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Autore: lastnight_    11/09/2015    2 recensioni
“Mi sarebbe piaciuto tenerti con me, ancora un po'.
Mi sarebbe piaciuto tenerti per sempre.”
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stratford non è mai stata così silenziosa.
Non passa un’anima in questo vialetto.
Non si sente neanche un leggero soffiare del vento, in questa serata di fine luglio.
Il sole fatica a tramontare, questa sera.
Il cielo ha sfumature di colori incredibili, questa sera.
In pochi minuti il giallo e l’arancione hanno lasciato spazio a un viola leggermente rosato, un viola che, con il passare dei minuti, verrà travolto da quel blu ancora nascosto.
Non passa un’anima in questa strada, neanche un ragazzino, nessuno sembra desideroso di uscire, nonostante il clima adatto a stare all’aria aperta.
Forse, stanno ancora tutti mangiando.
Forse, molti sono andati via.
Forse, questo vialetto non lo conosce nessuno.
Le case più belle di Stratford sono qui.
Case costose, case dalle mille finestre e dai lussi più sognati.
Eppure, a noi ce ne piaceva solo una.
Questo vialetto lo conosciamo solo io e te.
Sono anni che non lo vedo.
Sono anni che non lo percorro con te, di sera, a luglio, con le mani intrecciate alle tue.
L’unica casa che ci piaceva è ora in vendita.
Un cartello bianco, le scritte in nero e in rosso, quel “Vendesi” che abbiamo aspettato, più o meno, è appeso su quel terrazzo.
Ha cambiato colore questa casa.
Lo noto appena, dato che la luce se ne va piano.
Ma non è più quel bianco candido di sempre: ora è un bianco sporco, un bianco lasciato andare, vittima del tempo e dei cambiamenti climatici, un bianco consumato, un bianco che in alcuni punti è pure ammuffito.
I balconi sono sempre marroni, quelli non sono cambiati, solo che davanti hanno delle sbarre di legno malamente inchiodate.
La finestra che dà sul tetto, la finestra dove ci saremmo dovuti mettere la notte delle stelle cadenti, è ancora lì, vuota, senza di noi –ma almeno è senza quelle orribili sbarre di legno.
È stata la prima cosa a colpirti, quella finestra.
Ricordo ancora le tue parole «Questa casa la voglio solo per potermi sedere lì.»
Ricordo il tuo dito puntato su quel punto, mentre io ero troppo preso a guardare tutto il resto.
Tu sei per i dettagli, io sono per il resto.
Però quella casa piaceva ad entrambi, era perfetta per i tuoi puntigliosi dettagli e per i miei superficiali pensieri.
Il giardino, poi, quello era il nostro punto preferito: l’erba tagliata, due alberi piuttosto comuni che tu avresti sostituito con un albicocco o un ciliegio, quel gazebo bianco dove già vedevi mille feste da celebrare, quel dondolo dove ci vedevi abbracciati pure nelle sere più improbabili.
Quel giardino non esiste più.
Quei due alberi non ci sono più.
Il gazebo non c’è più.
Il dondolo è rotto e lasciato a marcire.
L’erba alta e lasciata andare.
Sembra che questa casa se ne sia andata con noi.
Sembra che sia crollata quando ci siamo divisi.
Sospiro ripensando a quante cose mi ricorda questo vialetto, questa casa, questa sera di fine luglio.
Sospiro e penso che, sì, okay, questa casa è un po’ come siamo noi ora: diversi, lasciati in mano al destino, cambiati, forse con un cuore da incollare, ma quanti pezzi non abbiamo più?
Però… in questo vialetto ci siamo ancora noi.
I nostri ricordi non possono sparire, non possono andarsene neanche dopo una tempesta, i nostri ricordi sono qui, sono indelebili.
E io li sento.
Io li sento tutti.

