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Autore: loly_the_bestXD    10/02/2009    4 recensioni
Ciau a tutti questa è la mia prima ff...non credo di essere molto brava ma mi farebbe molto piacere se chi legge mi scrivesse cosa ne pensa. Grazie a tutti quelli che leggeranno ache senza commentare! Ho pensato di parlare di una ragazza che vive con il padre che ama viaggiare, così è costretta a trasferirsi spesso da un posto all altro. Ma cosa succederà quando un ragazzo le farà desiderare di restare per sempre? ps. dedico questa ff a cecy XD tivubi!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Papà non puoi farmi questo!”, dissi con voce eccessivamente stridula volontariamente.
 “ Mi avevi promesso che stavolta sarebbe stato diverso! Che saremo rimasti, che non avremo più dovuto fare le valigie e partire!” mi portai le mani al volto come per nascondere lacrime che in realtà non accennavano minimamente a scendere. Era l unico modo per attirare l attenzione di mio padre; iniziai a singhiozzare, ormai ero diventata brava a fingere di piangere, purtroppo mio padre era diventato altrettanto bravo a capire che stavo solo recitando e che in realtà non ero poi tanto sconvolta dal dolore di abbandonare nuovamente una città. Sin da quando ero piccola ero stata costretta a lasciare amici, scuola e casa ogni anno. Insomma per dirla in poche parole mio padre amava l avventura; adorava andare da un posto all altro e non sopportava di restare per più di un anno nella stessa città. Però stavolta era stato diverso: gliel avevo fatto promettere! Niente più trasloco! E per un po' aveva funzionato, più del solito di certo, ma alla fine non c' era stato verso di convincerlo...neanche con le false lacrime.
“ uff...adesso dovrò riniziare tutto da capo per la quindicesima volta! Accidenti!” mi imbronciai e affondai nel sedile della macchina di mio padre. Lui non mi guardò neanche e come ogni volta disse: “ vedila come un avventura tesoro! Un sacco di ragazze vorrebbero essere al tuo posto e girare il  mondo.”
Ero già stata in Russia, Portogallo, Messico, Canada, California, Inghilterra, Grecia, Giappone, Spagna, Germania, India, Brasile, Stati Uniti, Australia e quest anno mio padre aveva optato per l Italia. Ma io ero stanca di viaggiare, volevo fermarmi in un posto e RESTARCI. Non ero mai riuscita a capire il suo desiderio di vedere sempre cose nuove, lo trovato piuttosto inutile.
Sbuffai di nuovo ma non risposi. Stavolta eravamo diretti in un piccolo paese; mio padre mi disse che c era stato parecchio tempo fa con mia madre, prima che lei morisse ovviamente, e che gli era sembrato carino. Una domanda che sorge spontanea è: che lavoro fa mio padre?... lo scrittore. Scrive libri su come comportarsi: nel caso in cui si venga lasciati, o si voglia cambiare vita, addirittura un libro su come allevare il proprio figlio o su come migliorare la propria autostima. Tentava sempre di farli leggere a me per sentire cosa ne pensavo, ma mi sono sempre rifiutata. Non erano il mio genere e mai lo sarebbero stati!
Arrivammo nel quartiere dove mio padre aveva affittato la nostra dimora per qualche tempo; la casa era graziosa: facciata bianca, ampio giardino con un melo, 2 bagni, 3 camere da letto, una cucina e un salone più uno studio per poter scrivere. Mio padre mi disse di scegliere la stanza che più preferivo. Scelsi quella vicino al primo bagno, ultima porta a destra. Era spaziosa, con un letto a baldacchino da una piazza e mezzo, scrivania e libreria. Mi piaceva, anche se sapevo che non ci avrei passato molto tempo. Sospirai e mi buttai sul magnifico letto. Il giorno dopo avrei dovuto iniziare a frequentare la scuola di lì; ma non ero nervosa! Come potevo esserlo dopo essere stata nei miei quindici anni in quindici scuole diverse?
