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Autore: PrincesMonica    08/02/2009    8 recensioni
questa non è una vera e propria Fan Fic. Non ci sono scene di fantasia, ma solo la verità. È il resoconto assolutamente personale della notte dell’8 febbraio del 2008 a Parigi. Scrivo per ricordare quel giorno che mi ha inesorabilmente cambiato la vita, nel bene e nel male.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Un anno fa

Autrice: princes_of_the_univers

Disclaimer: I 30 seconds to Mars non mi appartengono. Scrivo solo per divertimento e, in questo caso, per ricordare.

Note: questa non è una vera e propria Fan Fic. Non ci sono scene di fantasia, ma solo la verità. È il resoconto assolutamente personale della notte dell’8 febbraio del 2008 a Parigi. Scrivo per ricordare quel giorno che mi ha inesorabilmente cambiato la vita, nel bene e nel male.

 

Dedicato a tutti coloro per cui essere Echelon significhi veramente qualcosa, e non solo un’etichetta per conformarsi alla massa.

 

Un anno fa

 

Sono in mezzo alla bolgia più infernale che abbia mai affrontato e si che di concerti in vita mia me ne sono visti parecchi, tra i quali uno in un Centro Sociale dove il pogo era iniziato ancora prima della prima canzone. Amo la musica, mi carica, mi scarica e mi esalta. Per me ascoltarla dal vivo è la quint’essenza del piacere. Insomma, la realtà Live mi appartiene. Ma non adesso.

Parigi, 8 febbraio 2008, Zenit: concerto dei 30 Seconds to Mars. Anzi, piccola precisazione: il MIO primo concerto dei 30 Seconds to Mars. È da stamattina alle sei e mezza che sono in fila, sfoggiando con orgoglio il mio 33 sulla mano, ormai leggermente sbiadito. Mi fanno male i piedi perché da due ore non riesco a muovermi, tranne che per seguire la folla impazzita che si è esaltata per un nanetto colto da strane convulsioni sul palco, mentre cantava (?) dell’improbabile musica dance d’autore e sto giurando a me stessa che non rifarò mai più una stupidata del genere per nessuno, tranne forse per gli U2. In realtà sto mentendo a me stessa: tra 4 giorni sarò a Milano a rifarmi un’altra fila interminabile sempre per questi quattro marziani.

Sono stata separata dalle altre mie compagne di viaggio e credo di essere l’unica non francese qui davanti. Mi prendono in giro, mi insultano e ridono di me, ma la cosa francamente non mi importa: io rispondo senza problemi per le rime. Vicino a me una ragazza di Nizza si sta infervorando contro le sue compatriote e mi prende sottobraccio. In uno stentato inglese si fa capire e per questi dieci minuti passati insieme, le voglio bene.

 

I tecnici non ci sono più, è calato il velo bianco e sento l’adrenalina crescere: è il momento che aspetto da mesi, il loro concerto.

 

E inizia.

 

I Carmina Burana si spandono per l’arena e i brividi arrivano dalla punta dei piedi fino all’ultimo capello. Vengo sommersa da un turbinio di emozioni incredibili, da un’energia potente. L’unica esperienza che avevo provata era stata guardando i video del Pink Pop e del RockamRing, ma dal vivo è qualcosa di indescrivibile. È come se tutta la fatica della giornata sparisse, come se le ore passata ad aspettarli, seduta in fila ascoltando i resoconti delle ragazze appena arrivate da Londra, fossero in realtà minuti, bazzecole, attimi senza importanza, perché adesso sono lì, a pochi metri da loro.

Dietro il telo vedo le ombre di Jared e di Tim. La gente mi sposta dal cantante al bassista senza preoccuparsi di nulla. Vengo spinta con poca grazia, colpita senza pietà. E non mi interessa, voglio solo sentire la batteria di Shannon attaccare con Battle of One, la chitarra di Tomo stimpanarmi e l’urlo di Jared accendermi come sempre.

