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Autore: Selhen    19/09/2015    0 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'aria era divenuta soffocante, e i miei sensi erano talmente annebbiati, che avevo dovuto necessariamente far sosta in riva al lago. Là, da quello che ormai mi sembrava un secolo fa, le strade mie e di Velkam si erano incrociate per la prima volta.
Respiravo affannosamente e i miei vestiti di pelle non facevano che soffocarmi maggiormente. Mi mancava l'aria, e di Gaar ancora neanche l'ombra.
"Non posso arrendermi", avevo mormorato tra me immergendo entrambe le mani nel torrente e bagnandomi il viso con un copioso getto d'acqua.
Respirai la frescura di quel torrente cristallino a pieni polmoni. Andava molto meglio.
Mi leccai le labbra, lasciando che la mia lingua saggiasse dell'acqua fresca e mi concessi di rimanere inginocchiata sulla riva di quel corso d'acqua di Eltnen per altri cinque minuti.
Le lunghe camminate tra le fronde di quella zona mi avevano condotta in uno sconfinato deserto. Ero stata costretta a tornare indietro o sarei morta per l'eccessiva arsura e l'assenza di acqua.
Ero un'asmodiana, e come tale soffrivo terribilmente l'eccessivo calore climatico e la mancanza d'acqua. Il sole mi bruciava la pelle. Ero molto più abituata ai climi rigidi, e il caldo eccessivo mi mandava in confusione e mi spaventava anche un po'. 
Quando rimanevo al sole troppo a lungo iniziavo a sentir l'aria mancare e il bisogno di acqua diveniva per me insopprimibile.
Ero tuttavia riuscita a posizionare un kisk tra le dune e a legarvi la mia anima momentaneamente. In questo modo, se anche qualche elisiano mi avesse uccisa. Quel piccolo obelisco portatile e nascosto mi avrebbe ricondotto ad Eltnen, senza farmi rischiare di tornare alla fortezza dei Ruhn.
Ringraziai mentalmente Shad per avermi rifornita di approvvigionamenti e, aperta la mia borsa, vi rovistai alla ricerca di un pacchetto di deliziose polpette di kokonas. Ne trangugiai due, prima di tornare a nascondermi dietro i cespugli più alti e abbandonare a malincuore la fresca riva del fiume.
Per quella mattina, fortunatamente, non avevo corso nessuno rischio. Mentre andavo alla ricerca di Gaar mi ero solo imbattuta in un fattucchiere elisiano ancora in rodaggio, troppo indaffarato a sterminare manduri per notarmi.
Avevo deciso di ignorarlo. Sebbene fosse stato una preda facile non sarebbe stato conveniente rivelare la mia posizione.

"Tanto va la gatta al lardo...", aveva mormorato una voce alle mie spalle. La punta affilata di una spada mi punse il collo e raggelai.
Mi voltai cauta. Quale elisiano era così tranquillo alla presenza di un'asmodiana da non agire subito e uccidermi? 
La spada rimase puntata minacciosa verso di me, quando sollevai lo sguardo verso l'elisiano che mi minacciava.
"Che ci lascia lo zampino... Gaar", completai con un sospiro di sollievo.
"Cosa ci fai qui?", mi chiese spiccio l'assassino. Aveva abbassato di una spanna la spada e mi stava studiando guardingo.
"Ti cercavo".
Gaar sollevò un sopracciglio con aria divertita. "Mh... anch'io". 
Mi accigliai. "Dov'è Velkam?", chiesi subito senza domandarmi neanche il motivo di quella risposta.
Gaar ridacchiò. "Credo che i vostri ruoli si siano miseramente invertiti e che mentre tu non sei più in una lurida prigione è stato lui a scegliere di restarci".
"Restarci? Dov'è? Dove lo tengono?", domandai con più urgenza spingendo via completamente la lama della sua spada con i miei guanti in pelle.