Sospirai nuovamente e con uno scatto mi rialzai dal letto; decisi di mettere a posto la valigia e poi di andare a fare una passeggiata per visitare il quartiere. Mio padre era già uscito, non aveva perso tempo come ogni volta d altronde. Prima di uscire mi guardai allo specchio: ero ancora un po' scombussolata dal viaggio. I miei capelli ricci e castani mi scendevano sulle spalle e i miei occhi verdi risaltavano sulla mia carnagione scura. Adoravo il mio corpo e il mio viso che in ogni città faceva perdere la testa a parecchi ragazzi che poi rimanevano estremamente delusi quando ripartivo senza averli degnati nemmeno di uno sguardo. Quel pensiero mi fece sorridere per la prima volta da quando mio padre mi aveva annunciato il prossimo traferimento. Indossavo una maglietta rossa aderente a maniche corte e una gonna nera che copriva giusto il necessario. Uscii di casa e iniziai a camminare guardandomi attorno: non c' era nessuno. Strano visto il bel tempo. Magari quella era una città strana, o forse lo ero io a pensare di vedere qualcuno fuori di casa? Percorsi un altra quindicina di metri e poi annoiata tornai verso casa; mio padre c' era e preparava qualcosa da mangiare. Ma dall odore pensai che avrei fatto meglio ad andare avanti finché non trovato un mc donals dove mangiare. Dissi di non aver fame e salii in camera mia, presi l ipod e mi coricai sul letto canticchiando la canzone che mi veniva trasmessa dalle cuffie. Non volevo trovarmi dei nuovi amici! Stavolta avevo deciso che sarei rimasta completamente sola; era inutile affezionarti a una persona se poi dovevi abbandonarla e rimpiazzarla con un altra. inutile...e deprimente. Sospirai e  cercai di non pensare a coloro che avevo perso in quei pochi anni di vita. Mi addormentai tra lacrime vere.
Il giorno dopo non ero ne entusiasta ne elettrizzata; solo stanca. Mi alzai presto, mi lavai, mi vestii e mi preparai la colazione come avevo sempre fatto. Avevo indossato la mia camicia preferita: blu con decorazioni bianche, jeans   scuri aderenti e ballerine celesti. Uscii di casa senza neanche svegliare mio padre che ancora dormiva; presi il mio motorino nero e a tutta velocità mi avviai verso la scuola. Sapevo già dov' era, mi ero informata su internet. Lasciai la moto nel piccolo parcheggio e andai verso la segreteria per farmi dire a che classe ero stat assegnata. La segreatia non fu sorpresa nel vedermi e mi diede tutte le informazioni che mi servivano senza quasi guardarmi in volto. Uscii per dirigermi  nella mia classe, mi fermai davanti alla porta e sospirai. Aprii. Una ventina di facce si girarono verso di me contemporaneamente, compreso il professore; i loro sguardi curiosi mi accompagnarono fino alla cattedra dove mi presentai al prof e anche fino all unico posto vuoto della stanza dove un ragazzo era girato verso la finestra e non mi degnava di uno sguardo. Mi sedetti e solo allora il mio compagno di banco si girò sorpreso di vedere che qualcuno si era seduto lì. Strana reazione pensai.
Lui continuava a fissarmi con sospetto e io non riuscendo più a sopportare il suo sguardo decisi di presentarmi così magari avrebbe smesso di scrutarmi palesemente.
“ piacere, mi chiamo Marika,  ma puoi chiamarmi Mary!” dissi col tono più sdolcinato che mi riuscì.
“ piacere” fu la sua unica risposta! Non scherzo disse solo quella parola e si girò dall altra parte tornando a contemplare la finestra. Rimasi talmente shockata che continuai a fissarlo a bocca aperta; probabilmente se ne accorse perchè si rigirò con fare minaccioso e disse: “ dovevi proprio sederti qui?” ero sconvolta e così non gli risposi; sbuffò e tornò al panorama.
Nell ora successiva mia annoiai parecchio: la professoressa che arrivò mi squadrò dalla testa ai piedi e non disse neanche una parola sul fatto che c era una nuova compagna. Accidenti che scuola di maleducati! La prof Mirai insegnava scienze, la mia materia preferita; sfortunatamente spiegava un argomento che io avevo già studiato, perciò prestai ben poca attenzione. Ero ancora nervosa per il comportamento del tipo che mi stava accanto e non riuscivo a pensare ad altro. Finita quell ora era iniziata la ricreazione e prima che lui riuscisse a fuggire dall aula lo agguantai per un braccio e con voce glaciale dissi: “ non so che problema hai con me ma ti consiglio di risolverlo perchè io non mi cambio di banco.” detto questo  mi allontanai ancora più velocemente di lui, ma prima di sparire fuori dalla porta notai con la coda dell occhio il suo volto pietrificato dallo shock: mi fece sorridere.
Molte ragazze della classe si presentarono ma un minuto dopo già non ricordavo più i loro nomi. E così deve essere pensai con amarezza.
Dopo le presentazioni mi restavano pochi minuti per me. Non avevo fame perciò non presi niente dalla macchinetta ma andai nel giardino; era grande con erba finta e qualche panchina sparsa qua e là, decisi di non allontanarmi troppo così restai quasi appena fuori la porta. Presi dalla tasca il mio pacchetto di Marlboro light, mio padre non voleva che fumassi ma ormai si era messo il cuore in pace e me lo lasciava fare. Cercai l accendino...non lo trovai. Feci mente locale per cercare di ricordare dove l avevo lasciato: era nella mia borsa in classe al quinto piano. Non avrei mai fatto in tempo ad andare a prenderlo e tornare giù.