 

Invece mi fregano: sento la familiare pianola di Attack e urlo per far uscire tutta la mia frustrazione repressa. Stringo in mano la mia bandiera, il legame con il Friuli Venezia-Giulia, la mia terra. Il legame con i miei soldati della Fantasy Division, che adesso staranno pensando alla loro Generale e le augurano tutto il bene possibile per quella indimenticabile serata. Spiritualmente loro sono qui con me.

 

Il telo scende e Jared canta. Indossa un trench blu elettrico e un paio di pantaloni bianchi che lo fanno, se possibile, ancora più magro. Ai piedi le classiche Onitzuka bianche e dal colletto della giacca spunta qualcosa di rosso. I capelli sono perfettamente al loro posto, caschetto alla Beatles e per completare il tutto, due dita di colore fluorescente sotto gli occhi. L’ho detto io che siamo ancora a Carnevale.

Tim non è da meno: pantaloni giallo canarino e felpa blu con la zip. Non sono ancora riuscita a vedere Tomo e Shannon.

 

Finalmente sono qui, davanti a me e il fatto che attorno migliaia di fan scatenati vogliono il mio scalpo non mi preoccupa per nulla. Essere sola quasi mi esalta, perché se sopravviverò a questa prova potrò vantarmi di essere una donna con la D maiuscola, giusto per citare la Cantantessa.

 

Il concerto va avanti su un binario quantomeno singolare: stanno suonando ABL in serie, senza variazioni. A Beautiful Lie, The Kill, Was it a Drem?. Insomma, rifanno l’album. Però adesso so che sta per partire, la mia canzone, il mio inno. Non mi interessa di avere gente intorno, io salto, mi scateno, urlo con lui le parole che mi hanno fatto diventare una Echelon. Urlo la canzone che mi lega ai miei compagni. Urlo The Fantasy con tutto il fiato che ho in gola e la mia bandiera sventola, nonostante quello dietro di me mi tiri i capelli con forza e si lamenti. Nessuno può rovinare questo momento unico, figuriamoci delle fan girl. Ohi, io sono una Echelon!!

 

Il mio cuore sta per scoppiare e mi preparo a Savior. L’onda del pubblico si fa pressante, mi sballotta senza tregua. Tra i miei piedi trovo lo zaino che avevo perso su Was it a Drem? e ringrazio il cielo che il  cellulare lo avevo in tasca. Spero sempre che il vinile per Shannon sia ancora integro. Peccato che il momento di quiete duri pochissimo. Senza accorgermene sono in mezzo alla pista, proprio di fronte a Jared. Bellissima visione, certamente, ma inizio a sentirmi male. Le spinte, il caldo soffocante, neppure un goccio d’acqua dalla security che si limita a far bere le ragazze delle prime due file. Non mi sono mai sentita così claustrofobica in vita mia. La testa mi gira e resto senza aria. In più, sto per mettermi a piangere: qualcuno mi ha rubato la bandiera. Faccio di tutto per cercarla, anche mi abbasso sperando che la stronza che me l’ha fregata, l’abbia poi gettata a terra. Niente, la mia piccola non c’è. Faccio dei respiri profondi, dicendo a me stessa che la ritroverò a fine concerto: in fondo a chi può interessare una bandiera con il logo della mia divisione? A nessuno tranne che a me, mi sa.

 

Mi giro, chiedo con cortesia di lasciarmi passare: cedo le armi, non ho altro da fare, rischio di svenire qui nel mezzo e per quanto possa amare i Ragazzi, ho paura che se lo faccio, questa gentaglia non esiterebbe a calpestarmi. Niente da fare, non mi lasciano passare, mi bloccano senza pietà. Inizia From Yesterday e l’inferno si blocca: sono tutti troppo impegnati a cantare con Jay.

E finalmente un po’ di calma: The Story, R-Evolve, Pressure, A Modern Mith. In realtà mollo un sospiro di sollievo: so che sta per terminare. In fondo mancano solo due canzoni per terminare ABL, quindi a meno di sorprese finali. Tornerò a breve a respirare aria fresca.

