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Autore: Relie Diadamat    20/09/2015    4 recensioni
Merlin è innamorato, perdutamente. Da quattro anni. L'è stato accanto per tutto il tempo, l'ha consolata, le ha asciugato le lacrime e le ha sorretto la fronte mentre vomitava anche l'anima in uno squallido water. Merlin la ama, solo... che lei non lo sa.
A serata conclusa, Morgana lo accompagnò alla porta pronta a salutarlo. «Grazie, Merlin.» Il sorriso che ne venne, non assomigliava ad un sorriso di un’amica ad un semplice compagno… Sembrava qualcos’altro. «Saresti stato un padre perfetto».
Perché doveva dirgli quelle cose?
Merlin si sentì morire in un momento. Morgana era lì, incantevole come tutte le cose belle e vera come l’aria e lui sapeva che presto il suo migliore amico se la sarebbe ripresa. Sorrise amaramente, nascondendo il dolore terribile nella trachea. «Ho fatto la giusta esperienza con certi Asini.»
Stranamente, dopo quell’affermazione, Merlin non la vide turbata né rattristata. Era ancora lì, ferma sulla soglia della porta a sorridergli in quel modo speciale. «La Vigilia passa di qui, vorrei darti il mio regalo e… se lo meriti, vorrei anche parlarti.»

Merlin/Morgana; past Morgana/Arthur; minor Balinor/Nimueh; minor Vivienne/Uther; baby!Mordred [Modern!AU]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hunith, Merlino, Mordred, Morgana, Principe Artù | Coppie: Merlino/Morgana, Morgana/Artù
Note: AU | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago
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Nda: Salve a tutti!
Comincio premettendo che questa storia è nata fuori praticamente dal nulla... Stavo ascoltando una canzone e... BOOM, mi si è presentata questa storiella nella mente. Premessa: è abbastanza 'veloce', perché va vissuta così, almeno a mio modo.
L'ho scritta in due giorni, quindi spero di non aver messo nero su bianco delle orribili sciocchezze. Ad ogni modo, aspetto i vostri pareri. Opinioni e critiche sono sempre graditi ;)
Buona, spero, lettura!
 

Enchanting
LE PAROLE CHE NON TI HO DETTO
 
Soundtrack: Click

Non sono proprio sicuro del modo in cui mi sento a riguardo 
C’è qualcosa nel modo in cui ti muovi 
Che mi fa sentire come se non potessi vivere senza di te 
Mi prende completamente, voglio che rimani qui 
 
- Mikky Ekko
 





 
 
Nevicava.
Ogni centimetro d’asfalto era ricoperto di quel bianco gelido, le case sembravano spruzzi giallastri su una tela immacolata. I fiocchi che cadevano dal cielo erano pallidi e freddi, e toccavano delicati le luci colorate degli addobbi natalizi.
Per le strade, dalle vetrine dei negozi, s’udivano le voci di Michael Bublé e Susan Boyle intonare musiche tradizionali che qualche passante si fermava a fischiettare; i bambini incappottati strattonavano i genitori nei negozi di giocattoli, indicando supplichevoli peluche e videogiochi.
Il cielo, nel frattempo, s’era già tinto di blu.
Merlin aveva sempre amato il Natale, così come tutti i giorni che lo precedevano. Anche a ventidue anni, riusciva a captarne la magia ed il calore. Adorava trascorrerlo nella sua città, quella piccola di periferia dov’era cresciuto. Hunit era solita rinchiudersi in casa per giorni interi studiando attentamente ogni piccolo particolare; si portava il pollice e l’indice a sorreggersi il mento, esaminando ogni singolo angolo della sua umile dimora: la sua casa, in vista delle visite natalizie, doveva essere impeccabile. Merlin aveva sempre apprezzato quella caratteristica di sua madre: la rendeva più giovane, con un sorriso sempre stampato in volto. Suo padre, Balinor, era di tutt’altro avviso: «Tua madre tende a diventare particolarmente pazza… E ossessionata dalla perfezione».
In più di vent’anni, Merlin aveva visto i suoi genitori amarsi per poi lasciarsi. Inizialmente non n’era stato molto felice, ma col tempo aveva capito che sua madre e suo padre erano di quelle rare persone che sapevano stare meglio divisi che uniti. Hunit e Balinor, da lieti divorziati, erano notevolmente più affiatati che da sposati. Certo, in un primo momento, le cene con ‘la famiglia riunita’ erano state abbastanza particolari, ma col tempo il giovane Emrys vi aveva fatto l’abitudine.
Balinor non si era più risposato dopo Hunit, ma aveva ritrovato l’amore in Nimueh, una donna poco più giovane di lui. Portava i capelli rosso fuoco sempre sciolti, raramente costretti in uno chignon perfetto. L’uomo si era preso cura anche di William, figlio della compagna e del suo ex marito, che in breve tempo si era conquistato l’affetto di Merlin.
Hunit, invece, dopo la separazione da Balinor non aveva cercato più nessuno. Era rimasta sola, ma sembrava felice lo stesso. Merlin si chiedeva spesso come fosse possibile. Come, dopo tutti quegli anni condivisi, fossero capaci di vivere l’uno senza l’altra e come potessero essere contenti di rivedersi come vecchi amici speciali.
Molte volte si era domandato se lui stesso ci sarebbe mai riuscito. Non aveva ottenuto risposta per un lungo tempo, fin quando non si era innamorato. Erano su per giù quattro anni che il suo cuore batteva unicamente per la bella Morgana, la ragazza che comprava solo frappè al cioccolato.
 