Sento le tue parole sussurrate quel lontano 27 luglio 2009, quando avevamo ancora sedici anni.
«Questa casa diventa sempre più bella, non trovi? Hai visto che figata il gazebo nuovo?»
«Non posso più fingere con te. Non posso più mentire al mio migliore amico»
E ti guardavo, con gli occhi confusi mentre ti incitavo ad alzare la voce, ad essere più chiara.
«Non possiamo più essere amici perché ho una cotta per te!» e quasi urlavi e quasi ti sentivano tutti in questo vialetto.
Eri diventata rossa in viso, continuando a fissarmi in attesa di una risposta.
«Beh, anche io ho una cotta per te» e la mia confessione sembrava come commentare la cosa più ovvia al mondo.
«E adesso che si fa?»
«E adesso… beh, siamo sempre noi, non cambierà nulla tra di noi, tutto potrà solo migliorare


Sento ancora adesso il rumore delle nostre bottiglie di vetro scontrarsi, quel 13 settembre 2011, il giorno del mio diciottesimo compleanno.
Eravamo seduti proprio davanti a questa casa, appoggiati al muretto della casa di fronte, nascosti dal buio della notte, timorosi di essere beccati da qualcuno, timorosi di essere scambiati per ladri; eravamo lì seduti con i nostri cartoni di pizza sulle ginocchia, come se fosse normale starsene seduti lì per terra a fissare una casa non nostra, come se fosse normale immaginare di cambiarla a nostro piacimento.
«Io odio la birra» continuavi a commentare.
«La Corona è leggera, ti ho pure messo il limone!»
«Con la pizza io pretendo la Coca Cola»
«Non è colpa mia se non avevano la Coca Cola, mi dispiace, principessa»
«Solo perché è il tuo compleanno la bevo»
e avevi avvicinato la bottiglia alla mia «A te, Justin Drew Bieber
. Finalmente sei un adulto in grado di intendere e volere» e avevo sorriso, lasciando che nell’aria si sentisse quel rumore di bottiglie che si scontravano piano, accompagnato dalle nostre risate, dal profumo delle pizze che si raffreddavano minuto dopo minuto.
Nell’aria c’eravamo solo noi e i nostri baci appena udibili.
Sento ancora adesso le tue urla, sento i ricordi fin troppo rumorosi di quella discussione.

31 luglio 2013.
«Mi fai schifo!»
«Ti prego, siamo qui, adesso, lasciami almeno spiegare»
«Cosa c’è ancora da spiegare, Drew? Da quando giri il mondo e i soldi ti cadono dal cielo sei più stronzo di quel che pensavo!»
«Non è quel che sembra, per favore, lasciami parlare»
«Io non ti lascio prendermi per il culo, chiaro? Se non vuoi più stare con me ma con quella zoccola, che ti porti sempre appresso alle feste, me lo dei dire in faccia! Me lo devi dire adesso!»

«Barbara non è nulla!»
«E allora smettila di uscire sempre con lei! Smettila di sbattermi in faccia solo foto di voi due insieme ad ogni occasione possibile! Smettila di mentirmi e prendi una decisione»

Lo ricordo perfettamente il rumore dei tuoi singhiozzi, delle tue lacrime, delle tue suppliche, dei miei giuramenti, delle mie promesse e dei miei infiniti«Perdonami.»
Ricordo ancora che, quella sera, non osavi guardare la nostra casa, non osavi commentare i fiori gialli che coloravano il giardino; odiavi quella casa, odiavi ogni cosa perché, in quel momento, odiavi me prima di tutto.
«Ricomincerai a fidarti di me?» la mia voce era un sussurro, la tua mano al sentire la mia si era allontanata.
Non hai mai risposto a quella domanda.
Quello era solo l’inizio di una triste discesa.
Sento ancora il rumore dei ricordi dell’ultima volta che siamo venuti qui.

10 agosto 2015.
Ti tenevo la mano, mentre i nostri occhi puntavano dritti a questa casa.
Quella sera ero fuori di me, quella sera avevo tentato davvero l’impossibile per non lasciar andare sei anni di relazione.
«Mi piacerebbe sposarti»
«Mi piacerebbe non sentirti dire cazzate»

C’era tensione tra noi.
Non eravamo più gli stessi.
Era dura ammetterlo pure alle nostre anime.
«Mi piacerebbe sposarti e comprare questa casa»
«Justin…»
e avevi lasciato la mia mano.
«Vorrei avere dei figli, gli stessi che abbiamo sempre immaginato correre in questo giardino. Vorrei sposarti ed avere due bambini»
«Justin…»
«Vorrei un bambino e una bambina, in modo da poter fare il papà calciatore ma anche il papà che difende la sua principessa»
cercavo la tua mano, ma più tentavo di starti vicino, più ti sentivo distante miglia e miglia.
«Piacerebbe anche a me,Just…» ma nel tuo viso non c’era il solito sorriso.
«Perché non possiamo tornare a come eravamo un tempo? Io sono sempre io, sono Just, non sono cambiato, sono sempre lo stesso!»
«Sei Justin Bieber il cantante più famoso al mondo, colui che le ha tutte ai suoi piedi…»

