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Autore: Melepatia_2571    16/09/2015    3 recensioni
(il titolo peggiore che abbia mai dato ad una storia)
AU|OOC(solo per sicurezza)|Stalia (se siete antistalia\antimalia\antishelley non aprite proprio la storia. Graziah)
*
Quando Stiles è ubriaco ama gli unicorni rosa
*
Dal testo:
Si girò verso il ragazzo: sempre pallido, accasciato contro la portiera, il naso spiaccicato sul finestrino e incrociava gli occhi come i bambini di tre anni. Poi cominciò a leccare il vetro e lì la cosa si fece davvero assurda.
-Stiles,- sbottò –smetti di leccare il finestrino!-
In tutta risposta lui cominciò a leccare anche la cintura di sicurezza.
Sospirò e mise in moto. Sperò con tutta sé stessa che tutto quello sarebbe finito presto.
2288 paroline
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Malia Hale, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Note di moi all'inizio perchè ora me piasano all'inizio
 Allora, questa roba non so da dove sia uscita. Principalmente l'dea è nata da un gruppo whatsapp su Teen Wolf (tipo cosplay via chat) in cui Stiles era ubriaco e aveva un unicorno di peluche.
Raiting verde, ma alla fine c'è qualche "allusione" (?) 
AU, perchè dovevo scrollarmi un po' di dosso tutta quella tristezza provocata dalla 5x10 con eccessività di sovrannaturale. OOC di un peletto pelettino. Ma davvero poco perché io devo rientrare nei canoni quindi l'ho messo per sicurezza. Se poi pensate che non sia necessario ditemelo.
Fluff, perchè Stiles ubriaco è puccioso quasi certamente. Comico, solo un po' perchè purtroppo ho l'umorismo di un bradipo in calore (?).
Stalia perchè io LI SHIPPO e se qualcuno di voi li odia è pregato di non criticare, anche perchè dovremo essere un fandom unito (per distruggere quel geniopazzo di Jeff)
Anyway penso di aver detto tutto. Forse sono stata ripetitiva in alcune parti, non esitate a farmelo notare. 
Tra parentesi in corsivo sono i pensieri di Malia.
Se l'impostazione della pagina non vi piace ditemelo.
Parole: 2288 (sì, è davvero troppo lunga, ne sono consapevole)
baci e mele


 
 
dedicato alle pazze componenti
del gruppo "SpacciatoriDiBeaconHills"
perchè siete la mia ispirazione
in davvero tante cose. 
 
 


 
 



 
L'Unicorno Rosa




 
3:32
Erano le 3:32 quando il suo cellulare squillò insistentemente. A dirla tutta, suonava ormai da venti lunghi minuti, ma a Malia non sarebbe mai passato per l’anticamera del cervello di alzarsi e rispondere. Alla fine si arrese alla potenza del rompiscatole e accettò la chiamata. Non avrebbe mai pensato che dall’altro capo del telefono ci fosse il proprietario di un certo locale chiamato “so space” (che nome orribile) molto arrabbiato perché il suo “ragazzo” (io non ho un ragazzo) importunava i clienti del suo preziosissimo locale.
Così, ora, alle 3.35 di notte era in auto diretta a questo “so space”. Non ne aveva mai sentito parlare e ovviamente non sapeva dove fosse; provare a chiedere alle gente che passava era inutile dato che per strada c’era solo lei e qualche ubriacone. Quindi decise di affidarsi alla genialità di Google Maps. Seguì le indicazioni finché non si ritrovò nella periferia della periferia della periferia della città. I marciapiedi e la strada erano ricoperti da un tappeto di vetri rotti, l’auto veniva rallentata dai dossi e dalle buche; il locale sembrava un palazzo abbandonato di due piani, le pareti esterne rivestite di graffiti colorati, le poche finestre rotte. Tante persone fuori che aspettavano di entrare nonostante la tarda ora, tutte vestite (direi più svestite che vestite) con abitini attillati e corti, minigonne e i ragazzi … be’, meglio sorvolare le loro condizioni.
Malia riusciva a sentire il forte e fastidioso odore dell’alcool dalla macchina. Si fermò in un parcheggio di fronte e si assicurò di aver chiuso bene l’auto (potrebbero anche entrare dai finestrini). Rimase per un po’ ad osservare il posto. Si chiese perché fosse lì dato che un locale del genere andato a fuoco non le sarebbe rimasto sulla coscienza, ma soprattutto per chi fosse lì: lei non aveva mai avuto un ragazzo e non l’avrebbe mai avuto, era una delle sue poche sicurezze che aveva nella vita.
Eppure era lì.
Decise di non pensarci troppo ed entrò.
 