"A Sarpan". Aveva detto l'assassino elisiano riponendo la spada nel fodero alla sua schiena.
"A Sarpan!?", quasi urlai. "Perchè non lo hai ancora liberato?".
Gaar mi fulminò con lo sguardo. "Perchè credi che io mi sia preso la briga di cercarti? Ho saputo della tua fuga... e sapevo benissimo che saresti corsa ad Elisea per lui, a differenza degli Asmodiani ottusi che credono ancora che tu bazzichi per le vie di Pandemonium!".
Mi imbronciai ma lasciai correre quell'insulto rivolto alla mia razza. "Allora?", lo incalzai.
Gaar si sgranchì il collo prima di rispondermi. "Non vuole saperne di uscire da quella maledetta cella".
Mi accigliai. "Come non vuole...". Realizzai solo in quel momento le intenzioni di Velkam.
"E non lo farà finchè non ti vedrà con i suoi occhi. Stamattina me l'ha già detto quando sono corso ad informarlo. Crede che lo stia prendendo in giro per farlo scappare ed è convinto che tu sia ancora rinchiusa...", sospirò, "Cosa mi tocca fare...".
Feci un sorriso incantato alle parole di Gaar. Velkam era pronto a sacrificarsi con me.
"Devi portarmi da lui, Sarpan è neutrale, non potranno toccarmi",
"C'è il triplo della sorveglianza davanti alla sua cella, da quando sei scappata", aveva detto l'assassino sedendosi per terra annoiato.
"Fantastico", dissi sarcastica. "Non c'è un'ora buca... un cambio di guardia... qualcosa che mi permetta di parlarci per pochi secondi?".
"Potrebbe esserci un modo, ma è molto pericoloso... senza contare che metteresti nei guai anche me".
Strappai una fogliolina dalla fronda di un cespuglio che mi era accanto e mi concentrai a studiarla riflettendo sul da farsi.
"Io... avrei un'idea". Mormorai sollevando nuovamente lo sguardo verso di lui.
"Ti ascolto", aveva detto l'elisiano incrociando le braccia in attesa.
"Sono legata ad un kisk che ho accuratamente nascosto da queste parti. Perchè non pensi a montare di guardia a quel kisk per evitare che qualcuno dei tuoi compari lo distrugga?".
Gaar mi guardò interrogativo ed io annuii con più decisione.
"Mentre tu monterai di guardia al kisk io farò una missione suicida. Basterà soltanto che Velkam mi scorga e quando mi sarò gettata dall'alto ponte che porta fuori dalla fortezza di Sarpan per evitare che mi catturino sarò già ritornata ad Eltnen", conclusi.
"Però Asmodiana! Devo ammettere che almeno tu hai un cervellino funzionante", aveva sorriso Gaar con un cenno d'approvazione. "Non pensavo foste in grado di fare queste acute osservazioni!".
Lo guardai male. "Quando sarà il cambio di guardia?", domandai spiccia ignorando il resto.
"Stanotte!".


Le ombre cupe della fortezza di Kamar erano gli unici adorni della piazza della Pace. Respirai l'aria notturna di quella cittadina Reian, profumava di fiori e di pietra. Lo scroscio continuo e prepotente dell'acqua della grande fontana mi accolse, mentre a passo felpato mi allontanavo silenziosa da esso cercando di non svegliare il guaritore dell'anima ancora assopito.
Per raggiungere il complesso della fortezza di Kamar mi ero servita di una delle tante pergamene che Shadow mi aveva mandato, strumenti molto utili dal momento che non potevo rivolgermi a nessun servizio di teletrasporto, soprattutto da Eltnen. 
Da quanto mi aveva detto Gaar, per mia fortuna, non avevano rinchiuso Velkam nelle segrete di Kamar, che come era ovvio, sarebbero state impossibili da raggiungere.
