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Autore: Chiccagraph    21/09/2015    1 recensioni
Alzò il suo quinto o sesto bicchiere di whisky della serata, lo portò alle labbra e lo assaporò lentamente. Lo sorseggiò, tenendolo in bocca per un po’ prima di inghiottire, per assaporarne tutte le sfumature del suo bouquet. Poteva sentire il percorso dell’alcol nel suo corpo, il bruciore che scendeva giù per la gola, che si irradiava tra i suoi organi, togliendogli il respiro per pochi attimi, per poi lasciargli quel sapore così forte e intenso nella bocca.
Il whisky era diventato uno dei suoi più cari amici.
Beveva per rilassarsi, beveva per dimenticare.
Quella sera non c’era un motivo vero e proprio, aveva solo bisogno di staccare la testa per un po’, mettere in pausa i pensieri, bloccare il cortometraggio che si snodava nella sua mente e riavvolgere il nastro da capo.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Derek Sheperd, Mark Sloan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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Una persona che si trova in uno stato di alterazione delle proprie facoltà mentali per via di un abuso di sostanze alcoliche è cosiddetta ubriaca.
I sintomi comuni possono includere il parlare in modo sconclusionato, la perdita dell'equilibrio, la mancanza di coordinazione, l'eccitazione, l'irritabilità, l'arrossamento di viso e occhi.
Tutto ciò può portare ad una notevole alterazione delle facoltà mentali e fisiche.
Tutto ciò può annebbiare la mente, far perdere la percezione del tempo e dello spazio.


Alzò il suo quinto o sesto bicchiere di whisky della serata, lo portò alle labbra e lo assaporò lentamente. Lo sorseggiò, tenendolo in bocca per un po’ prima di inghiottire, per assaporarne tutte le sfumature del suo bouquet. Poteva sentire il percorso dell’alcol nel suo corpo, il bruciore che scendeva giù per la gola, che si irradiava tra i suoi organi, togliendogli il respiro per pochi attimi per poi lasciargli quel sapore dolciastro, così forte e intenso, nella bocca.
Il whisky era diventato uno dei suoi più cari amici.
Beveva per rilassarsi; beveva per dimenticare.
Quella sera non c’era un motivo vero e proprio, aveva solo bisogno di staccare la testa per un po’, mettere in pausa i pensieri, bloccare il cortometraggio che si snodava nella sua mente e riavvolgere il nastro da capo.
L’alcol gradualmente erodeva via i bordi della disperazione, trasformando il suo dolore acuto in un dolore sordo, chiuso in un angolo del suo cuore, il più lontano possibile dalla mente.
Con un po’ di fortuna avrebbe abbordato qualche bella ragazza con cui passare il resto della serata. Una bella ragazza che avrebbe cancellato il suo dolore, almeno per quella notte.

Diverse ore più tardi e una decina di bicchieri dopo, non era più così tanto sicuro di riuscire ad alzarsi da quel bancone in compagnia della bella bionda che lo guardava dal fondo della sala.
Il suo fegato stava cominciando ad accartocciarsi a causa della grande quantità di whisky consumata e di sicuro non sarebbe stato all’altezza delle aspettative della donna, per questa sera.
La cosa peggiore in assoluto, però, era data dal fatto che nonostante avesse consumato le riserve di whisky di Joe, il suo umore non era migliorato. In realtà, si era sentito peggio, bicchiere dopo bicchiere, ogni sorso gli ricordava quanto ridicolo e patetico fosse il suo tentativo di dimenticare.
Bevve l’ultimo sorso odiando il whisky più di stesso.
Anche lui per questa sera lo aveva tradito.

Spostò il bicchiere in avanti, comunicando con quel gesto muto la necessità di un altro bicchiere.
L’ultimo di quella lunga serata.
Joe lo riempì di nuovo, ormai aveva perso il conto di quante volte aveva ripetuto quell’azione, ma sapeva che l’uomo seduto di fronte a lui aveva un disperato bisogno di dimenticare se stesso e lui di sicuro lo avrebbe aiutato a non ricordare.

La porta si aprì, il campanello situato sul suo stipite segnò l’ingresso di un altro cliente; una ventata di aria gelida accompagnò lo sconosciuto all’interno del locale.
Mark continuò a fissare il suo bicchiere, lo teneva tra le mani ruotandolo lentamente in senso orario, quasi ipnotizzato da quel liquido ambrato al suo interno.
Ormai aveva deciso di prendersi una serata tutta per sé, una serata in completa solitudine.
Lui e il suo bicchiere di whisky.

