Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: saitou catcher    20/09/2015    4 recensioni
"Regina tu sarai, fino a quando non ne verrà un'altra, più giovane e bella, a distruggerti e portarti via tutto ciò che hai di più caro.(...)E quando sarai annegata nelle tue stesse lacrime, il valonqar chiuderà le mani attorno alla tua gola bianca e stringerà finché non sopraggiungerà la morte".
Cinque anni dopo, un finale che nessuno si aspettava. Perché a volte nemmeno l'amore può combattere la paura.
Vivamente sconsigliata a persone impressionabili, o che non amano storie troppo lunghe.
Leggete e recensite!
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Elsa, Hans
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Long Live The Queen

"Queen you shall be, until there comes another,

younger and more beautiful,

to cast you dawn and take all that you hold dear.(...)

And when your tears have drowned you,

the valonqar shall wrap his hands

around your pale, white throath

and choke the life from you".

Game of Thrones, A Dance With Dragons


 


 


 

Elsa corre, e non ha in testa niente, se non il sangue fresco sulle sue mani. Elsa corre, e il sangue gocciola dalle sue dita contratte ad artiglio, sporcando il cristallo di neve con una scia di perle scarlatte. Elsa corre, e il cuore le rimbomba selvaggio nel petto, al suono dell'unico pensiero che ancora galleggi nella sua mente devastata.

Scappa,scappa, scappa.

Elsa corre e inciampa, sprofonda nelle neve friabile fino al gomito, e subito al suo contatto questa ribolle e scurisce, pregna di odio e di marcia paura.

Mostro, mostro, mostro.

Non sa se a colpirla alla schiena sia il ruggito nella testa o quello della folla che crede di avere alle spalle, ma è subito in piedi, e di nuovo corre, il sangue colpisce la neve e vi si mischia, rosso e bianco intrecciati, ma lei non lo vede, ha in testa e negli occhi solo il suo rifugio, il suo castello. Lacrime di sangue non suo le hanno spruzzato il volto pallido come avorio, e nel sentirne il calore estraneo sulla pelle ghiacciata, un sorriso sadico le storce gli angoli della bocca.

Gliela farò vedere, gliela farò vedere, gliela farò vedere.


 

L'aria è pregna dell'odore dei corpi trucidati,e Anna sente risalirle lungo lo stomaco una bollente ondata di bile che fa fatica a trattenere. Volta le spalle al massacro, e permette alle lacrime di scorrere libere sul suo volto, ma questo non basta a farla sentire pulita.

Cosa ho fatto...pensa, schiantata.

"Maestà?"

Non pensa nemmeno a girarsi, a rispondere al richiamo, fino a quando una mano non le si posa sulla spalla, facendola voltare,e si ritrova fronteggiare un volto che impiega qualche secondo a riconoscere. E' Berglar, il Capo delle Guardie di Palazzo.

"Maestà, la Strega si è diretta verso il fiordo. Abbiamo tentato di fermarla, ma non c'è stato verso. Ha...ha congelato chiunque le sbarrasse la strada".

"Lasciatela andare" mormora Anna. Non riconosce nemmeno più la propria voce. Da quando suona così stanca, così vecchia? "Se ha attraversato il fiordo, probabilmente è diretta verso il suo castello. Una volta lì, non c'è ragione di andarle a dare la caccia".

"Maestà, mi permetto di dissentire". Berglar china la testa in avanti in segno di rispetto. "Quella...creatura è pericolosa oltre ogni immaginazione. Non sarebbe saggio lasciarla in vita. Se Vostra Maestà mi consente..."

"Io non consento niente!" grida Anna, incapace di trattenersi ancora. "E' di mia sorella che stai parlando, Berglar! E contro di lei, non verrà fatto niente, se non lo dirò io!"

Berglar s'irrigidisce, la disapprovazione riempie il suo sguardo, ma si limita a chinare il capo, solerte come sempre. "Come la mi Regina comanda".

"Sì" replica Anna con voce spenta, e si volta per non vedere più gli effetti di quella devastazione.


 

Elsa quasi non riconosce le stanze del suo castello quando vi mette piede. Ogni passo rimbomba innaturalmente forte,fra le pareti screziate di rosso e nero. Ovunque si giri, mille Elsa la scrutano con occhi deformi, tracce di rubino sulle guance e fra i capelli.

"Celarlo, domarlo, non mostrarlo..." cantilena trascinandosi sulle scale. Lo strascico è stranamente pesante sulle spalle, e lascia sui gradini una scia rossastra. "Celarlo, domarlo, non mostrarlo..."

Percorrere lo spazio che la separa dal trono sembra richiedere un tempo infinito, ma quando vi si accascia sopra, il gelo è una folata di vento che spazza via il suo dolore. Elsa abbandona la testa sul bracciolo, e si accorge di tremare, anche se non per il freddo.

"Anna..." mormora. "Anna..."

E Anna è lì, le guance bluastre e i capelli striati di bianco, lo sguardo accorato come il giorno che bussava alla sua porta. "Perché?" domanda angosciata.

"Per proteggerti! "grida la Regina, e alluna una mano per accarezzarle il volto, ma Anna si ritrae, lo sguardo colmo di dolore e paura. "Proteggerti, solo proteggerti..."

Ma Anna non capisce, lei non può capire. E poi sil suo volto si contorce, e Kristoff la fissa con sguardo accusatore.

"Perché, Elsa?" domanda. Malgrado l'espressione, non c'è rabbia nella sua voce, solo un addolorato stupore. "Io amavo tua sorella".

"Io di più" ribatte Elsa, fissandolo in viso. "Per questo ho dovuto ucciderti".


 

L'odore di sangue e morte è così forte da saturare l'aria, e mentre cammina per le strade distrutte della città di Arendelle, il principe Hans vede negli occhi dei propri uomini il riflesso della paura che comincia a minacciarlo. Gli ordini che impartisce sono secchi e precisi: sgombrare le strade dei cadaveri, ripulire il sangue, sbarrare le porte, interrogare a fondo chiunque entri o esca dalla città. I soldati eseguono quei comandi come automi, gli sguardi vuoti e vitrei, solo lo sciaquio appicicoso delle suole nel sangue a spezzare il silenzio.

