, passando ai nostri eroi della Fanfiction, aspetta loro un fantastico pomeriggio da Clifford, waoh.
La frase ad inizio capitolo che c'è qui è bellissima, la amo proprio tanto tanto.
((Viva il romano))

Ma la serata di famiglia? Oddio, che carini. Mi sarebbe piaciuto se anche io avessi avuto dei genitori così, sono strambi e boh, li amo anche se non sono reali.
Detesto il fatto che efp non riesca a mantenere lo stesso carattere su questo spazio, quindi sto scrivendo con caratteri diversi perché sono i primi su cui clicco. Sono strana anche io, vero.

Quindi, alla prossima<3
  
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