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Autore: Michaelssmile    19/09/2015    1 recensioni
«A quanti anni hanno finito di raccontarti le favole, Skyler?» mi chiede sarcastico, tirando un calcio molto forte alla lattina, facendola finire lontano.
Il mio nome, pronunciato da quelle labbra così piene e apparentemente morbide allo stesso tempo, sembra mille volte più bello di quanto sia in realtà.
«Non ho mai creduto alle favole. In tutta onestà... mi ha sempre fatto schifo il lieto fine perché sapevo, già da piccola, che niente sarebbe mai andato come in quelle storie. Ora che ci penso... diamine, ero davvero noiosa da piccola» affermo, poggiandomi di schiena al tronco, con un sorriso.
Non ci posso credere, l'ho fatto ridere. Dopo qualche secondo riprende il suo zaino da terra e fa per andarsene, prima di girarsi, lanciarmi un'occhiata alquanto scettica e sostenere: «Non illuderti: porto solo a brutte esperienze».
Con un gesto del tuo istintivo, gli afferro il braccio e lo blocco a poca distanza di me. «No, sei solo una sfida e io non rifiuto mai le sfide».
Non so da dove mi sia uscito questo coraggio così improvviso, ma l'espressione incuriosita che gli adorna il volto ora mi suggerisce che, in fondo, non sia stata una cattiva idea.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ashton Irwin, Michael Clifford
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                            10. TIVANOFAUVUF VEX







«TIVANOFAUVUF VEX!» mi urla Kayla alle spalle, facendomi perdere dieci anni di vita.
«Ma sei fuori di testa?!» alzo la voce, guardandola con un'espressione shockata. «Per poco non ci rimanevo secca!»
In risposta, la mia migliore amica scoppia a ridere mentre io scuoto la testa sorridendo e chiudo l'armadietto, rimasto aperto per colpa  dell'entrata in scena di questa pazzoide al mio fianco.
Da quando abbiamo visto una foto divertente su Tumblr, raffigurante un povero Tirannosauro Rex senza denti, con la scritta “TIVANOFAUVUF VEX” sotto, ormai ci salutiamo solo in questo modo: anche se, di certo, non è una giustificazione per lo spavento che mi ha appena fatto prendere. Se dovessi utilizzare una frase stile Luke, per questo nuovo inizio settimana, sceglierei di sicuro: “Ecco come si inizia col botto!”.
Avanziamo lungo il corridoio l'una accanto all'altra ma, a quanto pare, Kayla sembra proprio di buon umore stamattina, nonostante fuori piova ininterrottamente da ieri: «Non dirmi che non sei eccitata all'idea di vedere Michael a francese perché non ci crederei nemmeno se mi pagassi: scommetto che ti guarderà, ti sorriderà e... Oddio, non potrei shipparvi di più!».
Non le ho ancora raccontato nulla di tutto quello che è accaduto venerdì sera e credo proprio di aver fatto bene: se le dicessi ogni cosa in questo momento, durante la sua fase da fangirl cronica, ho paura che potrebbe addirittura svenire. Le dirò tutto, questo è sicuro, ma non ora. Anche se sono convinta del fatto che intuirà qualcosa da sola, dato il sorriso sornione che non ha fatto altro che adornarmi il volto per l'intero weekend.
Come risposta sollevo ancora di più gli angoli della bocca, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre proseguiamo per il corridoio. Sembra continuare tutto per il meglio, fin quando Kayla non si decide a sganciare la bomba per prima, chiedendomi: «Senti... Ashton lo hai più sentito?». Sapevo che prima o poi qualcuno me lo avrebbe chiesto, nonostante nessuno abbia neppure osato fare riferimenti all'intera faccenda fino ad ora, ma non so nemmeno io come rispondere: dovrei dire la verità, ovvero che la gravità del mio ragazzo è passata del tutto in secondo piano per via di Michael? Oppure dovrei forse scoppiare in lacrime e fingere di non poter vivere senza di lui? Non vado fiera del fatto che, in realtà, Ashton non sia più poi così importante ma non posso farci nulla: se dobbiamo guardare in faccia la realtà, è stato lui il primo a mettermi sempre di più sullo sfondo nel suo quadro di vita perfetto. I miei sentimenti, esattamente come le mie azioni, sono solo pure e semplici conseguenze di quello che lui ha fatto a me.
Eppure perché mi sento così in colpa?
Mi irrigidisco sul posto, socchiudendo le labbra, e sperando che il mio cervello riesca a decidersi sulla cosa giusta da dire: so di potermi fidare di Kayla ma, diamine, è una situazione troppo complessa. Se è complessa per me, non oso immaginare come possa risultare agli occhi di una qualsiasi altra persona.
Stringo con entrambe le braccia i libri che ho al petto, alzando le spalle, e alla fine decido che il silenzio è la soluzione ad ogni problema: si possono intuire molte cose dal silenzio, questo è vero, ma, in fondo, sono solo tante piccole tesi soggettive, impossibili da utilizzare per potersi basare su una completa autenticità e verità.
La mia migliore amica sembra recepire all'istante  il messaggio, motivo per cui decide di cambiare subito argomento: «Oh, in fondo non è il pensiero più importante ora. Piuttosto... C'è forse qualcosa che mi devi dire?». A volte, le persone che riescono a darti il maggior conforto o starti più vicine in una determinata situazione sono proprio quelle che riescono a raccogliere tutti i pensieri d'aiuto nei nostri confronti, nel silenzio: o almeno, io la penso così. Nonostante conosca questa ragazza da una vera e propria vita (suo fratello Patrick ha dieci anni e rappresenta, quasi alla perfezione, la quantità di tempo passato dal mio primo incontro con Kayla), non riuscirò mai ad abituarmi perfettamente alla sua scaltrezza sconfinata: ci rimango imbambolata ogni volta. Per questo motivo sgrano leggermente gli occhi, colorandomi ancora di più di rosso, e proseguendo per il corridoio a testa bassa. Avrei voluto raccontarle ogni cosa in un luogo leggermente più appartato, così che potesse sfogare la sua felicità senza attirare sguardi indiscreti, ma ora sono praticamente con le spalle al muro: so che non mi lascerà perdere fin quando non avrà scovato il motivo per la mia inusuale taciturnità.
«Allora c'è qualcosa!» esclama all'improvviso, indicandomi. «Sai meglio di me che, se non mi racconterai ogni singolo dettaglio all'istante, ti darò il tormento per giorni».
Oh, lo so fin troppo bene. Ne ho avuto un minuscolo assaggio quando mi sono fidanzata con Ash, dopo il nostro primo bacio nel mio giardino: Kayla era stata la seconda a saperlo (Calum il primo, visto che ci aveva spiato da dietro la finestra del salotto per tutto il tempo) e, non appena aveva scoperto di aver perso l'occasione di poter urlare  al mondo del fidanzamento, visto che mio fratello per poco non aveva fatto finire la notizia sui giornali locali, mi aveva tenuto il muso per i tre giorni successivi. Per farmi perdonare, ero stata praticamente costretta  a raccontarle ogni singolo dettaglio, compresi anche quelli completamente anatomici.
 