"Principe Hans". A chiamarlo è un soldato venuto dal castello, un giovane di nemmeno sedici anni, con appena un accenno di barba sulle labbra. I suoi occhi grandi e verdi sono sbarrati per la paura. "La Regina chiede la vostra presenza, immediatamente".

Hans non è sorpreso di quell'ordine, come non è stato sorpreso da nulla che sia accaduto negli ultimi cinque anni. Ha perso da molto tempo la capacità di meravigliarsi per ciò che ha intorno, se mai l'ha avuta.

Quando giunge al suo cospetto, la vede pallida, smarrita, una bambina gettata in un gioco più grande di lei. Si inchina ai piedi del trono, chinando il capo. "Maestà".

"Non chiamarmi così". La voce di lei è rotta. La sala del trono è stata ripulita alla bell'e meglio, ma lei continua a non guardarsi intorno, per non vedere la distruzione che ha causato. "Alzati. Ho una domanda da farti".

Lui si ritrova in piedi con un solo, fluido movimento. "Dimmi".

"Berglar mi ha detto che Elsa è fuggita". Tenta di apparire sicura, impersonale, ma trema talmente tanto che è costretta ad aggrapparsi ai braccioli del trono per dissimulare la propria paura. Nonostante questo, sa controllarla molto meglio di Elsa. "Ha superato il fiordo, e si è diretta alla Montagna del Nord".

Hans annuisce appena.

"Quello che voglio da te è un consiglio" dice Anna. Si alza e lo guarda dritto negli occhi. "Credi che mia sorella sia diventata un mostro? Credi che dovrei farla uccidere?".

La risposta è semplice, breve, tagliente come un coltello. E non è quella che Anna vorrebbe sentire.

"Sì".


 

"Tutto ciò che ho fatto, l'ho fatto per mia sorella".

Elsa ripete queste parole da un tempo che sembra infinito, fino a trasformarle in un ammasso impastato che le graffia la gola. Ma continua a ripetersele per non poter dimenticare, perché nessuno mai possa dimenticare.

"Per lei, solo per lei".

Il volto di suo padre la fissa severo dalle pareti, ed Elsa può leggere cosa via sia in quello sguardo-delusione, suo padre non è contento di lei.

"Non guardarmi così, padre" mormora. "Ho fatto tutto quello che mi hai chiesto. Sono stata una brava ragazza, una brava regina. Ho celato, domato, non mostrato. Ho fatto tutto quello che potevo fare...".

Sei diventata il mostro che tutti temono.Dicono quegli occhi accusatori.

"Ho dovuto farlo, papà-ho dovuto. Loro dicevano che soltanto l'amore avrebbe potuto sciogliere il ghiaccio. L'amore..." Elsa sorride, allarga appena la bocca, ma è sufficiente per darle l'impressione che la sua faccia sia sul punto di spaccarsi. "Io avevo bisogno dell'amore di Anna per controllare il mio potere, papà. E tutti cercavano di portarmelo via. Tutti hanno sempre cercato di portarmelo via. E io ho dovuto...ho dovuto...".

Era stato facile uccidere Kristoff. Tremendamente facile. Elsa non aveva nemmeno provato pena. O forse no, forse l'aveva provata, ma solo per un istante, il tempo di dirsi che quello che faceva era per il bene del regno, per il bene di Anna. E nel ghiaccio si era aperta una voragine, e Kristoff vi era precipitato dentro, senza nemmeno avere il tempo di guardarsi indietro, e scorgere il riflesso cupo di Elsa che lo scrutava da lontano.


 

"Non lo posso fare".

Anna sta parlando in tono concitato, veloce-supplichevole. Non è così che dovrebbe parlare una Regina, lei lo sa, ma non è mai nata per essere regina. Lei è la secondogenita, il risparmio, la bimba goffa, buona per strappare un sorriso agli adulti. Ed è così che si sente in questo momento: una bambina che gioca a indossare un abito troppo largo per lei, e vi inciampa miseramente.

"Devi" ribatte Hans. E' un mistero come faccia a rimanere così calmo e concentrato anche quando si trova a un passo dal baratro.

"Hans, è di mia sorella che stiamo parlando!"

"Io ho dodici fratelli, e nessuno di loro ha versato lacrime quando sono stato condannato a morte. Ascolta" aggiunge Hans, quando la vede compiere un gesto spazientito di rabbia. "Quella di cui stiamo parlando non è tua sorella. Qualunque cosa sia stata in passato, quell'Elsa non esiste più e l'Elsa che c'è adesso va eliminata".

"Non posso farlo!" Anna scuote la testa con ira, lacrime le annebbiano gli occhi. "Io conosco Elsa, la conosco da quand'eravamo bambine. Non... lei non...".

"Non avrebbe mai fatto una cosa del genere, è questo che intendi dire? Allora guardati intorno. L'ha fatto. Ha ucciso tutte le guardie che erano in questa stanza, e tutti quelli che le hanno sbarrato il passo quando ha attraversato la città. Adesso è a leccarsi le ferite, ma io so cosa significa essere pieni di odio, e rabbia. Tornerà. E quando tornerà, sarà per uccidere".

Anna tenta di ribattere qualcosa, ma non può. Le macchie di sangue ancora visibili sulle pareti glielo impediscono. Se qualcun altro fosse venuto a dirle che Elsa aveva fatto una cosa del genere, Anna l'avrebbe negato, avrebbe negato con tutte le sue forze, ma ha visto. E più ancora del sangue e della neve, è l'espressione ferita sul volto di Elsa a tormentarla.

"Lei...lei si è sentita tradita. Ero l'unica persona a non giudicarla un mostro, e le ho voltato le spalle anch'io...".

"Lei ha tradito te molto, molto prima che tu tradissi lei" ribatte immediatamente Hans. "O devo ricordarti quel che ha fatto a Kristoff?".

Il solo suono del suo nome è un coltello che le scava nelle viscere . Quando le hanno riportato indietro il cadavere, era talmente ricoperto di ghiaccio da non distinguerne i lineamenti. Anna ricorda ancora la sensazione della neve sulle dita, mentre la scrostava via dal volto tanto amato.