Il suo umore perse un altro colpo quando vide chi era la persona appena entrata.

«Buona sera, Joe. Il solito per favore, questa sera devo festeggiare».

Quest’ultimo scivolò sullo sgabello senza curarsi delle persone che aveva intorno.
Mark lo guardò di traverso.
Poteva riconoscerlo a un miglio di distanza, per troppo tempo erano stati come e più di due fratelli.
Uno sguardo al suo bicchiere, uno sguardo all’uomo seduto accanto a lui.
Cercò di fare del suo meglio, ma era più ubriaco di quanto credesse, e non era sicuro che sarebbe riuscito a rimanere in silenzio per il resto della serata. Non ora che Derek era seduto accanto a lui.

«Ecco a lei, Dottor Shepherd» disse il barista, «a cosa brinda questa sera?»

«Alla mia nuova splendida vita. Sono felice e contento».

Derek prese il bicchiere di scotch e lo portò alle labbra, assaporando il primo sorso, lasciando scorrere il liquido ambrato sulla lingua.
Era davvero buono, un nettare squisito.
Prese un secondo sorso, godendo del sapore di ogni goccia sul suo palato.
Posò il bicchiere sul bancone sorridendo a Joe.

«Dottor Shepherd, sembra davvero felice questa sera, è stata una bella giornata?» chiese Joe incuriosito.

«Oh sì, puoi ben dirlo. La mia paziente è tornata a parlare, siamo riusciti a rimuovere con successo tutto il tumore che premeva sul suo lobo temporale sinistro. Ci vorrà ancora un po’, ma potrà tornare alla sua vita» fece una pausa spostando il bicchiere di scotch verso di lui, lasciandolo scivolare sul bancone. «E, inoltre, Meredith finirà il suo turno tra 12 minuti esatti e potremmo passare una serata insieme».

Mark sentì un conato di vomito risalire dal suo stomaco nel momento esatto in cui aveva sentito Derek parlare.
Lui e la sua stupida felicità.
Come si poteva essere felici di aver mandato a puttane la tua vita per una specializzanda carina?
Questo Mark non riusciva proprio a capirlo.
Si morse la lingua per non sputare fuori il suo veleno.
Era come una vipera incattivita dai troppi bicchieri di alcol.

«Bene, e dove avete intenzione di andare?» chiese Joe, mentre guardava con la coda dell’occhio l’espressione tesa sul viso del dottor Sloan.

«Ho intenzione di cucinare per lei. Pescherò una trota e cucinerò per lei. Voglio farle capire che può contare su di me, che ci sarò sempre per lei e soprattutto che non abbiamo bisogno di grandi cose per stare bene. Basta essere noi due, insieme».

Mark guardò nel suo whisky cercando di non parlare.
Non riusciva ad elaborare una frase priva di insulti e l’ultima cosa che voleva era creare una rissa nel bar del loro amico.
Maledizione, il veleno gli ribolliva nelle vene.
Non sarebbe riuscito a trattenersi a lungo, questo lo sapeva.

«Ti ricordi il ballo Fiocco Di Neve, organizzato da Sarah Parker?» chiese all’improvviso.

Derek guardò nella sua direzione, scrutando la sua figura per capire cosa intendesse.
Passarono alcuni minuti in cui rimase a fissarlo in silenzio prima che si decise a parlare.

«Mi dispiace, ma non parlo con gli uomini che si sono scopati mia moglie»

Joe, consapevole della tensione nell’aria, si ritirò dall’altra parte del bancone e iniziò ad impilare ordinatamente i bicchieri nella lavastoviglie.

«Fiocco di Neve, estate 1987. Te lo ricordi?» riprese Mark, eludendo la sua risposta.

Derek sapeva che Mark non si sarebbe arreso tanto facilmente.

«Sí, certo che me lo ricordo. E’ dove ho incontrato Addison» rispose in maniera distaccata.

«Giusto. Bravo» disse Mark con voce strascicata. «Abbiamo bevuto champagne quella sera. Le donne erano vestite tutte di bianco e noi uomini in smoking» fece una pausa per riorganizzare i pensieri, dopo tutto quell’alcol non era facile scavare nella memoria e tornare così indietro nel tempo. «Hai ballato con lei, era assolutamente la ragazza più bella della festa. E tu, hai ballato con lei».