 
È ormai mezz'ora che io e Michael siamo seduti sul divano di casa mia, a una certa distanza l'uno dall'altra, mentre in TV trasmettono un documentario sui trichechi, decisamente poco divertente o interessante: i trichechi sono animali davvero immensi e piacevoli da guardare ma la voce di questo tizio è una sorta di cantilena, capace di far addormentare persino uno con l'insonnia.  Mi sto sentendo una vera e propria idiota, sprecando un'occasione meravigliosa con il ragazzo accanto a me, ma non sono riuscita a trovare nessun programma più interessante di questo. Il che è tutto dire. Michael sembra interessato quanto me, a giudicare dalla serie di sbadigli che sta cercando di nascondere, ma continua a rimanere zitto: credo lo faccia solo per trattenere la serie di insulti che gli stanno venendo in mente verso la sottoscritta, in questo momento. Mi piacerebbe molto tirare in ballo qualche argomento su cui parlare ma, purtroppo, non mi sta venendo nulla in mente: dovrò darmi una mossa se non voglio mandare all'aria questa serata.
Mi giro di fianco verso di lui, prendendolo alla sprovvista, sfoggiandogli un sorriso amichevole: scommetto che, con l'aspetto che ho adesso, assomiglio più a una maniaca terrificante piuttosto che a una ragazza che vuole fare conversazione.
«Allora...» inizio, sperando in qualche tipo di partecipazione da parte sua, che però tarda ad arrivare. «Come va la canzone?».
Le scorse volte che ci siamo visti a pranzo abbiamo aggiunto qualcosa e, con mia grandissima sorpresa, mi è risultato più facile del previsto; Michael ha ragione: bisogna solo esternare quello che si prova, metterlo per iscritto e adattarlo alla melodia.
Non mi risponde subito, rendendomi insicura sul fatto di essere davvero troppo rompiscatole, ma, invece, allunga la mano verso la tasca posteriore dei jeans. Si è avvicinato di un paio di centimetri per poter arrivarci e, nel preciso istante in cui ho visto la sua figura sporgersi di poco verso di me, sono fermamente convinta di aver sentito un ‘Boom!’ all'intero del corpo: devo solo capire se sia provenuto dalle ovaie o dal cuore. Dopo essere tornato seduto, apre un foglio bianco piegato in quattro e me lo porge; lo afferro subito, curiosa di sapere di cosa si tratti, prima che la scritta ‘DISCONNECTED’ in cima non mi faccia sorridere come una bambina.
«Come mai l'hai voluta chiamare ‘Disconnected’?» chiedo, rileggendo quelle poche righe che abbiamo scritto, sotto il pentagramma pieno di note.
«Ho buttato giù un possibile ritornello, a casa» spiega, cercando forse di troncare il discorso qui ma, non appena nota la mia espressione curiosa, sembra capire da solo che non mi accontenterò mai di una risposta del genere. «Ho solo pensato ai momenti in cui mi chiudo in teatro e a quanto mi senta, appunto, disconnesso dal resto del mondo».
Come avrei dovuto aspettarmi, ha utilizzato solo il singolare, ma va bene così: in fondo, ci sono stata anch'io in quel teatro con lui e, se avessi davvero dato fastidio, mi avrebbe già scacciata da parecchio tempo.
Riporto lo sguardo sul foglio tra le mie mani e cerco di immaginarmi la voce di Michael mentre pronuncia quelle parole ma, non appena arrivo al fatidico ritornello, rimango paralizzata.
«I like the summer rain, I like the sounds you make» leggo, senza preoccuparmi della melodia a cui pensato lui per questo pezzo, e tingendomi sempre più di rosso. «We put the world away, we get so disconnected».
Non appena finisco l'ultima frase riportata sul foglio, sono sicura di essere rossa come un vero e proprio semaforo. Il mio cervello non fa altro che urlare dalla gioia per il fatto che la canzone possa riferirsi a me, mentre l'altra sta cercando in tutti i modi di ragionare in modo più diplomatico. Che senso avrebbe dedicarla a me? Non so nemmeno se siamo veri e propri amici, accidenti.
«Magari lunedì potrei fartela sentire con la chitarra sotto, così poi possiamo continuarla» afferma, facendo un cenno al foglio.
Sento un sorriso enorme crescermi sul volto e, mentre gli restituisco il testo della canzone, riesco a trovare il coraggio per affermare un sincero “È meravigliosa”. E non riuscirei a trovare abbastanza parole per descrivere quello che mi sta succedendo nello stomaco, ora che Michael mi sta sorridendo di nuovo.
 