 
 
La prima volta che la vide, fu nel negozio sotto casa. Aveva piovuto molto quel giorno, e Merlin era bagnato fradicio dalla testa ai piedi. Tuttavia, si era deciso ad entrare nel negozio per ripararsi dalla pioggia violenta. L’odiosa proprietaria – che Merlin lo sapeva bene: lo detestava – l’aveva guardato con un’espressione minacciosa, dunque era stato costretto a comprare qualcosa.
Optò per una semplice bevanda e la vide storcere il naso come una vecchia strega. Non ci badò, e in risposta aprì la lattina al primo tentativo, scolandosi metà bibita. Fu allora che la vide, con la Coca Cola che gli scendeva dall’angolo della bocca e la lattina contro le labbra. Morgana era seduta ad un tavolino, sorseggiando il suo milk-shake, facendosi compagnia con la lettura di un libro…  di Jane Austen, se la memoria non lo ingannava.
I capelli erano neri come l’inchiostro, pieni di curve come mille onde del mare. Indossava un semplice vestito viola invernale, con uno zaino di pelle sulle spalle. Sembrava odorasse di buono anche a quella distanza.
Merlin si sentì così a disagio, così preoccupato che lei potesse vederlo in quello stato… ma in fondo perché avrebbe dovuto? Cosa importava?
Morgana, quel giorno, non lo vide. Il corvino invece la spiò per tutto il tempo. La osservò perdersi tra le pagine del romanzo, l’ammirò mentre si ravvivava i capelli di tanto in tanto. Era incantevole, così tanto che dovette comprarsi a forza un dolce per poter restare nel negozio e guardarla da lontano.
Una volta che fu uscita dalla caffetteria, Merlin sentì il disperato bisogno di rivederla.
Il giorno seguente, il giovane Emrys si ripresentò puntale nel negozio: comprò una nuova lattina di Coca Cola e si mise seduto ad aspettare… ma non vide mai comparire una ciocca di onde nere aldilà delle porte scorrevoli.
Seppur amareggiato da quella prima sconfitta, Merlin non si perse d’animo ed ogni giorno, alla solita ora, si ripresentava alla caffetteria ordinando la sua solita bibita, per poi sedersi allo stesso tavolo di sempre. Per non sentirsi un completo idiota, trascinava anche Will in quel posto, fingendo di voler passare del tempo col suo caro fratello acquisito.
La rivide dopo due settimane. La ragazza entrò nel locale con i suoi bei capelli sciolti, un paio di pantaloni neri ed una maglietta rossa; ordinò il solito frappè al cioccolato, poi prese posto nella parte opposta della caffetteria e lesse un nuovo libro.





 
 
Morgana si era trasferita da poco in città con sua madre: Vivienne aveva ritrovato una vecchia fiamma, Uther, e si era innamorata di lui per una seconda volta. Dopo un anno di relazione a distanza, i due si erano decisi a convivere, unendo le loro famiglie. La ragazza però, non parve accettare di buon grado il suo nuovo patrigno e il suo arrogante fratellastro.
Fu uno shock tremendo, per Merlin, scoprire che Morgana fosse la sorellastra del suo migliore amico, ma se da un lato ciò lo aveva destabilizzato, dall’altro gli aveva donato una preziosa possibilità: rivederla ogni giorno, magari anche a casa Pendragon.