“ Merda” sussurrai a denti stretti; improvvisamente un accendino acceso mi si parò davanti. Guardai la mano che lo teneva risalendo poi il braccio fino al volto: il mio compagno di banco mi fissava impazientente. Boffonchiai un grazie e accesi la sigaretta.
“ Emmh scusami per prima, sai non sono abituato ad avere una compagna di banco, di solito sono solo.” disse improvvisamente il ragazzo.
Lo guardai stupita ma non risposi, così lui continuò:
“ mi chiamo Davide, e scusa ma non ho nessun soprannome perciò dovrai chiamarmi Davide” sorrise in modo dolce e anche un po' imbarazzato. Ricambiai il sorriso e annuii vigorosamente.
Non ci avevo fatto caso in classe, ma era davvero bello: capelli corti castani, occhi grigi, fisico.....fantastico direi. Indossava una camicia nera con le maniche piegate e dei jeans stracciati. Il suo sorriso era la cosa più bella che avessi mai visto. Oddio! Non ci dovevo assolutamente pensare! Mi sarei fatta soltanto del male. Così tornai fredda e mi fumai la sigaretta in silenzio. Purtroppo non riuscii ad ignorarlo completamente così gli offrii una sigaretta che accettò; non mi toglieva gli occhi di dosso nemmeno per un secondo. E un sorriso malizioso gli restò stampando in viso per tutto il tempo. Infine decisi che forse si aspettava che dicessi qualcosa.
“ emmh come mai sei sempre solo in banco?”, accidenti marika che cosa stupida da chiedere!
“ diciamo che non piaccio molto alla gente”, in quel momento non riuscii proprio a capacitarmi di  una cosa del genere. Qualunque ragazza avrebbe sognato di passare cinque ore in compagnia di questo ragazzo.... chissà perchè invece...
la campanella mi portò via dai miei pensieri. Lui mi guardò, iniziò a camminare verso la porta che portava ai corridoi; io lo seguì velocemente.
“ da noi chi fuma non viene visto di buon occhio, e neanche chi dice le parolacce”, dicendo questo avvicinò molto al mio viso e io ero sbalordita e sicuramente ridicola.
“ è per questo che nessuno vuole stare in banco con me, dicono che sono un ribelle...” continuò.
“ e poi quegli stronzi dei prof mi attaccano perchè non mi vesto come dicono loro: a me piacciono questi pantaloni!”, ANCHE A ME avrei voluto dire ma restai in silenzio a guardarlo.
Mi sorrise e si riavvicinò al mio viso: “ bè? Ammutolita tutto di un colpo?” un rumore assolutamente bellissimo uscì dalle sue labbra: rideva! Fantastico, pensai. Dopo quella risata sapevo che non avrei mai più fatto ridere nessun altro se non lui.
Ora basta Marika stai esagerando! Dimenticalo assolutamente! Ma mentre il mio cervello diceva questo il mio cuore stava impazzendo ricordando la bellissima risata.
Un istante dopo mi resi conto che lui mi guardava perplesso poiché io ero rimasta ferma a bocca aperta. Mi guardai attorno: tutti erano già in classe! Accidenti!corsi verso la porta ed entrando velocemente inciampai su un minuscolo gradino. Accidenti!
Nell aula ci fu un secondo di silenzio e poi un boato. Rossa come un pomodoro mi rialzai cercando di sembrare dignitosa, mi aspettavo di essere derisa anche da Davide, mi girai ma lui era serio e appena entrammo in classe guardò male chiunque finchè lo schiamazzo cessò e ognuno tornò alle proprie mansioni. Tornò a guardare me e sorrise. Ovviamente ricambiai.

Per tutto il resto delle lezioni restammo in silenzio senza guardarci anche se io controllavo ogni suo movimento e ascoltavo ogni suo sospiro. Era terribilmente annoiato. Si teneva la testa con la mano e giocava con la penna senza ascoltare neanche una parola di quello che diceva la prof; alla quarta ora si addormentò nascosto dietro al compagno davanti. Dovetti far appello a tutto il mio autocontrollo per non accarezzargli i capelli splendenti. Finita l ultima ora si stiracchio e mise a posto le poche cose che aveva sul banco; poi senza salutare nessuno si alzò e si avviò verso la porta. Lo trovai fuori che mi aspettava; mi sorrise appena lo notai.
“ in che zona abiti?”disse cercando di restare indifferente, ma c era un minimo di speranza nella sua voce.
“ sinceramente non lo so, il mio quartiere è a poca distanza da qui.”
“ mmm ti accompagno!” e mi sorrise nuovamente.
Accidenti! È troppo bello, mi vuole uccidere!