 



 
«Skyler?» mi riprende Kayla, schioccandomi le dita davanti agli occhi. «Dobbiamo andare in classe, è appena suonata la campanella».
«Quanto tempo abbiamo?» le chiedo svelta, facendo riferimento ai minuti che ci restano per l'intero racconto.
La mia migliore amica, capendomi al volo, da' un'occhiata veloce all'orologio prima di rispondere: «Cinque minuti al massimo». La prendo subito sotto-braccio, avviandomi verso la classe di francese, e cerco di raccontarle, tralasciando solo alcuni minuscoli dettagli (come il fatto che proprio quella sera abbia deciso di mangiare quella dannata crema al tartufo), tutto l'accaduto di pochi giorni fa. La sento emettere versi sorpresi ed eccitati, molto simili a quelli che emetto io davanti a Dylan O'Brien, già dal momento in cui pronuncio (anzi, sussurro) il nome di Michael: se continuiamo di questo passo, in classe ci arriverà svenuta. Non ho abbastanza tempo materiale per raccontarle anche della nostra canzone, quindi mi limito a dirle che abbiamo passato il resto della serata a guardare quel noioso documentario su Discovery Channel, fino al momento in cui avevo dato un'occhiata all'orologio e avevo constatato che i miei genitori sarebbero ritornati da lì a poco.
Siamo ormai arrivate ai nostri banchi nella classe di francese, quando mi ricordo di aver saltato un particolare: «Ah e, prima che se ne andasse, ci siamo finalmente scambiati anche i numeri». La mia migliore amica, in risposta, mi guarda con le labbra socchiuse, apparentemente shockata, prima di domandare: «I numeri di telefono?».
«No, Kayla, i numeri della lotteria» rispondo sarcastica, alzando le sopracciglia.
Ed è in questo preciso istante che nell'intera classe si sente un tonfo secco improvviso, dovuto ai pesanti libri che sono appena caduti sul banco dalle braccia della ragazza accanto a me. Tutti i nostri compagni si girano verso di noi, facendomi avvampare, mentre cerco in ogni modo di non guardare in faccia nessuno: perché Kayla deve sempre coinvolgermi nelle sue figure di merda? Quest'ultima, nel frattempo, sembra essere sprofondata nel mondo delle nuvole: ha la bocca spalancata, gli occhi scuri sgranati, puntati su di me e, ne sono sicura, sta seriamente cercando di trattenersi dall'urlare. Avrei voglia di dirle qualcosa per farla sbloccare ma abbiamo ancora gli sguardi di tutti puntati addosso e, finché non arriverà la professoressa, non posso far altro che sperare in qualche sua reazione leggermente più utile e, possibilmente, meno rumorosa.
«Signorina Robinson, se anche lei è shockata per la notizia dell'arrivo di un'altra nuova studentessa dopo due mesi di scuola, si fidi: lo sono tanto quanto lei» afferma la prof, facendo il suo ingresso in classe. «La lezione è ufficialmente cominciata quindi, Robinson e Hood, prendete posto, per favore».
Eseguo subito l'ordine, tirando la manica del cardigan grigio scuro di Kayla per far sedere anche lei, mentre in classe iniziano ad arieggiare bisbigli curiosi e risatine per la nostra figuraccia. Nell'esatto momento in cui apro il libro di francese alla pagina assegnata,  decisa a voler seguire la lezione senza altri avvenimenti del genere, sento il cellulare vibrare all'interno della tasca dei miei jeans: oggi non sembra proprio essere giornata. Cerco di non farmi vedere dalla professoressa, scivolando leggermente sulla sedia, prima di sbloccare lo schermo e leggere il messaggio:
 
