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Autore: bacioalcatrame    11/09/2015    1 recensioni
"La prima volta che ti ho incontrata, ho capito che sarebbe finita così."
"Così come?"
"Sai, questo rincorrerti che non sembra avere fine."
"E se non avesse fine per davvero?
"Ne varrebbe lo stesso la pena."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Osservo la folle corsa di una goccia di pioggia che scende sul finestrino, a metà strada ne incontra un'altra e si uniscono in una goccia poco più grande, continuando a precipitare insieme verso la fine. Penso che potrebbe essere una metafora perfetta dell'amore: incontri quella persona, la persona, cominciate ad amarvi fino allo schifo, fino a diventare una cosa sola e se è davvero quella giusta, state insieme finché la morte (o l'altro/a) non vi separa. Si, potrebbe andare, ma non sono ne abbastanza filosofico, ne particolarmente interessato all'argomento, perciò distolgo lo sguardo. Allora osservo il vagone, oramai pressoché vuoto, se non per un ragazzino che muove le dita sullo schermo di uno smartphone così veloce da far paura e due signore intente in un'appassionante conversazione con tanto di gesti. Di qualsiasi soap opera o pettegolezzo stiano parlando, la musica al massimo nelle cuffiette mi impedisce di ascoltarle. Grazie al cielo!
Distolgo lo sguardo anche da loro e fisso un punto imprecisato del sedile davanti a me. Un istante dopo qualcuno lo occupa, alzo lo sguardo per vedere di chi si tratta, quasi infastidito dal fatto che il mio punto imprecisato sia stato coperto, ed incontro i tuoi occhi ambrati.

Improvvisamente riempi tutto: il vagone, il treno, la mia testa.

Non so per quanto tempo resto a fissarti imbambolato e forse ti sembro un po' strano, un possibile stalker o uno psicopatico, perché ti porti i capelli dietro le orecchie per poi guardare fuori. Scusa, non riesco a distogliere lo sguardo dai tuoi occhi, tanto meno dalle labbra screpolate fino al sangue, persino lo smalto nero consumato sulle tue unghiette piccole sembra la cosa più bella del mondo. Seguo la traiettoria del tuo sguardo: è puntato sulle rotaie. Sei triste? Vorrei chiederti perché... e lo faccio.

“Perché sei triste?” In realtà non volevo chiedertelo davvero, non avrei voluto parlare a voce alta, sarebbe stato meglio cominciare la conversazione con qualcosa di più formale e normale 'Hei!' 'Ciao, dove scendi?' 'Prendi spesso questo treno? Non ti ho mai vista', insomma quelle battute che senti nei film. Ma mi hai mandato in confusione, voglio sapere tutto di te: se sei figlia unica, quante cicastrici hai, se ti piacciono i tatuaggi, se preferisci il dolce o il salato. Lo voglio sapere subito.

Tu sei tremendamente interessante.

“Non sono affari tuoi.” Mi dici e poi sorridi. Capisco che sei una stronza e cazzo, mi piaci ancora di più, e poi la tua voce... vorrei fare l'amore con la tua voce. Anche con te, con i tuoi occhi, con le tue mani e con quella bocca.

“Vorrei lo fossero.” Vorrei te. Ma chi sei? Che cosa mi hai fatto? Inarchi un sopracciglio, vorrei baciarlo.

“Come ti chiami?” Mi chiede.

“Marco.”

“Nome banale. Tu sei banale?”

“Forse, un po'. Tu non lo sei?”

“Sono Ambra.”

“Come i tuoi occhi.”

“Banale?”

“Forse, un po'.” Rispondi, ora non sei più triste. Dischiudi leggermente le labbra, i tuoi denti sono dritti, squadrati, un po' gialli.

“Fumi?” Con le dita afferri una ciocca dei tuoi capelli, hanno il colore delle carote. Ho sempre odiato le carote, ma forse dovrei rivalutarle. Ci fai dei nodi, poi li sciogli, poi li rifai. Sembra che tu mi stia studiando, come fanno i predatori prima di attaccare le loro prede.

“Parecchio. Tu?”

“Mai provato.” Mi sistemo gli occhiali, forse avrei dovuto mentire. Probabilmente ti piacciono i cantanti delle bad rock, quelli che fumano canne, rubano e mandano a fanculo la propria mamma.