 
 
I ricordi cominciarono a sfumare mentre, con due buste tra le mani, si dirigeva verso l’appartamento della ragazza.
«Promettimi che baderai a lei, Merlin. Mi fido solo di te. Falla stare bene, anche quando io non ci sarò», gli aveva fatto promettere il suo migliore amico, Arthur, prima di partire.
Non potendosi astenere dal concedergli il suo appoggio, il ragazzo promise al biondino quello che gli aveva chiesto. Solo, non avrebbe mai pensato che ciò volesse dire camminare per la strada con i fiocchi di neve che cadevano su di lui, trascinandosi dietro due regali scelti in ben due ore.
Nascose le labbra nella sciarpa blu che aveva al collo, superando un ristorante cinese. Svoltò l’ultimo angolo a destra, ritrovandosi di fronte a quel portone.
Gli era così familiare, ma allo stesso tempo lo mandava nel panico: si sentiva sottopressione e più sollevato simultaneamente; sorrideva più del solito e diventava particolarmente appagato. Con Morgana, si era sempre sentito così: un misto tra il Paradiso e l’Inferno.
Posò le borse sul marciapiede, massaggiandosi un attimino i polsi con le mani guantate e premere l’ultimo bottone del citofono.
«Chi è?»
Merlin non si accorse neanche che, nel sentire la sola voce della ragazza – seppur più metallica del solito -, le sue labbra s’incurvarono verso l’alto, allegre. «Sono io. Merlin.»
Anche se non poteva vederla, il corvino sapeva che Morgana gli aveva sorriso. «Sta’ attento a non cadere per le scale questa volta».




 
 
Da quando Arthur era andato via, il rapporto tra il ventiduenne Emrys e Morgana si era rafforzato. Ogni giorno di più.
Lui era sempre lì, per qualsiasi cosa.
C’era stato quando in lacrime si era gettata tra le sue braccia, impaurita di essere rimasta sola, senza nessuno al suo fianco. Merlin l’aveva coccolata dolcemente, carezzandole quelle mille onde corvine, ricordandole che per lei ci sarebbe sempre stato… sempre, se lei lo avesse voluto.
C’era stato anche nei giorni più calmi, c’era stato in giorni peggiori. Merlin era sempre lì.





 
L’aveva consolata nello squallido bagno di un centro commerciale dove, tenendo tra le mani un test di gravidanza, lei gli aveva confessato la realtà dei fatti.
«Morgana, va tutto bene?» Il ragazzo si era catapultato nella toilette femminile, beccandosi qualche occhiataccia e talvolta un’imprecazione sussurrata, accostandosi alla porta grigia del bagno. «Sei lì dentro da un’eternità…»
Morgana non rispose e questo bastò a rendere Merlin ancora più preoccupato: Che fosse morta?
«Mor-» La voce gli si bloccò in gola appena udito l’accenno di un singhiozzo. Incurante di qualche signora in attesa, Merlin agì d’impulso aprendo la porta cinerea, ritrovandosi dinanzi agli occhi la giovane col naso arrosato ed il mascara sciolto appena negli angoli. Era appoggiata con le spalle al muro, gli occhi verdi e acquosi su quell’aggeggino bianco, soffermandosi sulle due linee rosse.
Lui rimase a guardarla in silenzio, non sapendo cosa dire né cosa fare; Morgana era sempre stata una ragazza dalla lingua tagliante e un carattere pungente, ma in quel momento gli era sembrata un cucciolo indifeso, abbandonato sul ciglio della strada.
La vide alzare lo sguardo su di lui, mentre lenta una lacrima le rigava la guancia pallida, morendo tra le sue labbra struccate. «E’ positivo».
Merlin la fissò per qualche secondo senza dire nulla, nella mente solo il parlottare di qualche donna curiosa alle sue spalle. «Bene», le rispose poco convinto.
«Bene?!», lo aggredì. «Sono incinta!»
«Ah».
 



 
 
C’era stato i primi mesi quando si era nascosta da Uther, convinta che non l’avrebbe mai compresa, e da Vivienne, certa che non l’avrebbe mai perdonata.
L’aveva ospitata a casa propria, finché non avesse trovato una sistemazione migliore.
Hunit l’aveva accolta come una figlia, anche non condividendo in pieno il piano del figlio. «Io l’aiuterò, Merlin. Voglio bene ad Arthur e dare una mano a sua sorella è il minimo che io possa fare… ma credo che lei dovrebbe tornare a casa e dire la verità ai suoi genitori. Io vorrei lo stesso.», gli aveva detto una sera, mentre la ragazza si rilassava nel caldo della vasca.
Il ventunenne sapeva quanto sua madre avesse ragione, ma non se la sentiva di forzare Morgana a fare qualcosa che non desiderava. Si era convinto che l’unica cosa di cui necessitasse, fosse avere qualcuno accanto… e qualcuno sarebbe stato lui.
Merlin era rimasto al suo fianco, a scostarle i capelli dal volto mentre Morgana vomitava anche l’anima, insicura della propria gravidanza.


