Lasciò la mano scivolare tra le lenzuola fredde, alla ricerca del calore del corpo che aveva occupato quello spazio accanto a dove si trovava il suo. Ma di tutto ciò sembrava non esserci nemmeno la traccia, a parte l’odore insistente del sudore e dell’orgasmo che avevano condiviso i due uomini qualche ora prima.
Dovrò cambiare di nuovo le coperte, pensò con uno sbuffo. Sarà la terza volta in meno di una settimana. Dovrei farmi risarcire le spese della lavanderia.
Si sforzò di sorridere, senza però ottenere risultato. Così si raggomitolò nelle coperte, affondando pigramente la testa nel cuscino. Almeno una volta nella vita, voleva sperimentare il senso di protezione che un altro corpo che emetteva calore poteva regalargli. Voleva conoscere quella sensazione di due braccia forti che avvolgono il corpo, regalandogli finalmente un posto in cui era sicuro di appartenere. Un posto in cui non doveva monopolizzare nessuno per farsi accettare.
Ovviamente aveva scelto la persona sbagliata con cui andare a letto. Piuttosto... da quanto aveva iniziato ad avere certe emozioni, a cercare certe sensazioni? Non riusciva a comprendere, e non avere qualcosa sotto controllo non era una cosa da Izaya.
La colpa era sicuramente sua. Sì, proprio il suo nemico più pericoloso e imprevedibile: Heiwajima Shizuo.
La prima volta che era successo, si erano trovati in un vicolo cieco che Izaya non aveva messo in conto. Effettivamente, non riusciva a capire dove fosse arrivato correndo sotto la pioggia scrosciante inseguito dall’altro, e non riuscì nemmeno a prevedere che non sarebbe riuscito a scavalcare quel muro. Iniziò una disputa verbale, e alla fine finirono per fare sesso in quello stesso vicolo, in un angolo in cui la pioggia riusciva a raggiungerli di meno. Niente carezze, niente baci, niente parole. Solo sesso furioso e selvaggio, di quelli che ti lasciavano segni di morsi e ditate che non vanno via facilmente. Anche se Izaya era quello che ne usciva più marchiato a sangue, in quella lotta per il predominio in cui non sarebbe mai riuscito a battere l’altro.
Da quell’episodio, le volte in cui s’inseguivano finivano spesso e inevitabilmente a fare sesso, fin quando non avevano pattato che era meglio un letto comodo a un vicolo buio, con il rischio che qualcuno scoprisse quelle situazioni compromettenti. Ne andava della reputazione di entrambi.
E così era finita anche quella serata. Erano nel secondo appartamento di Izaya, quello che lui aveva di scorta nell’evenienza che la residenza ufficiale venisse distrutta per colpa di un qualsiasi probabile nemico.
Spostò gli occhi sul cuscino dove aveva poggiato la testa, osservando l’estesa macchia di sangue che lo impregnava vicino al bordo. Shizuo gli aveva morso l’orecchio durante l’amplesso, facendo mischiare urla di dolore agli ansiti che risuonavano nella camera. Rude, come sempre. Mostro, pensò.
E fu allora che si sentì patetico. Non capì cosa gli fosse preso, ma nel momento stesso in cui i loro corpi si erano uniti, Izaya si era sentito svuotato. Provava solo il piacere corporale, quello che Shizuo riusciva a regalargli, ma la sua mente non riusciva a svuotarsi da pensieri contrastanti senza filo logico.
Lo sapevano entrambi, quello era solo sesso. Izaya lo sapeva: un modo per provare a placare le pulsioni carnali che tutti gli uomini della loro età avevano. Eppure, in quel momento, gli sembrò non bastare.
Chiuse gli occhi, cercando di capire se quelle che sentiva erano proprio le emozioni che credeva non avrebbe mai provato. Quel senso di abbandono, di mancata protezione. Quel senso di solitudine che per la prima volta gli pesava come un macigno.
Il vibrare del telefono distolse Izaya dai suoi pensieri. E quando vide a chi apparteneva quella chiamata, sentì la rabbia assalirlo. – Hai dimenticato qualcosa? – chiese aspro, con una voce che non era sicuro avrebbe nascosto la sua rabbia.
– No – rispose Shizuo dall’altra parte del telefono. – Volevo solo sapere come va la ferita sull’orecchio. Per poco non strappavo il lobo. – Nella sua voce non c’era pentimento o preoccupazione. Solo una strana esitazione.
Izaya restò immobile a lungo, con la bocca socchiusa e con il vuoto che riprese il sopravvento. Non andava. Così non poteva andare. Le cose stavano cambiando, e non poteva permettere che ciò accadesse. Ne andava di Izaya Orihara e della persona che era, del suo stesso io. Non poteva ammorbidirsi così, né lasciarsi trasportare in quella maniera da quelle emozioni così sbagliate, che non potevano di certo appartenere a lui.
Izaya Orihara. L’informatore più ricercato, temuto, odiato, amato. Non voleva cambiare il suo modo di essere, non poteva. Una debolezza poteva mandare all’aria tutti i piani, e se poi quella debolezza era proprio Shizuo Heiwajima, l’uomo che aveva sempre e solo dichiaratamente odiato perché imprevedibile e con una forza che lo rendeva più un mostro che altro... Se la sua debolezza era lui, allora tutto quello in cui credeva sarebbe crollato. Il suo mondo, quello che adorava manipolare, avrebbe perso senso, così come la sua natura sarebbe stata di colpo rigettata da lui stesso.
– Domani mattina partirò e starò via per un po’. Non cercarmi e non sfondarmi la porta di casa – disse, dimenticandosi della sua domanda. Mettere le distanze e perdere quel poco di umanità che sembrava aver acquisito. Ecco, questa era la soluzione più giusta secondo Izaya.
Non stava scappando. No quello non lo avrebbe mai fatto. Doveva ritrovare se stesso, e restando a Ikebukuro le cose sarebbero degenerate troppo.
Rendendosi conto che Shizuo non aveva intenzione di rispondere, sorrise. – Ti odio, Shizu-chan.
– Tsk – sentì dall’altra parte del cavo. – Sono io quello che ti odia di più, microbo.
La chiamata terminò senza altre parole.
Ti odio, Shizu-chan.
Okay, la smetto di blaterare e mi dileguo! Probabilmente mi farò rivedere presto in questa categoria, poiché al momento sto scrivendo altre due OS (tra cui una è un crossover) che coinvolgono i personaggi di Durarara, o quasi tutti.
Fatemi sapere cosa ne pensate ^^
Sayonara!
Yogurt