Sapeva che stava suonando davvero ubriaco ora, ma non gli importava.

Derek alzò gli occhi al cielo. Era troppo felice per il suo appuntamento con Meredith, e qualsiasi cosa, anche Mark Sloan, non avrebbe rovinato il suo ottimo umore.

«Dovrebbe significare qualcosa tutto questo?» disse annoiato.

«Sí, in realtà sí. Mi stavo chiedendo… quando è esattamente che sei diventato un fottuto bastardo?» chiese Mark portandosi il bicchiere alle labbra.

«Scusami?»

«Perché ho sempre pensato che tu fossi un bravo ragazzo, un bravo medico, un bravo marito, un bravo amico… e allora mi chiedevo, quando sei diventato uno stronzo?» Mark continuò il suo monologo senza curarsi di lui.

«Oh, non lo so... forse è qualcosa che ha a che fare con te che ti sei scopato mia moglie?» Derek sentì un moto di rabbia crescere nel suo petto.

«E ora che mi ci fai pensare: esattamente, quando sei diventato così integerrimo?» rispose alzando il bicchiere a mezz’aria prima di prendere un altro lungo sorso.

«Integerrimo? Lei era mia moglie. Eri il mio migliore amico, che cazzo, eri mio fratello. Sono tornato a casa e ti ho trovato a letto con mia moglie. Nel mio letto, con mia moglie» disse, calcando la voce sull’ultima frase.

Alcune persone all’interno del bar li stavano fissando, la tensione era tangibile nell’aria a tal punto che anche un cieco se ne sarebbe accorto.
Joe continuava a trafficare dall’altro lato del bancone, preoccupato per l’aria che tirava tra i due uomini. Sapeva che non poteva mettersi in mezzo, erano due leoni feriti, doveva lasciarli sbranare a vicenda.

«Qualcuno lo doveva pur fare» rispose con un’alzata di spalle.

Si alzarono entrambi dalle loro sedie.
Ora erano uno di fronte all’altro.
Si guardarono negli occhi, iniziando la loro lotta silenziosa.
Ci sarebbe stato un solo vincitore quella sera, questo lo sapevano entrambi.

«Che diavolo significa?»

«Sai bene cosa significa, Derek. Non sei mai stato lì. Mai. Non avevi neanche più la premura di chiamare per avvertire che non saresti tornato. Cristo santo, come hai fatto ad essere così ottuso? Come hai potuto farle passare quell’inferno senza nemmeno rendertene conto?»

«Sai, a differenza tua, ero occupato a salvare vite umane».

«Non fare l’eroe del cazzo. Non puoi essere orgoglioso di aver salvato delle vite quando hai distrutto la tua».

«Questo suona abbastanza melodrammatico. Persino per te, Mark».

«Oh, così sei felice adesso, vero? Sarei un ipocrita se ti dicessi che sono contento per te. Tu non meriti di essere felice. No, non te lo meriti. Forse non ti importa di aver distrutto la tua vita, ma di sicuro a me importa che hai fatto a pezzi quella mia e di Addison».

«Mi stai dicendo che dovrei provare pena per te, dopo quello che mi hai fatto? Seriamente, Mark? Perché temo che ne rimarrai deluso».

In una frazione di secondo Mark sentì tutta la rabbia fluire in superficie, come se qualcuno avesse tolto un tappo. La follia gli accecava la vista, e non era solo per Derek, per Addison o per la sua vita miserabile. Era triste, deluso e triste.
Come era possibile che il suo amico fosse così cieco?
Come era possibile che l’uomo che credeva il migliore del mondo fosse improvvisamente diventato un vigliacco?

Scosse la testa e fece un passo indietro.

«La storia è scritta dai vincitori, Derek» disse piano.

«E con questo cosa vorresti dire?» abbassò la voce allo stesso livello di Mark, ma la sua rimase tagliente.

Aveva il coltello dalla parte del manico e finalmente aveva l’occasione per trafiggerlo da parte a parte.

«Il ballo Fiocco di Neve. La tua notte incredibile con la ragazza dei tuoi sogni. L'estate del 1987... tutto quello che ne è seguito. La tua storia, la vostra storia. Lo avevi già pianificato o lo hai capito nel momento in cui l’hai vista scendere da quelle scale? È stato prima o dopo che te l’ho presentata che hai sentito il diritto di portarmela via?»