La musica ad alto volume le esplose nelle orecchie. Al centro della pista c’erano persone che si strusciavano su altre persone; lo trovò davvero disgustoso.
Ma il suo sguardo cadde sulla parte opposta del locale dove c’erano tavolini e sedie spaccati, accasciati in un angolo due ragazzi: ad uno sanguinava il naso e l’altro era ricoperto di lividi; un uomo sulla trentina d’anni gli sbraitava contro e Malia ipotizzò che fosse il tizio che l’aveva svegliata. Invece alla sua destra c’era un ragazzo completamente ubriaco, steso sul bancone, osservato da un barista disgustato. Riconobbe subito il ragazzo e a quanto pare anche lui si accorse di lei nonostante l’alcool che gli scorreva nelle vene al posto del sangue.
Si alzò barcollando e andando a sbattere contro diverse persone. Quando le fu vicino la puzza la colpì come un pugno nello stomaco; ma solo allora notò che sembrava reduce di una rissa: un occhio nero.
-Malia- disse col tono di chi ha bevuto troppo e accompagnò la frase con un singhiozzo. Poi cadde sul pavimento bagnato dall’alcool come una pera cade da un albero.
-Stiles- era un sussurro, non era sicura che l’avesse sentita.
Si guardò un po’ intorno e l’unica cosa che vide fu la furia del proprietario avvicinarsi come un uragano.
-PORTALO SUBITO VIA!! E RINGRAZIA CHE NON LO DENUNCIO!!- urlò con la voce stridula e il viso paonazzo. Malia immaginò anche il fumo uscirgli dalle orecchie. Ma non riuscì proprio ad immaginare Stiles che picchiava quei due ragazzi e metteva a ferro e fuoco il locale. Era semplicemente assurdo. Stiles Stilinski. Lo stesso Stiles che non riusciva ad aprire una porta (tirare non spingere).  Lo stesso Stiles  che inciampava nell’aria. Lo stesso Stiles che non sapeva nemmeno tenere in mano una mazza da lacrosse. Non era assurdo, era impossibile. Eppure, da quello che diceva il tipo strano, era stato proprio Stiles a ridurre così quei due.
Tirò su Stiles per un braccio e lo trascinò fuori, fino all’auto. Una volta dentro aspettò qualche minuto prima di girare la chiave, lo sguardo perso davanti a sé. Si girò verso il ragazzo: sempre pallido, accasciato contro la portiera, il naso spiaccicato sul finestrino e incrociava gli occhi come i bambini di tre anni. Poi cominciò a leccare il vetro e lì la cosa si fece davvero assurda.
-Stiles,- sbottò –smetti di leccare il finestrino!-
In tutta risposta lui cominciò a leccare anche la cintura di sicurezza.
Sospirò e mise in moto. Sperò con tutta sé stessa che tutto quello sarebbe finito presto.
Invece dopo due minuti Stiles cominciò a lamentarsi e fare strani versi. Lo guardò con la coda dell’occhio: sembrava più pallido.
-Malia! Malia, voglio un secchio-
(a che ti serve un secchio?!) –Stiles non ho un secchio- sbuffò, voltando a destra.
-Malia! Devo vomitare- disse, allungando la parola “vomitare” con troppe “e”.
E a quel punto inchiodò nel mezzo della strada deserta, sgranando gli occhi –Volevi dirmelo prima?!- sbraitò.
-Te l’ho detto!-
Alzò gli occhi al cielo mentre lui si sporgeva fuori per eliminare parte dell’alcool bevuto.
(perché non ho continuato a dormire)
Rimise in moto dirigendosi verso la casa del figlio dello sceriffo. Ma, mentre ci passava accanto, il ragazzo afferrò il volante e lo girò verso di lui. Sentì le ruote rigare l’asfalto (morirò davvero così giovane?) e vide davanti a sé gli alberi che costeggiavano la strada, come se cercassero di venirle incontro. Si dice che quando stai per morire ti passa tutta la vita davanti agli occhi; lei vide degli unicorni rosa cavalcare nuvole di zucchero filato. Poi frenò bruscamente mentre Stiles le vomitava addosso. Si fermarono a tre centimetri da uno dei simpatici arbusti.
-Porca puttana, Stiles!! Sei completamente pazzo!- sbraitò, anche se le urla non riuscirono a sovrastare il battito del suo cuore.
La fissò in silenzio, poi mormorò :-mio padre si arrabbierà se vedrà come sono ridotto-
La pazienza di Malia ormai era rimasta per strada, quindi non si preoccupò di urlare ai quattro venti ogni genere di insulto e imprecazione che le veniva in mente.
-Ora cosa dovrei fare? Lasciarti dormire in macchina??-
 
