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Autore: Shirangel    08/02/2009    2 recensioni
«Comunque.» li riprese Bill, schioccando le dita più volte. «Oggi dobbiamo disegnare un simbolo per la band, qualcosa che ci rappresenti. Niente di troppo complicato, o Tom non lo capirà.»
«Ehi! Non sono mica stupido!»
«Ah, no?» domandò il moro, sinceramente sorpreso. «Be’, datevi da fare.»
Sequel di 'Mission: New Name'
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Tokio Hotel: The Truth About The Past'
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Mission: New Logo

- The Recondite Meaning Of The TH’s Symbol -

 

«In qualità di Capo Supremo Nonché Unico Legislatore del gruppo musicale Devilish neo rinominato Tokio Hotel, dichiaro ufficialmente aperta questa seduta creativa.» affermò Georg, battendo il suo martelletto immaginario sull’ancor più immaginario banco del giudice. Bill, anticipando fulmineamente il gemello, cercò di decapitare il suo quasi ex-bassista con il piatto di cristallo posato lì vicino. «Ma perché ad ogni riunione voi Kaulitz dovete cercare sempre di assassinarmi?» si lamentò il ragazzo, abbassandosi con la velocità che anni di “amicizia” con i gemelli gli avevano donato.

«Perché è un rituale fortunato.» lo rimbeccò Tom. «Durante lo scorso incontro, grazie alla scarpa che ti ho tirato, è nato il nome che ci porterà alla fama.»

«Perché sei un babbuino idiota.» rispose Bill. «Sono io il Capo Supremo Nonché Unico Legislatore dei Tokio Hotel. E sono anche il Leader Indiscusso, il Frontman Talentuoso, il Sommo Boss, il Direttore Supremo, il Presidente Incontrastato, e... e.. »

«E il cantante.» lo aiutò Gustav, seduto sul tappeto a giocherellare con le bacchette della batteria.

Il finto moro fece spallucce. «Si. Anche quello.»

«Perché tu sei tutte quelle cose e io sono solo il chitarrista?» si lamentò il gemello, storcendo il naso. «Non è giusto! Non mi fai mai fare niente!»

«Puoi fare il Raccattapalle Ufficiale, se vuoi.» lo consolò Bill, facendogli patpat sulla testa mentre Gustav si spiaccicava una mano sulla faccia.

Tom si illuminò. «Davvero?»

«Certo.» gli assicurò il fratellino, e gli porse un biscotto. «E sei fai il bravo ti porto a fare una passeggiata.»

«Ehi» protestò lui, azzannando il dolcetto. «Guarda che me ne accorgo quando mi prendi in giro!»

«Certo, certo. Ora veniamo all’ordine del giorno.»

«La mia sensibilità ferita?» fece Tom.

«La mia assicurazione contro i Kaulitz?» domandò Georg.

«Il mio sbigottimento nel constatare che voi tre vi rincitrullite ogni secondo di più?» aggiunse Gustav. Tre volti si girarono improvvisamente contro di lui, contratti in una smorfia di perplessità

«Che cavolo vuol dire co...cos...con...»

«Costantare, Tom.» lo aiutò il gemello. «Leggi il vocabolario, una volta ogni tanto. Significa che... beh, è una specie di complimento.»

«Oh, bene.» si rallegrò Georg, dando una pacca sulle spalle del batterista e rischiando di farlo volare fuori dalla finestra. «Grazie, amico!»

«Figurati. È stato un piacere.»

«Comunque.» li riprese Bill, schioccando le dita più volte. «Oggi dobbiamo disegnare un simbolo per la band, qualcosa che ci rappresenti. Niente di troppo complicato, o Tom non lo capirà.»

«Ehi! Non sono mica stupido!»

«Ah, no?» domandò il moro, sinceramente sorpreso. «Be’, datevi da fare.»

«Io ho inventato il nome, ora tocca a voi trovare il disegno.» decise il chitarrista, cercando sotto il divano un pacchetto di patatine che non contenesse troppa muffa.

