L’ombra
della luce
Sorge un nuovo
giorno nel Doriath, e lesta Nellas si
accinge ad attendere il ragazzo Uomo con trepidazione, come una giovane
innamorata
attende l’amante. Sì, è questo che la
ragazza Elfo non può fare a meno di
credere. Ma pensare simili parole non è consono al compito
che le è stato
affidato.
Sorveglialo.
Melian la Maia
aveva detto una sola parola in
proposito, quando la incaricò di seguire i passi del giovane
figlio di Húrin.
Forse perché aveva capito che lei, fra tutti gli Elfi, lo
avrebbe fatto senza
esitazione alcuna; così come sapeva che i suoi occhi si
accendono di un fuoco nuovo
ogni qualvolta li posa su di lui. Lo avrebbe fatto anche ora, lo
avrebbe fatto
sempre, a costo di schiacciare il suo orgoglio di anima solitaria e,
cosa più
importante, la sua timidezza, sua fedele compagna di sempre.
Scende dal ramo
dell’albero su cui era acquattata,
guardandosi intorno.
Poco
dopo l’alba, quando il sole non è ancora alto, aveva
detto Túrin con la sua voce avvolgente la prima volta
ch’erano stati insieme,
promettendo di attardarsi con lei.
Ma il sole ha già abbandonato la linea
d’orizzonte, ed è inquietudine quella che Nellas
sta provando. Affranta per
quel che la sua mente avverte come un ritardo, Nellas cade seduta a
terra, per
poi specchiarsi nelle fresche acque della sorgente dei boschi che
abita, non
riconoscendo la giovane selvaggia che ama la libertà
più di qualsiasi altra
cosa.
Non
l’ha mai fatto durante la sua esistenza, non si è
mai preoccupata del suo aspetto o del suo abbigliamento.
Perché prima non c’era
la benché minima ragione di compiere quei normali, vanitosi
gesti di una qualunque
fanciulla di Menegroth.
Ma Nellas non
è come le altre fanciulle della città
di pietra, non è solita agghindarsi per il piacere degli
occhi altrui. Il suo
unico ornamento sono sempre stati i diamanti d’acqua che si
indossano nelle
stagioni calde, e che svaniscono con la più fievole brezza
meridiana.
Ma da allora, da
quando per la prima volta il suo
sguardo curioso ed attento s’incrociò con quello
freddo e fuggevole di Túrin usa
intrecciare fiori fra i suoi capelli, sicura che questo le riservi
sembianze
più graziose, andando incontro alla quell’eccesso
di vanità che tanto spesso
definisce detestabile. Non si chiede cosa sta facendo, non si sofferma
a
pensare con quanta brutalità antepone Túrin a se
stessa, deturpando la sua
selvaggia libertà.
Ciò
che importa è presentarsi ogni giorno a Túrin
figlio di Húrin, facendo sì che i loro incontri
siano intimi e dolci come il
canto di Lúthien che avvinse Beren in una catena fatta con
anelli di amore e
desiderio.
Perdendosi nei
suoi pensieri, non si è resa conto
che Túrin è arrivato nei suoi amati boschi e si
sta guardando intorno. Per
Nellas, è piacevole pensare che stia cercando lei, provando
a scorgerla oltre
gli alberi e le piante. Anzi, ne è certa, perché
al di fuori di Menegroth non
conosce nessun altro.
Túrin
getta lo sguardo verso di lei, e Nellas come
una creatura boschiva spaventata quale è si cela nella fitta
vegetazione,
pregando affinché non si renda conto che lo stia osservando;
e quando distoglie
lo sguardo il suo viso si riaffaccia esitante, per poterlo osservare
ancora e
ancora senza che lui veda le fiamme sulle sue guance, senza che
traspaia la
gioia di chi è innamorato e non sa come sarà il
domani.
È
ancora un ragazzino, perfino per il breve computo
degli Uomini, ma nasconde in sé la certezza della
beltà dei più grandi figli
della sua stirpe. I suoi capelli corvini sono un mantello di
oscurità che si
avviluppa sulle sue spalle, i suoi lineamenti fanciulleschi hanno ben
poco da
invidiare a quelli Elfici.
Ma non
è soltanto a causa del suo aspetto che Nellas
si sente turbata. Come una freccia, ogni giorno la sua perenne
tristezza le trafigge
il cuore lacerandolo nel suo punto più vulnerabile. Da
quando lo segue, come un’ombra
segue il proprio corpo, non lo ha mai visto sorridere, né
accennare il minimo,
vago sentore di ilarità. Ma lei lo vuol vedere, il suo
sorriso, e se ne vuol
beare fino alla fine del tempo.