Basta questo a farla decidere.

"Allora fallo" mormora.

Tiene gli occhi bassi, altrimenti vedrebbe il lampo di gioia sul volto di Hans, la voluttà assassina che gli imporpora gli occhi verdi. Ma quando lei alza lo sguardo, stanca, sfinita, abbattuta, quegli occhi sono quelli di principe pronto a sorreggerla, di un soldato pronto a fare il suo dovere.

"Come la mia Regina comanda".

Ma io non sono una Regina, pensa Anna con un brivido di disgusto.


 

Per un po', aveva davvero pensato che tutto potesse funzionare. Aveva davvero pensato che sarebbe bastato l'amore di una sorella, che l'abbraccio di Anna bastasse a chiudere tredici anni di sofferenza, bastasse a cancellare le ferite di una vita.

Si era sbagliata.

Perché l'amore è un sentimento potente, ma la paura lo è di più. Era ancora lì, dentro di lei, a rosicchiarle il cuore con i piccoli denti voraci, e giorno dopo giorno, Elsa avvertiva un pezzo di sè scivolare, qualcosa dentro di lei avvizzirsi e marcire. Aveva avvertito le ferite ricominciare a sanguinare, sotto il bendaggio maldestro che l'amore di Anna vi aveva applicato.

Perché Elsa sapeva, Elsa vedeva. Vedeva i sussurri malefici spegnersi al suo passaggio, e riprendere a fioccare maliziosi, una volta girate le spalle. Vedeva la paura mista a disgusto negli occhi dei suoi ministri, ogniqualvolta la neve sfuggiva dalle sue mani strette a pugno sul tavolo, la neve fioccava nell'aria e tracciava arabeschi.

Andrà meglio, quando avranno capito che il tuo potere non è più una minaccia, le diceva Anna la notte, quando le stringeva le mani gelide nelle sue bollenti, ma Elsa non le aveva creduto mai, nemmeno per un istante. Vedrai, quando vedranno quello che vedo io, non potranno fare a meno di amarti anche loro.

E tu come mi vedi, Anna? Come la sorella maggiore, da seguire e venerare? Come la Regina da servire? O la ragazza da proteggere?

E così, un po' alla volta, era cominciata. Ma quando? Elsa non saprebbe dirlo. E' cominciata nelle lunghe, interminabili notti, trascorse acquattata nel buio, le dita intrecciate tra loro fino a spezzarle, gli occhi che seguono affascinati l'evolversi sinuoso dei fiocchi di neve nell'aria. E' cominciata nello sguardo preoccupato di Anna (sei pallida, Elsa, dovresti riposarti), nei sogni tinti di sangue e splendenti di neve che brulicano nella sua mente come falene impazzite, durante i lunghi, interminabili consigli, nella rabbia nera che gratta sotto lo sterno, quando arriva l'inverno e non allenta la sua morsa. E allora i cittadini mormorano "E' lei, è la Regina", e all'udire quei sussurri, lei si ripete che no, il suo potere è giusto, il suo potere è bello, lei deve solo lasciarlo, e poi ci penserà l'amore a sciogliere il ghiaccio. Sarà l'amore a fare il resto.

Anna...

Anna. Il suo tutto, il suo centro, la sua salvezza. La sua sorellina dorata, e anche lei l'ha tradita. Elsa stringe piano le mani a pugno, le unghie penetrano nei palmi con una confortante sensazione di sofferenza, e la rabbia erutta, un'ira, nera, terribile, e inutile. Anna. Il suo unico appoggio, crollato sotto di lei come neve friabile.

"Ma non è stata lei", sussurra all'aria. Il castello vibra attorno a lei-le pareti si scuriscono del rosso della sua angoscia e della sua ira. "E' stato quel verme a plagiarla, io lo so. L'ha fatto in passato, e poi ancora. Anna mi ama, Anna non tradirebbe mai sua sorella. Non sapeva quel che faceva".

Elsa, torna in te! Tu sei cambiata, Elsa, non sei più quel che eri un tempo! Elsa, ti prego...

"Anna no, forse" mormora una voce accanto a lei.

Els trasalisce. Vampate di calore le attraversano il corpo, o forse è solo l'afflusso del sangue che erutta lungo la schiena. "No...".

Erano anni che non sentiva quella voce. Ma non l'ha mai dimenticata.

"Tu non puoi essere qui".

Gli occhi della megera la fissano-vuoti, freddi eppure pieni di schermo come tanti anni fa. Le sue labbra si sollevano in quel sorriso che fa intravedere a Elsa la chiostra di zanne pronte a dilaniarla.

"Tu non dovresti essere qui, Reginetta".

Elsa si alza-in fretta, troppo in fretta, e il mondo le gira attorno, riducendosi a una confusione di macchie colorate e contorni sfuocati. Si appoggia tremando al bracciolo del trono, e il freddo cristallino ridà lucidità alla sua mente annebbiata. "Tu non sei reale!".

"No?" La megera ridacchia. "E perché lei lo è, allora?".

Solleva lentamente un dito a indicare, e Elsa segue il suo sguardo tremando. Il respiro le si strozza in gola, tramutandosi in lacrime. Anna è apparsa di nuovo, non congelata, stavolta, ma viva e reale, come è apparsa a palazzo l'ultima volta, negli occhi quell'espressione di tremenda delusione. Malgrado quella, Elsa sa che è contenta di vederla.

"Anna!" Grida. Si precipita verso di lei, ma i piedi la tradiscono e il pavimento sale verso di lei, fino a trovarsi davanti una copia enorme e distorta del proprio stesso volto. Alza lo sguardo, tremando, e Anna è sempre lì, statica e irranggiungibile. "Oh, Anna, sei venuta a prendermi!".

"Non è reale" raschia la voce secca della megera. "Lei non è qui realmente".

Elsa si volta di nuovo verso di lei, sollevandosi a stento sulle ginocchia. "Lo è invece!".