Per via del suo alto rango avevano riservato al cacciatore una zona più ospitale per la sua momentanea prigionia. Così mi mossi a passo sicuro verso la Centrale delle truppe di difesa di Kahrun. Solo all'ingresso delle segrete, nelle celle riservate ai prigionieri che avevano commesso reati lievi, avrei trovato Velkam. 
La sua cella dava sul retro della fortezza, e una piccola finestrella, di tutta una serie che percorrevano la spessa parete di pietra, sarebbe stata quella giusta.
Le due guardie piantonate all'ingresso delle segrete stavano sonnecchiando. Le loro grandi ali rosee erano richiuse e rilassate, e il copioso turbante gli ricadeva disordinato sugli occhi.
Riuscii a mettere a fuoco ogni loro singolo lineamento abbandonato al sonno. Il broncio delle loro labbra ronfanti e il suono dei loro respiri regolari.
Col favore dell'oscurità varcai senza difficoltà la soglia delle mura, ma prima di uscire completamente verso il ponte che conduceva nei dintorni di Kamar, mi mantenni lungo il perimetro delle mura, percorrendolo in tutta la sua lunghezza. Iniziai a scrutare le finestrelle una per una. Erano alte, così dovevo spiccare ogni volta un piccolo balzo per vedere cosa o chi vi fosse al loro interno.
Ne avevo già passae in rassegna quattro, quando alla quinta uno scompigliato ciuffo illuminato fiocamente dalla luce della luna catturò la mia attenzione.
"Velkam...", chiamai sottovoce.
Non ricevetti nessuna risposa, per cui rotolai un grosso masso presente là vicino e mi ci arrampicai. aggrappandomi alle grate. 
Dalle piattaforme presenti ai lati della sua finestra capii che presto sarebbero tornati degli uomini a montare di guardia anche là sotto.
"Velkam!", ripetei frettolosa.
Ad un certo punto la figura sonnecchiante si mosse. "Selh", gli sentii sussurrare con una sfumatura di incredulità nella voce.
"Velkam, amore mio!", dissi sporgendo un braccio oltre le sbarre. 
Percepii una serie di rumori, poi anche Velkam fu alla mia altezza. Mi stava stringendo forte la mano.
"Come hai fatto a liberarti?".
"Non ho tempo per spiegartelo", dissi ansiosa accarezzandogli il viso con una mano. Avevo avuto così tanta voglia di tornare a stingerlo, eppure dovevano esserci quelle maledette sbarre a separarci.
"Potrebbero catturarti, se ti vedono...", disse lui sfiorando con un dito il polsino che mi aveva regalato e che io avevo costantemente tenuto messo.
"Promettimi che ti metterai in salvo", lo interruppi io in fretta.
Velkam titubò. 
"Promettimelo!".
"Solo se tu prometti che sarai fuori ad aspettarmi".
"Io ci sarò, amore mio...", dissi risoluta.
Nella penombra le labbra del cacciatore elisiano si curvarono sghembe. La luce della luna, adesso, gli illuminava una buona porzione di viso mettendone in risalto il verde smeraldino delle iridi.
"Come mi hai trovato?".
"E' stato Gaar...", spiegai svelta.
"Uiv Jte aplte wi jJbjcce Jte lyste", disse ridacchiando.
Mi accigliai. Che cosa aveva detto? Ero sicura che avesse fatto un qualche commentino sarcastico nella sua lingua.
"Ehi tu...", giunse una voce lontana, "è la fuggitiva prendetela!", avevano urlato dal fondo delle mura delle guardie.
"Dannazione! Le nuove sentinelle", imprecai volgendomi un'ultima volta verso di lui. Notai che mi stava ancora guardando incantato. Come potevo dubitare di quello sguardo così sincero?
"Ti aspetto", gli mormorai in un soffio. Mi slanciai, spingendo forte le mie labbra tra le grate e cercai di dargli un bacio fulmineo visto che anche lui si era sporto verso di me.
