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Autore: AleDic    18/09/2015    3 recensioni
[5x04 ǀ 1.458 parole ǀ End!verse ǀ Dean!Centric ǀ Destiel a libera interpretazione ǀ Possibile!OOC]
[…]La fine del mondo.
È di certo quello intorno a te che intendi con quella frase. Ed in quel preciso modo – un giorno ti svegli e tutto quello che conosci è stato spazzato via, così, all’improvviso, mentre dormivi e non hai potuto fare niente per evitarlo (o mentre eri distratto, così preoccupato per il tuo personale mondo, occupato a cercare di tenere al sicuro le persone che amavi e quando ti volti non c’è più nessuno da proteggere).

La fine.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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Autore: AleDic
Disclaimer: non sono miei, ovviamente.
Generi: Introspettivo, Terribilmente!Angst  
    
Avvertimenti: Spoiler!5x04, Missing moment, Future!Cas, Present!Dean [POV]
Rating: Giallo
N/A - Note dell'Autrice: premettendo che l’End!verse è la cosa più dolorosa di sempre e che io sono un’amante del dolore – so che ho qualcosa che non va per questo, ma ognuno ha i suoi difetti – e che amo il rapporto tra Dean e Castiel – come bromance, ripeto fino allo sfinimento, non sono una shipper Destiel, mi piace giocarci su come fanno gli autori, questo sì, lo ammetto -, ho voluto buttare giù questo mattone di sofferenza e chiunque avrà il coraggio di leggere e arrivare alla fine avrà tutta la mia stima. Come sempre, vi invito a lasciarmi qualche parola per farmi sapere cosa ne pensate.

Vostra,

Ale



If you’re scared tonight, I will never leave your side
 


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Maybe it was all too much
Too much for a man to take
Everything's bound to break
Sooner or later, sooner or later

You're all that I can trust
Facing the darkest days
Everyone ran away
But we're gonna stay here, we're gonna stay here

I know you're scared tonight  
I'll never leave your side
[...]
Tell me how we got this far
Every man for himself
Everything's gone to hell
We gotta stay strong, we're gonna hold on

This world has turned to dust
All we've got left is love
[...]
When it all falls, when it all falls down
I'll be your fire when the lights go out
When there's no one, no one else around
We'll be two souls in a ghost town
(Ghosttown – Madonna)

 

 

 

La fine del mondo.
È di certo quello intorno a te che intendi con quella frase. Ed in quel preciso modo – un giorno ti svegli e tutto quello che conosci è stato spazzato via, così, all’improvviso, mentre dormivi e non hai potuto fare niente per evitarlo (o mentre eri distratto, così preoccupato per il tuo personale mondo, occupato a cercare di tenere al sicuro le persone che amavi e quando ti volti non c’è più nessuno da proteggere).
La fine.
È esattamente così che la immagini, nei tuoi peggiori incubi, ogni notte da quella in cui ha avuto inizio (la fine) – macerie e sangue e grida e disperazione.
E poi silenzio.
La parte peggiore – i cadaveri non parlano, no di certo, e neanche tanto meno i vivi (per quanto si può essere vivi dopo che tutto quello che ami è stato bruciato e ridotto in cenere, che il tuo corpo è ormai un guscio vuoto - la fine -) e non ci sono più parole.
E poi silenzio.

 Il Campo non è molto vasto, non quando rappresenta ciò che è rimasto dell’umanità, e ci sei tu al comando di quelle persone – quelle persone che avresti dovuto salvare ma non ci sei riuscito, tu o l’altro te stesso (sempre tu, comunque), e tutto ciò che resta da fare ora è trovare un modo per sopravvivere.

 (è tutta colpa tua, Dean, lo sai che è tutta colpa tua, hai fallito – fallirai, e sarà tutta colpa tua, ricadrà tutto su di te)

 Anche l’aria che respiri è diversa, è sudicia e densa, odora di sangue e fango e carne putrida, cenere e disperazione – ti ricorda l’Inferno e tanto basta a farti capire che non c’è più speranza ormai per quel mondo futuro che potrebbe essere il tuo, niente più andrà meglio.

 E non fai che chiederti come sia potuto succedere, come si è arrivati a quel punto – come hai potuto lasciare che tutti quelli a cui tenevi fossero uccisi? Come hai potuto non cercare più Sam, non tenerlo d’occhio per sapere come stava? Come hai potuto ignorarlo in quel modo? Come hai potuto lasciarlo morire da solo?
Per tutta la vita non hai fatto che prendersi cura di lui, è sempre stato il tuo compito, l’unico che avesse davvero importanza, e per cosa? Per poi voltargli le spalle quando ha avuto più bisogno di te.
E lui ha detto di sì al Diavolo, ha detto - perché, Sam? Perché lo hai fatto? Non lo so (non lo saprò mai) – ti ha lasciato, alla fine, così come hai fatto tu.

Lo hai lasciato morire.
Come?
Come?
Forse il Dean di questo mondo futuro ha perso molto più che una guerra e un fratello, forse questo te ha perso la cosa più importante che si possiede, qualcosa che non può più restituirti nessuno, forse gli è toccata la peggiore delle sorti dei dannati, forse questo Dean ha perso se stesso.

