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Autore: Kim WinterNight    22/09/2015    3 recensioni
[MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
[Sequel di 'If I'll be Yours'.]
Per chi ha letto la storia precedente, ho una piccola nota da fare: ci eravamo lasciati con Ambra e Diego che partivano per la Germania.
In questa nuova storia ci sarà una piccola sorpresa, ovverò sarà raccontata dal punto di vista di Sonia, la sorella minore di Diego.
Vorrei esporre le vicende future dai suoi occhi e farvi conoscere un po' meglio il suo mondo.
Credo sarà più semplice subentrare nella storia per i nuovi lettori, che potranno appunto leggere questo proseguo senza necessariamente subire tutti gli infiniti capitoli dell'altro racconto :D
Spero che questa mia decisione non vi deluda e che possa piacervi.
E non preoccupatevi: non mi dimenticherò di parlare di Ambra e Diego, potete starne certi! ♥
Le recensioni, comunque, sono sempre gradite, almeno potrò capire se questa è una schifezza o se vale la pena di portarla avanti. Ci tengo molto al parere altrui, perciò sbizzarritevi pure con i commenti!
NOTA: chi ha già letto l'altra storia lo sa, però lo ripeto: ogni capitolo prenderà il titolo da una canzone rock/metal di cui inserirò il link per poter ascoltare il brano durante la lettura.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'If I'll be...'
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Capitolo due: Travellin' Senses









Mi sedetti ad aspettare, in fibrillazione.

Sapevo che sarebbero arrivati presto, però ero molto impaziente. Il viaggio in aereo mi aveva scombussolato, desideravo soltanto vedere Francesco e assicurarmi che tra noi non fosse cambiato nulla, avevo l'impellente necessità di un po' di certezze. Tutto qui.

Chiedevo troppo?

E Ambra... quanto mi mancava Ambra!

Avevamo trascorso dei bellissimi momenti insieme ed ero felice che mio fratello si fosse innamorato di una ragazza come lei.

Li aspettavo nella sala d'attesa dell'aeroporto e non ne potevo più. Tutti parlavano in tedesco, io non ci capivo niente ma ero elettrizzata all'idea che, il giorno che fossi ripartita, avrei di sicuro portato con me qualche nozione di quella lingua complicata ma affascinante.

Quando notai la figura familiare di Francesco avanzare verso di me, balzai dalla sedia di ferro battuto e mi precipitai nella sua direzione e mi gettai letteralmente tra le sue braccia, stringendolo forte e sentendo subito il suo delizioso odore. Solo allora mi accorsi di quanto mi fosse mancato fino a quel momento, la sua presenza riusciva a rendermi tranquilla.

Le sue braccia mi strinsero forte, mentre io scoppiavo a piangere per la gioia di averlo nuovamente con me.

«Sonny... ehi, fatti guardare» disse, scostandomi da sé e scrutandomi in viso.

Lui non era cambiato affatto. Era bellissimo, con i capelli arruffati e i lineamenti marcati del viso, gli occhi scuri e profondi fissi nei miei e il sorriso più bello che avessi mai visto.

«Sei sempre più bella» commentò, poi mi strizzò l'occhio e si accostò a me per baciarmi sulla guancia.

Imbarazzata, mi affrettai a domandare: «Gli altri dove sono?».

«In macchina. Mi hanno spedito a prenderti, dicendo che ti avrebbe fatto piacere» spiegò Francesco, adoperandosi per afferrare la mia grande valigia.

Non mi opposi, ero stanca e avevo già il trolley da trascinarmi dietro. Mi pareva già abbastanza per i miei standard del momento.

«Fra, certo che mi fa piacere. Sono contenta di essere arrivata, sono stanca ma contenta. E anche Ambra mi manca tanto...» farneticai, seguendolo mentre si dirigeva all'uscita.

«Diego no?»

«No, il barbone non mi manca mai!»