«Ma il mio lavoro non cambia quello che voglio, non cambia i miei desideri, i miei sogni, i miei progetti per il futuro. Quello che volevo, lo voglio ancora oggi e voglio te, voglio la nostra famiglia, voglio la nostra casa»
«Vorrei che fosse così semplice»
quella lacrima sulla tua guancia faceva più male di mille pugnalate al petto.
Quel bacio disperato era un tacito addio.
Ma io fingevo che si sarebbe risolto tutto per il meglio.

Io guardavo le cose nel complesso, il mio errore non poteva farmi perdere la persona più importante della mia vita, un misero sbaglio non poteva compromettere una relazione come la nostra.
Ne ero così sicuro, così convinto.
Ma per te, quello sbaglio, quell’errore, era il dettaglio che aveva cambiato ogni cosa, che aveva compromesso i tuoi sentimenti, che ti aveva portato ad odiarmi sempre di più.

Oggi è il 31 luglio 2018.
Ti ho vista, sai? Ti ho vista con le borse della spesa, mentre le mettevi in macchina e tentavi di parlare al telefono.
Ho notato che ti sei tagliata i capelli, ti arrivano appena sotto le orecchie, ti stanno bene anche se non credo di potermi abituare all’immagine di te senza quei capelli lunghi e rovinati che non volevi mai tagliare.
Ho notato, sai, che non li tingi più: il colore castano dei tuoi capelli naturali mi ha fatto un po’ dubitare all’inizio, non capivo se quella eri tu o solo una persona che ti somigliava molto.
Ma la felpa gialla e la targa della tua macchina mi hanno aiutato a riconoscere colei che ho amato per sei anni.
Ti ho guardata da lontano, non volevo essere visto da te.
Ti ho visto sorridere mentre parlavi al telefono, non so con chi, però.
Ti ho sentito ridere, ma non era una risata vera, non era la tua risata.
Ti ho guardato in ogni tuo singolo movimento, mentre salivi in macchina e chiudevi la chiamata prima di guidare.
Ti ho vista allontanarti e… non credere di essere così diversa.
Certo, hai i capelli corti e più scuri, ma i tuoi capelli non hanno cambiato la solita ragazza che controlla cento volte lo specchietto retrovisore prima di mettere in moto, non hanno cambiato quel vizio che hai di tirarti su gli occhiali con l’anulare, non hanno cambiato quella camminata strana che avrei sempre notato tra mille.
Non hanno cambiato il tuo viso, incapace di mentire sul come ti senti.
Non sei cambiata, sei esattamente come ti ricordavo, solo… più triste.
Sei triste e io l’ho capito solo guardandoti.
Sei triste e io ho paura di essere la causa della tua sofferenza, anche se sono passati anni.
Sei triste e… sono triste anche io.
Sono triste e deluso da me stesso, per non essere stato in grado di proteggerti, di amarti, di consolarti, di essere quel ragazzo che meritavi tu.
Mi odio per averti perso.
Mi odio per essere sempre stato troppo superficiale.
La luna illumina questo vialetto, il nostro vialetto.
Fisso lo schermo del mio cellulare.
Ho appena salvato il numero di telefono dell’agenzia che ha in vendita la nostra casa.
Sospiro, scrollando i miei contatti in rubrica, trovando il tuo ancora con quel nome che ti sei messa tu, quando avevamo ancora sedici anni.
“Your detail”
Perché tu eri l’unico dettaglio che valeva la pena guardare in ogni aspetto possibile, senza stancarmi mai.
Sospiro, aprendo un nuovo messaggio da inviarti.
Digito quelle parole velocemente e, senza pensare, invio.
Sospiro e sono ormai alla fine del vialetto.
Un’altra data, un altro ricordo.

31 luglio 2018.
La sera in cui ti ho mandato un messaggio dopo anni che non ci sentivamo più.


 
“Mi sarebbe piaciuto tenerti con me, ancora un po'.
Mi sarebbe piaciuto tenerti per sempre.”





meow.
❤️
hey bellezze, ho deciso di scrivere questa fan
fiction in nome del mio amore per Justin..e vorrei
sapere il vostro parere su questo mio scritto,un abbraccio lastnight_
❤️
 
 
   
 
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