Disconnected :
La tua amica sta bene? Mi sembra un po' stralunata.
 
Trattengo il respiro per qualche secondo, sentendo maggior calore sulle guance, mentre rileggo il messaggio per circa una ventina di volte consecutive: Michael mi ha appena scritto, devo stare calma. Se non mi trovassi in classe, in questo momento, starei letteralmente saltando ovunque, con tanti gridolini che mi escono involontariamente dalla bocca e altri sintomi da perfetta dodicenne esaltata, ma non posso sfogarmi ora: non davanti a una professoressa apparentemente mestruata, con una migliore amica ancora sotto shock e il mittente del messaggio a meno di tre metri da me. Sono molto indecisa se avvertire Kayla di quello che mi ha scritto Michael, date le sue attuali condizioni psicologiche, ma decido che, forse, è meglio aspettare l'intervallo, dove ci chiuderemo in bagno e ci sfogheremo insieme.
Mi giro lentamente verso il ragazzo biondo alla mia sinistra, prima notare il suo sguardo concentrato sul telefono all'interno dell'astuccio: sta davvero aspettando una mia risposta? Insomma, è la prima volta, da quando ci siamo scambiati i numeri venerdì sera, che mi ha inviato un messaggio e io non ho davvero idea su cosa rispondergli: dovrei fare la simpatica e magari prendere in giro la mia migliore amica scherzosamente? O dovrei semplicemente inviargli una mezza risata? Non posso di certo dirgli che è proprio lui il motivo per cui sia io che Kayla siamo nel mondo delle nuvole.
Lancio un veloce sguardo sulla figura della professoressa dietro la cattedra, assicurandomi che non mi presti attenzione, digitando la prima cosa che mi viene in mente:
 
Ha finito di vedere una stagione di una delle nostre serie tv preferite, è un po' scossa per quello :)
 
Semplice, coinciso, senza offese di nessun genere nei confronti di qualcuno: ci ho anche aggiunto uno smile alla fine, per completare l'opera. Pigio il tasto ‘Invia’ quasi subito, occupando la mente di pensieri tutt'altro che ottimistici: e se prende la mia migliore amica per una nerd? Insomma, io ci potrei anche essere considerata, ma Kayla è tutto tranne che una grande ragazza studiosa e diligente. Siamo due ragazze popolari con qualche divergenza ma rimaniamo comunque popolari, accidenti.
La lezione, ormai, mi sfugge completamente di mano e, mentre la professoressa blatera sull'importanza degli accenti ortografici, sento il telefono vibrarmi di nuovo. Non posso continuare a scivolare sulla sedia o Mrs. Joelle si accorgerà del fatto che sto deliberatamente messaggiando e  mi farà un cazziatone di mezz'ora: per questo motivo, con una mossa fulminea, nascondo il cellulare all'interno dell'astuccio, come ha fatto Michael. Sblocco subito lo schermo, decisamente più tranquilla di non essere scoperta, prima di leggere il contenuto del nuovo messaggio:
 
Disconnected :
‘The Walking Dead’?
 