 
 
L’aveva presa per mano al quarto mese, convincendola che un bambino non poteva mai essere uno sbaglio.
 Aveva visto crescere la pancia della ragazza che amava un giorno dopo l’altro, sussurrandole dolci parole.
«Cresce a vista d’occhio!»
Morgana, si era alzata la maglietta fissandosi la pancia e scivolando con la mano lungo la curva, pensando a quanto stesse diventando grande. Colta sul fatto dal corvino, si ricoprì la pelle nuda, parlandogli con tono più secco di quanto avesse voluto: «Che ci fai qui?!»
Merlin si scostò dalla porta socchiusa, schiarendosi la voce. «Avevo visto la porta aperta e…» Con le iridi, viaggiò lungo quel profilo diafano, soffermandosi sul ventre pieno di lei. «Ti dona», disse indicandole il punto interessato. «Ti rende più bella del solito».
«Lo pensi davvero?» Morgana aveva aggrottato le sopracciglia sorpresa e divertita dall’espressione beota dell’altro.
No. Io penso che tu sia incantevole. Penso che ti amo e che in questo momento, l’unica cosa che vorrei, sarebbe baciarti piano per poi lasciarti senza fiato. E, penso anche che non ci sia niente di più perfetto in tutto l’universo.
«Per forza!», assodò. «Se ti dicessi che stai ingrassando mi uccideresti».
La corvina arricciò le labbra indispettita come una bimba capricciosa, afferrando un cuscino dal letto per tirarglielo contro. Il ventunenne parò il colpo, ridendo divertito. Forse, pensò, avrebbe potuto abituarsi a quella vita.



 
 
 
L’era stato accanto, le aveva dato coraggio. Si era subito i suoi sbalzi d’umore e le sue brutte giornate. Si era documentato su ogni singola sfumatura del parto, eppure, tutto sembrava sempre così imprevedibile e diverso dalle mille righe lette e rilette su ogni rivista possibile e immaginabile.
 
 




 
 
Dopo sei mesi di gravidanza, Morgana lo aveva svegliato a notte fonda, buttandolo giù dal letto. «Merlin… Merlin!», aveva messo il broncio, aspettando che si svegliasse. «Ho voglia di un frappè al cioccolato. Ora!»
Il ragazzo, mezzo intontito dal sonno, l’aveva guardata con gli occhi socchiusi, mugugnando qualcosa di incomprensibile, del tipo: «Ancora cinque minuti…»
«No!», aveva protestato lei, trascinandolo giù dal letto. «Ne ho voglia ora!»





 
 
Al settimo mese, Merlin aveva incrociato le braccia, guardando la sua coinquilina con apprensione: non poteva più nascondersi. Morgana aveva bisogno della sua famiglia e doveva dire la verità ai suoi.
«No!», la ragazza aveva scosso il capo, allontanandosi dal corvino. «Ne abbiamo già parlato, Merlin. Io non voglio più tornare a casa. Voglio restare qui».
«Ma tu hai bisogno di loro, Morgana!»
«No.» puntò i suoi occhi di smeraldo in quelli cristallini di lui. «Tu sei la mia casa… Voglio solo rimanere qui, con te».
Merlin sentì il cuore sciogliersi nel petto e, istintivamente, fece qualche passo verso di lei. Le prese il viso tra le mani e le massaggiò le gote con i pollici. «Io ci sarò sempre per te... per voi. Sempre. Qualsiasi cosa tu decida di fare, ovunque tu vorrai andare. Sarò al tuo fianco, sempre».






 
 
Qualche giorno dopo, Morgana tornò a casa. Merlin la vide andare via portandosi dietro tutte le sue cose e uno strano senso di malinconia lo pervase: si era così abituato al suo pancione per casa, che accontentarsi di non vederla più seduta sul divano o smanettare in cucina, lo rendeva inusualmente giù di morale; ad ogni modo, era contento per lei, perché saperla in pace contava più di ogni cosa.
Uther dal principio non prese bene la novella notizia, mentre Vivienne per poco non collassò al suolo; entrambi i genitori si erano sentiti falliti, arrabbiati più con loro stessi che con quella ragazzina… Poi, Vivienne sciolse le proprie barriere di ghiaccio e accolse tra le braccia la sua dolce bambina. Morgana era così felice di essere a casa.