Derek rimase senza parole per un momento. Nella penombra del bar, anche se non poteva dirlo con certezza, gli sembrò che ci fossero delle lacrime negli occhi di Mark. Improvvisamente si rese conto che lui sapeva già quello che gli stava dicendo l’amico. Questo lo sorprese e per la prima volta, dopo ben quattordici anni, ripensò a quella sera.
Lui davvero non aveva mai pensato che questo significasse qualcosa per lui. Non aveva mai pensato che Mark era rimasto lì, incastrato tra il presente e il passato, incapace di uscire e voltare pagina.
Slegò i ricordi nella sua mente, cercando un indizio a cui appendersi per capire le parole di Mark.
Lo trovò, ma con quello venne in superficie molto altro ancora.
Un lampo nella memoria lo costrinse a rivivere l’immagine di una notte di tempesta, la pioggia sferzava ininterrottamente contro la finestra, un silenzio assordante lo aveva accompagnato per tutto il viaggio fino a giungere davanti casa. .
Era da tanto tempo che aveva smesso di considerarla la sua casa, ormai si sentiva presso più che un estraneo tra quelle mura.
Camminava in trance, salendo i gradini per giungere alla sua camera da letto.
Si ricordò del momento esatto in cui aprì la porta e un lampo illuminò la stanza, la luce si infranse sulle cosce pallide di Addison, avvolte intorno alla vita di Mark.
Non poteva dimenticare il dolore che sentì in quel momento, era passato troppo poco tempo, la ferita era ancora troppo fresca.
Era stata come una stilettata nello sterno.

Qualsiasi guizzo di affetto morì nel momento esatto in cui rivide nella mente le mani del suo migliore amico sul corpo nudo di sua moglie.

«È perché l’hai vista per primo?» sbottò, «mi stai prendendo in giro? Questo è la cosa più patetica che io abbia mai sentito»

Le sue parole erano veleno liquido.

«Tu mi stai dicendo, perché è proprio questo che mi stai dicendo, che tu avevi il diritto di averla perché l’hai vista prima di me? Quanto tempo esattamente prima, parliamo di minuti o di secondi? Magari anche di ore, chi può dirlo. E dimmi, perché ora sono curioso: è su questo che basi la durata dei tuoi rapporti, in base a quanto tempo “prima” conosci una persona? Mi dispiace dirtelo, ma deve essere stata una nottata deludente».

Era vero, però. Addison aveva un appuntamento con Mark quella sera. Era la sua ragazza della festa. Ricordava che pochi giorni prima del ballo si era ritrovato con Mark al solito pub per bere una birra. Era davvero strano quella sera il suo amico, più euforico del solito, nonostante la mancanza di donne all’orizzonte. Non era decisamente da Mark essere così felice senza una nottata da urlo programmata per la serata.
Si erano messi a parlare e dopo poco tempo aveva subito capito il motivo del suo repentino cambio di umore. Aveva conosciuto una donna, a detta del suo amico, non una donna qualunque, ma LA donna.
Se ci pensava un attimo poteva ancora ricordarsi il loro scambio di battute.


«Non ti puoi immaginare, Derek. Lei è, lei è… incredibile. Ha degli occhi da cerbiatta e dei capelli di velluto, per non parlare delle gambe. Dio mio, sono infinite, te lo giuro».

«E dove hai conosciuto questa donna così incredibile?»

«Al golf-club».

«No, aspetta.. cosa diavolo ci facevi tu al club di golf?»

«Ecco, ero lì per Samantha, la moretta tutte tette e poco cervello. Quella che fa la cameriera alla tavola calda in fondo alla strada. Vabbè, non è questo il punto» disse, soppesando le parole. «Ero lì al bancone aspettando che si liberasse per una sveltina e improvvisamente mi compare lei: un angelo. Mi guarda con quegli occhi di ghiaccio e si siede accanto a me».

«Mmmmh, ok. Arriva al sodo».

«Ci siamo messi a parlare un po’ e ho capito che doveva essere lei».

«Lei, nel senso che ti sei fatto lei invece che Sasha?»

«Samantha.» puntualizzò. «E comunque no, non me la sono fatta. Lei è così bella…» rispose con aria trasognata.