Silenziosa si
avvicina a lui, sempre tenendosi ben nascosta.
Fu Beren ad essere al suo posto nel giorno del suo primo incontro con
Lúthien,
se ne rende conto solo adesso che non poteva essere tutto altrettanto
perfetto;
ma ciò che è importante è che lei sia
per lui fonte di felicità, così come lui
è l’artefice dei suoi sospiri.
Prendendo
improvviso coraggio, scosta le fronde che
la separano da Túrin figlio di Húrin e si erge in
tutta la sua statura.
Túrin
si ferma, e incatena i suoi occhi ai suoi. È
sorpreso, ma per nulla spaventato. Oramai sa chi è la
giovane donna elfo, e sa
che è un’amica e non una minaccia. Tuttavia non
accenna a parlare. Nellas sente
il suo sguardo indagatore su di lei, studiandola centimetro dopo
centimetro
come la prima volta che la vide, mentre lei si avvicina e gli sorride.
Per un attimo
s’illude di vederlo rispondere a sua
volta allargando le sue labbra, ma deve aver sognato troppo per
pretendere ciò.
Anzi, il suo volto sembra molto più austero di quel che era
in precedenza, e
Nellas si domanda come possa succedere. Deve averle letto negli occhi
la
domanda, perché lesto si avvicina a lei, prendendole le mani
fra le sue,
guardandola con una serietà nuova, quasi spaventosa.
“Insegnami”
le chiede, gli occhi scuri più limpidi e
brillanti che mai “perché io riesca ad imparare in
fretta tutto quel che è
necessario apprendere sul tuo popolo.”
La giovane
sorride, sforzandosi di apparire
comprensiva di fronte alla sua giovanile impazienza, mentre in
realtà vorrebbe
fuggire per celare la sua vergogna.
Sciocca,
cosa credevi ti chiedesse?
“Sarò
più che lieta di farti da maestra, ma
pazienta. Io non ho mai istruito nessuno, e farlo richiede molto
più tempo di
quanto tu non immagini.”
Comincia ad
illustrargli le costumanze dei suoi
simili, perché è ciò che
così gentilmente le chiede; e mentre apprende la
lingua della razza cui lei appartiene, Nellas guarda indietro nel
tempo,
vedendo come i semplici incontri si sono trasformati in giochi, ed i
giochi in
lezioni necessarie per la sua permanenza nel Doriath.
Ha le sue parole
più mansuete, e quando la accetterà
avrà le sue carezze più amabili. Gli
sarà amica più di quanto non lo sia
già, e
se un giorno Túrin vorrà perfino schiava.
Con il
trascorrere dei giorni, Nellas si rende conto
che Túrin è un Uomo acuto, sottile; questo pare
lusingarla come insegnante, ma
d’altro canto ciò potrebbe far sì che
in un tempo non molto lontano non ci sarà
più nulla da insegnargli. Nellas sa bene che non
è quello il suo posto, benché
Re Thingol l’abbia accolto sotto la sua ala; sa che non
appena porrà termine
alle sue lezioni l’Uomo se ne andrà via per sempre.
Per quale
ragione, poi, avrebbe dovuto cercarla? Non
per i giochi, perché essi non hanno posto nel cuore degli
adulti, e Túrin sta
crescendo di minuto in minuto; ed oltre l’amicizia che prova
per lei, non c’è
nulla che lasci intendere che Túrin l’ama, salvo
per il contatto tiepido delle
loro mani strette, unico sentore di un legame indefinibile.
Così,
Nellas agisce con quella che le sembra la cosa
più efficace, per quanto possa durare. Fa di tutto per esser
tardiva con i suoi
insegnamenti, rendendogli ogni cosa più difficile di quanto
non sia.
Ma la reazione
di Túrin non tarda ad arrivare. Sul
calar della sera del terzo giorno della sua determinata decisione le
porge la
sua perplessità.
“Perché
fai di tutto per attardarti? ”
Il figlio di
Húrin è perspicace anche in questo, ma
in cuor suo Nellas sperava non lo fosse fino a questo punto. Come
può spiegare
gli impedimenti che impiega per questo compito, cosicché il
suo apprendimento
avvenga il più lentamente possibile, senza lasciar trapelare
il suo amore?
Vuoi
sapere perché, Túrin, mio Beren?
Perché la mia vita è cambiata da quando hai
varcato la Cintura di Melian, perché da quel giorno nel
cuore ho una dolcezza
che fa male. E se te ne andrai via, il dolore crescerà fino
a raggiungere vette
che solo le creature di Elbereth osano sfidare.
“Molte
cose dovrai imparare, e desidero che tu le
assimili nel migliore dei modi.”