Aggrotto le sopracciglia, riconoscendo il titolo della serie TV, solo per sentito nominare da mio fratello qualche volta, prima che il mio labbro inferiore sia catturato dai denti, in un inutile tentativo di nascondere il sorrisino che mi sta nascendo in viso: anche lui è un patito di serie TV? Gli lancio un'occhiata, incrociando il suo sguardo verso di me, scuotendo un paio di volte la testa. Intanto, il mio pollice sta già premendo la casella di un nuovo messaggio:
 
Ne abbiamo sentito parlare ma non lo abbiamo mai visto. Siamo più delle tipe da: ‘Teen Wolf’, ‘One Upon A Time’ e ‘The Vampire Diares’ :)
 
Attendo impaziente una risposta, mordicchiandomi un'unghia, prima di prestare qualche secondo di attenzione alla professoressa davanti a me e, per un miracolo del cielo, lei mi guarda nell'esatto momento in cui ho ormai smesso di controllare il cellulare: quando si dice avere un fondoschiena sfondato.
Sfoglio il libro sul banco alla pagina assegnata, continuando ad aspettare un altro messaggio, prima che la vibrazione del telefono non mi faccia prendere letteralmente un colpo: avrei dovuto mettere il silenzioso, dannazione. Solo alcuni ragazzi si girano nella mia direzione, incuriositi, ma Mrs. Joelle sembra non essersi minimamente accorta del rumore sordo che mi ha appena provocato delle piccole macchie di sudore sotto le ascelle.
Approfitto dai pochi istanti in cui scrive qualcosa alla lavagna per dare una veloce letta alla risposta ricevuta:
 
Disconnected :
Chissà perché... ma penso che non dipenda solo dalle trame.
 
Divento paonazza nello stesso istante in cui arrivo al vero significato della frase, non potendo però dargli torto: in tutte le mie serie TV preferite, gli attori, manco a farlo apposta, sono a dir poco magnifici. In Teen Wolf ogni singolo personaggio maschile ha un livello massimo di bellezza, sia esteriore che interiore: in cinque stagioni, non sono ancora riuscita a trovare un solo ‘bruttino’ in nessun episodio. È estremamente frustante per le mie ovaie, ogni volta. In Once Upon A Time, Capitan Uncino conta per dieci. In The Vampire Diares... inutile persino che io provi ad esprimermi.
Rifletto su quello che potrei dirgli, cercando le parole giuste per non fare una figuraccia qualunque, mentre rileggo decine e decine di volte il testo dell'ultimo messaggio che mi ha inviato: riesce ad intimidirmi anche solo grazie ad un semplice sms, incredibile.
 
Le trame sono stupende, i personaggi poi sono solo un extra ben gradito u.u
 
Sorrido al mio stesso messaggio, sperando che intuisca la mia ironia, mentre premo il tasto ‘Invia’. All'improvviso, la voce di Kayla, impegnata a pronunciare un comando in francese, mi riporta alla realtà ed è in questo preciso istante che capisco di dover ascoltare un minimo la lezione, prima che la professoressa si accorga davvero della mia completa distrazione: l'ultima cosa che mi serve è un'ora di detenzione prima di tornare a casa.
Leggo un paio di volte il titolo e il comando, prima di connettere davvero il cervello e svolgere l'esercizio che tra poco correggeremo ad alta voce: sono cose che ho già fatto durante il corso, non dovrebbe essere così difficile come sembra. Passo la matita sulla pagina quasi meccanicamente, fermandomi un secondo per ricordare le regole che ho appreso nel corso delle lezioni, finché, cogliendomi di sorpresa, il suono acuto e fastidioso della campanella si fa largo tra i muri dell'intera scuola, segno che la prima ora è appena terminata.
Ho passato talmente tanto tempo a pensare e messaggiare con Michael che non mi sono neanche accorta del tempo trascorso.
Chiudo il libro in contemporanea con i miei compagni di classe, mentre do una veloce occhiata al telefono, speranzosa in una risposta da parte dal mio principale pensiero in questo momento: nulla. Giro lo sguardo verso il suo posto ma non trovo nessuno, segno che si sia dileguato non appena ha sentito il primo segnale di fine tortura scolastica.
Eppure, nonostante io cerchi in tutti i modi di pensare a cose più importanti, non riesco davvero a capire il vero motivo per cui venerdì sera sia venuto a casa mia: insomma, la scusa del plettro perso chissà dove fa acqua da tutte le parti. Non sono per niente convinta e, testarda come sono, sono seriamente determinata ad andare fino in fondo alla faccenda.
Infilo velocemente tutto nella tracolla, lasciandola anche mezza aperta, mentre cerco l'attenzione di Kayla: «Mi serve il tuo aiuto, urgentemente».
«Va bene, a patto che tu non ci metta entrambe nei guai» risponde, confermandomi che sia tornata alla normalità.
Colta sul fatto, incasso la testa nelle spalle, mugugnando un ‘innocente’ “Ehm” che le fa alzare un sopracciglio.
«Oh, andiamo, ho perso il conto di tutte le volte in cui io ho parato il culo a te» esclamo, cingendole le spalle con un braccio, prima di tornare in corridoio e spiegarle per intero il mio piano.
 