Rimango allibita quando nessuno intorno a me canta Pressure:praticamente la conosco solo io e la cosa mi sembra strana, perché la prima volta che l’hanno suonata è stata alla Brixton e di video e file mp3 ce ne sono a bizzeffe. 

 

E parte Battle of One. Shannon sta picchiando duro, ma da quello che posso vedere da qui, non ha la solita espressione felice. Anche Tomo è rimasto per le sue: a Londra si è preso una storta scendendo dal Bus (ma si può?) e quindi saltella su un piede solo da praticamente l’inizio. Per lo meno il suo abbigliamento lo fa assomigliare ad un faro nella notte: maglietta a maniche corte verde acido sopra una canottiera rosa confetto a maniche lunghe, pantaloni blu. Carnevale Again.

Per lo meno il trittico di canzoni lente mi ha permesso di riprendere fiato e di tornare in salute. Ho ancora caldissimo, ma la testa ha smesso di girarmi e la leggera nausea che stava iniziando a salire, è scemata.

Hunter è un tripudio di luci rossi e Jared si diverte a stuzzicare le ragazze presenti recitando. È sexy, poco da dire al riguardo. Per tutta la sera si sono levate urla in sua direzione, palesando i sentimenti delle fan. “Jared je t’aimè” “Jared j’Adore.” “Jared, Merry me.” Spero sul serio che non pensino che  tutte le presenti non siano delle oche come queste sparute urlatrici. Mi vergogno io per loro.

 

È terminato. Mi aspetto da un momento a l’altro che Jay lanci gli ultimi plettri e Shannon ci doni le sue bacchette, invece il nostro frontman si mette a parlare… che strano vero? Ci dice che quella sarebbe stata la loro ultima canzone per la serata. Ci ringrazia e ci dichiara il suo amore. Per me la miglior dichiarazione della serata è proprio ora.

 

Buddha for Mary.

 

Credevo che si fossero dimenticati di aver fatto un disco prima di ABL, ma i Ragazzi mi scombinano i piani. E torno ad urlare, anche se ormai mi è rimasta una sola corda vocale da utilizzare. Non perdo una battuta, una sillaba, un solo sospiro di Jared. Lo seguo con gli occhi, per capire se si butterà anche questa volta, ma non credo. Su The Kill ha rischiato di non tornare sul palco da quanto gli tiravano i pantaloni. Infatti si limita a salire sulle casse e a guardare giù, mentre parla di Mary e delle sue allucinazioni.

Ed è ora, mentre sale sulla cassa di fronte a me, che tutto il mondo scompare. Vengo pressata in avanti: alla transenna mancherà meno di un metro e ci sono almeno altre 4 persone che mi separano da essa. Siamo sardine schiacciate senza pietà, ma lui è lì.

Gli tendo la mano, ma lui non la prende, come non prende le altre, si volta, canta in faccia a noi e per due brevissimi secondi mi guarda. Un brivido mi scende sulla schiena, sento un’esaltazione difficilmente paragonabile a qualcos’altro. I suoi occhi grigi sono posati su di me, sulla Echelon Friulana, che gli canta in bocca le sue stesse parole.

Nonostante sia consapevole che tra pochi istanti lui si alzerà e si sarà già dimenticato dei miei occhi nocciola, ho la presunzione di dire che lui ha cantato per me e solo per me mentre mi guardava. È una piccola fiammella di speranza che mi porto tutt’ora nel cuore.

 

E così, come era iniziato, è finito. Faccio malapena caso al fatto che Shannon se ne è andato via senza salutare, che i ragazzi sono tornati dietro le quinte. Prendo dei lunghi respiri e riprendo a sentire il mio corpo. I piedi mi danno fastidio, ho i brividi per l’adrenalina, le orecchie che fischiano leggermente e credo un sacco di lividi un po’ ovunque. Rimetto in sesto i pensieri: devo ritrovare le mie compagne e, cosa più importante ancora, la mia bandiera.