"No. Lei è quello che la tua mente vuole che sia. Guardati intorno." La megera gira uno sguardo attorno a sè. I suoi occhi osservano il pavimento imbrattato, il proprio riflesso distorto sulle pareti, i frammenti del lampadario crollato cinque anni fa. "Ti dissi che questo sarebbe stato il tuo destino, ricordi? Sangue e neve e una corona furono ciò che vidi nel tuo futuro, e te lo dissi. Ti dissi anche altro, ma tu rifiutasti di ascoltarmi. "Ride, un suono basso e gorgogliante all'inizio, poi sempre più forte, fino a diventare un canto stonato che si spezza contro la volta del castello, spargendosi nell'aria in mille schegge avvelenate. "Ed ora, eccoti qui, esattamente dove ti avevo detto che saresti arrivata".

Elsa si solleva lentamente in piedi. "No, invece".

Gli occhi dell'altra brillano-come può brillare una luce morta in fondo all'oscurità. "Non mi credi, Regina? Allora ricorda . Ricorda e saprai che ho avuto ragione".

No, pensa Elsa, non voglio ricordare, non posso. Ma poi gli occhi della donna la catturano,e la tenebra la avvolge, riportandola a un altro luogo, un'altra vita.


 

La ciocca di capelli che fuoriesce ondeggiando dal cappuccio ha qualcosa di strano: la luce delle candele vi ondeggia, vi scivola sopra, la avvolge in morbidi nodi di riflessi, e a tratti la chioma appare rossa, a tratti nera. Elsa la fissa affascinata, cercando di ignorare lo spesso serpente di terrore che le striscia su per la gola.

La figura celata dal mantello nero rimane immobile per qualche altro istante, quindi si volta verso i regnanti di Arendelle, in piedi sulla soglia della stanza.

"Lasciateci".

Una voce calda, morbida, sottile. E' giovane. Chissà perché, Elsa non se l'era aspettato. Sua madre esita un istante, lanciandole uno sguardo preoccupato, ma la mano del marito le serra una spalla, e la conduce gentilemente fuori dalla porta.

Quando i loro passi si sono allontanati, la dama in nero si volta, e, senza che nessuno lo abbia toccato,il cappuccio scivola via, rivelando un volto dalla bellezza esotica: pelle liscia e ambrata, occhi grandi e neri, orlati da lunghe ciglia. La chioma che le si srotola suntuosa sulla schiena per un istante pare fiammeggiare, ma poi Elsa sbatte le palpebre, ed è nera come l'ala di un corvo.

"Allora" la strega-o almeno così la chiama Elsa nella sua mente-avanza di un passo. "Perché mi hai fatto chiamare?"

"Per farti delle domande" Elsa ha quindici anni, la sua voce è fredda e cristallina, ma sotto il corpetto dell'abito blu, il cuore le batte così forte da far tremare le costole.

"Delle domande" gli occhi della strega scintillano." Ma sei così certa di voler udire le risposte?"

No, Elsa non è certa per niente. Vorrebbe piuttosto scappare via e chiudere le orecchie per difendersi da tutto ciò che potrebbe sentire. Ma si costringe a rimanere immobile di fronte alla donna serrando le labbra in una linea sottile.*

"Dì quel che hai da dire, e vattene".

Gli occhi della donna la fissano, schernendola, e sotto il loro sguardo, Elsa si sente nuda.

"Avverto paura attorno a te, bimbetta. Ne porti il lezzo addosso come i corvi quello dei cadaveri. Credi di poterla dominare, ma sarà lei a dominare te".

"Non mi interessa cosa tu vedi" l'acciaio vibra nella voce di Elsa, ma la bambina dentro di lei si contorce e piange. "Mi interessano le tue risposte, non le tue visioni. Come potrò controllare il mio potere?"

"Non puoi".

Secca, spietata. Crudele.

Elsa ha l'impressione che i contorni si confondano, ed è con un supremo sforzo di volontà che riesce a non accasciarsi a terra urlando. "Come fai a dirlo?".

"Perché lo vedo nel tuo futuro, Reginetta. Lo vedo come vedo altre cose. Sangue, ghiaccio e distruzione. Questo è ciò che ti aspetta". La strega la guarda, ed Elsa può avvertirlo, il movimento di un coltello che scava e rovista tra le pieghe della sua mente, imbrattando i suoi sogni con la bile nera del suo terrore. "Quello, e una corona".

"Certo che vedi una corona" sibila Elsa. La rabbia è l'unica risorsa che le è rimasta, l'unico scudo con cui parare i colpi che le vengono inferti. E malgrado l'angoscia che si condensa nel suo animo sempre più crudele, una parte di lei non crede davvero a quello che la strega le sta dicendo. "Sarò una Regina!"

La strega sorride. Ed Elsa indietreggia, spaventata, fino a sentire contro le spalle il vetro a riquadri della finestra; perché quel sorriso è la cosa più terribile che abbia mai visto, il sorriso della morte quando impugna la falce.

"Oh, sì" mormora la strega e copre la distanza che la separa da Elsa, prendendole il viso tra le mani. Le sue dita sono morbide e calde, un calore che le fa venire la nausea. "Regina tu sarai, fino a quando non ne verrà un'altra, più giovane e bella, a distruggerti e portarti via tutto ciò che hai di più caro".

Elsa spalanca la bocca, tenta di fuggire, di dibattersi, ma le dita che le afferrano il volto sono crudeli e forti, sbarre d'acciaio che le stritolano le ossa. E anche volendo, non riuscirebbe mai a sfuggire al gorgo di quegli occhi neri.

"E quando sarai affoggata nelle tue stesse lacrime, il valonqar stringerà le sue mani attorno alla tua gola bianca, e stringerà fino a quando non sopraggiungerà la morte".La strega muove un passo indietro, le sue mani scivolano dal volto di Elsa. "Hai avuto le tue risposte, Reginetta. Soddisfatta, adesso?"

"NO!" vorrebbe urlare Elsa. Invece tutto quello che può fare è voltare le spalle e correre, correre finché non le scoppia il cuore, e il mondo attorno a lei precipita nell'abbraccio pastoso di una tenebra senza fine, libera, per una volta, da incubi popolati di ghiaccio.