 






Ottavo mese di gravidanza.
Morgana se ne stava seduta su una panchina del parco, guardando di sottecchi il giovane Emrys che, attento come non mai, leggeva minuziosamente ogni singola riga delle riviste sui corsi pre-parto. La fece sorridere.
«Grazie, Merlin».
Il ragazzo non fece in tempo ad alzare lo sguardo o dire qualsiasi cosa, che le labbra carnose e morbide della corvina si erano stampate sulla sua guancia.
Merlin rimase a bocca aperta, col cuore che batteva a mille nel petto. Gli venne voglia di chiederle: «Ti prego, fallo ancora», ed invece ingoiò ogni senso d’orgoglio e balbettò impacciato: «P-Per cosa?»
Morgana gli sorrise grata, toccandogli il dorso della mano. «Per tutto. Senza te… Noi non ce l’avremmo mai fatta».
«Io ti amo, Morgana. Ti amo da così tanto tempo… Le persone che si amano, si sostengono. Non devi ringraziarmi», avrebbe voluto dirle. Le aveva sulla punta della lingua quelle parole. Gli pizzicavano il palato e lottavano per uscire fuori dalle sue labbra; si era fatto coraggio, ripromettendosi di dirglielo. I suoi occhi erano scesi all’altezza della bocca di lei, così rossa e così perfetta. «Io…»
Morgana pareva pendere dalle sue labbra. «Tu?»
Improvvisamente, il ricordo di Arthur e il grande valore che aveva attribuito alla loro amicizia presero il sopravvento, quietando ogni suo desiderio. «Sei la sorellastra del mio migliore amico… e sei stata la sua donna, è il minimo che io possa fare starti accanto».
 
 




 
 *








Merlin salì i gradini a due a due, ritrovandosi in meno di un minuto al terzo piano. Con la spalla, spinse la porta verso l’interno, aprendola. «Mi dispiace deluderti, ma oggi sono perfetto».
Il lungo tappeto a stampo londinese – quello che dopo qualche settimana dal parto, Morgana aveva preteso alla bancherella, strattonando il ragazzo insistente - riposava su un pavimento lucido. Sul piccolo tavolo in legno chiaro c’erano ancora i fiori di lillà che le aveva portato Venerdì scorso.
«Giuro, che se mi svegli Mordred…» Morgana era comparsa dal corridoio con un’aria assassina, camminando a piedi scalzi verso di lui. La sua espressione cambiò radicalmente non appena si rese conto delle due buste nelle mani del ragazzo. Corrugò la fronte sospettosa, guardandolo bene negli occhi. «Cos’hai lì?»
Merlin le venne incontro, poggiando i regali impacchettati sul tavolo. «Il motivo per cui sono perfetto!»
La ventiduenne gli lanciò un’occhiata guardinga; il corvino sorrideva soddisfatto, impaziente che si fiondasse sulle borse. «Hai qualche problema col calendario, Emrys?» lo burlò, mentre era intenta a prendere tra le mani i pacchi incartati.
L’altro alzò le spalle. «Manca ancora una settimana al Natale e… Niente, passavo per i negozi e appena li ho visti ho pensato subito a voi».
Morgana non riuscì a nascondere il sorriso che nacque sul suo volto nel momento in cui scartò il dono per il piccolo Mordred: un peluche di drago bianco dagli occhi dorati, grande forse quanto il vaso che aveva in soggiorno. «Merlin… Ma è…»
«Morbidissimo», l’anticipò, alzando un dito verso il pupazzo. «In più, la commessa mi ha confessato ch’è di ottimo aiuto per le mamme stressate e nevrotiche come te».
La ragazza gli picchiò la nuca, storcendo il naso. «Quanto sei scemo», sospirò. «Ed io che stavo quasi per ringraziarti!»
«Non devi ringraziarmi.» Merlin la guardò fisso negli occhi verdi; erano puliti, senza alcuna traccia di trucco e sembravano ancora più luminosi del solito. «Mi piace prendermi cura di voi. Non lo faccio per ricevere lodi».
«Lo so.» Morgana si sorprese con quanta facilità le fossette di Merlin l’avessero contagiata, eppure, per dirgli ciò che stava per pronunciare diventò seria: «Sei la persona più dolce che conosca».
Emrys si perse lungo il collo chiaro e scoperto della donna; aveva i capelli alzati in una cipolla arrangiata – e arruffata -, ma ai suoi occhi azzurri era incantevole lo stesso. Lo era sempre.
Diglielo, Merlin. Dille quello che provi. Lei è lì che ti guarda: sta guardando te, Merlin e ti guarda con quegli occhi verdi e brillanti… Diglielo o baciala, Merlin, ma fallo.
La mano affusolata del ventiduenne scivolò lungo il tavolo, cercando quella fredda e delicata della donna dagli occhi di smeraldo; il suo sguardo era sceso sulle labbra e, in un momento, trovò persino il coraggio di chinare il capo. La baciò, sulla guancia, come si fa con un’amica.
Si staccò piano, quasi non volesse farlo. Fece per aprire bocca, forse per baciarla dove realmente avrebbe voluto, ma il bambino nella stanza accanto cominciò a piangere.
Si allontanarono l’uno dall’altra, così velocemente che fece quasi male.  «Ti avevo detto che me l’avresti svegliato!», lo cantilenò Morgana, recuperando l’aria che per un attimo l’era mancata – senza che ne sapesse il motivo.
La donna si precipitò nella stanza di Mordred, prendendolo tra le braccia. Cominciò a parlargli con un tono dolce e amorevole, regalandogli vari bacini sul nasino. A quanto pareva, il pargolo soffriva molto l’assenza della madre.
«Amore, guarda qui chi c’è», Morgana si voltò verso l’amico, adagiandogli delicatamente il pupo tra le braccia.
Merlin lo strinse a sé con cura, regalandogli un sorriso sbarazzino, facendolo ridere di riflesso. Mordred lo adorava e Morgana, anche se non l’avrebbe mai ammesso, lo comprendeva benissimo: era stato lui a prendersi cura di loro… Era come un papà per suo figlio.
«Perché non resti a cena da noi, stasera?», gli chiese. «Ho visto che hai comprato anche del cioccolato…»
«Sì», rispose così in fretta che si morse la lingua per l’imprudenza. «Posso restare.» Abbassò gli occhi sulla piccola creaturina che respirava contro il suo petto. «Sempre se l’ometto di casa è d’accordo».
«Non vede l’ora che gli cambi il pannolino», lo provocò, ghignando come una vera arpia per poi porgergliene uno.
Merlin sbiancò di colpo e – per sua grande fortuna – non mollò la presa, compiendo una strage.



