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- The Recondite
Meaning Of The TH’s Symbol -
«In
qualità di Capo Supremo Nonché Unico Legislatore
del gruppo musicale Devilish neo
rinominato Tokio Hotel, dichiaro ufficialmente aperta questa seduta
creativa.»
affermò Georg, battendo il suo martelletto immaginario
sull’ancor più
immaginario banco del giudice. Bill, anticipando fulmineamente il
gemello, cercò
di decapitare il suo quasi ex-bassista con il piatto di cristallo
posato lì
vicino. «Ma perché ad ogni riunione voi Kaulitz
dovete cercare sempre di
assassinarmi?» si lamentò il ragazzo, abbassandosi
con la velocità che anni di “amicizia”
con i gemelli gli avevano donato.
«Perché
è un rituale fortunato.» lo rimbeccò
Tom. «Durante lo scorso incontro, grazie
alla scarpa che ti ho tirato, è nato il nome che ci
porterà alla fama.»
«Perché
sei un babbuino idiota.» rispose Bill. «Sono io il
Capo Supremo Nonché Unico
Legislatore dei Tokio Hotel. E sono anche il Leader Indiscusso, il
Frontman
Talentuoso, il Sommo Boss, il Direttore Supremo, il Presidente
Incontrastato, e...
e.. »
«E
il cantante.» lo aiutò Gustav, seduto sul tappeto
a giocherellare con le
bacchette della batteria.
Il
finto moro fece spallucce. «Si. Anche quello.»
«Perché
tu sei tutte quelle cose e io sono solo il chitarrista?» si
lamentò il gemello,
storcendo il naso. «Non è giusto! Non mi fai mai
fare niente!»
«Puoi
fare il Raccattapalle Ufficiale, se vuoi.» lo
consolò Bill, facendogli patpat
sulla testa mentre Gustav si spiaccicava una mano sulla faccia.
Tom
si illuminò. «Davvero?»
«Certo.»
gli assicurò il fratellino, e gli porse un biscotto.
«E sei fai il bravo ti porto
a fare una passeggiata.»
«Ehi»
protestò lui, azzannando il dolcetto. «Guarda che
me ne accorgo quando mi
prendi in giro!»
«Certo,
certo. Ora veniamo all’ordine del giorno.»
«La
mia sensibilità ferita?» fece Tom.
«La
mia assicurazione contro i Kaulitz?» domandò Georg.
«Il
mio sbigottimento nel constatare che voi tre vi rincitrullite ogni
secondo di
più?» aggiunse Gustav. Tre volti si girarono
improvvisamente contro di lui, contratti
in una smorfia di perplessità
«Che
cavolo vuol dire co...cos...con...»
«Costantare,
Tom.» lo aiutò il gemello. «Leggi il
vocabolario, una volta ogni tanto. Significa
che... beh, è una specie di complimento.»
«Oh,
bene.» si rallegrò Georg, dando una pacca sulle
spalle del batterista e
rischiando di farlo volare fuori dalla finestra. «Grazie,
amico!»
«Figurati.
È stato un piacere.»
«Comunque.»
li riprese Bill, schioccando le dita più volte.
«Oggi dobbiamo disegnare un
simbolo per la band, qualcosa che ci rappresenti. Niente di troppo
complicato,
o Tom non lo capirà.»
«Ehi!
Non sono mica stupido!»
«Ah,
no?» domandò il moro, sinceramente sorpreso.
«Be’, datevi da fare.»
«Io
ho inventato il nome, ora tocca a voi trovare il disegno.»
decise il
chitarrista, cercando sotto il divano un pacchetto di patatine che non
contenesse troppa muffa.
«Giusto.
Ormai hai avuto l’unica idea non del tutto idiota della tua
vita.» gli concesse
Bill. «Dopotutto, i miracoli non si ripetono.»
Tom
aggrottò le sopracciglia. «Anche questo era un
complimento?»
Il
fratello gli sorrise. «Certo.» ripose dolcemente,
mentre Georg alzava una mano.
«Si, bassista, cosa vuoi dire?»