Francesco mi lanciò un altro sguardo divertito con tanto di occhiolino integrato. Se continuava di questo passo, sarei stata costretta ad impormi di controllare le mie reazioni. Mi era mancato davvero troppo, per noi non c'era stato abbastanza tempo, non avevamo avuto tante occasioni per stare un po' insieme e il fatto che comunque ci fossimo baciati in passato, forse significava che tra noi c'era qualcosa di speciale. O forse mi stavo semplicemente illudendo troppo.

Decisi di non pensarci e continuai a parlare con Francesco di come fosse andato il viaggio, finché non raggiungemmo la sua macchina, dove trovammo Ambra e Diego ad attenderci. Erano stretti in un abbraccio, ma non appena Ambra mi vide, si divincolo dalla stretta di mio fratello e mi stritolò in un abbraccio bellissimo.

«Sonny, quanto mi sei mancata! Ancora non ci credo che sei qui con noi, vorrei non te ne andassi più!»

Ricambiai il suo gesto e in quel momento scoppiai a piangere, sfogando così tutte le emozioni che provavo. Il fatto che quella sistemazione fosse semplicemente temporanea mi dava una sensazione di profonda tristezza, stavo già immaginando il giorno in cui saremmo stati in quello stesso luogo e io avrei dovuto nuovamente salutare tutti loro, per poi tornare alla mia vita monotona e senza emozioni.

Sì, avevo le mie amiche, però Francesco era in Germania, Ambra e mio fratello erano con lui, tutte le persone più importanti se n'erano andate e io non le avrei potute raggiungere definitivamente finché non si fossero conclusi i miei studi.

Ero davvero giù di morale e Ambra se ne accorse subito.

«Che succede? Non sei felice di essere qui?» mi domandò, stringendomi la mano.

«Sì che lo sono, ma penso già a quando me ne andrò e....»

Francesco mi avvolse le spalle con un braccio, facendomi sobbalzare.

«Scema, non pensare al futuro. Sei arrivata da cinque minuti e già ti deprimi?»

Sorridendo, gli circondai la vita a mia volta.

«Hai ragione, sì, devo smetterla!» concordai.

Notai che Diego e Ambra si scambiavano una furtiva occhiata complice e rafforzai la stretta su Francesco. Volevo sentirlo accanto a me, non ne potevo davvero più di fingere che non avessi bisogno di un contatto con lui.

Ancora non ero certa che lui volesse lo stesso, soprattutto non sapevo se tra noi ci potesse essere qualcosa di importante o se per lui fosse soltanto un'occasione di divertimento, un'avventura estiva con la sorellina del suo amico e niente più.

Ma in quell'esatto istante non me ne fregava niente, tutti i pensieri negativi erano stati spazzati via dalla sua vicinanza. Come sempre, era riuscito nell'intento di tranquillizzarmi.


«Sai, Abby... Francesco mi piace davvero tanto» bisbigliai, per poi scoppiare a ridere.

Io e Ambra eravamo sdraiate sul letto matrimoniale che torreggiava in camera mia. La loro era proprio una bella casa, c'erano tre stanze matrimoniali, un bagno grande e luminoso, un salottino molto accogliente e una bella cucina moderna e attrezzata. L'avevano presa in affitto ad un prezzo molto conveniente, sicuramente in Sicilia non avrebbero mai avuto una simile fortuna.

«Sei sempre la solita, mi fai ridere!»

«Oh, sì, lo so! E lo vorrei proprio qui su questo lettone...»

«Ehi! Giù le mani, io non sono Francesco, sono già impegnata e non sono lesbica!» esclamò la mia amica, mentre allungavo una mano per accarezzarle un braccio. Ridendo, mi rotolai sul materasso e finii supina ai piedi del letto.

«Cretina! Lo vorrei davvero!» protestai.

«Te lo chiamo?»

«No!»

E scoppiai nuovamente a ridere.

Ad un tratto sentii bussare alla porta e mi misi a sedere.

«Posso rompere le scatole?» domandò una voce a me piacevolmente familiare.