 
 
*





Morgana era incinta, il bambino era di Arthur. Questo, però, il Pendragon lo ignorava.
I due fratellastri si erano amati nel silenzio più assoluto per mesi e mesi, anni e anni; Arthur aveva rivelato quel piccolo segreto solo al suo migliore amico, confessando quanto temesse per la sua famiglia: Uther, dopo Ygraine, era riuscito a ritrovare la felicità in Vivienne e Arthur non voleva essere la causa della rovina della loro nuova vita insieme.
Prima che potessero essere scoperti, il biondino aveva deciso di porre fine a quella relazione, anche se gli costava molto. Così, aveva lasciato la sua città di periferia, iscrivendosi in un college a Londra.
Merlin, in quei tre anni, non aveva mai smesso di provare quel forte affetto nei confronti di Morgana. Si era limitato a parlarci come ad un’amica. Si era tenuto nascosto i suoi sentimenti reprimendoli con tutta la forza di cui era capace, ed anche se vederla insieme ad Arthur lo uccideva, fingeva che gli andasse bene. Fingeva di non soffrirne come un matto.
Voleva molto bene ad Arthur e, anche se lui stesso gli aveva detto di non voler più sapere niente della sua sorellastra, Merlin sapeva che ci stava male e che l’amava ancora. Per questo non si era mai spinto oltre, per questo ogni giorno aveva combattuto con la sua coscienza e con la razionalità, ripromettendosi di contattare il Pendragon al più presto e di dirgli quella grossa novità che gli avrebbe cambiato la vita. Perché Merlin sapeva perfettamente che Arthur avrebbe mandato al diavolo tutto per suo figlio. Anche suo padre.
Morgana era troppo orgogliosa per ricontattarlo dopo la loro rottura. Si sentiva abbandonata e cercarlo le sembrava impensabile!
Per questo motivo, e per molti altri, quel giorno Emrys prima di recarsi da Morgana aveva fatto una lunga telefonata…
 