 


 
 
                                                                                                           ******





 
«Questo è, di certo, il piano più stupido al quale io abbia mai partecipato».
«Perché non ti concentri sul compito che ti ho assegnato, piuttosto che borbottare e lamentarti?».
Roteo gli occhi, per l'ennesima volta, non appena finisco di parlare e continuo nella mia maledetta ricerca. Siamo negli spogliatoi maschili della palestra, durante un comune orario di lezioni a cui stiamo deliberatamente mancando, pur di cercare il maledetto plettro di Michael. Ho già analizzato entrambe i possibili risultati: o ho ragione io e il plettro si trova in uno di questi armadietti, o ha ragione Kayla e il rockettaro emarginato lo ha perso davvero. Nonostante il 50 e 50%, io sono più che sicura della mia convinzione: non sono nata ieri e, da perfetta Hood quale sono, per me esiste sempre una spiegazione approfondita di tutto.
Avremmo potuto controllare anche nell'altro armadietto di Michael, quello più comune nel corridoio principale, ma sarebbe stato decisamente troppo rischioso: avrebbe potuto vederci un bidello o, nel peggiore dei casi, proprio lo stesso Michael.  In più, sono estremamente convinta del fatto che il proprietario del plettro non sia poi così stupido, né così distratto: se il fatto dell'oggettino scomparso misteriosamente fosse davvero una palla, non credo che lo avrebbe nascosto in un luogo così dannatamente scoperto e ovvio.
Kayla, al contrario, è sembrata tutto tranne che convinta quando le ho spiegato, per filo e per segno, la logica del mio abile piano: è perennemente certa che io stia navigando troppo nei miei filmini mentali, continuando ad affermare che, in realtà, forse lo ha semplicemente perso davvero. Inoltre, è ormai un quarto d'ora che siamo qui, io impegnata nella ricerca dell'armadietto di Michael e lei accanto alla porta come palo, e non sta facendo altro che lamentarsi: “Che puzza!”, “Perché devo fare io il palo?”, “Ho un brutto presentimento”, “Stai facendo tanto casino per nulla!”, “Se ci fosse Luke, sarebbe tutto più semplice”, “Mio Dio, ma le docce i maschi non le usano?”, “Perché sono così stupida da aver accettato?”, “Hai fatto?”, “E se viene qualcuno?”, “Ricordati che mi devi un favore”, “Oddio, sta venendo qualcuno! Ah, no: è stato solo il vento” e tante, tante altre esclamazioni e domande che mi stanno facendo solo rendendo più ansiosa. Forse avrei fatto meglio ad agire da sola.
Non pensavo che nello spogliatoio dei maschi potessero esserci così tanti armadietti ma, cercando di usare il cervello, mi rendo conto che, con la cattiva reputazione di Michael in circolazione, è molto più probabile che si sia scelto un posto leggermente più distante rispetto a tutti gli altri piuttosto che uno centrale: per questo motivo mi dirigo verso gli armadietti negli gli angoli più esterni delle intere schiere. Tengo gli occhi ben aperti, cercando di non farmi scappare nulla, prima che intraveda un'anta leggermente più aperta rispetto alle altre, per via di un lembo di giacca che fuoriesce. Mi avvicino all'indumento, riconoscendo della pelle nera con qualche borchia, e sento un sorriso istintivo crescermi in viso: deve essere di Michael per forza. Lanciando una veloce occhiata a Kayla, per confermare che la sua attenzione sia rivolta verso i corridoi e non verso la sottoscritta, mi inebrio del fresco profumo di muschio proveniente da questa manica della giacca che ho davanti agli occhi e abbasso le palpebre all'istante: in questo porcile di spogliatoio, costituito da calzini non lavati da settimane, mutande utilizzate ovunque e scarpe da ginnastica dall'aspetto fin troppo simile a quello di tossine nucleari, questa è l'unica fragranza davvero piacevole.