“ ok”, mi chiesi io stessa come riuscivo a non saltare di gioia!
Andai verso il mio motorino; lui senza neanche chiedere il permesso si sedette sopra e mi porse la mano come per chiedermi le chiavi.
Gliele diedi senza  neanche pensarci; mi misi il casco e salì dietro di lui.
Ero sicura che nessuno guidasse più spericolatamente di me, ma dovetti ricredermi in fretta! Andava velocissimo facendo lo slalon tra le macchine, senza neanche guardare i semafori o fermarsi agli STOP.
Con una qualsiasi altra persona avrei avuto paura, ma con LUI no. non potevo avere paura era proprio una cosa inconcepibile. Parlavamo quel tanto necessario perchè lui sapesse che strada prendere e una volta arrivati di fronte a casa spense il motore e scese.
“ci vediamo domani a scuola...Mary” e con un ultimo sorriso mozzafiato si allontanò senza neanche aspettare la mia risposta.
Ero al settimo cielo! In quindici anni non avevo mai incontrato una persona tanto interessante; il suo modo di fare mi piaceva, però rimanevo sempre spiazzata dalle sue reazioni e non sapevo assolutamente che fare o che rispondere.
Sicuramente gli ero sembrata ridicola, eppure non aveva fatto nessun commento e non mi aveva deriso neanche una volta. Rispettava in silenzio ogni mia eccessiva pausa e non si spazientiva neanche quando restavo a fissarlo senza spiccicare parola, troppo presa da osservare il suo bel viso.
Da sempre non avevo mai desiderato fai innamorare un ragazzo di me, e quando era successo io non avevo mai fatto niente. Era il mio aspetto che attirava i ragazzi e io non avevo mai avuto bisogno di impegnarmi. Stavolta era diverso: sentivo che se non avessi fatto qualcosa al più presto lui si sarebbe allontanato. Passai tutta la serata a pensare a lui, mio padre neanche se ne accorse tanto era preso nell impostare il suo nuovo libro.  Vagavo per la casa con gli occhi sognanti e le labbra dischiuse, con un espressione che molto probabilmente nessuno mi aveva mai visto in volto; sembravo un ebete. Presi dal cassetto l ipod ma al posto delle solite canzoni “spaccatimpani”, come le definiva mio padre, mi misi ad ascoltare una canzone in tedesco. Parlavo magnificamente una quantità impressionante di lingue, perciò non fu difficile per me capire le romantiche parole del testo. Mi persi su fantasticheria riguardanti Davide: chissà se mi avrebbe mai baciata. Arrosii al solo pensiero e un sorriso idiota mi si dipinse sul viso. Poi proprio mentre mi immaginavo il suo sorriso mio padre bussò alla porta.
“ Mary c'è un tuo compagno di classe di sotto, ti ha riportato un libro che hai dimenticato a scuola.”
sentii i suoi i suoi passi allontanarsi. Ci misi qualche secondo per assimilare l informazione appena ricevuta; corsi in bagno e tentai di pettinarmi i mossi capelli sperando di riuscire a sistemarli, col risultato di un effetto “criniera di leone”. Mi sistemai la maglietta e mi maledissi per essermi cambiata: adesso indossavo la tuta da casa. Scesi le scale a velocità impressionante rischiando di cadere e di fare una figuraccia davanti a lui. Non posso crederci!! Davide a casa mia? Mi venne voglia di urlare di gioia al solo pensiero. Feliccissima mi precipitai in soggiorno; ma il mio sorriso si congelò all istante. Sulla poltrona un ragazzo con i capelli mossi e castani mi osservava con degli occhi verdi spalancati. Che sciocca che sei. Hai pensato che Davide si potesse disturbare a riportarti un libro? Probabilmente notò il mio improvviso cambio di espressione e abbassò gli occhi tristemente.
“ Emh, ho saputo dalla segretaria il tuo indirizzo. Hai dimenticato questo a scuola” e mi porse gentilmente il libro di matematica.
“ Grazie e scusa per il disturbo”, mi costrinsi a sorridere.
Il suo viso si illuminò.
“È stato un piacere!”, il suo sorriso si allargò, il mio no.
“ Ah comunque piacere, non ci siamo ancora presentati, mi chiamo Marco, abito qui vicino”, mi porse la mano, io la presi delicatamente ed ebbi la sensazione che lui non stringesse per paura di frantumare il cristallo. Non sono così delicata pensai amaramente. Restammo un attimo così poi lui lasciò la mia mano e dopo un cenno del capo si avviò verso la porta. Lo fermai.
“ Ti va di bere qualcosa?” Accidenti a me e alla mia educazione! Però era stato carino a riportarmi il libro.
Sorrise come un ebete, sperai di non aver avuto la stessa espressione davanti a Davide.
“ Volentieri.”
  
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