Si dimostra
comprensivo e disponibile di fronte a
quella risposta, e la giovane donna Elfo quasi si sente in colpa per
avergli
detto la verità solo in parte. Túrin vuole sapere
quanto più delle usanze del suo
popolo, e lei in quanto sincera amica dovrebbe facilitarglielo.
Scossa poi da
quel pensiero, si pente di aver
mentito specchiandosi in quegli occhi intelligenti, certa che prima o
poi verrà
tradita dalle sue stesse guance, e dal suo sguardo languido.
Túrin
si lascia sfuggire un sorriso indecifrabile, e
solo i Valar sanno se è dettato dalla tenerezza
dell’amicizia o dall’acidità
della derisione. Ma non importa granché: finalmente lo sta
facendo. Sorride, e
Nellas ne è la causa. Túrin non può
neanche lontanamente immaginare quanto
questo la renda felice.
Le cinge le
spalle incitandola a continuare, perché
la sua sete di conoscenza è così forte da non
poter essere rimandata, né
ostacolata; e Nellas nient’altro può fare che
arrendersi, e ricominciare
nuovamente a nutrire la sua mente come faceva in precedenza.
E quando una
sera, preso congedo da lui, si perde
nei meandri della sua coscienza, apprende da se stessa con angoscia che
questo
amore nient’altro è che un fuoco fatuo che arde e
galleggia sopra il suo stesso
sepolcro.
Nellas lo
comprende, sa che molto probabilmente
quella fiamma che le brucia dentro prima o poi finirà per
affievolirsi e
spegnersi. Ora si lascia cullare dalla testarda convinzione che
comunque è un
sentimento forte ed irrefrenabile, che nessuno può escludere
un gaio esito da
una complicità semplice e pura, che persino Eru
Ilúvatar avrebbe riconosciuto
in loro Beren e Lúthien.
Ma
arriverà il giorno in cui Túrin non
farà più
visita ai suoi boschi, né si premurerà di venire
a cercarla; e con il passare
del tempo anche lei allontanerà i suoi pensieri da lui,
figurandolo come
un’ombra in un lasso di tempo così breve che si
chiederà se mai sia davvero esistito
o sia solo un frutto dei suoi sogni inquieti. Si
dimenticherà di lui, dei suoi
occhi, del suo sorriso. Ma quest’idea non può
accettarla, ora.
Preferisce
concentrarsi su di lui, e lo vede grande
e forte come il suo giovane corpo promette di essere. Ma poi lo vede
oltrepassare la Cintura di Melian, nonostante il suo intervento,
prendendo la
sua strada, addossandosi la sua maledizione. Lo vede ritirarsi, e
amare, e
affliggere, e uccidere, e annegare nel suo stesso sangue suicida,
debole e
angosciato dai suoi stessi atti.
Ora
più che mai Nellas vorrebbe proteggerlo ed
averlo accanto a sé; perché finché
l’amore dura, nient’altro è
più forte di
esso.
NDA
So bene che
Nellas qui sembra molto più presa da Túrin
di quanto i Racconti Incompiuti lascino
intendere, ma l’ispirazione che mi ha guidata nella stesura
di questa ff è
stata questa: una giovane donna Elfo - direi una ragazzina, sempre
tenendo presente
il computo elfico - che cade innamorata di un Túrin che la
confina senza
ritegno nella friendzone - abbandonandola del tutto successivamente; e
che lei
dopo una figuraccia delle più banali ben presto si rende
conto che quello non
era propriamente un innamoramento, bensì qualcosa di
notevolmente più fievole.
Ebbene, non sono
pienamente soddisfatta del
risultato. E i motivi sono tanti. Primo fra tutti è che
questo non è un tipo di
personalità che sento vicina alla mia - per cui, sono
riuscita ad identificarmi
molto poco. Forse avrei fatto meglio se l’avessi scritta un
po’ di anni fa. xD
Ma per qualche
strano e recondito motivo ci tenevo
tantissimo a scrivere qualcosa su questo personaggio. Non so
perché. Forse
perché oramai parlare dei personaggi affiliati a
Túrin per me è un po’ come
entrare nel reame dell’Angst e siccome è il mio
campo preferito ci sguazzo allegramente.
Spero vi sia
piaciuta, in ogni caso. xD
PS.: Le
“rivelazioni” profetiche che Nellas ha di
Túrin le ho aggiunte di mia iniziativa. Lo so, baggianata
unica nella sua
specie.
PPS.: Sono stata due
mesi - sì, mi odio per questo -
incerta se utilizzare il presente o il passato, perciò
vogliate scusarmi per
alcune sviste. Nel caso, sarebbe magnifico se me le faceste notare.