E, ovviamente, appartiene a Michael.
Sfilo dai capelli l'unica forcina che oggi ho deciso di applicare; dopo di che, inizio ad armeggiare con il lucchetto dell'armadietto per aprirlo: è una tecnica che ho imparato da piccola, per via dei fin troppi film d'azione che mio padre era ostinato a guardare con me.
«Da quando in qua sei diventata una scassinatrice?» afferma Kayla, attirata dai leggeri tintinnii della forcina contro il metallo.
«Sono una Hood: noi Hood abbiamo sempre delle doti nascoste» rispondo convinta, spalancando l'anta dell'armadietto un secondo dopo.
La mia migliore amica riprende a guardare lungo il corridoio con le orecchie tese mentre io, dopo essermi rimessa la forcina tra i capelli, inizio a rovistare tra tutta la roba di Michael: la giacca di pelle, delle cuffiette, un paio di calzini apparentemente puliti, un porta chiavi dei Pokémon, degli anelli buttati qua e là - la Skyler interiore sta letteralmente fangirlando perché solo il Signore può sapere quanto siano dannatamente attraenti i ragazzi con degli anelli alle dita per la sottoscritta - delle scarpe un po' sgualcite da ginnastica e vari fogli accartocciati. Non vedo nessun plettro.
Sospiro un po' delusa, afferrando il portachiavi raffigurante uno dei miei cartoni animati preferiti per sapere quale Pokémon rappresenti, quando noto un oggettino piccolissimo fare capolino dalla fine dell'armadietto. Rimetto subito a posto il quadratino di ferro tra le mie dita, prima di infilare, letteralmente, la testa all'interno di questo stretto spazio che ho analizzato con tanta cura. Ma, nell'esatto momento in cui decido di far fuoriuscire la parte superiore del corpo, la larghezza delle mie spalle me lo impedisce; cerco di tirarmi all'indietro, grazie alla forza delle gambe, un paio di volte ma non ricevo altro che dolore.
«Ehm... Kayla?» echeggia la mia voce, per via del metallo da cui sono circondata.
«Hai finito? Tra poco le matricole avranno educazione fisica e non ci rimane molto tempo!» esclama stizzita, completamente ignara alla situazione che si è appena creata.
«Kayla, sono incastrata!»
Seguono un paio d'istanti silenziosi, prima che la mia migliore amica scoppi in una risata di gran gusto. «Solo tu puoi rimanere incastrata in un armadietto».
Sento le sue mani sui miei fianchi, e: «Ha ha ha, mi senti forse ridere?» commento sarcastica, prima di avvicinare i gomiti al petto per farmi più piccola. Un veloce “Uno, due... tre!” mi arriva alle orecchie, prima che senta maggiore forza tirarmi all'indietro dal bacino.
È questione di attimi prima che, sia io che Kayla, atterriamo al suolo di fondoschiena, una sopra l'altra. Una fitta incredibile di dolore, dovuta anche alla botta non ancora guarita della partita di pallavolo dell'altro giorno, mi attraversa l'intera spina dorsale e cerco di non prestare attenzione all'esclamazione omicida della ragazza accanto a me: «Non hai idea di quanti favori dovrai restituirmi dopo questa giornata».
«Io credo che, invece, da questo giorno mi dovrai idolatrare» rispondo subito, facendole inarcare il sopracciglio, prima di mostrarle il plettro ‘scomparso’, tra le mie dita. «Perché ho appena fatto bingo».
 
