Decise di sorvolare e osservò dritto davanti a sé. A pochi passi da loro, si ergeva il più possente dei grattacieli della metropoli: l’Empire State Building. Molti dei suoi compagni non degnarono di uno sguardo il palazzo, altri esclamarono frasi tipo “Chissà quanto tempo ci hanno messo a costruirlo.” oppure “Ci sarà un chiosco degli hot-dog?” . Tra le tante persone che erano lì, un ragazzo sui diciassette anni teneva davanti a sé un cartello su scritto “Voorcooper High School”, in altre parole la sua scuola. Egli aveva i capelli portati sulla fronte, del medesimo colore di quelli di suo fratello, mentre i brillanti occhi verdi smeraldo erano uguali ai suoi. Le faceva strano vedere una persona così simile a loro due, ma sperava che non capitasse come nelle soup opere, in cui si scopre di essere imparentati con persone sconosciute. Portava una t-shirt arancione con su scritto “Campo Mezzosangue” e sotto un pegaso. “Cento volte meglio della mia.”disse tra sé e sé lei. Al collo portava una collana di cuoio con cinque perle di terracotta, ognuna con un disegno raffigurato sopra. Sotto invece portava dei bermuda color cachi, mentre da una tasca spuntava una normalissima penna a sfera.
La loro insegnante, la signorina Fisher, sembrò l’ultima d accorgersi dell’individuo. Cavolo, sembrava quasi non esserci vista la completa disattenzione dei compagni. Ma tanto era una ventenne non brava con i più piccoli, la cui sbadataggine poteva anche trasformare una normale lezione di chimica nel delirio totale. Avrebbero dovuto mettergli un cartello su scritto “Attenzione, pericolo ambulante nei dintorni. Tenere fialette di chimica lontano!”. La donna si avvicinò goffamente al ragazzo con il cartello e mentre cercava frettolosamente alcuni documenti disse:-Noi siamo della Voorcooper High School, abbiamo dovuto fare una pausa visto che Carole si era messa nell’ultima fila pur sapendo di soffrire di mal d’auto… -
Da in mezzo al gruppo si levò una voce di una ragazza:- Hey, forse era la volta buona che non vomitavo!-
La cosa suonò molto strana da sentire, ma la stranezza era all’ordine del giorno per Katrine. La professoressa le lanciò un occhiata tipo “Ma che assurdità stai dicendo?!” e poi tornò a parlare: -Ci scusiamo per il ritardo, spero non sia stato un problema.-
Il ragazzo fece un sorriso, facendo apparire due piccole fossette ai lati della bocca: -Nessun problema, l’importante che siete qui. – diede un’occhiata a tutti fino a soffermarsi per pochi secondi su Bellamy e Katrine, che stavano ancora fianco a fianco. – Prego, cominciamo con questo.
Diresse uno sguardo al grattacielo e cominciò a dire varie cose sul palazzo. Katrine decise che sarebbe stata tutto il tempo a disegnare, vista la sua iperattività. Non riusciva a stare ferma un attimo ed oltre a questo era dislessica, e questo non lo sopportava proprio. Riuscite a pensare di dover fare la scena dell’idiota quando sbagliava le parole o doveva concentrarsi per leggere una semplice frase in un’etichetta? Le stesse cose capitavano a suo fratello, ma sembrava avere una forma più lieve di dislessia. Donate un dollaro per salvare Katrine dalle sue figuaracce. Scartò l’idea di disegnare,anche perché disegnare in piedi non era proprio la cosa migliore. Decise allora di dirigere i propri pensieri a casa sua. Pensò a sua madre, Mariel Blake, che stava sicuramente lavorando in qualche città degli Stati Uniti. Essa infatti faceva la giornalista, lavoro che la portava anche fuori dallo stato. Sospirò e scartò anche l’idea di pensare a casa: era triste pensare alla sua famiglia, così l’unica cosa che le veniva in mente era ascoltare con riluttanza il discorso.