Per il mondo esterno
Autore: Darik
Kensuke rientrò a casa piuttosto tardi. Era appena tornato
da una gita organizzata ed effettuata da lui solo per andare a vedere le
grandi manovre della marina militare giapponese al porto di Osaka, un evento
che attendeva da parecchio tempo. Era stato magnifico, tutte quelle navi
mastodontiche di lucente acciaio. Aveva riempito ben quattro dischi della
sua videocamera (e anche attirato l'attenzione di tutti gli altri spettatori
vicino a lui con i suoi: "Magnifico! Superbo! Mitico!" detti a
ripetizione e ad alta voce).
In casa in quel momento non c'era nessuno, il padre di Kensuke passava quasi
tutto il tempo alla base della Nerv per lavoro. Lui e il figlio si vedevano
soprattutto a pranzo e a cena, a volte neanche in quelle occasioni.
E Kensuke ne soffriva, soffriva per la solitudine causata dal padre, eppure
non poteva fargliene una colpa. Perché in fondo, dopo la morte della madre,
entrambi avevano assunto lo stesso tipo di comportamento: sfuggire al dolore
concentrando tutta la propria attenzione in altre faccende. Kensuke nella
sua passione smodata per gli argomenti a carattere bellico e nell'osservare
la vita degli altri. Il padre nel suo lavoro alla Nerv.
Il ragazzo andò in cucina, aprì il frigorifero e prese un po' di cibo per
prepararsi la cena. Suo padre non sarebbe venuto, glielo aveva comunicato
per telefono mentre era a Osaka.
Questo non sorprese più di tanto Kensuke, che cominciò a cucinare. I gesti
che stava compiendo in quel momento gli fecero venire in mente molti ricordi
della madre, ricordi che Kensuke aveva sempre cercato di nascondere dietro
la sua allegria quando era con altri. E ci riusciva. Ma quando era da solo,
come in quell'occasione, era impossibile bloccarli.
La madre di Kensuke si chiamava Noriko, era una donna molto bella, con i
capelli che davano sul biondo (e il figlio in questo ha preso da lei) e
faceva la casalinga.
Per questo il ragazzo non soffriva di solitudine per le numerose assenze del
padre ( quando Kensuke cominciò a ricordare gli eventi, il padre già
lavorava per la futura Nerv) grazie alla presenza della madre.
Ma quando Kensuke aveva dodici anni, la madre si ammalò. Era una brutta
malattia, si parlava di un tumore maligno, incurabile. Il ragazzo, con suo
padre, visitarono assiduamente l'ammalata cercando di confortarla, ma lei
deperiva a vista d'occhio, negli ultimi giorni non riusciva più nemmeno a
parlare.
E una sera, mentre il figlio vegliava sulla genitrice, suo padre era andato
un momento al bar dell'ospedale per prendergli da bere, squillò il telefono
che stava nel corridoio e lui andò a rispondere.
Niente di importante, una telefonata della durata di un minuto scarso. Ma
quando tornò nella stanza… Noriko era morta.
Il battito cardiaco era cessato in quel momento, gli infermieri subito
corsero per cercare di rianimarla, inutilmente.
Kensuke rimase di sasso, non disse nulla: che atroce ironia, lui le era
sempre stato accanto, spessissimo in compagnia del padre, si assenta per
neanche un minuto intero, ed ecco che perde la possibilità di stare vicino
a lei nel momento del trapasso.
Kensuke non disse nulla, ne quando il corpo fu sistemato sul letto di morte,
ne durante il funerale. Rimase in una specie di stasi.
Quando poi lui e il padre tornarono a casa, fu allora che Kensuke, forse
avvertendo per la prima volta il vuoto lasciato dalla scomparsa della madre,
si abbandonò ad un pianto dirotto, tra le braccia del padre.
Il loro lutto durò una settimana intera, poi il padre dovette tornare a
lavoro perché era scaduto il permesso concessogli dai superiori. Ma per non
lasciare solo il figlio, cosi duramente provato, chiese ad un suo amico, che
lavorava anche lui alla Nerv, se poteva mandare qualcuno da lui per fargli
compagnia. E il suo amico mandò il proprio figlio, Toji Suzuhara, che
cominciò a frequentare Kensuke all'inizio per obbedire al genitore, poi
nacque tra loro una grande amicizia.
E fu grazie all'amicizia di Toji che Kensuke trovò finalmente la forza di
reagire al dolore. Anche se non si può dire che abbia reagito nella maniera
giusta: infatti, se resistette alla tentazione di esiliarsi dal mondo
esterno, incappò nell'estremo opposto. Quello di vivere solo per esso.
Si dedicò con passione ad ogni genere di argomento militare per sfuggire al
dolore, e in seguito si armò di una videocamera per filmare tutto quello
che di interessante gli succedeva attorno.
Tutto questo perché aveva deciso di vivere solo con quello che succedeva
agli altri, filmava ciò che succedeva all'esterno per ignorare quello che
sentiva dentro. Ed è un metodo sbagliato, non si può sfuggire per sempre
al dolore che ci portiamo dentro.
Ma per il momento non poteva fare altro. Solo cosi riusciva ad ottenere un
po' di sollievo.
Ridestandosi da questi pensieri sulla madre, si accorse di aver pianto
leggermente. Succedeva sempre cosi. Quanta tristezza si nascondeva dietro la
sua apparente allegria, più di quanto chiunque potesse immaginare.
Kensuke finì di cucinare, aveva preparato poco quindi mangiò tutto subito.
Poi si recò in camera sua per ordinare tutti i dischi da videocamera che
aveva riempito finora: ce n'erano già alcune centinaia. Tutto il materiale
che aveva registrato dal mondo esterno. Kensuke sembrava vivere per quei
dischetti, lo si notava dal modo in cui erano conservati.
Quei dischi erano pieni della vita degli altri, ma era impossibile che
riempissero il suo vuoto interiore.
E questo lo sa bene anche lui.
FINE