«Francesco, vai via, questa è una riunione tra donne!» gridò Ambra, mollandomi una cuscinata che mi buttò nuovamente con la schiena contro il materasso.

«Ah, scusate, eh!»

«Ehi, non è vero!» farfugliai. Saltai addosso alla mia amica e le mollai qualche leggero pugno sulle braccia, mentre lei si dimenava.

«Ma che riunione è? Chissà che state combinando voi due...»

«No, niente! Entra pure, non ascoltare le cazzate di Abby!» conclusi, saltando giù dal letto e cercando di darmi una sistemata. Quella lotta mi aveva scompigliato e sembravo una pazza, con i capelli arruffati e i vestiti spiegazzati.

Quando Francesco aprì la porta, ci mancò poco che mi mancasse il fiato. Indossava una t-shirt grigia e un paio di bermuda sbiaditi, i capelli erano un po' spettinati e gli incorniciavano il viso in maniera buffa, ma che a me dava più l'impressione di essere irrimediabilmente sexy.

«Mi rimarranno i lividi per una settimana per colpa tua...» borbottò Ambra, esaminandosi teatralmente le braccia.

«Così impari!»

«Su, ragazze, perché litigate?» domandò Francesco, un po' preoccupato.

Io e la mia amica ci scambiammo un'occhiata, poi scoppiammo a ridere come due matte.

Ambra scese dal letto e venne ad abbracciarmi, poi esclamò: «Vado a cercare il mio uomo, vi saluto!».

«Il mio uomo...» ripetei, schifata.

Lei ridacchiò e lasciò la stanza saltellando.

Da quando si era trasferita in Germania, Ambra era diventata molto più allegra e fuori di testa, si notava che era felice lì, insieme a mio fratello.

Mi ricordai di botto che io e Francesco eravamo soli quando la porta si richiuse alle spalle della mia amica.

Guardai il ragazzo di sfuggita, poi andai a sedermi sul letto e incrociai le gambe, sorridendo.

«Che c'è? Sono buffo?» chiese lui, facendo qualche passo verso di me.

Il cuore prese a martellarmi prepotentemente nel petto, ma cercai di non dargli troppo ascolto, altrimenti non sarei stata in grado di controllare me stessa e le emozioni avrebbero finito per sopraffarmi.

«Quello sempre. Ma non è per questo che sorrido.»

«E per cosa?»

Prima di rispondere, battei una mano sul materasso, invitandolo a sedersi accanto a me. Lui obbedì, ma si gettò pesantemente sul materasso e finì sdraiato con lo sguardo puntato verso il soffitto.

«Ambra mi mette di buonumore. Sembra proprio felice qui con voi. Tu che ne pensi?»

«Sì, siamo tutti molto contenti di essere qui, in effetti le cose vanno molto bene» concordò, stiracchiandosi un po'. Allungò casualmente un braccio e mi sfiorò la coscia.

Mi immobilizzai, irrigidendomi un po'.

Francesco parve non accorgersene e proseguì: «Però ci dispiace che anche tu non possa vivere qui con noi. Sei ancora una bambina, Sonia».

Sbattei più volte le palpebre, perplessa. Quelle parole mi avevano colpito e non sapevo se in senso negativo o positivo. Le aveva dette in un modo strano, non sembravano piene di cattiveria o superiorità, piuttosto... c'era affetto in loro, come un sentimento di amore fraterno.

La cosa avrebbe dovuto farmi piacere, invece mi disturbò in maniera non indifferente. Avevo già un fratello, non mi interessava che Francesco tentasse di fare lo stesso o mi considerasse in quel modo. Quella consapevolezza mi ferì e mi scosse nel profondo, così piombai automaticamente nel silenzio più assoluto, evitando accuratamente di rivolgergli un solo sguardo.

Lo sentii muoversi sul materasso, poi avvertii chiaramente la sua mano posarsi sulla mia coscia per poi strizzarla leggermente, come se volesse attirare la mia attenzione.

Voltai il capo nella sua direzione e lo trovai sdraiato su un fianco che mi osservava con fare pensieroso.