“Dovresti provare.” Mi prendi la mano, hai la pelle così fredda, ma appena mi tocchi sento caldo ovunque. Intrecciamo le dita, le tue sono minuscole e fini e sembrano fatte a posta per combaciare con le mie che sono l'opposto, lunghe e affusolate. Mi trascini verso le porte d'uscita, sei bassa e gracile, ma hai una forza tale da strattonare me, che sono almeno trenta centimetri più alto.
Appena fuori dal treno, ti metti a correre. Corri lungo il corridoio della metro, corri, corri. Io corro con te, mentre il profumo dei tuoi capelli mi investe come un uragano, mi invade le narici e non le lascia più. Mai più.
Saliamo le scale, fuori è buio, non ho la più pallida idea di dove ci troviamo.

“Dove siamo?” Ti chiedo.

“In uno di quei quartieri in cui tua madre ti ha sempre detto di non andare.”

Mi guardo intorno e vedo solo strade sporche e bagnate, vicoli bui, edifici con le serrande abbassate. Non c'è anima viva.

“Non sembra ci sia nessuno.”

“Perché le cose brutte si fanno di nascosto.” Sorridi e ti porti le mani alle labbra, mordicchi le unghie, mi guardi.

Io sospiro, sembri una bambina, sei così bella, mi hai preso il cuore.

Ci sediamo su una panchina a caso che è fredda quasi quanto le tue mani. Mi tiro su il cappuccio sulla testa per proteggermi, non sono al sicuro. Non parlo del posto, sei tu , mi sento stupidamente vulnerabile, flebile, debole, ho paura tu possa leggere i miei pensieri, ho paura tu possa entrarmi dentro, forse l'hai già fatto. Al tuo fianco, mentre i nostri respiri condensano insieme, a dispetto dell'altezza, sono così piccolo e tu invece sei enorme, grandiosa.

Mi stai stravolgendo nonostante ti conosca da meno di un'ora.

Sfili dalla tasca un pacchetto di Lucky Strike rosse, come quelle di Solid Snake. Vorrei farci una battuta al riguardo, fartelo notare, ma tu non sei sicuramente una tipa che sta chiusa a casa a giocare ai videogiochi, non sei come me. Tu sei di più, sei qualcos'altro. Sei il film di cui fanno il remake che non regge il confronto, il libro di cui fanno il film quando tutti sanno che il libro è sempre meglio.
Ti porti una sigaretta alle labbra, la fiamma dell'accendino brucia il tabacco e contemporaneamente aspiri, sei così concentrata sulla sigaretta, io così concentrato su di te. Me la passi ma io scuoto le mani.

“Andiamo, qualche tiro non ha mai ucciso nessuno.”

“Non credo di saperlo fare.” Dico imbarazzato, tu ridi.

“Che nerd.” Non vuoi offendermi, anche se lo volessi sono così rapito dalle tua risata che non mi dispiacerebbe farmi prendere in giro ancora una volta per sentirne un'altra.

“Aspira, prendi l'aria come se respirassi. Forse raschierà un po'. Poi butta fuori.” Spieghi.

“E se tossisco?”

“Penitenza.” Mi fai un sorriso malizioso, ti volti e guardi il cielo. La luna è coperta, ma tu stai illuminando questa nottata. Mi godo lo spettacolo che sei mentre aspiri ed espiri il fumo, la bambina è diventata improvvisamente sensuale ed affascinante, vorrei guardarti fumare per ore.

Mi accorgo che fai uno specie di schiocco, un bacio al catrame.

Mi faccio coraggio e provo ad aspirare, mi balena in testa l'immagine delle tue labbra sulla sigaretta, che ora è tra le mie. Mi sento avvampare, se ti baciassi morirei. Il fumo esce mentre tossisco, sento che mi manca l'aria, non so se sia perché l'ambra dei tuoi occhi mi fissa e tu sei così vicina, o perché non so fumare e queste Lucky Strike sono troppo forti.

“Ci avrei scommesso.” Dici.

“Non essere crudele.” Mi riferisco alla penitenza, ho la sensazione che potresti costringermi a fare qualsiasi cosa: furto, spaccio, droga. E io, telo lascerei fare.

Invece continui a fissarmi, ti avvicini lentamente e mi baci. Le tue labbra sfregano sulle mie, sento le croste ed un leggero sapore di sangue misto a quello del fumo mi inebria la lingua. Ho la tua saliva, la tua lingua, la tua bocca sulla mia. Sto gustando il tuo sapore, rispondo timido al tuo bacio provando a non morirne.
Quando ti allontani, mi sento il baciatore più imbranato del mondo.

“Scusami se non sono...” Provo a giustificarmi, non so se sto migliorando o peggiorando la situazione. Mi interrompi.

“Farai l'amore con me.” Ti riferisci alla penitenza.
   
 
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