«Bella? Hai davvero detto BELLA? Cristo santo, Mark. Sai che è la prima volta che ti sento dire una cosa del genere di una donna?» Derek allungò il braccio e fece segno al barista di portare altre due birre prima di riprendere a parlare.

«Ti piace questa ragazza?»

«No. Sì. Cioè, certo che no. Io sono Mark Sloan, ti pare che mi rammollo per una semplice ragazza?» disse, più per convincere se stesso che il suo amico che lo guardò con fare scettico.

«Ecco, forse potrebbe interessarmi. Interessarmi davvero. Lei è così diversa dalle altre. È ambiziosa, bella, intelligente. Vuole essere un medico, un chirurgo. È così diversa da tutti quegli idioti impomatati figli di papà che puntano a vivere di rendita per il resto della loro vita».

Derek prese la sua birra e ne passò un'altra al suo amico.

«Bene, non vedo l’ora di conoscere la ragazza che tiene stretto in pugno il grande Mark Sloan».

«Penso che potrei innamorarmi, Derek. Lo potrei fare davvero» disse convinto, prendendo la sua birra e bevendone una lunga sorsata.


Il senso di colpa, che aveva represso quando era andato nella camera d’albergo di Addison e aveva visto Mark uscire dalla doccia, iniziò ad inondarlo di nuovo.
Improvvisamente si vergognò di se stesso.
Aveva tutte le ragioni per essere arrabbiato con Mark ed Addison, loro lo avevano tradito, lo avevano deluso… ma chi aveva tradito prima l’altro?
Lui sapeva che era lei quella ragazza, lui sapeva che il suo amico gli aveva detto di essere disposto a cambiare per una come lei, perché quando incontri una così, smetti di cercare per il resto della tua vita.
Questo però non lo aveva fermato.
Lui non gli aveva creduto, un donnaiolo rimarrà sempre un donnaiolo, continuava a ripetersi come un mantra, e sicuro della sua tesi si era portato via quello che il suo amico desiderava più di se stesso.
Era davvero lui l’origine di tutto?
Quella notte aveva segnato l’inizio della loro fine?

«Io l’amavo, Derek. So che non mi credi, ma l’amavo davvero… anche se adesso non conta più cosa provavo o cosa provo.».

Derek realizzò per la prima volta che Mark, il suo migliore amico, aveva sofferto a causa sua.
Aveva accettato di vivere all’angolo, guardando la loro felicità di riflesso, sperando che un giorno sarebbe toccato anche a lui.
Poteva biasimarlo per questo?
Poteva davvero sentirsi migliore di lui quando per primo lo aveva ingannato?

«Se davvero l’amavi così tanto» disse aspramente, «allora perché ti sei scopato ogni pezzo di carne che ti è passato davanti? Io l’avevo lasciata, era finalmente tua. L’hai avuta, tu avevi vinto Mark, era finalmente tua e l’hai gettata via. Hai sprecato la tua occasione, ti sei bruciato con le tue stesse mani».

«Buttato via tutto? Cristo, ma allora sei stupido, Derek? Pensi davvero che se Addison fosse stata veramente mia avrei gettato tutto a puttane per una fighetta insignificante?»

La rabbia e la passione nella voce di Mark ammutolirono Derek. Le parole gli morirono in gola alla vista dell’amico in quelle condizioni.
Lo conosceva da una vita, ormai non potevano più tenere il conto del tempo che avevano passato insieme.
Erano Derek e Mark, gli inseparabili.
Avevano fatto tutto insieme, non c’era una cosa che uno non sapeva dell'altro. La loro era un amicizia con la A maiuscola.
O almeno lo era stata.
E proprio perché lo conosceva così bene, sapeva che in questo preciso istante non stava mentendo.
Mark stava soffrendo e lui era stato in parte causa del suo dolore.
Il suo cieco egoismo lo aveva ferito e non c’era nulla che Derek potesse fare per alleggerire il peso che sentiva sulla coscienza.
Nulla.

«Io non lo avrei mai fatto, non lo avrei mai fatto. Io non avrei mai voluto allontanarla da me» disse Mark quasi in un sussurro.

«Allora perché?»

«Lei aveva bisogno di andare via».

«Non capisco, cosa significa?»