«Giusto. Ormai hai avuto l’unica idea non del tutto idiota della tua vita.» gli concesse Bill. «Dopotutto, i miracoli non si ripetono.»

Tom aggrottò le sopracciglia. «Anche questo era un complimento?»

Il fratello gli sorrise. «Certo.» ripose dolcemente, mentre Georg alzava una mano. «Si, bassista, cosa vuoi dire?»

«Mi chiamo Georg!»

«Non pretenderai che mi ricordi il nome del primo sfigato che passa.» s’indignò il cantante «Ringrazia il cielo che non ti chiami solo ‘Povero Idiota’»

«Oh.» fece lui. «Va bene. Grazie. Comunque che ne dite di questo, come logo?»

Mostrò il foglio dove aveva scarabocchiato qualcosa; Bill lo prese, poi alzò lo sguardo sorpreso verso il ragazzo.

«Allora sei davvero stupido come sembri, non è una manovra di marketing.» commentò. «Non avrei mai immaginato che potesse esistere qualcuno di tanto insulso.»

«Non ti piace?»

«Hai scritto una T e vicino ci hai messo una H. Non è un simbolo, sono solo le nostre iniziali!» Georg schioccò la lingua, impaziente, come se il giovane non avesse afferrato un essenziale particolare.

«Ma c’è un cerchio.» gli mostrò la riga storta, che sicuramente non avrebbe fatto invidia a Giotto, racchiudente le due lettere. «È un logo.»

«È banale e noioso.» lo demolì Bill. «E tu sei un incapace.»

«Io lo trovo carino.» affermò Gustav, che di quella riunione era già stanco. Per un povero ragazzo dalle normali capacità mentali, stare a stretto contatto con tre decerebrati era alquanto nocivo.

«Tu non t’intromettere.» lo zittì il cantante.

«Ma anche io faccio parte della band!»

«Tu suoni e basta.»

«Certo, dimenticavo che l’unico ruolo essenziale è il tuo.» replicò il bassista, sarcastico.« Quello di farci apparire quattro pagliacci.»

«È una velata discriminazione del mio look?»

«No» ripose Gustav. «Non è affatto velata. Abbastanza esplicita, direi.»

«Bene. Vediamo cosa ne dice Tom, allora.» affermò Bill, offeso. Si guardò intorno un paio di volte.  Spostò un paio di cuscini, aprì il frigorifero, cercò nella custodia della chitarra, ma del gemello non c’era traccia. Poi controllò nel secchio della spazzatura per controllare se il fratello non avesse decise di rintanarsi nella sua vera casa, ma non era nemmeno lì. «Ma dov’è finito?»

«Qui.»  dopo qualche istante il biondo emerse da sotto al divano, portando con se un nugolo di polvere. «Cercavo delle patatine.»

«Oh, quindi non sei stato risucchiato da un vortice dimensionale.» sospirò Bill, deluso. «Devi votare se ti piace o no il simbolo di Georg.»

Tom si illuminò come una lampadina da un milione di watt. «Il mio voto è determinante?»

«Assolutamente no. Qualunque sia la tua risposta, la decisione spetta comunque a me.»  chiarì il cantante. «E poi tu sei d’accordo con me, vero?» spalancò gli occhini languidi e sporse il labbro inferiore, inclinando la nuca verso destra.

Il rasta ci cascò come un allocco. «Oh.» pigolò, addolcito. «Che carino.»

Bill gli gettò le braccia al collo e strusciò il naso contro la sua guancia, mentre Gustav e Georg guardavano da un’altra parte, disgustati. «Tu dici che ho ragione io, vero?»

«Certo. Come vuoi tu.» cercò di abbracciarlo, ma appena terminò la frase il fratello lo spinse via mandandolo a gambe all’aria.

«Perfetto. Siccome siamo due si e due no, vincono i no perché il mio voto vale doppio.»