 

L'alba del giorno dopo accoglie la città di Arendelle in un silenzio di tomba. Nessun cittadino è per le strade a lavorare quest'oggi, nessuno esce per assistere alla partenza della piccola squadra che Hans ha disposto per la cattura della Regina delle Nevi. Arendelle non vuole acclamare un eroe, vuole solo essere liberata dal mostro,pensa Hans, mentre cavalca in silenzio alla guida del suo manipolo, l'assenza di suoni riempita solo da rumore di zoccoli. Sembra una vita fa, quand'era ancora solo un giovane principe ambizioso, diretto a quello stesso castello di ghiaccio, che ha segnato per lui l'inizio della fine.

Se quel dannato lampadario fosse caduto come doveva, avrei risparmiato ad Arendelle ed a Elsa molte sofferenze, e avrei avuto la gloria che mi spetta. Sarei stato un Re, e non il sicario di un'usurpatrice.

Perché è così che Anna si vede, malgrado la riverenza del popolo e l'untuosa disponibilità dei ministri, che l'hanno eletta loro sovrana quando la Regina regnante era ancora sul trono. Hans gliel'ha letto negli occhi, nel momento in cui lei è uscita fuori dalle porte del castello, vestita solo di un semplice mantello, malgrado il freddo pungente. Così abbigliata, gli è sembrata giovane, terribilmente giovane, e allo stesso tempo vecchia, quasi la follia di sua sorella avesse risucchiato la vita anche a lei.

"Sai cosa devi fare" gli ha detto lei, semplicemente.

Hans ha annuito con un secco cenno del capo.

"Ti chiedo soltanto una cosa". La sofferenza visibile su ogni tratto del suo volto, i suoi occhi di colpo lucidi-una bambina, solo una bambina che pensava di aver già versato tutte le sue lacrime, e invece no, il destino non aveva ancora finito con lei. "Fa' quello che devi, solo...non farla soffrire".

La richiesta ha colpito Hans più di quanto voglia ammettere. Se questo è amore, ricorda di aver pensato, allora sono contento di non averlo mai provato.

"Farò quel che posso".

Le ha voltato le spalle, salendo sul suo cavallo bianco,e voltandosi, la vede la' dove l'aveva lasciata, una figurina immobile sferzata dal vento. Alza il braccio in un gesto di saluto che lei non ricambia.

E adesso andiamo a uccidere il mostro.


 

All'inizio, Anna ed Elsa si erano opposte fermamente all'idea di averlo in esilio ad Arendelle. Ma Klaus era stato irremovibile: suo fratello minore aveva già causato abbastanza fastidi, senza che le Isole del Sud dovessero anche accollarsi le spese del suo mantenimento in prigionia. Così Hans fu imballato ben bene, caricato su una nave e spedito nuovamente ad Arendelle.

Per circa due anni, entrambe le sorelle si erano comportate come se lui non esistesse, e lui aveva fatto altrettanto, in attesa. Era certo che, se avesse pazientato abbastanza, l'occasione di riscattarsi si sarebbe presentata da sola. E così fu, anche se non nel modo in cui si aspettava Hans.

Anna era venuta da lui, sfidando i divieti della sorella e la sorveglianza delle guardie, per parlargli. Voleva sentire le sue scuse, aveva detto. Hans le aveva riso in faccia, ma non aveva fatto i conti con la testardaggine di una bambina che non credeva nei mostri e affermava che la vita è sempre giusta. C'è del buono in tutti, e quindi anche te, lei gli aveva detto, prima di andarsene con le lacrime agli occhi. Hans non l'aveva contraddetta perché non pensava ne valesse la pena.

Ma Anna era tornata. Una volta, due volte, tutti i giorni. Hans aveva finito con l'abituarsi al suo cicaleccio. La principessa gli parlava continuamente della suea felicità ora che Elsa era in pace con sè stessa e lei e Kristoff erano sposati, quasi a volergli sbattere in faccia ciò che si era perso col suo infame comportamento. Hans la lasciava parlare, perché aveva imparato che il modo migliore di conquistare qualcuno è farlo sentire ascoltato.

Ovviamente, le aveva parlato anche di sè. Non tanto, e mai niente di troppo tragico, quel tanto che bastava per modificare, a poco a poco, l'opinione che si era fatta di lui. E così, passo dopo passo, Hans si era trovato ad essere il principale confidente della principessa Anna.

Non che lei avesse chissà cosa da confidargli, sia chiaro. Ma essersi riconquistato la sua fiducia in così breve tempo,e senza alcun passo da parte sua, lo aveva riconfermato nel proposito con cui era giunto ad Arendelle: diventare Re. Non poteva toccare Elsa in alcun modo, avrebbero immediatamente sospettato di lui, ma avere in mano Anna era avere in mano Elsa. O almeno così Hans credeva, fino al giorno in cui morì Kristoff.

-Anna.

I singhiozzi laceranti di poco prima sono cessati, e adesso c'è solo un cupo mugolio, che trapana il cervello di Hans con la regolarità di un chiodo. L'odore nella camera ardente è qualcosa di atroce, ma lui si fa avanti come se non importasse, badando solo a non respirare col naso.

Lei è la immobile, una piccola figura affondata nel nero,accasciata di fronte al corpo che un tempo era suo marito. Il suo viso è immobile, gonfio e rosso per il piangere, e lei stringe tra le sue una mano guantata, quasi non si fosse accorta, o non le importasse, del disfacimento della carne una volta liberata dal ghiaccio.

Hans le si inginocchia accanto, le pone una mano sulla spalla, e a quel contatto lei trasalisce, ma non si sottrae. Un respiro spezzato la scuote, lacrime le irrigano le guance.

"Kristoff..."

Pronuncia quel nome come una preghiera, quasi speri di rievocare suo marito dal regno dei morti, ma Kristoff non si muove. Il suo viso è ridotto a una maschera grottesca.

"Non...non sarebbe dovuto succedere..." Parla come se non riuscisse a controllare le parole che le sfuggono dalla labbra. "Lui...lui amava il ghiaccio, diceva sempre...che il ghiaccio non l'avrebbe mai tradito. Invece si è aperto sotto di loro e...e li ha inghiottiti entrambi". Scuote la testa,sembra non voler credere alle sue stesse parole. "Lui e Sven".