«Dovevo lasciarla andare, Derek. Quando ami così intensamente qualcuno l’unica cosa che vuoi è vederla felice. Io ho dovuto farlo. Lei era completamente persa senza di te. Continuava a fingere di stare bene, continuava a illudersi che prima o poi sarebbe riuscita ad andare avanti, ma lei era nulla senza di te. Quando te ne sei andato l’hai rotta a metà, e non c’era nulla che io potessi fare per ricongiungere i pezzi. Vederla vivere una vita a metà con me, era peggio che vederla felice al tuo fianco».

Derek rimase imbambolato a fissare il suo amico senza sapere cosa dire.

«Lei non è riuscita ad andare avanti, non ci riusciva Derek e più passava il tempo, più la luce che brillava nei suoi occhi si affievoliva. Lei mi voleva bene, ma non mi amava. Non mi ha mai amato come amava te».

Derek non aveva il coraggio di alzare lo sguardo e incontrare gli occhi di Mark.
Continuava a registrare le sue parole, a mettere insieme i suoni, per riempire il caos che aveva dentro.
Sentì le prime lacrime fare capolino sulla rete delle ciglia.

«Io non lo sapevo» riuscì a borbottare continuando a fissare il bicchiere ormai vuoto davanti a se.

«Lo so che non l’hai mai saputo. Io te lo volevo dire, ma tu non mi avresti ascoltato».

«Io…» iniziò a dire Derek.

Basta, per quella sera era abbastanza.
Mark ormai aveva smesso di lottare. La battaglia si era conclusa e lui sapeva che in questo round ne era uscito vincitore, la consapevolezza di ciò la leggeva nello sguardo colpito di Derek, lo sguardo di una persona che aveva finalmente capito i propri errori.
Finalmente aveva smesso di puntare il dito contro tutto e tutti, finalmente si era preso le sue responsabilità.
Aveva vinto, ma a cosa serviva ormai, quando aveva perso tutto quello per cui valeva la pena lottare?
Scaricò l’ultimo sorso di whisky rimasto sul fondo del bicchiere, afferrò la giacca dalla spalliera della sedia e se la mise sulle spalle.

«Va bene cosi, Derek. Ormai, va bene così. Ho solo un ultimo favore da chiederti... La prossima volta che verrai qui a gongolare delle tue fantastiche serate con la dottoressa Grey assicurati che non ci sia né io né Addison nelle vicinanze, cerca di tenere la tua felicità solo per te».

Tirò fuori delle banconote dalla sua giacca e saldò il conto per quella sera.
Iniziò ad incamminarsi verso la porta ma si fermò dopo pochi passi.

«Cerca solo di non farla soffrire ancora, cerca solo di non farle vedere quanto l’averla distrutta ti rende felice… quando la prossima volta ti avvicinerai a Grey per ripeterle quanto la sua sola presenza ti rende felice, assicurati che lei non sia nei paraggi. Ricordati il ballo del Fiocco di Neve, ricordati solo questo, amico mio».

Riprese a camminare senza più voltarsi lasciando alle sue spalle il suo miglior nemico.

Bisogna vivere al limite le proprie emozioni, poichè non basta provare emozioni ma bisogna viverle alla grande, così alla grande che sei obbligato a scorrerle con il rewind per capirci qualcosa.
Mark sapeva che le aveva vissute.
Solo nella sua camera d’albergo poteva finalmente premere quel tasto, far scorrere nuovamente il nastro che anche per quella sera aveva dovuto mettere in pausa, e ripartire con il suo film preferito.
Finalmente solo, al buio della sua camera, poteva premere il play dei suoi ricordi e rivivere, anche se solo per una notte, tutte le emozioni della sua vita con lei.

Anche quella sera era ubriaco di lei e della sua assenza.





Nota dell’autrice

Eccomi qui!!!
Sono tornata ancora una volta. Non so se le mie notti insonni davanti al computer siano un bene o un male... sicuramente male per me che mi sveglio stralunata la mattina dopo.
Non so come sia possibile, ma quando penso a Grey's Anatomy la mia testa inizia a riempirsi di pensieri e non faccio in tempo a portare a termine quello che ho iniziato, che devo prendere nota su quello che scriverò.
Sarà la magia di Grey's che mi ha rimbambita del tutto! XD
Un'altra pagina di word mi attende, meglio non farla aspettare troppo.
Come al solito ringrazio tutti quelli che passeranno di qui e leggeranno la mia storia e chi troverà il tempo per farmi sapere cosa ne pensa.
Un abbraccio, a presto!

   
 
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