La cerco fra i piedi di chi ancora è lì, ma niente. Nel frattempo ecco Daniela ed Agnese e poi tutte le altre, illese, che arrivano dalle retrovie. Riprendo la ricerca, e gli uomini della Security cominciano a spingerci verso l’uscita. Chiamo Miky, ma non mi sente. Lancio occhiate per tutta la pista ed ecco la un fagotto bianco sporco. Vado per prenderla, ma vengo fermata da due braccia grandi come le mie cosce. Un uomo mi intima di uscire. Cerco di spiegarmi in inglese, ma lui non vuole sentire ragioni. Lancio una disperata occhiata alla bandiera: vedo perfino un pezzettino del logo. Cerco qualcuno che possa tradurre per me, ma sono sola. Le tende vengono tirate e io ho perso tutto.

Cammino come un’ebete verso l’uscita e trovo le mie amiche che ridono e scherzano della serata appena conclusa. Micky mi viene vicino e io non riesco a non piangere. Sento come se il mio legame con i miei soldati si fosse spezzato, come se non fossi riuscita a mantenerli con me. Mi sento veramente una fallita come Generale. Voglio cercare di pensare agli occhi di Jared durante Buddha, ma vengo sopraffatta dalla tristezza. Martina mi abbraccia e mi consola, parole sagge, ma che non colmano il vuoto che sento in quel momento.

Cerco di smettere di piangere e inizio ad insultare tutti i francesi presenti, che, buon per me, non mi capiscono, anche se il tono lascia ben poco all’immaginazione.

 

Seguo le mie amiche sul retro dello Zenit, con la speranza di intravedere qualcuno.

E qualcuno arriva.

 

Jared si affaccia da dietro al cancello. Un gruppo di fan si accalca sotto di lui. Io me ne sto lontana, con un leggero sorriso mentre lo guardo parlare. Lo saluto con la mano e lui mi risponde. Oddio, risponde veramente a me? Mi guardo dietro e ci sono due ragazzi con le braccia lungo il corpo. Eh sì, salutava proprio me. Sento la fiammella del mio cuoricino bruciare un po’ di più: lui neppure si ricorderà di quello che ha detto, ma io di questa connessione avrò memoria per sempre. Sarà uno di quei brevi momenti che ci legherà per sempre, indipendentemente se lui non avrà alba nell’avvenire di chi sono io.

 

Alcune amiche mi dicono di aver intravisto Shannon e Tomo con due ragazze nel parcheggio e io seguo Jared nei suoi discorsi su Self Title e A Beautiful Lie, il video. Non capisco una mazza, ma mi diverte vederlo scivolare e riprendersi senza problemi. Sembra tranquillo e ne sono felice.

Se ne va in macchina poco dopo e noi torniamo in albergo.

 

La mia serata è terminata. Sono sotto le lenzuola, mentre Stefy, Sah e Miky chiacchierano.

Io penso.

 

Quando sono partita da San Piero, avevo paura. Paura che loro mi deludessero dal vivo, che le sensazioni che mi davano ascoltando i CD cambiassero quando fossero saliti sul palco. Che sarebbe stato del mio cuore Echelon se fosse successo? Invece quel concerto, neppure il loro migliore per scaletta e musicalmente, mi aveva fatto capire che li amavo alla follia, anzi forse anche più di prima.

La bandiera sarebbe stata rifatta: la FVG the Fantasy Division non si abbatte per un piccolo incidente di percorso. Ci sarebbe stata a Milano, in prima fila a costo di sputare sangue per arrivarci. I ragazzi l’avrebbero vista sventolare davanti a loro.

Sorrido: tutti i miei dubbi sono spariti, recessi nella mia mente, che vuole ricordare solo la batteria scintillante di Shannon, i saltelli di Tomo, il ciuffo roteante di Tim. Gli occhi di Jared.

 

E a distanza di un anno è ancora così.

 

Iungti ab Aeterno

   
 
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