«Mi
chiamo Georg!»
«Non
pretenderai che mi ricordi il nome del primo sfigato che
passa.» s’indignò il
cantante «Ringrazia il cielo che non ti chiami solo
‘Povero Idiota’»
«Oh.»
fece lui. «Va bene. Grazie. Comunque che ne dite di questo,
come logo?»
Mostrò
il foglio dove aveva scarabocchiato qualcosa; Bill lo prese, poi
alzò lo
sguardo sorpreso verso il ragazzo.
«Allora
sei davvero stupido come sembri, non è una manovra di
marketing.» commentò. «Non
avrei mai immaginato che potesse esistere qualcuno di tanto
insulso.»
«Non
ti piace?»
«Hai
scritto una T e vicino ci hai messo una H. Non è un simbolo,
sono solo le
nostre iniziali!» Georg schioccò la lingua,
impaziente, come se il giovane non
avesse afferrato un essenziale particolare.
«Ma
c’è un cerchio.» gli mostrò
la riga storta, che sicuramente non avrebbe fatto
invidia a Giotto, racchiudente le due lettere. «È
un logo.»
«È
banale e noioso.» lo demolì Bill. «E tu
sei un incapace.»
«Io
lo trovo carino.» affermò Gustav, che di quella
riunione era già stanco. Per un
povero ragazzo dalle normali capacità mentali, stare a
stretto contatto con tre
decerebrati era alquanto nocivo.
«Tu
non t’intromettere.» lo zittì il
cantante.
«Ma
anche io faccio parte della band!»
«Tu
suoni e basta.»
«Certo,
dimenticavo che l’unico ruolo essenziale è il
tuo.» replicò il bassista,
sarcastico.« Quello di farci apparire quattro
pagliacci.»
«È
una velata discriminazione del mio look?»
«No»
ripose Gustav. «Non è affatto velata. Abbastanza
esplicita, direi.»
«Bene.
Vediamo cosa ne dice Tom, allora.» affermò Bill,
offeso. Si guardò intorno un
paio di volte. Spostò
un paio di
cuscini, aprì il frigorifero, cercò nella
custodia della chitarra, ma del
gemello non c’era traccia. Poi controllò nel
secchio della spazzatura per
controllare se il fratello non avesse decise di rintanarsi nella sua vera casa, ma non era nemmeno
lì. «Ma
dov’è finito?»
«Qui.» dopo qualche istante il
biondo emerse da
sotto al divano, portando con se un nugolo di polvere.
«Cercavo delle patatine.»
«Oh,
quindi non sei stato risucchiato da un vortice dimensionale.»
sospirò Bill,
deluso. «Devi votare se ti piace o no il simbolo di
Georg.»
Tom
si illuminò come una lampadina da un milione di watt.
«Il mio voto è
determinante?»
«Assolutamente
no. Qualunque sia la tua risposta, la decisione spetta comunque a
me.» chiarì
il cantante. «E poi tu sei d’accordo
con me, vero?» spalancò gli occhini languidi e
sporse il labbro inferiore, inclinando
la nuca verso destra.
Il
rasta ci cascò come un allocco. «Oh.»
pigolò, addolcito. «Che carino.»
Bill
gli gettò le braccia al collo e strusciò il naso
contro la sua guancia, mentre
Gustav e Georg guardavano da un’altra parte, disgustati.
«Tu dici che ho
ragione io, vero?»
«Certo.
Come vuoi tu.» cercò di abbracciarlo, ma appena
terminò la frase il fratello lo
spinse via mandandolo a gambe all’aria.
«Perfetto.
Siccome siamo due si e due no, vincono i no perché il mio
voto vale doppio.»
«Sei
un idiota, Kaulitz.» sibilò Georg, rivolgendosi a
Tom che si massaggiava cauto
la testa, temendo di riscontrare danni alla materia cerebrale che non
aveva. «Per
colpa tua abbiamo perso l’unica possibilità che
avevamo di ribellarci a quel
dittatore di tuo fratello.»
«Bill
non è un dittacoso.» protestò lui.