«Sei un idiota, Kaulitz.» sibilò Georg, rivolgendosi a Tom che si massaggiava cauto la testa, temendo di riscontrare danni alla materia cerebrale che non aveva. «Per colpa tua abbiamo perso l’unica possibilità che avevamo di ribellarci a quel dittatore di tuo fratello.»

«Bill non è un dittacoso.» protestò lui. «Lui mi vuole bene!» esclamò, come se questo bastasse a rendere il gemello un democratico.

«Lo vedo.» commentò Gustav, mentre Bill, ignorando i loro discorsi, calpestava il corpo di Tom abbandonato a terra e raggiungeva la sua poltrona preferita.

«Sapevo che voi, branco di galline senza cervello, non avreste concluso niente.» sospirò il frontman, dall’alto della sua posizione.

«Oggi sei stranamente gentile con noi.» notò Georg, pensieroso.

«Mio fratello è buono e generoso.» intervenne il rasta, orgoglioso, mentre Gustav picchiava entrambi con le sue bacchette. Di solito si asteneva dal farlo per paura che si frantumassero contro la solida roccia di cui erano composti i loro crani, ma per quella volta poteva sorvolare.

«Ho richiesto l’intervento di un professionista per compensare la vostra inettitudine.» continuò Bill, limandosi le unghie laccate di nero. «Dovrebbe arrivare tra poco. Non fatemi sfigurare, con la vostra inaccettabile stupidità.»

«Me se sei tanto eccezionale, come mai non lo disegni tu, il simbolo?» fece il batterista, sarcastico.

«Perché le mie idee sono troppo geniali per dei comuni esseri umani come voi, per di più di un’intelligenza limitata.» replicò Bill, altezzoso. Il campanello suonò. «Tom, fai qualcosa di utile nella tua misera vita e vai ad aprire.»

Il gemello ubbidì, nella speranza di ricevere un altro biscotto, e si trovò davanti sua madre. «Scusa, mamma, aspettiamo l’esperto. Torna più tardi.» spiegò, mentre le chiudeva la porta in faccia. Tornò in sala, dove tutti l’aspettavano impazienti.

«Allora?» fece Gustav.

«Era solo mamma. Le ho detto di ripassare più tardi,»

Bill si portò le mani tra i capelli. «Stupido, è lei la professionista! Vai ad aprire!»

Il fratello andò alla porta, borbottando qualcosa su qualcuno che non sapeva spiegare le istruzioni, e trotterellò in sala seguito dalla donna.

«Ciao bambini!» trillò Simone, battendo le mani. «Vi aiuterò a fare un disegnino per il vostro gruppetto musicale.»

«Si, mamma.» gemette Tom. «Evita i diminuitivi.»

«Bene, mettiamoci al lavoro. Tu, mamma, che sai disegnare bene, devi farci un simbolo.» sospirò Bill, conscio che quella sarebbe stata una giornata molto, molto lunga. La donna tirò fuori un foglio dalla borsa.

«Che ne dite di questo?» mostrò un cuore con iscritta la sigla TH. I ragazzi si guardarono, allibiti.

«No.» risposero, all’unisono.

Simone mostrò l’immagine di un fiore con TH scritto in ogni petalo.

«Questo?»

«No.»

Poi fu la volta di un angioletto stilizzato con TH ricamato sul petto.

«Questo vi piace?»

«No.»

Continuarono così, per ore e ore. La donna aveva un armamentario impressionante di disegni estremamente orrendi e bislacchi.

Tom, annoiato, cominciò a scarabocchiare su un foglio.

Disegnò tre linee orizzontali, una sotto all’altra; la prima e l’ultima erano uguali, ma quella centrale un po’ più corta.

Questi sono Bill, Georg e Gustav. Gus è quello in mezzo. Ridacchiò tra sé e sé. Poi disegnò una linea verticale posata su quelle precedenti. E questo sono io che mi stendo sopra di loro. Quando rivelerò che TH significa Tom Herrscht, Tom Domina, sarà questo quello che succederà. Li userò come lettino da spiaggia. Rise malvagiamente, mentre tutti lo guardavano con un sopracciglio alzato. Tracciò un cerchio attorno alla prospettiva del loro futuro per evidenziare il concetto, e rise ancora più forte.