Dieci minuti dopo, la ragazza era da sola in casa con un pazzo ubriaco seduto sul suo letto che giocava col suo unicorno rosa di peluche.
Sì, aveva un unicorno rosa di peluche. Potrebbe sembrare strano, ma ci teneva davvero: era uno dei vecchi giocattoli della sua sorellina, morta in un incidente stradale.
Lei intanto si era ripulita dal vomito del pazzo ubriaco maniaco stupratore di unicorni e gli si era seduta accanto: doveva convincerlo ad andarsene o come minimo dormire sul divano.
-Maaaaaal!! Che bell’unicorno!-
-Sì, è davvero bello. Sarei molto felice se lo lasciassi dov’era.- si sforzò di fare un sorriso, ma era davvero impossibile in una situazione del genere.
Lui (ovviamente)non l’ascoltò e continuò a lisciare la criniera del peluche. Poi appoggiò la testa sulle sue ginocchia (disagio)parlando con l’unicorno. Era davvero strano, sperava che non lo leccasse (anche l’unicorno no!).
-Stiles, che ne dici se ti riaccompagno a casa?- chiese più sdolcinatamente possibile.
Lui interruppe per un po’ il discorso con l’unicorno e le prestò attenzione –No. Voglio stare qui con te per sempre- e poi riprese a blaterare cose senza senso.
-Okay. Almeno puoi toglierti di dosso?-
E ovviamente lui non si spostò.
Malia cominciava ad essere stanca di quella situazione e il sonno si faceva sentire. Stiles, invece, sembrava fin troppo sveglio.
-Stiles, come mai eri in quel posto?-
Lui cercò di guardarsi la punta del naso e rimase in silenzio per un po’, come se ci stesse pensando.
-perché c’è una bella bimba a cui non interesso. Però lei interessa a me-
-E chi è questa bella bambina?-
-Una davvero bella- fece una breve pausa e poi chiese:-Mal, posso tenere l’unicorno?-
Non gli avrebbe mai regalato quell’unicorno. –No. Mai-
Lui cominciò ad implorare e lamentarsi. E la chiamava “Mal”. Detestava quel nome.
-Facciamo un patto: se tu rispondi a qualche domanda io ti regalo l’unicorno.- era quasi certa che non avrebbe risposto, che non l’avrebbe nemmeno guardata mentre parlava. Invece lui annuì deciso.
-Perché hanno chiamato me?-
-perché gliel’ho detto io.-
-Hai detto di chiamare la tua ragazza?-
Annuì, fissando gli occhi neri e brillanti dell’unicorno.
-io però non lo sono-
Quell’affermazione sembrò non sfiorarlo minimamente.
Decise di rifargli un’altra domanda:-chi è la bimba bella?-
-la mia ragazza-
Cominciò ad innervosirsi. Avrebbe voluto lasciar perdere, ma ormai la curiosità la divorava.
-Stiles, non hai una ragazza-
-Lo so-
-Perché hai chiamato me?-
-Perché sei la mia ragazza- affermò deciso.
-No, Stiles. Non lo sono-
-Vorresti esserlo?-
Non sapeva che rispondere. Non aveva idea del perché Stiles avesse deciso di buttare la sua sanità mentale in una bottiglia di tequila. Non aveva idea del perché avesse chiamato lei. Non aveva nessun senso quello che diceva Stiles.
-Non sono la  bimba bella. Tu vorresti la bimba bella.- fece una pausa, sperando che dicesse qualcosa. –Stiles, chi è la bimba bella?-
-Tu. Ora posso avere l’unicorno?-
Pensò semplicemente che fosse l’alcool a parlare, non lui. Lei non era mai piaciuta a nessuno, figuriamoci a Stiles. A dire la verità non si era mai accorta di interessargli in quel senso. Forse, per un po’, aveva sperato che la sbronza fosse sparita, aveva sperato che dicesse la verità, perché a lei interessava Stiles Stilinski: le piaceva il suo modo di vedere le cose, il suo essere iperattivo e sarcastico. Amava guardare i suoi libri di scuola ricoperti dagli evidenziatori colorati, i suoi quaderni pasticciati di disegni e scritte senza senso. Amava guardarlo mangiare e parlare a bocca piena, perché secondo lei era adorabile. Amava tutto di Stiles. Amava Stiles.
Ma era quasi certa che quello che avesse detto fosse solo frutto dell’alcool.
Però, dopotutto, quando glielo richiese per la terza volta, “posso avere l’unicorno?”, lei gli disse di sì. Lui probabilmente non si aspettava quella risposta, perché la guardò negli occhi per molto tempo come a cercare la conferma di quello che aveva detto.
-Davvero? Me lo regali?-
Lei annuì semplicemente.
Invece Stiles l’abbracciò (assieme all’unicorno, ovviamente) e le sussurrò:–Grazie-
Sorrise.
 –Vuoi tornare a casa?- chiese.
-No. Voglio stare qui con te per sempre-
-appena sorgerà il sole te ne andrai-
-no- rispose, anche se non era una domanda. E la strinse più forte.
Ormai erano le quattro passate e aveva un sonno tremendo. Doveva assolutamente dormire altrimenti il giorno dopo avrebbe rischiato di uccidere qualcuno. Cercò di divincolarsi dall’abbraccio, ma sembrava incollato con la supercolla. Quindi decise di non badarci e tentò di addormentarsi con Stiles appiccicato a lei. Tentativo vano perché non dormì affatto, soprattutto perché Stiles aveva ricominciato a parlare con l’unicorno.
-Mal, l’unicorno mi chiede se ho la ragazza. Che devo rispondergli?-
Ora Stiles sarebbe dovuto essere sano come un pesce e non uno stupratore di unicorni: erano le cinque del mattino e lui aveva già vomitato tre volte.
-Digli di sì- farfugliò.
Dopo due minuti le chiese:-l’unicorno mi chiede se la prossima volta che deciderò di perdere la testa verrà la mia ragazza a riprendermi. Che devo rispondergli?-
-digli sempre sì. E di tacere, perché ho sonno-
-Mal, l’unicorno mi ha chiesto di fare una cosa-
Si voltò verso di lui, esasperata, sperando che fosse chiudersi la bocca col nastro adesivo.
-allora falla-
Si sporse verso di lei e posò le labbra sulle sue. Sentì un brivido attraversarle la schiena. Durò davvero poco, era uno sfiorarsi di labbra, e quando si stacco disse:-è stato l’unicorno a chiedermelo- come se volesse giustificarsi.
-che altro dice?-
-che ti amo-
 