Hans non dice nulla, non c'è nulla da dire. Ma in silenzio, pensa. E gli bastano pochi istanti per collegare, per riunire tutti e pezzi avere finalmente davanti il quadro nella sua completezza.

"E' stata Elsa a farlo".

Pronuncia quelle parole con sicurezza, guardando Anna dritto negli occhi. La sua reazione è niente di meno di quella che si aspetta.

Anna scatta in piedi come se si fosse scottata, sottraendosi al suo tocco, un lampo d'ira che arde sotto gli strati di dolore. "Che cosa hai detto?". Non attende nemmeno che arrivi la risposta. "Come puoi anche solo pensarlo! Elsa è mia sorella, non l'avrebbe mai fatto, lei amava Kristoff. Lei ama me!" Possibile che riesca a crederci, a quelle parole? Persino una bambina dovrebbe avere più buon senso."E' stato un incidente, nient'altro che un incidente. Ed Elsa era distrutta dalla sua morte, l'hai vista anche tu-tutti l'hanno visto!"

"Quello che ho visto io" ribatte Hans alzandosi in piedi "è una donna che ha visto il proprio cognato, il marito della sua adorata sorella, morire davanti ai propri occhi, rimanendo impassibile. Una Regina che con quel cognato era venuta più volte ai ferri corti, negli ultimi tempi. Una Regina che, guarda caso, sa manipolare il ghiaccio. E che ultimamente sta dando segni di squilibrio". Inclina la testa di lato, sulle labbra un sorriso sardonico. "Il quadro come si presenta finora è piuttosto chiaro, non trovi anche tu, Anna?"

"No" lei ribatte, riducendo le labbra a un'unica linea stretta. "No".

"Puoi negare la verità finché vuoi, Anna, ma alla fine ti verrà addosso comunque". Copre la distanza fra loro con pochi passi, le afferra il mento per costringerla a incrociare il suo sguardo. "Tua sorella sta cambiando, è già cambiata. Ogni anno, ogni giorno, aumentano il numero di persone che la contrariano, e chi non viene esiliato, trova la morte sui passi delle montagne...montagne su cui, negli ultimi tre anni, ha cominciato a nevicare anche quando non dovrebbe". Le lascia il mento e fa un passo indietro.

"Non...lei non... c'è una spiegazione per tutto questo, io so che c'è! Elsa non è un mostro!"

"Non lo era" la corregge Hans, tranquillo.

Lo schiaffo giunge inaspettato, ed è talmente forte da mandarlo a terra; quando rialza gli occhi, Anna incombe su di lui, nera e tremante nelle sue vesti da lutto, e con una rabbia negli occhi che lui non avrebbe creduto possibile.

"Non osare parlare di mia sorella in questo modo" sibile. "Non osare".

Hans le lancia un'occhiata sardonica dal pavimento. "Quindi tu non credi che sia stata lei a uccidere Kristoff?"

"No".

"Che sorella devota" la irride Hans, alzandosi, e passandosi una mano sulle labbra insaguinate. "E che patetica bugiarda. Ma fossi in te, ci penserei, Anna. Un giorno potresti essere costretta ad affrontare ciò che non volevi vedere".

Lei lo oltrepassa con uno spintone, supera la soglia come una furia. Un'istante prima che esca, i loro sguardi s'incrociano, e Hans vi legge per la prima volta il segno del dubbio. E comprende di aver vinto.

Si era accorto, ovviamente, che Elsa era cambiata. Non la credeva in grado di perdurare nello stato di idilliaca felicità che Anna gli descriveva (non sarebbe mai bastato un abbraccio a guarire le ferite di una vita*), ma non si aspettava quello che poi era successo. Il che non gli aveva impedito di sfruttarlo a suo vantaggio.

Aveva cominciato a tessere la propria rete, scambiando chiacchere innocenti con le guardie, e da quelle conversazioni, era venuto a sapere di come molti degli abitanti di Arendelle non vedessero di buon occhio la loro gelida Regina. Porta sfortuna avere una strega sul trono, dicevano. Da quando c'è lei, gli inverni sono sempre più lunghi, e più inclementi, e i nostri raccolti e i nostri bambini muoiono sempre più spesso.

Di contro, Anna era generalmente adorata dalla popolazione, sensibile al suo coraggio non meno che alla sua bellezza, e in molti dicevano che era un peccato che non fosse stata la prima a nascere, anziché la seconda. Quelli che all'inizio erano solo commenti isolati, cominciarono a diventare vere e proprie grida, man mano che Elsa sprofondava in sè stessa, e nella propria distruttiva paranoia.

Ad Hans bastò corrempere una delle guardie, con i soldi della rendita mensile che gli arrivavano dalle Isole del Sud (un altro espediente dei suoi fratelli per tenerlo lontano e scaricarsi la coscienza) per ottenere un incontro col primo ministro di Arendelle. Non gli fu facile convincerlo. Quello che proponeva era, a tutti gli effetti, alto tradimento, e non c'era nemmeno la certezza che Anna avrebbe collaborato. Ma ci riuscì, e di lì a breve, tutto l'alto consiglio e la nobiltà di Arendelle erano al corrente del piano.

La parte più difficile fu convincere Anna. La devozione che provava per la sorella sembrava essere uno scoglio insuperabile, che nemmeno la pazzia sempre più evidente di Elsa aveva scalfito. Le sarebbe riuscito più facile tagliarsi un braccio che usurparle il trono. Hans sapeva tutto questo, ma contava sul fatto che l'innato senso di giustizia di Anna e il sospetto che le aveva inculcato sulla morte di Kristoff la portassero dalla loro parte. E non sbagliò.


 

"Cosa significa tutto questo?"

Elsa si alza dal trono con le mani strette a pugno, gli occhi sospettosi che scrutano gli uomini armati che hanno fatto irruzione nella sala. Il suo sguardo si appunta sul capo delle guardie, Berglar.

"Cosa significa tutto questo? Esigo una spiegazione!"

"E l'avrete".