«Non te la prendere, Sonny» disse infine.

«Figurati...»

«Su, un po' ho imparato a conoscerti, quell'espressione non mi inganna» affermò, carezzandomi leggermente la gamba.

«Quale espressione?»

Ormai ero sulla difensiva, tutta quella situazione mi stava mettendo nettamente a disagio.

A quel punto Francesco ridacchiò, poi mi afferrò per il polso e mi trascinò verso sé, facendo sì che anch'io finissi sdraiata bocconi al suo fianco.

«Ehi...» farfugliai.

«Smettila di mettermi il broncio, mmh? Sì, sei proprio una bambina» ripeté, avvolgendomi in un abbraccio.

Mi si mozzò il fiato e faticai a respirare regolarmente, non mi aspettavo un tale slancio da parte sua. Il fatto di trovarmi su un letto matrimoniale insieme a lui non era per la mia libido un fattore trascurabile, infatti il mio corpo parlava per me e involontariamente si spalmò su quello di Francesco, facendogli sicuramente intendere cosa stavo provando in quel momento. Non avevo la certezza che ci fosse qualcosa di male, perché comunque quando eravamo ancora in Sicilia eravamo usciti insieme e ci eravamo baciati.

Già, quei baci... li ricordavo con trasporto e in quel momento li desiderai ancora, l'attrazione verso Francesco non era cambiata. Ma non potevo sapere se da parte sua le cose erano rimaste invariate, il suo poteva anche essere un semplice abbraccio amichevole o, peggio, fraterno.

«Sei la mia bambina» sussurrò al mio orecchio, stringendomi più forte.

Boccheggiai alla ricerca di una risposta convincente, ma cosa mai potevo dirgli? Quella dichiarazione mi lasciò completamente spiazzata, non riuscivo ad interpretarla e a trovarle un senso logico nella mia mente piuttosto confusa.

«Sonny... va tutto bene?»

Francesco mi scostò da sé in modo da scrutarmi con attenzione.

In quel momento mi resi conto che stavo ansimando e me ne vergognai immensamente, avvampando violentemente. Mi ritrassi da quel contatto e mi raggomitolai su me stessa, serrando gli occhi nel vano tentativo di sottrarmi dal suo sguardo e dal suo esame accurato nei miei confronti.

Per lui ero appena stata un libro aperto, gli avevo fatto capire esattamente cosa stavo desiderando e non avrei mai dovuto farlo. Mi sentivo a disagio, tra noi le cose erano veramente complicate o forse ero io a vederle da un'angolazione completamente diversa e distorta.

«Che fai? Vieni qui, Sonny» mormorò lui, allungando una mano per accarezzarmi i capelli.

«No.»

La mia risposta arrivò sicura e ferma, come mai mi sarei aspettata potesse accadere. Riaprii gli occhi e lo fissai, senza più tradire alcuna emozione. Erano bastati pochi secondi per tornare nella mia corazza, nel mio guscio. Quel chiudermi a riccio in maniera fisica mi aveva catapultato nuovamente nel mio angolino protetto dagli attacchi esterni. E dall'effetto che Francesco aveva su di me. Ora non lo poteva più fare.

In quel momento ripensai a come tutto si era svolto tra di noi, al fatto che ci fossimo baciati, che fossimo usciti insieme e che poi lui aveva voluto lasciare tutto in sospeso perché sarebbe partito in Germania di lì a poco.

E ora? Voleva riavvicinarsi a me come se niente fosse? Ero attratta da quel ragazzo, ma non ero stupida né tanto meno ingenua al punto da credere che per noi ci sarebbe stato un futuro.

Gli voltai le spalle e smisi di badare a lui, alla sua presenza e a ciò che poteva pensare o volere da me.

Rimanemmo in silenzio, poi lui se ne andò e mi lasciò sola.

Sola a pensare, sola a riflettere e a cercare un senso a tutte le cose che erano successe.

Senza riuscire a sfogarmi.

  
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