 
 


 
                                                                                                               ******
 
 





«Secondo me non significa nulla» esclama Kayla, non appena torniamo nel corridoio principale. «Magari lo ha lasciato lì, non ha controllato bene e si è convinto di averlo perso».
La campanella di fine seconda ora è appena suonata, facendo gremire i corridoi di tutti gli studenti e devo ammettere di essere davvero fortunata: con tutta questa gente in giro, sarà un gioco da ragazzi far finta di essere state davvero a lezione.
«Kayla, venerdì sera mi ha detto di aver controllato ovunque» la ammonisco, avvicinandomi al mio armadietto. «Possibile che non abbia ‘controllato’ nell'armadietto in palestra?».
Sono ancora leggermente confusa dal mio ritrovamento: se Michael non la perso davvero, per quale motivo allora è venuto a casa mia? Pensare che si sia avventurato fino alla mia porta solo per vedermi mi sembra fin troppo irreale ma, in fondo, quale altra spiegazione potrebbe esserci? A scuola ci sono due armadietti per ogni studente, uno in palestra e l'altro nei corridoi per i libri: se mi ha assicuro di aver cercato ovunque, com'è possibile che abbia tralasciato l'armadietto in palestra? Non è così stupido, di questo ne sono certa.
Per una delle poche volte in cui io e Kayla abbiamo opinioni diverse, i ruoli sembrano essersi invertiti: ora lei è quella diplomatica e dannatamente realista mentre io sono quella dalle mille illusioni. Il fatto che la mia migliore amica, invece di supportarmi nelle mie ipotesi così meravigliose, mi riporti così drasticamente sulla terra ferma mi fa sbuffare spazientita: non vuole farmi illudere, e di questo ne sono contenta, ma è comunque irritante il fatto che non mi stia sostenendo.
Proseguo lungo il corridoio spedita, concentrandomi sul perché Michael mi abbia deliberatamente mentito, prima che una gomitata mi riporti sulla terra ferma; mi giro verso Kayla con un sopracciglio alzato, prima che lei alzi un braccio per indicare qualcosa davanti a noi.
E, ora che seguo la direzione del suo dito, devo rettificare: per indicare qualcuno davanti a noi.
Poco distante da dove ci troviamo, una ragazza dai capelli lilla e vestita completamente di nero, poggiata di schiena alla schiera di armadietti, è impegnata in una conversazione, apparentemente molto divertente, con Michael.
Strizzo gli occhi per convincere me stessa di aver visto male ma, non appena riconosco il perfetto profilo del biondo, non posso fare altro che rimanere basita.
La ragazza dai lunghi capelli colorati sta continuando a parlare senza sosta mentre Michael, poggiato con una spalla agli armadietti e felice come un bambino, ha un sorrisetto stampato in faccia a dir poco meraviglioso, con gli occhi inchiodati in quelli di lei: è persino più perfetto del solito.
L'unica nota stonata? La sconosciuta così vicina a lui.
Un nodo mi sta aggrovigliando lo stomaco ogni secondo di più, mentre non trovo la forza nemmeno per sbattere le palpebre; Kayla, nel frattempo, è paralizzata quanto me: è leggermente più indietro, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati per la seconda volta questa mattina.
«Che avete da guardare?» alza la voce, all'improvviso minacciosa, la ragazza dai capelli lilla.
Sbatto le palpebre velocemente, andando nel panico al solo pensiero che si stia rivolgendo a me e Kayla ma tiro un sospiro di sollievo non appena noto il suo sguardo puntato verso un gruppo di ragazzi che, fino a qualche istante fa, stava bisbigliando proprio su Michael: questa ragazza così particolare e spuntata dal nulla, nonché anche quasi unica interlocutrice del biondo, deve aver stupito anche loro.
“Come vi capisco” penso, mentre sento le labbra seccarsi all'improvviso.
Mentre il gruppetto prosegue lentamente verso la mia direzione, superandomi subito dopo, i due punk della situazione si allontanano verso l'altro corridoio, dandoci le spalle.
Sento distrattamente la domanda di Kayla - E quella da dove diavolo è uscita? - prima che Michael posizioni un braccio intorno alle spalle della ragazza accanto a lui e lei gli cingi la vita, mozzandomi il respiro il gola.  
 
 
 









ANGOLO AUTRICE
Guardate un po' chi si rivede! Mi vergogno per questo ritardo, lo ammetto, ma questo capitolo è stata una vera e propria bomba. 
Vi avevo avvertite riguardo al plettro e al fatto che sarebbe subentrato qualcun altro u.u 
La ragazza? Posso solo dirvi che si chiama
Karmy (nome d'arte, duh), che rappresenta quasi alla perfezione una mia amica (che, tra l'altro, mi ha fatto venire in mente tutto questo) e che il suo prestavolto è, ovviamente... HALSEY! 
Tipo che propongo 'New Americana' come nuovo inno nazionale *-* 
Se cliccate sul nome 'Karmy', scritto poche righe fa, vi comparirà la foto esatta a cui mi sono ispirata u.u
Spero di avervi incuriosite, chi il capitolo vi sia piaciuto (ci sono così tanti momenti Skyel *-*)  e, preparatevi: il vero gioco inizia solo ora, babies. 
SHUTOUT per raeleen e Ranyadel, duh u.u
Grazie a chiunque ha recensito gli scorsi capitoli, chi ha aggiunto la storia tra preferite/seguite/ricordate e, con i Sum 41 nelle orecchie, vi saluto! 
Tanto Love
*La Ragazza Invisibile*

 
 
 
  
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