«Lui mi vuole bene!» esclamò, come se
questo
bastasse a rendere il gemello un democratico.
«Lo
vedo.» commentò Gustav, mentre Bill, ignorando i
loro discorsi, calpestava il
corpo di Tom abbandonato a terra e raggiungeva la sua poltrona
preferita.
«Sapevo
che voi, branco di galline senza cervello, non avreste concluso
niente.»
sospirò il frontman, dall’alto della sua
posizione.
«Oggi
sei stranamente gentile con noi.» notò Georg,
pensieroso.
«Mio
fratello è buono e generoso.» intervenne il rasta,
orgoglioso, mentre Gustav
picchiava entrambi con le sue bacchette. Di solito si asteneva dal
farlo per
paura che si frantumassero contro la solida roccia di cui erano
composti i loro
crani, ma per quella volta poteva sorvolare.
«Ho
richiesto l’intervento di un professionista per compensare la
vostra
inettitudine.» continuò Bill, limandosi le unghie
laccate di nero. «Dovrebbe
arrivare tra poco. Non fatemi sfigurare, con la vostra inaccettabile
stupidità.»
«Me
se sei tanto eccezionale, come mai non lo disegni tu, il
simbolo?» fece il
batterista, sarcastico.
«Perché
le mie idee sono troppo geniali per dei comuni esseri umani come voi,
per di
più di un’intelligenza limitata.»
replicò Bill, altezzoso. Il campanello suonò.
«Tom, fai qualcosa di utile nella tua misera vita e vai ad
aprire.»
Il
gemello ubbidì, nella speranza di ricevere un altro
biscotto, e si trovò
davanti sua madre. «Scusa, mamma, aspettiamo
l’esperto. Torna più tardi.»
spiegò,
mentre le chiudeva la porta in faccia. Tornò in sala, dove
tutti l’aspettavano
impazienti.
«Allora?»
fece Gustav.
«Era
solo mamma. Le ho detto di ripassare più tardi,»
Bill
si portò le mani tra i capelli. «Stupido,
è lei la professionista! Vai ad
aprire!»
Il
fratello andò alla porta, borbottando qualcosa su qualcuno
che non sapeva
spiegare le istruzioni, e trotterellò in sala seguito dalla
donna.
«Ciao
bambini!» trillò Simone, battendo le mani.
«Vi aiuterò a fare un disegnino per
il vostro gruppetto musicale.»
«Si,
mamma.» gemette Tom. «Evita i
diminuitivi.»
«Bene,
mettiamoci al lavoro. Tu, mamma, che sai disegnare bene, devi farci un
simbolo.» sospirò Bill, conscio che quella sarebbe
stata una giornata molto, molto
lunga. La donna tirò fuori un
foglio dalla borsa.
«Che
ne dite di questo?» mostrò un cuore con iscritta
la sigla TH. I ragazzi si
guardarono, allibiti.
«No.»
risposero, all’unisono.
Simone
mostrò l’immagine di un fiore con TH scritto in
ogni petalo.
«Questo?»
«No.»
Poi
fu la volta di un angioletto stilizzato con TH ricamato sul petto.
«Questo
vi piace?»
«No.»
Continuarono
così, per ore e ore. La donna aveva un armamentario
impressionante di disegni
estremamente orrendi e bislacchi.
Tom,
annoiato, cominciò a scarabocchiare su un foglio.
Disegnò
tre linee orizzontali, una sotto all’altra; la prima e
l’ultima erano uguali,
ma quella centrale un po’ più corta.
Questi
sono Bill, Georg e Gustav. Gus è
quello in mezzo. Ridacchiò
tra sé e sé. Poi disegnò una linea
verticale posata su quelle precedenti. E
questo sono io che mi stendo sopra di
loro. Quando rivelerò che TH significa Tom Herrscht, Tom
Domina, sarà questo
quello che succederà. Li userò come lettino da
spiaggia. Rise malvagiamente,
mentre tutti lo guardavano con un sopracciglio alzato.
Tracciò un cerchio
attorno alla prospettiva del loro futuro per evidenziare il concetto, e
rise
ancora più forte.