Al suono di quella voce, Elsa s'irrigidisce, e lo sguardo che fissa su Hans, emerso da dietro lo schieramento di guardie con la spada in mano, è gelido e affilato come una stalattite.

"Tu". Sputa quella parola quasi fosse un insulto." Avrei dovuto immaginarlo. Chi è stato a farti strisciare fuori dalle segrete?"

"Un passo alla volta, Maestà, se non vi dispiace". Hans le rivolge il più insultante degli inchini, e il respiro di Elsa si tramuta in un sibilo. "Credo che i vostri fidati consiglieri abbiano qualcosa da dirvi".

Elsa fa passare gli occhi dall'uno all'altro-la confusione sul suo viso è sempre più evidente, e anche la paura. Fronteggia il primo Ministro, scendendo rapida i gradini, fino a trovarsi al centro dell'anello formato da guardie.

"Cosa sta succedendo? Avevo ordinato che quest'uomo fosse messo sotto chiave tre anni fa! Cosa ci fa qui? E perché le mie guardie mi stanno tenendo sotto tiro, quasi fossi una comune criminale?"

"Perché il Consiglio ha deliberato che non siete più idonea al governo". Ribatte il Primo Ministro. "E abbiamo quindi deciso di sostituirvi".

Per qualche secondo, Elsa lo fissa, come se non riuscisse a credere alle proprie orecchie, poi scoppia a ridere, un suono gelido, malsano.

"Non potete farlo" sibila. "Io sono la Regina".

"Non più". Interviene Hans. "Lei lo è".

Si scosta per lasciar passare qualcuno alle sue spalle, e Elsa incrocia lo sguardo di Anna.

Per qualche istante, tutto quello che possono fare le due sorelle è fissarsi. Rabbia, incredulità, paura sono le emozioni che attraversano lo sguardo di Elsa, dolore,confusione, odio brillano in quello di Anna.

La Regina muove lentamente un passo in avanti, barcollando quasi non potesse reggersi in piedi. "Anna".Le sorride. "Stanno mentendo, non è vero? Tu non mi faresti mai una cosa del genere."

Anna non risponde, non può. Lacrime le riempiono gli occhi, e lei può solo scuotere la testa, un singhiozzo lacerante le scuote il petto. A quella vista, il sorriso di Elsa si restringe sempre di più, fino a diventare una smorfia angosciata.

"Perché?"

"Per quello che hai fatto". Riesce a balbettare Anna. "Per quello che hai in mente di fare".

"Di che stai parlando?"

"Tu... tu sei cambiata, Elsa. Non so cosa ti sia accaduto, non so se sia stata colpa mia o meno... ma tu non sei più la stessa. Tu..." Muove un passo indietro, sottraendosi alle mani di Elsa che tentano di toccarla. "Tu hai...hai ucciso delle persone. Hai gettato questo paese in un inverno perenne, di nuovo...hai..." Ed eccola infine, l'ultima verità, la verità che ha portato a tutto questo. La verità a cui non vuole credere. "Tu hai ucciso Kristoff".

Elsa rimane in silenzio, e il suo sguardo è più eloquente di mille parole.

"No!" Anna indietreggia, cade, o meglio, lo farebbe, se non ci fosse il braccio di Hans a sostenerla. "Perché?" è il suo turno di chiedere, disperata, le lacrime le ruscellano sulle guance. "Elsa, perché?"

"Per proteggerti!" grida la Regina. Allunga la mano verso il volto di Anna, ma lei si sottrae con veemenza, premendo il viso contro il petto di Hans. "Per proteggerti, Anna, per proteggerti!"

"Basta così". Hans spinge via Anna." Primo Ministro, procedete".

"Molto bene".Il Primo Ministro gonfia il petto, e inizia a declamare con voce stentorea, le parole che affondano come lame nella mente di Elsa. "Per l'autorità conferitami da Dio e dall'Alto Consiglio di questo paese, io dichiaro che Elsa, figlia di Agdar e Idun, non è più adatta a ricoprire il suo incarico di Regina, ed incorono Anna di Arendelle, come sovrana di questa terra".

Non ha ancora nemmeno finito di parlare che Elsa ha già capito, ha già ricordato. Ed è allora che la sua furia esplode.

"NO!"

La stalattite sorge dal pavimento e inchioda uno degli uomini di fianco a lei, la spada puntata contro la Regina. Una fontana di sangue erutta dalla smorfia grottesca che la morte ha impresso su quel volto, e Anna grida, arretrando.

"ATTENTI!" ruggisce Hans, e riesce a spingere Anna via, esattamente un'istante prima che un'altra stalattite spunti ai suoi piedi, andando a inchiodare il Primo Ministro al muro in un'esplosione di fluido scarlatto.

"PRENDETELA!" urla Hans e una delle guardie, riscotendosi, estrae la spada, ma un getto di ghiaccio, lanciato dalla mano senza guanti di Elsa, gli fa volare via l'arma di mano. Un secondo getto, e l'uomo è a terra, il volto blu per il freddo.

Hans manda Anna contro il muro, e le fa scudo, mentre attorno a lui, gli uomini si lanciano contro Elsa, solo per venire impalati dagli spuntoni che la Regina delle Nevi dissemina attorno a sè. Il volto di Elsa è spruzzato di gocce di sangue, l'orlo del suo abito ne è intriso; ma la cosa peggiore sono i suoi occhi, enormi, spalancati, senza nient'altro dentro che non sia la follia.

Dietro di lui, Anna singhiozza e geme, ma Elsa non le bada. Supera entrambi correndo, e sparisce al loro sguardo. Hans sa dove sta andando.

"E' diretta al cancello!" urla a Berglar, e poi corre ai bastioni, sporgendosi a guardare in strada.

Non deve attendere molto prima di vederla; il suo arrivo è annunciato da un esplosione di ghiaccio, chiunque le sbarri la strada cade a terra, abbattuto dalla furia della Regina braccata. Hans impreca.

"Colpiscila!" ordina a uno degli uomini di Berglar che l'ha seguito fino ai bastioni. "Non permetterle di superare il cancello!"