 
*






Morgana mangiucchiava, raggomitolata sul divano, la sua cioccolata. Mordred si era addormentato da qualche minuto e Merlin si era
offerto di lavare i piatti. La ventiduenne non aveva insistito oltre, e lo aveva lasciato fare.
Mentre masticava la sua tavoletta zuccherosa, vide il corvino fare ritorno dalla cucina e sedersi con un tonfo al suo fianco.
«Che eleganza!», lo punzecchiò con un sorrisino beffardo.
Merlin si voltò a guardarla, abbandonandosi con la schiena sui cuscini. «Almeno non sono sporco di cioccolato», fece nota.
Morgana parve paralizzarsi da quella piccola pecca, quasi temesse di avere tutto il viso cosparso di marrone. «Dove?»
Lui ne rise, avvicinandosi. La donna sembrò irrigidirsi, impreparata dalla vicinanza dell’amico che intanto le aveva pulito un angolo della bocca con un dito. Merlin si accorse di quanto fosse tesa, e si ritrasse repentino, abbassando lo sguardo e la voce. «Scusa… Ora è tutto okay».
Lei lo guardò per qualche secondo, seria in volto. Ne seguì con le iridi chiare gli zigomi alti e le labbra piene. «Non mi hai ancora parlato della tua ragazza».
«Perché non esiste».
«Io credo di sì».
«Beh, ti sbagli».
Solo in quel momento, con la coda dell’occhio, Merlin si rese conto che Morgana non si era mossa di una virgola; lo scrutava attentamente, con sguardo sostenuto. Per un istante, si chiese perfino che sapore avesse la sua bocca. Ci aveva fantasticato spesso, molte volte l’aveva anche sognata. A dire il vero, in quell’ultimo anno, i suoi sogni erano diventati molto più penosi: sognava una vita insieme a lei, abitarci sotto lo stesso tetto e cullare lo stesso bambino. Ma lei non gli apparteneva, presto Arthur sarebbe ritornato e se la sarebbe ripresa come giusto che fosse, e lui sarebbe tornato ad essere l’amico speciale a cui chiedere una mano.
Si schiarì la voce, cercando di non guardarla negli occhi. «Non ho ancora trovato quella giusta… Quando avrò prova della sua esistenza, sarai la prima a saperlo».
«Non so se mi piacerebbe saperlo», si sincerò.
Merlin scattò il capo nella sua direzione. I suoi occhi verdi erano così fissi, così fermi da sembrare sinceri.
«Non sono pronta a condividerti con qualcun’altra, e non credo lo sarò mai.» Le parole di Morgana erano sale e zucchero allo stesso tempo.
«Sei tu. Quella ragazza speciale, sei tu! Ho paura di fartelo capire, certe volte con te ho anche il timore di parlare, di toccarti… Sei la cosa più incantevole che abbia mai visto ed io ti voglio, ti desidero, ti amo. Voglio dormire al tuo fianco tutte le notti, sentire il tuo odore sulla mia pelle. Voglio litigare con te, voglio sentirmi le mani che mi prudono e la testa che mi scoppia solo per rivederti dopo un’ora e dimenticare tutto quanto. Io ti amo e tu sei la mia ragazza speciale.» Nella sua mente, glielo disse per davvero quando invece era rimasto senza parole, a fissarla come un emerito cretino.
Morgana nel frattempo si era lasciata ricadere all’indietro, sbuffando. «Mi mancano le serate di un tempo… Sembrano secoli che non faccio cazzate fino alle quattro di notte».
Merlin fece appello a tutte le sue forze, ritornando in sé. Si alzò dal divano, sorridendo come un ebete. «Che stiamo aspettando, allora? Andiamo!»
La donna lo guardò come se fosse pazzo, roteando gli occhi. «Certo, magari Mordred lo lasciamo al canile!»
«Ovvio che no!» obbiettò sconvolto. «Lui resterà qui».
Morgana assottigliò gli occhi a due fessure. «Vuoi farti male, Emrys?»
Il corvino la ignorò, porgendole la mano. «Andiamo», la spronò. «Fidati di me».
Lei lo scrutò per bene, arricciando le labbra. Poi, senza dire nulla, strinse la sua mano calda e affusolata e si lasciò guidare ovunque avesse voluto.
Merlin l’accompagnò nel corridoio, cominciando a parlare: «Questa, cara signorina, è una viuzza del centro», le indicò qualche quadro a caso, fingendo un tono sofista. «Come può vedere, ad ogni angolo c’è un bel paesaggio… Guardi quelli lì ad esempio!» La trascinò accanto al dipinto di una terrazza in vista mare, al tramonto. «Non è incantevole? E pensare che sono già le dieci di sera… Il Sole tramonta proprio tardi da queste parti, vero?»
«Ma cosa diavolo stai facendo?!» gli chiese a fronte aggrottata, più divertita che seccata.
Con la mano libera, il ragazzo fece cenno di silenzio. «Aspetti, mi hanno detto che qui cucinano un hamburger delizioso!» Mano nella mano, le fece strada in cucina dove Morgana lo seguì perplessa e confusa. «Abbiamo già mangiato!»
«Oh…» si finse rammaricato, senza neanche accendere l’interruttore. «Sono andati tutti via…»
La donna scosse il capo. «Tutto questo è ridicolo!»
Merlin si girò. In quell’angolo della casa, con così poca luce, Morgana risplendeva della propria bellezza. Gli sembrò impossibile frenare l’impulso di stringersela a sé. Per contro, aumentò la presa alla sua mano. «Allora lasciami», le sussurrò.
La corvina si morse il labbro, alzando un angolo della bocca in un ghigno provocatorio. «Prima di tutto, torna a darmi del Lei, anzi del Voi: sono una dama dell’Ottocento e, francamente, questo viaggio si sta rivelando inconcludente… Come maggiordomo, sei pessimo. Lascia che ti mostri come si fa.»
Stavolta, fu lei a strattonarlo fino al soggiorno, fermandosi nel centro della stanza. «Siamo fuggiti da un locale deplorevole. Il tuo orologio da taschino si è rotto, per questo pensi siano le dieci della sera.» Merlin la vide perdersi nei suoi occhi, facendosi sempre più vicina. Il cuore, nel petto, stava per esplodere. «Adesso siamo ad una festa di gala, ma tu non sai ballare e siamo al centro della pista…»
Il fiato, a Merlin, parve mancargli mentre osservava le sue labbra rosse. «… Le dame non dovrebbero danzare con i maggiordomi, my lady».
Morgana portò le sue braccia intorno al collo del ragazzo, accostando il proprio viso a quello di lui. «Noi non stiamo danzando…»
Il corvino cercò di non balbettare, ma le sue mani tremavano e la sua voce era sempre più flebile. «Cosa stiamo facendo, allora?»
«Noi…» La donna cercò la sua bocca, fissandola per molto tempo. Merlin era rapito dal suo profumo, stregato dalla sua voce. Era alla sua mercé, completamente.
Morgana chiuse gli occhi, poggiando la testa sul petto dell’amico. Cominciò ad ondeggiare, seguendo una melodia tutta sua, nella sua mente. «Stiamo scappando dal mondo, Merlin».
Emrys ebbe paura che la ragazza potesse udire il frenetico battere del suo cuore, che ne potesse dedurre qualcosa, ma non poté fare a meno di cingerle la vita, muovendo goffamente qualche passo. «Starai al sicuro, con me», le soffiò all’orecchio, facendola rabbrividire.
 