«Tom, ti sei
rimbecillito del tutto? Il poco
cervello che aveva si è sciolto a causa dell’uso
continuato?» sbottò Bill,
innervosito dal tempo che stava sprecando per cercare quel maledetto
logo. E lui
che aveva in programma di farsi la french alle unghie. «Che
stai combinando? Smettila
di fare casino e dai una mano!» gli strappò il
foglio dalle mani e gli diede
una rapida occhiata. La sua espressione mutò
improvvisamente. «Ehi!»
Oh,
no, ha capito tutto! Ha scoperto il
mio piano e farà cambiare il nome alla band!
«Ma
è geniale!» esultò invece il ragazzo.
«Una T e una H incrociate. È perfetto
come simbolo. Basta solo cancellare il pezzetto di linea verticale che
sporge.»
prese la gomma e sistemò il disegno, ma nel farlo
eliminò anche una parte del
cerchio. «Fa niente. Una linea aperta è
più carina»
«Allora
il mio aiuto non mi serve più?» fece Simone,
abbattuta. «Peccato. È stato
divertente.»
«Si,
anche per noi.» mentì Georg.
«Non
capisco cosa sia preso a Tom. Forse sta diventando
intelligente.» ponderò Bill,
assorto. «Magari non ha una mancanza totale di
neuroni.»
«Grazie,
troppo gentile.»
«Si,
infatti.» si corresse il moro. «Sto esagerando. La
parola ‘intelligenza’ in una
frase con il tuo nome ha senso solo se c’è una
negazione. Ed è stupido parlare
di neuroni, quando tu ne hai solo
uno.»
«Mi
sorprende davvero che Tom abbia avuto un’altra buona idea.
Temo che la fine del
mondo sia vicina» rincarò la dose Gustav
«Accidenti.»
si lamentò il chitarrista. «Io non ho ancora
completato l’album dei calciatori.
Il mondo non può finire prima che io abbia trovato la
figurina del portiere
della Germania.»
«Ma
non è quella che Bill ti ha sottratto appena prima che la
attaccassi per ritagliare
il numero stampato dietro?»
«Si,
quella.» rispose il frontman, distratto. «Era la
numero 483. Mi piace, quel
numero. E poi sapevo che era l’unica che gli
mancava.»
«Non
sono adorabili, i miei bambini?» chiocciò Simone,
intenerita. «Si vogliono così
bene!»
Gustav
e Georg borbottarono qualcosa di indefinito, mentre Tom pensava che
quando sarebbe
stato celebre avrebbe costretto il gemello a comprargli quella figurina
su
Ebay. Calcolando gli anni che avrebbe impiegato per diventare famoso,
almeno
cinque, il costo del prezioso oggetto sarebbe lievitato fino a
raggiungere un
prezzo più che accettabile.
E
la pagherà. Oh, se la pagherà! Ora non
c’è solo il nome, ma anche il simbolo, dalla mia
parte. Tutto ciò che riguarda
la band rimanda alla mia superiorità.
Il
mio potere non ha limiti.
«Tom,
idiota, stai fissando il vuoto da cinque minuti. Piantala, la tua aria
da minorato
mentale mi infastidisce.» lo rimproverò Bill.
Si,
sono pazza J.
E ho avuto ancora
l’influenza, perciò non
stupitevi.
Che
dire, non sembra ma io stravedo per Tom. Davvero! Lo tratto
così perché è il
mio preferito ù.ù (niente sarcasmo).
‘Mission: New
Name’ a quanto apre ha avuto un
seguito. Giuro che non era previsto, ma ora mi è venuta
anche un’altra idea per
completare la saga XD penso che a maggio o giù di
lì lo avrete (e chi lo vuole?)
Oddio,
lo ho scritto nei due giorni in cui sono stata a casa a causa della
febbre, ma
spero sia accettabile. Sono ancora esiliata da internet, ma sono riuscita a pubblicare.
Si,
lo so, non vi frega nulla ma vabbè XD
Me
lo lasciate un commentino, vero? J
Alla
prossima xD