DROWNING LESSON
Una.
Due. tre gocce di acqua piovana dal ramo al fiume cadevano lente. Silenti.
Ritmate nella loro discesa.
Volevo
cogliere il fiore più bello per donarlo a te mio amore. Ma quando recisi quel bocciolo,
appena in fiore, appassì tra le mie mani scarne. Sentii il vento sussurrarmi
fra i capelli parole d’amante ed il fiume ghiacciato inibire i miei sensi. Il
fantasma del tuo passato mi persuase a riaprire ferite infette. Lo seguii
fedelmente…tra le braccia della pazzia.
Camminavo
senza meta nella radura circostante. Raccoglievo i gladioli ed i papaveri ed i
miei pensieri erano lieti. I piedi scalzi a contatto con l’erba fresca di
rugiada calpestavano il terreno erboso. Alzai il mento verso l’astro luminoso e
caldo e guardai le nuvole che comparivano e scomparivano dalla mia vista.
Osservai il loro moto e i loro cambiamenti di forma. I grandi alberi rendevano
alcuni tratti del sentiero irregolare, ombroso. Mi attardavo a riprendere il
cammino in quei luoghi oscuri. La meta era vaga, se non assente. Alcuni
usignoli cantavano il loro triste canto solitario. Le creste degli alberi si
muovevano da destra a sinistra ed il fruscio che emettevano era confortante.
Ero sola ma incredibilmente insieme alla natura circostante. Erano forse le tue
braccia a spingermi verso l’ignoto? Forse i tuoi occhi meschini, indagatori,
bugiardi e ricchi di speranze mi stavano spiando. Sentivo la loro presenza.
Agognavo ogni tua attenzione nei miei riguardi…
Un
arbusto di rose sedusse la mia attenzione. Erano i tuoi fiori. Quelli che
aspettavo con ansia ogni mattina al mio risveglio. Dicevi che erano la lussuria
e l’invidia ad averli creati. Erano dai mille colori, e belli alla vista.
Apparivano docili e amorose ma nascondevano un cuore velenoso ed irto di spine.
Erano superbe ed infliggevano dolore a coloro che ingenuamente tentavano di
possederle per sempre. Mi apprestai a raccoglierne una. La più bella. Le tue
labbra si disegnarono su di essa. La avvicinai lentamente verso il mio viso. Fu
allora che sentii la mano bruciare. Cadde la rosa. Una. Due. Tre gocce tinsero
il vestito candido, immacolato. Il sangue. Il sangue era vermiglio,caldo al
tatto.
Era un rimprovero quello che leggevo sul tuo
viso? O forse tristezza? Non seppi mai la risposta…
Mi
sdraiai prona e composi una corolla di margherite come da bambina.
Ti
ricordi quando giocavamo felici ed inconsapevoli nei giorni della nostra
infanzia? Io ancora ricordo la timidezza della gioventù e quel primo bacio nel
giardino del reame. Che fai? Ridi? Hai ragione il tempo è passato e quell’amore
che non ci permetteva di non amare l’un l’altro ancora oggi ci perseguita.
Un
ruscello scorreva in lontananza ed il suo dolce richiamo giungeva alle mie
orecchie. Mi avvicinai alla rive di quel che si manifestò un fiume in piena. Mi
appoggia al tronco rugoso di un albero lì vicino. I suoi frutti erano maturi e
pendevano dai rami carichi. Mi sporsi per raccoglierne qualcuno.
Non
preoccuparti non cadrò nel fiume. Non scivolerò in esso. Lui non mi porterà
via.
La
gola secca era richiamata dalla freschezza dell’acqua biancastra. Nessun pesce
all’interno o forma di vita. il fiume era come spento, morto ormai da tempo
spettava che qualcun altro abitasse il suo letto. Le ginocchia indolenzite si
piegarono al mio volere. Immersi le mani nella cristallina linfa di vita, ma
subito le ritrassi quasi inorridita. Il tuo volto era stranamente delineato in
quel liquido incolore. Ogni tratto del tuo volto, che pensavo aver dimenticato,
era ora ricomparso come d’incanto. La grande fronte ampia. La bocca irregolare.
Gli occhi sognanti. Avrei voluto riaverti tra le mie braccia ancora una volta.
Una sola. Ma sapevo che era impossibile. Fu per questo che decisi di baciarti.
Ma appena le mie labbra toccarono le tue, l’immagine che aleggiava nel fiume
scomparve ed io caddi impaurita e inerte nel ruscello. La lunga veste mi fasciò
il viso e non vidi più nessun colore se non il buio che da tanto tempo la mia
anima celava. Tutti mi credevano pazza, ma era solo desiderio d’amore.
Quello
che per troppo tempo mi era stato negato era la libertà di una fanciulla in
fiore che io agognavo più della salvezza divina.
Sentii
un corpo estraneo entrarmi dalla bocca, dal naso. Mi scese in gola senza la mia
volontà ed iniettò il suo veleno nei polmoni che contratti non riuscivano a
respirare. Io gemevo di dolore. Urlavo di disperazione e nessuno poteva udirmi.
Fu con quella consapevolezza che rilassai tutto il mio corpo. Le mani non
imprigionavano più la gola, ma erano riverse accanto ai fianchi. I piedi freddi
lasciavano che l’acqua li accarezzasse dolcemente.
Era
questo che volevi per me? una morte violentemente dolce? Io credo di si. Io la
voglio ora. Ora che ti ho visto ed ho sfiorato il tuo viso. Ora che ti ho visto
per un’ultima volta, farò finta di averti qui accanto e sprofonderò
nell’anonimato dei giorni che verranno con la consapevolezza che tu mi
ricorderai per sempre, e questo per me sarà sufficiente. Questo mi basterà per
scomparire. fu allora che ti sentii la tua presenza. Prendesti la mia mano e la
stringesti forte nelle tue, poi la conducesti al cuore. Sentii i miei battiti
venir meno, secondo dopo secondo. La fine giunse lieta ed aveva il tuo volto
amore.