"Ti amo...", mi disse soltanto, poi mi lasciò andare la mano per permettermi di scappare.
Scesi dalla pietra alla velocità della luce e mi lanciai contro le guardie per sbaragliarle. Non si erano aspettate che corressi nella loro direzione, così con uno spintone riuscii a passare in mezzo ai due Reian che venivano verso di me. 
Mi sarebbe bastato correre per le mura a ritroso e svoltare l'angolo, da lì, il ponte altissimo dal quale mi sarei buttata, mi aspettava. Quella volta la morte sarebbe stata la mia unica fonte di salvezza.
Coraggio Selhen, puoi farcela. Mi dissi.
Raggelai quando percepii la cinghia della mia borsa essere tirata con violenza da una guardia che era riuscita ad afferrarmela al volo. Riuscii a strattonarla con forza e a correre ancora più veloce fino all'uscita del corridoio interno delle mura.
"Prendetela!", stava urlando qualcuno alle mie spalle.
Devi solo buttarti e non aprire le ali. Non è difficile...
"Da questa parte!", urlava il vocio mentre uno sferragliare d'armi mi braccava minaccioso.
Ed eccola là, la fine della corsa. Il ponte davanti a me. 
Chiusi gli occhi, premendo le mie palpebre le une sulle altre,
"Sta scappando!", disse un Daeva asmodiano quando mi vide titubare sul bordo dell'alto ponte d'uscita.
Non pensai oltre e mi gettai nel vuoto sperando in una morte rapida e poco dolorosa.

...


"Ci hai messo un po'", mi aveva accolta Gaar mentre se ne stava sdraiato su una nuvoletta tutto intento a grattarsi un orecchio con aria alquanto disinteressata.
"Beh, non si può dire che tu non ti sia rilassato nel frattempo", avevo detto io ansimando per l'imminente resurrezione. 
Sentivo il mio corpo dolorante, come se la resurrezione mi avesse messo apposto ogni osso spezzato senza però eliminarne il dolore atroce. Caddi al suolo sulle ginocchia, dolorante.
"Perdonami se non intervengo a darti una mano, ma sei pur sempre un nemico...", aveva commentato Gaar tornando a ficcarsi un mignolo nell'orecchio.
"Ti ha mai detto nessuno che sei disgustoso? Oltre che schifosamente ineducato?", dissi con gli occhi lucidi per il dolore sollevando appena il capo da terra per osservarlo.
"Detto da un'asmodiana è un complimento", ridacchiò lui senza muoversi di una virgola.
"Maledetto str...".
"Ah, ah, ah, no!", mi stava ammonendo con un indice. "Non si dicono le parolacce, Asmodiana".
Arrancai fino alla borsa sprezzante e la aprii alla ricerca di una pozione curativa che mi alleviasse il dolore. La trovai e subito ne estrassi il piccolo tappo di sughero con i denti per trangugiarne il contenuto. 
Fortuna che ero riuscita a filarmela senza dover rinunciare alla mia preziosa sacca. Come avrei fatto senza altri kisk o pergamene?
"Allora?", domandò Gaar tornando in piedi e scrollando i suoi pantaloni in pelle dalla sabbia.
"Missione compiuta", sorrisi.
Proprio in quell'esatto momento il suono di un campanello ci distrasse. 
"Postaaa, n'yang!", annunciò uno shugo postino esattamente identico a quello che mi aveva consegnato il pacco di Shadow, ma questa volta l'esserino non era lì per me, e non portava un pacco.
L'assassino elisiano si accigliò. Perchè quella lettera a quell'ora della notte?
La prese diffidente e la aprì per leggerne il contenuto. 
"Aspetta un po' ad esultare, asmodiana", stava dicendo con cipiglio concentrato. 
Tentai di sbirciare ma non capii nulla della strana lingua in cui era scritta quella lettera. "Cosa?".