 
                                                                                     *****
 
Malia sperava di non cadere di sotto. Le tremavano le gambe, sentiva le ginocchia molli e le mani erano bagnate di sudore. Si sforzava di non guardare giù. Era incollata al muro, fuori dalla finestra del suo ragazzo.
Cercò di concentrarsi su altro, sull’unicorno rosa che ora viveva sul letto di Stiles, sul letto disfatto di Stiles e sul disordine della camera di Stiles. Cercò di concentrarsi sulle tende della finestra di Stiles che venivano mosse dal vento, sulla conversazione all’interno della stanza.
Scott, che li aveva interrotti mentre “studiavano”, e Stiles parlavano, o meglio discutevano: Scott aveva chiesto al suo migliorerrimo amico (parole sue) di andare al cinema con lui ed Allison per il loro primo appuntamento (non è un appuntamento se viene anche Stiles). Però Stiles aveva rifiutato, perché doveva studiare.
-Stiles tu devi venire!!-
-Ti dico che non posso-
-Domani non c’è scuola! Studierai un altro giorno-
-Scott, se vengo con te non sarebbe nemmeno un appuntamento!-
-Tu devi guardarci da lontano. Tipo stalker-
-No. Non ha senso-
-Invece sì! E inoltre … - si bloccò a metà frase, poi disse:-Perché c’è un unicorno di peluche sul tuo letto?-
-Quale unicorno? Io non vedo nessun unicorno-
-Stiles è lì sul tuo letto. Sei diventato cieco?-
-No ti sbagli. Non c’è nessun unicorno-
-Stiles, ora mi spieghi perché hai un unicorno rosa di peluche in camera tua-
-Scott sei troppo nervoso per l’appuntamento, cominci ad immaginare cose- disse spingendolo fuori dalla camera.
-Ma c’è! Io lo vedo!-
-Amico, va’ a casa cavalcando il tuo pegaso arcobaleno e riposati sulle nuvole di zucchero filato. Ne hai bisogno, altrimenti Allison ti prenderà per pazzo-
E stranamente se ne andò. Forse perché era davvero nervoso e pensava di essere matto. O solo perché Stiles era il suo migliorerrimo amico e quindi pendeva dalle sue labbra. In quel momento non le importava poi tanto. Voleva solo tornare dentro, possibilmente illesa. Voleva solo tornare nella camera di Stiles, sul letto di Stiles, con l’unicorno di Stiles. Perché lei amava Stiles.


 
   
 
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