L'uomo annuisce, estrae l'arco, incocca la freccia. Hans vede il dardo attraversare l'aria sibilando, e andarsi a conficcare nella spalla di Elsa; lei barcolla, si piega, e poi si raddrizza, riprendendo a correre. Hans la guarda andare via, lasciandosi dietro una scia di sangue, neve e distruzione.

Il castello si erge silenzioso ai loro occhi, e identico all'ultima volta che l'ha visto, tanto che Hans quasi si aspetta di veder spuntare Marshmallow. Ma stavolta non c'è nessun guardiano ad accoglierli, mentre salgono la scala di ghiaccio.

Spinge la porta, i sensi all'erta, la spada sguainata, ma ancora una volta non intravede nessuno. I suoi occhi si appuntano sulla scala che conduce al piano superiore, i cui gradini sono sporchi di sangue.

"Vado da solo" dice agli uomini che l'hanno seguito. Non sa dire nemmeno lui perché, ma sente che è giusto così. " Voi restate qui, e se sentite qualcosa, qualunque cosa, correte immediatamente".

Senza nemmeno aspettare risposta, si volta e inizia a salire le scale. Il suono dei suoi passi rimbomba innaturalmente forte, assieme a quello del suo respiro. Hans stringe i denti e si costringe a proseguire, fino a quando non giunge alla sala dove ha affrontato Elsa, cinque anni fa.

All'inizio, i suoi occhi non riescono a distinguere nulla, nell'oscurità delle pareti tinte di rosse; poi man mano che la vista si abitua, distingue i frammenti sparsi per la sala, i resti del lampadario caduto anni prima.

Poi vede lei.

E' seduta sul trono, rigida, le mani intrecciate in grembo, lo sguardo vuoto fisso davanti a sè. Non c'è parte di lei che non sia sporca di sangue. Hans fa un passo in avanti, e il morbido sibilare della spada che scivola fuori dal fodero riempie l'aria.

"Maestà".

Lei lo guarda senza vederlo, un breve lampo di riconoscimento le attraversa gli occhi. Poi sospira come se fosse molto, molto stanca.

"Lei ti ha mandato a uccidermi?"

Malgrado il tono interrogativo, è un'affermazione, non una domanda.

"Sì".

Lei sospira, un sospiro stanco, addolorato, e poi abbassa lo sguardo sul proprio grembo, quasi si fosse scordata della presenza di Hans nella sala.

"Regina tu sarai" mormora, fissando le proprie mani imbrattate di sangue "fino a quando non ne verrà un'altra, più giovane e bella, a distruggerti e portarti via tutto ciò che hai di più caro".

Hans trasalisce, senza capire, e incontra gli occhi umidi della Regina. Ormai è a pochi passi dal trono. Punta la spada verso di lei. "Che state dicendo?"

"Non avevo mai pensato che potesse essere Anna" dice invece Elsa, pensierosa, senza dar peso alla lama puntata contro di lei. "Ma avrei dovuto capire che era vero, che era tutto vero. Sangue e neve e distruzione, questo vide nel mio futuro. Quello, e una corona". Inclina il capo verso la spalla. " E un valonqar, per chiudere le mani attorno alla mia gola e portarmi via la vita".

"Valonqar?" chiede Hans. Un sospetto inizia a formarsi nella sua mente. "Avete detto valonqar?"

Lei annuisce appena, sfregandosi le mani con aria assente.

"Sapete cosa vuol dire questa parola?" Un altro passo, e Hans è ormai ai piedi del trono. Lentamente abbassa la spada. Elsa alza lo sguardo, con aria interrogativa.

"E' un antico dialetto delle Isole del Sud" dice Hans, piano, scandendo ogni sillaba. " Vuol dire 'fratello minore'".

Gli occhi di Elsa si dilatano, la comprensione finalmente illumina tutto, tutto ciò che era oscuro fino a quel momento, e Elsa si alza di scatto, le mani chiuse ad artiglio e una maschera omicida al posto del volto, ma Hans è più veloce di lei. Con una mano, la afferra per la gola, rispingendola a sedere sul trono, lascia cadere a terra la spada, e usa anche l'altra per stringere, per soffocare. Le mani di Elsa gli lasciano graffi sul dorso delle mani, in un inutile tentativo di allentare la presa, scariche di freddo, gli scorrono giù per la colonna vertebrale, ma lui si costringe a ignorarle e stringe. Elsa avverte il dolore che invade tutto, l'oscurità che si addensa per trascinarla via con sè, e l'ultima cosa che sente è il sussurro avvelenato della megera nelle sue orecchie.

E quando sarai affogata nelle tue stesse lacrime, il valonqar chiuderà le mani attorno alla tua gola bianca, e stringerà finché non sopraggiungerà la morte.

Allora, signore e signori!

Innazitutto i miei più sinceri complimenti a chiunque si arrivato alla fine di questo mostro senza svenire a metà della lettura. Se può consolarvi, scrivere questo papiro è stato estenuante quanto lo sarà stato per voi leggerlo.

In secondo luogo, spero non mi odierete per il modo brutale in cui ho distrutto l'happy ending di Frozen, ma l'idea di utilizzare la profezia di Cersei per Elsa ( sì,Saitou, cito cose che nemmeno leggo, lo ammetto. Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa.) mi intrigava troppo, ed ecco come è nato questo obbrobrio. Ci ho messo un po' a decidere di assegnare ad Anna il ruolo della regina più giovane e più bella, mentre chi poteva incarnare il valonqar meglio di Hans, il fratello minore per eccellenza;)?

In terzo luogo, un paio di precisazioni: parte dell'incontro fra Elsa e la strega è stato scritto da mia sorella (santa donna) mentre la frase "Un abbraccio non può guarire la ferita di una vita" è una citazione della bravissima Harley Sparrow e della sua long Bring Me to Life, che consiglio vivamente a chiunque sia un fan dell'Helsa (che, una volta tanto, non è presente nelle mie storie su Frozen).

Ciò detto, dato che sicuramente avrete dovuto prendervi una giornata di ferie per questo mostro, ricompensate i miei sforzi lasciandomi qualche recensione. Hope you liked it;=)!

Catcher


 


 


 


 

 


 


 


 

  
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