"I legionari mi avvisano che hanno anticipato l'esecuzione a domani mattina".
"No!", sussultai.
"La tua visita li ha messi in allarme, e sperano di prendere due piccioni con una fava", chiarì Gaar pensieroso.
"Che pensi di fare?".
"Resta nascosta nel bosco di Eltnen. Al resto penso io, ho libero accesso alla sua cella, troverò una soluzione".
Lo guardai speranzosa, poi mi gettai verso di lui prendendogli entrambe le mani. "Gaaar...", lo chiamai.
Lui parve alquanto impressionato da quel gesto e se anche gli causò un certo brivido di disgusto si sforzò di non darlo a vedere.
"Sì?", domandò impassibile.
"Salvalo, ti prego...".
Il giovane assassino sospirò. I suoi corti capelli rossi si mossero quando una folata di vento li investì.
"Sarà meglio che torni agli uffici di legione, e tu... asmodiana, stai attenta!".
Annuii a quel singolare quanto preoccupato ammonimento.
Abbassai lo sguardo a fissare il polsino che Velkam mi aveva regalato. Lo accarezzai affettuosamente con le dita con un senso crescente di oppressione nel petto.
Gaar si voltò dandomi le spalle. "Seguimi, ti accompagno in un rifugio. Conosco un'insenatura nella roccia del bosco di Eltnen che può fare al caso tuo". Aveva cominciato a camminare e io mi accinsi a seguirlo con un sorriso. Per quanto lo facesse a malincuore, quell'elisiano si stava rendendo altamente utile.
"Come ci teniamo in contatto?", domandai all'improvviso, prima che se ne andasse.
"Resta dove ti porto e attendi mie notizie", disse spiccio.
"Non credere che me ne starò con le mani in mano se...".
"NIENTE - AZIONI - INSENSATE!", disse minaccioso voltandosi di scatto e puntandomi uno dei pugnali dritto contro il petto.
Rimasi paralizzata e annuii solo debolmente.
"Mh...", mugugnò apparentemente soddisfatto riprendendo a camminare con le spalle un po' ricurve dal peso dei pensieri.
Non dissi più nulla finchè non giungemmo al luogo prestabilito. Qui salutai Gaar con un cenno imbarazzato della mano. "A... presto...", dissi solo speranzosa. Feci ingresso nell'angusta cavernetta dove Gaar mi aveva accompagnata e mi accinsi ad accomodarmi come meglio potevo, badando ad accendere fuochi, data la tarda ora della notte.
Quando Gaar fu sparito oltre una fronda, rimasi per qualche altro secondo appoggiata all'ingresso del mio antro.
Non mi era neanche sembrato vero che fino a pochi minuti fa Velkam mi aveva stretto la mano e che presto, molto presto, avrebbero potuto ucciderlo senza che nè io nè Gaar avremmo potuto fare nulla per salvarlo. 
Riposi in quell'elisiano tutte le mie speranze e fiducie. Io avevo fatto la mia parte, ma ora sarebbe toccato a lui. 
Mi sedetti sul pavimento della caverna abbracciandomi le ginocchia. Da lontano proveniva lo scrosciare di un fiumiciattolo. Evocai  nuovamente Daff perchè mi facesse compagnia in quegli orrendi momenti di solitudine. 
Quando la chiamai, la piccola wuff mi si accucciò sulle gambe e io le grattai affettuosamente dietro le orecchie.
La paura di perdere Velkam non mi aveva abbandonata, anzi, dal momento che lo avevo rivisto si era fatta anche più reale e concreta. Avevo deciso, se l'indomani Gaar non si fosse fatto vivo sarei andata io a Sarpan.

[Si avvicina il finale. Che vi aspettate da queste ultime pagine? Rinnovo il mio invito al gruppo "Selhen's dreams" e a recensire. Siete e sarete sempre i benvenuti. Un grazie a chi mi segue e... vi aspetto!] 
  
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