 
 







A serata conclusa, Morgana lo accompagnò alla porta pronta a salutarlo. «Grazie, Merlin.» Il sorriso che ne venne, non assomigliava ad un sorriso di un’amica ad un semplice compagno… Sembrava qualcos’altro. «Saresti stato un padre perfetto».
Perché doveva dirgli quelle cose?
Merlin si sentì morire in un momento. Morgana era lì, incantevole come tutte le cose belle e vera come l’aria e lui sapeva che presto il suo migliore amico se la sarebbe ripresa. Sorrise amaramente, nascondendo il dolore terribile nella trachea. «Ho fatto la giusta esperienza con certi Asini
Stranamente, dopo quell’affermazione, Merlin non la vide turbata né rattristata. Era ancora lì, ferma sulla soglia della porta a sorridergli in quel modo speciale. «La Vigilia passa di qui, vorrei darti il mio regalo e… se lo meriti, vorrei anche parlarti.»
Deve parlarti, Merlin… Lo vuoi capire o no che ti ama anche lei? Muoviti, dille tutto, Fregatene di Arthur, fregatene del resto del mondo e dille “Ti amo!”
Alzò una mano in cenno di saluto. «Passerò.» Le voltò le spalle, avviandosi verso le scale. Da quella sera sarebbe finito tutto. Arthur sarebbe ritornato tra qualche giorno, si sarebbe ripreso ciò che era suo di diritto. Era tutto finito, senza che fosse mai veramente iniziato.
Morgana lo guardò andare via, tenendo lo sguardo fisso su di lui. Aspettò che avesse sceso quattro gradini, prima di richiamarlo. «Merlin!»
Il corvino si bloccò sul posto, voltandosi per un’ultima volta. «Sì?»
Prese un bel respiro, poi allargò gli angoli della bocca come il principio di una premessa solenne, come un qualcosa d’istintivo e naturale, in grado di ripetersi ogni giorno della sua vita. «Sogni d’oro».
Arricciò le labbra in un mezzo sorriso, chinando il capo per andare via da lei. Scese i gradini lentamente, sicuro che lei stesse ancora lì a fissarlo.
Torna indietro, idiota! Torna indietro e dille tutto!
Sentì il portone richiudersi, crepandogli il cuore nel petto. Corse giù dalle scale, uscendo dall’appartamento. La neve non si era ancora sciolta e le sue scarpe sprofondarono nel bianco gelido della notte. Tirò un pugno al muro, incapace di trattenere i singhiozzi e quell’insopportabile nodo alla gola un secondo di più.
Ci restò per un bel po’, con la faccia contro l’intonaco e le lacrime tra le labbra… e la sua Morgana lontana da lui.






Relie's corner
CHIARIMENTI:
- Morgana non ha mai confessato a sua madre e ad Uther di chi fosse il bambino;
- Morgana non abita con i suoi, in quanto ha deciso di essere indipendente.
Se dovessero esserci altre domandine o dubbi, non esitate a chidere!
Alla prossima!

 
   
 
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