 

Sei seduto a un tronco abbattuto, in mezzo a detriti e rottami di ogni genere – in lontananza puoi scorgere la salma dell’Impala piantata nel terreno fangoso, una ferita aperta che non si rimarginerà più, a ricordarti che non ci sarà fine a quel dolore (sei già morto ormai). Fissi le fiamme rosse e azzurre del focolare davanti a te, invocando Zaccaria perché metta fine a quella farsa e ti riporti indietro – non lo pregherai, mai, non avrà questa soddisfazione, per te pregare equivale a supplicare e no, non lo farai mai.
Non ti accorgi della figura al tuo fianco finché non si siede poco distante – in realtà non lo riconosci subito, è così diverso da quello con cui hai parlato al telefono meno di dodici ore fa, così non Cas. È non è perché è umano, non è quello a renderlo così diverso, è qualcosa di molto più profondo e terribile, c’è qualcosa di tremendamente sbagliato in lui.
Lo guardi meglio ora che non sei più – tanto – sconvolto e spaesato e in cerca di capire dove diamine ti ha spedito Zaccaria, i capelli incurantemente spettinati con qualche ciuffo ribelle che gli ricade sugli occhi, la barba incolta vecchia di almeno una settimana, gli occhi iniettati di venature rosse e profonde occhiaie. Ha un aspetto sudicio e trasandato, di chi non gli importa più di nulla ormai.

(Che cosa ti è successo, Cas? Che cosa ti ho fatto? Tu sei l’unico ad essere ancora vivo, ma non sei più tu. E forse è ancora peggio, ora mentre ti guardo e so che non solo prima o poi ti farò uccidere, ma che prima ti ho lasciato smarrire te stesso. Perché? Non ti sono stato accanto, forse? Non c’ero neanche per te quando ne avevi bisogno? Dio, che cosa sono diventato?)

Lo guardi, mentre una morsa ti scava nello stomaco e si serra nel petto e fa così male che ti sembra di non riuscire a respirare – mi dispiace. Distogli lo sguardo riportandolo sul fuoco davanti a te, la gola secca di parole incastrate che non riescono a uscir fuori.

Castiel è ancora seduto al tuo fianco e non ha proferito parola, probabilmente l’altro te lo ha mandato (a farti la guardia) a tenerti d’occhio, probabilmente lui ti odia – deve odiarti, dopo tutto quello che (gli) hai fatto, dopo averlo deluso in questo modo, deve odiarti (eppure lo sai che sei solo tu, non Cas, lo sai, ed è ancora peggio).

 

«Non è stata colpa tua».

 La voce di Castiel rompe il silenzio dentro il quale ti sei rifugiato e ti sembra famigliare ed estranea al tempo stesso. E ha capito, come sempre, senza bisogno che gli parlassi, ha capito.

 «Non crucciarti a questo modo. Hai fatto--abbiamo fatto tutti del nostro meglio, abbiamo preso tutti le scelte che ci sembravano giuste. I rimpianti, ora che sono umano lo so bene, i rimpianti sono la cosa peggiore che si possa avere, soprattutto se sono l’unica cosa che ti rimane. Tu presto tornerai nel tuo tempo e avrai modo di fare le tue scelte, forse saranno diverse da quelle che hai fatto--che questo te futuro ha fatto, persino da quelle che abbia mai pensato. Non è ancora tutto perduto, Dean, lo sarà solo se comincerai a credere che lo sia».

 Resti immobile, teso, senza parole davanti a questo Castiel che è sempre quello che conosci e non lo è, questo Cas che è diretto e franco in un modo in cui quello del tuo tempo non è mai stato, che ti guarda come l’altro lui non ha mai fatto, che ti sta sostenendo come è sempre stato – tuttavia c’è in gioco la sopravvivenza dell’intera umanità, è logico che voglia aiutarti, non è detto che ci sia altro (sai che non è così, Dean, non c’è traccia di odio o rabbia nel suo sguardo, non c’è rimprovero, non c’è colpa – perché?).

 «Perché?».

 La domanda ti sfugge dalle labbra senza che quasi te ne accorga, impaziente, confusa, sgomenta, il desiderio di capire troppo impellente – perché?
Non è rimasto più nessuno, lì in quel futuro maledetto, tutti quelli che ami gli hai lasciati e ti hanno lasciato, hai distrutto tutto e tutti, hai perso tutto e tutti, hai perso te stesso, eppure Castiel è ancora qui.
Avrebbe potuto consegnarti agli angeli, nel momento in cui hai incasinato tutto, avrebbe potuto tornare in Paradiso, avrebbe potuto salvarsi, invece è rimasto.

È rimasto (con te).

 (Perché? Perché non te ne sei andato quando hai capito – probabilmente prima di tutti noi, hai capito – che non ce l’avremmo fatta, perché non mi hai lasciato - solo – ad affrontare le conseguenze dei miei errori, perché sei rimasto quando io invece ti ho abbandonato – a te stesso – quando avevi bisogno di me – mi dispiace, mi dispiace – mentre cadevi in pezzi? Perché?)

 «Perché sei rimasto?».

 Castiel si volta verso di te e ti sorride adesso, sorride come non lo hai mai visto fare all’altro Cas, sorride davvero stavolta – non come l’hai visto fare finora in questo futuro apocalittico, non un sorriso vuoto che questo Cas tende ad usare spesso, né una di quelle risate spente che ti hanno fatto gelare il sangue per quanto suonassero sbagliate – ti sorride, clemente quasi, un po’ triste, forse (come se si aspettasse quella domanda, ma avrebbe preferito che tu non la facessi, che lo sapessi già – e forse è così, forse vuoi solo sentirtelo dire).

 «Perché avevi bisogno di me».

 Senti un nodo formarsi alla gola, qualcosa pizzicare gli occhi e il petto e sei costretto a distogliere lo sguardo, mentre non ci sono più parole, niente che possa accettare, perdonare, redimere, consolare, non ci sono più parole, tranne una, l’unica che non riesce ad uscire, incastrata in gola - ma sai che la capirà lo stesso, la leggerà dentro di te, nel tuo sguardo, come ha sempre fatto

 
(Grazie).

   
 
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