 «Tom, ti sei rimbecillito del tutto? Il poco cervello che aveva si è sciolto a causa dell’uso continuato?» sbottò Bill, innervosito dal tempo che stava sprecando per cercare quel maledetto logo. E lui che aveva in programma di farsi la french alle unghie. «Che stai combinando? Smettila di fare casino e dai una mano!» gli strappò il foglio dalle mani e gli diede una rapida occhiata. La sua espressione mutò improvvisamente. «Ehi!»

Oh, no, ha capito tutto! Ha scoperto il mio piano e farà cambiare il nome alla band!

«Ma è geniale!» esultò invece il ragazzo. «Una T e una H incrociate. È perfetto come simbolo. Basta solo cancellare il pezzetto di linea verticale che sporge.» prese la gomma e sistemò il disegno, ma nel farlo eliminò anche una parte del cerchio. «Fa niente. Una linea aperta è più carina»

«Allora il mio aiuto non mi serve più?» fece Simone, abbattuta. «Peccato. È stato divertente.»

«Si, anche per noi.» mentì Georg.

«Non capisco cosa sia preso a Tom. Forse sta diventando intelligente.» ponderò Bill, assorto. «Magari non ha una mancanza totale di neuroni.»

«Grazie, troppo gentile.»

«Si, infatti.» si corresse il moro. «Sto esagerando. La parola ‘intelligenza’ in una frase con il tuo nome ha senso solo se c’è una negazione. Ed è stupido parlare di neuroni, quando tu ne hai solo uno.»

«Mi sorprende davvero che Tom abbia avuto un’altra buona idea. Temo che la fine del mondo sia vicina» rincarò la dose Gustav

«Accidenti.» si lamentò il chitarrista. «Io non ho ancora completato l’album dei calciatori. Il mondo non può finire prima che io abbia trovato la figurina del portiere della Germania.»

«Ma non è quella che Bill ti ha sottratto appena prima che la attaccassi per ritagliare il numero stampato dietro?»

«Si, quella.» rispose il frontman, distratto. «Era la numero 483. Mi piace, quel numero. E poi sapevo che era l’unica che gli mancava.»

«Non sono adorabili, i miei bambini?» chiocciò Simone, intenerita. «Si vogliono così bene!»

Gustav e Georg borbottarono qualcosa di indefinito, mentre Tom pensava che quando sarebbe stato celebre avrebbe costretto il gemello a comprargli quella figurina su Ebay. Calcolando gli anni che avrebbe impiegato per diventare famoso, almeno cinque, il costo del prezioso oggetto sarebbe lievitato fino a raggiungere un prezzo più che accettabile.

E la pagherà. Oh, se la pagherà! Ora non c’è solo il nome, ma anche il simbolo, dalla mia parte. Tutto ciò che riguarda la band rimanda alla mia superiorità.

Il mio potere non ha limiti.

«Tom, idiota, stai fissando il vuoto da cinque minuti. Piantala, la tua aria da minorato mentale mi infastidisce.» lo rimproverò Bill.

 

 

Si, sono pazza J. E ho avuto ancora l’influenza, perciò non stupitevi.

Che dire, non sembra ma io stravedo per Tom. Davvero! Lo tratto così perché è il mio preferito ù.ù (niente sarcasmo).

 ‘Mission: New Name’ a quanto apre ha avuto un seguito. Giuro che non era previsto, ma ora mi è venuta anche un’altra idea per completare la saga XD penso che a maggio o giù di lì lo avrete (e chi lo vuole?)

Oddio, lo ho scritto nei due giorni in cui sono stata a casa a causa della febbre, ma spero sia accettabile. Sono ancora esiliata da internet, ma  sono riuscita a pubblicare.

Si, lo so, non vi frega nulla ma vabbè XD

Me lo lasciate un commentino, vero? J

Alla prossima xD

   
 
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