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Autore: Black Swan    19/09/2015    3 recensioni
Quando la lontananza è durissima da sopportare, anche se dura pochi giorni.
Perché non hai alcun diritto.
Basta una parola per…
”Erano ormai abituati a stare insieme rubando il tempo al tempo.
E quando avrebbero potuto… prendersela comoda ed instaurare, anche se per pochi giorni, una routine dal sapore di normalità… ecco che saltava fuori il problema come giustifichiamo il vedersi senza il lavoro? E le nostre famiglie? E i quattro gatti che ci conoscono fuori dal gruppo?”
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kai, Reita
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tu

I personaggi di cui scrivo non mi appartengono e non ho contatti con loro. Non pretendo di descriverli come sono in realtà, né di descrivere situazioni realmente vissute da loro.

Quanto scrivo non è a scopo di lucro.

Le mie sono opere di fantasia e rivendico i miei diritti su esse solo in quanto sono state partorite dalla mia immaginazione.

Questo scritto contiene scene di affetto e tenerezza reciproci fra due uomini (… e che uomini…), se certi contenuti ti possono offendere, fammi e fatti un favore: non leggerli.

In ogni caso non perdere tempo a scrivermi lamentandoti perché ho altri problemi che meritano la mia attenzione. Arigatou!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tu

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ripose tutto il necessario per la pulizia della casa sotto il lavandino.

Ok, ora la casa brillava, il lavandino era vuoto e pulito, la lavatrice stava facendo il lavoro al posto suo.

Quando eri abituato a non stare fermo un attimo e, di seguito, a casa giusto per dormire (quel poco che potevi dormire), vederla improvvisamente pulita e a posto come dovrebbe essere… era quasi angosciante.

Si tirò mentalmente un pugno.

Ma chi voleva prendere in giro?

Lanciò un’occhiata al cellulare.

Non poteva chiamarlo.

Dannazione.

Il non lavorare implicava anche il non poter vedere legittimamente Reita.

Era quello il problema.

Una volta sistemata la sua famiglia (e aveva mentito per la prima volta a sua madre tornando a casa un paio di giorni prima dell’inizio delle prove)… cosa gli restava senza il gruppo?

Altro pugno mentale.

Cosa gli restava senza Reita?

Erano ormai abituati a stare insieme rubando il tempo al tempo.

E quando avrebbero potuto… prendersela comoda ed instaurare, anche se per pochi giorni, una routine dal sapore di normalità… ecco che saltava fuori il problema come giustifichiamo il vedersi senza il lavoro? E le nostre famiglie? E i quattro gatti che ci conoscono fuori dal gruppo?

Merda.

Insomma, tutto aveva la precedenza rispetto a loro.

Sbuffò e si avviò in salotto per fermarsi un attimo.

Automaticamente prese il cellulare e lo lanciò sul divano prima di sedercisi.

Non ci aveva mai pensato prima.

Quella era la prima pausa dopo che lui e Reita si erano messi insieme. Anche nel gruppo solo Uruha lo sapeva.

Il suono del cellulare lo fece sobbalzare.

Lo prese e per poco saltò in piedi.

Reita su WhatsApp.

Reita: Tu.

Rimase giusto un attimo basito.

«Eh, io. Quindi?»

Me stesso: Io?

Reita: Sì, tu. Sei un rompiballe.

«Andiamo bene‼‼!»

Me stesso: Fantastico. Cosa avrei fatto non ci vediamo da giorni?

Reita stava scrivendo…

… ma stava scrivendo la Divina Commedia?

Ma quanto ci metteva? Di solito era un’impresa sentirgli dire più di cinque parole di fila.

Si mosse quasi a disagio cercando una posizione più comoda.

Reita: Tu. Cornetti e cioccolato.

Tu. Caffè caldo la mattina.

Tu. Bagnoschiuma al frangipane, al cioccolato, al lime, alla vaniglia, al muschio.

Tu. Profumo di spezie.

Tu. Che ti va da mangiare?

Tu. Due spazzolini insieme.

Tu. Che palle non c’è niente alla tv.

Tu. Copriti che fa freddo.

Tu. Metti a posto ‘sta roba che ci inciampiamo sopra.

Tu. Giochiamo un po’ con la playstation.

Tu. Andiamo a fare due passi?

Tu. Sei ovunque. Ormai non posso ascoltare nessuno parlare che mi vieni in mente tu.

Rimase talmente basito che per poco lasciò andare il cellulare.

Un sorriso incredulo gli piegò lentamente le labbra.

Me stesso: E’ il tuo modo per dirmi che ti manco?

Reita: Sei sveglio. Dove sei?

Me stesso: A casa. Non la riconosci quando torni. E’ tirata a lucido.

Reita: Hai mollato le tue donne due giorni prima?

Sorrise appena.

Me stesso: Già… ma non è servito molto. Anche tu mi manchi moltissimo.

Rimase un attimo indeciso se chiedergli quando sarebbe tornato, ma poi decise di non far pressioni di alcun genere ed inviò.

Reita: Me lo immaginavo. Apri il portone va’, che fa un freddo cane qui fuori.

La mascella toccò appena il pavimento prima che il suo corpo si lanciasse verso la porta.

 

 

 

______________________________________________

 

NOTE:

 

Era un po’ che non sfornavo una KaixReitaxKai…

 

Il concetto base l’ho trovato nella canzone Tu di Umberto Tozzi. Molte di voi non erano neanche nate, ma credo che valga la pena di ascoltarla, almeno una volta nella vita. L’ho sempre trovata una canzone estremamente potente e bellissima nella sua semplicità. Tu.

   
 
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