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Autore: Midori No Esupuri    23/09/2015    0 recensioni
[WARNING: MYTHEA
Mycroft non mostra mai le sue emozioni. Lui è l'uomo di ghiaccio. Ma quando suo fratello viene ricoverato per l'ennesima volta per disintossicarsi, la sua maschera crolla. Ma con lui, c'è solo Andrea...
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Dal testo:
-Spero tu comprenda che il tuo comportamento potrebbe essere inopportuno.- disse, sedendosi sulla poltrona e attendendo che la donna le portasse il tea.
-E spero che lei si renda conto che, ogni tanto, fa bene lasciare che qualcuno si prenda cura di lei. Sono la sua PA, lo sa.
-Mi affianchi nel lavoro, che altro dovresti fare?
Anthea irrigidì appena la mascella, versando l'acqua calda nella teiera con l'infuso in polvere.
-Tutto quello che è necessario, Sir.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthea, Mycroft Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come un castello di carte 

Una donna non dovrebbe mai sminuire la sua beltà, Anthea lo sapeva bene, ma a differenza di molte altre persone amava essere femminile, curata, con i capelli sempre in ordine e un velo di costoso Chanel sotto il collo. Che quel profumo fosse uno dei tanti regali di cui Mycroft Holmes era il silenzioso autore, che ovviamente negava sempre, era solamente un caso. Anthea non negava di averlo trovato spaventoso, inquietante persino, la prima volta che lo aveva visto, ma lavorando a strettissimo contatto con lui aveva scoperto molto sul suo conto. Essere una donna comportava una certa sensibilità, un'empatia naturale, se quell'uomo tendeva sempre ad essere una maschera di ghiaccio ed indifferenza, Anthea sapeva perfettamente che qualcosa non andava in lui. Ormai poteva capirlo persino da come camminava al mattino, da un secondo di ritardo in una risposta, da un minimo dettaglio come il dimenticarsi di aggiungere il latte nel tea alla vaniglia. Non c'era modo di ingannarla, ma al tempo stesso non si permetteva di invadere gli spazi del suo capo per chiedergli quali preoccupazioni invadessero la sua geniale mente. Teneva sotto controllo i suoi impegni, la sua agenda e tutti gli appuntamenti lavorativi o meno, compresi quelli con un dentista strapagato. Gestiva le sue telefonate, controllava Sherlock per assicurarsi che non gli accadesse nulla, ma nonostante facesse tutto questo non riusciva e non le era permesso cercare di gestire il cuore di quell'uomo con una solitudine soffocante quanto i suoi stessi impegni. Era triste, perché tra l'apprezzarlo e il proteggerlo, la donna aveva sentito mutare la gratitudine per avere un lavoro finalmente onesto in un vero e proprio sentimento di amore, lento ma non per questo meno sincero. E Mycroft, tra le pareti del proprio palazzo mentale affollato di informazioni e logiche, non era mai arrivato a comprendere nulla. Non sapeva dire se fosse esattamente un bene o meno, Anthea, ma svolgeva il suo lavoro con dedizione ogni giorno più intensa, anche se non sarebbe mai incorsa in un 'ottimo lavoro' o in una qualsiasi altra spinta motivazionale da parte del suo capo, si accontentava solamente di vederlo e stare al suo fianco ovunque andasse, o dei messaggi scambiati durante la notte perché lui non riusciva a dormire. Scioccamente, erano quelli i momenti in cui Mycroft Holmes le permetteva delicatamente di penetrare nello spesso muro di ghiaccio che si era costruito attorno: la notte soffriva di insonnia, parlava più volentieri e anzi, tendeva a scriverle lunghi messaggi in cui rivelava un paio di preoccupazioni, e ad Anthea spettava il delicatissimo compito di calmarlo finché non si addormentava. Naturalmente era impossibile che la questione si riproponesse il giorno dopo in ufficio.
Non si aspettava nulla di diverso da Mycroft, così confinato in se stesso e nella sua logica, ma non poteva nemmeno negare di attendere la notte in un certo senso con più ansia, visto che riceveva la preziosa occasione di prendersi cura del suo capo in maniera più intima, femminile, dolce. Così come avrebbe desiderato fare costantemente, e non solo in qualità di assistente personale. Sospirò, allungando le gambe perfette sotto la scrivania per rilassarsi appena, continuando a scrivere un verbale dell'ultima missione della ventiduesima squadra dell'MI6 che aveva sabotato uno scambio illegale di armi da fuoco in una minuscola accozzaglia di case in Perù, armi dirette a Londra e, precisamente, contro la Regina.
Venne distratta dalla vibrazione del cellulare, abbandonato sopra la scrivania vicino all'elegante computer grigio, e allungò la mano per leggere l'ultimo messaggio arrivato. Nulla di buono, per niente: Sherlock Holmes era nu
ovamente stato rinvenuto in un vicolo della città, quasi privo di sensi a causa della cocaina.
Si alzò, veloce, e andò subito a bussare alla porta dell'ufficio poco distante, il problema sarebbe stato dirlo a Mycroft. Non lasciava trapelare niente, mai, ma Anthea non era così ingenua. Rabbia, frustrazione, forse anche paura avrebbero assalito quel cuore di ghiaccio, e lei sarebbe rimasta silente al fianco dell'uomo che amava senza poter... 
-Spero sia una cosa rapida, Andrea. Ed importante. 
Mycroft non aveva alzato gli occhi dal computer, ma non ne aveva bisogno. Il ticchettare delle Jimmy Choo dal tacco alto dodici centimetri era un indizio ampiamente sufficiente per capire chi stesse per entrare nel suo ufficio. 
-Si tratta di suo fratello, Sir. 
Anthea riuscì a scorgere emozioni diverse nello sguardo rapido di Mycroft verso di lei: panico, paura, rassegnazione. Impotenza. Ma fu solo qualche attimo, perché Mycroft abbandonò qualsiasi cosa stesse facendo e si infilò il cappotto, prendendo il proprio immancabile ombrello e facendosi scortare da lei verso l'auto nera in attesa fuori dal Diogene's.
Per tutto il viaggio rimasero in silenzio, Anthea col cellulare alla mano e Mycroft chiuso in se stesso, con chissà quale pensieri, che la donna tentava invano di decifrare. Minuti di intenso distacco, in cui il Governo Inglese fissava fuori dal finestrino oscurato, ma l'atmosfera non migliorò molto quando entrarono nell'ospedale e raggiunsero la stanza in cui era stato ricoverato Sherlock. Anthea li fissava da fuori, dalla finestra rettangolare che inquadrava il letto, dove il primogenito della famiglia squadrava il fratello minore con aria rassegnata. La donna monitorava di tanto in tanto il cellulare, ma quando sentì la porta chiudersi alle spalle di un Mycroft gelido e stanco, si permise di aprire le labbra per parlare. 
-Sir, la accompagno a casa.
L'uomo la guardò. 
-Non essere ridicola, devo occuparmi ancora di molte questioni, e comunque.. 
-No. 
Le parole le erano uscite di bocca senza preavviso, Anthea però cercò di non mostrare troppo la sua stessa sorpresa. 
-Ha bisogno di riposare, ha l'aria stravolta. 
-Stravolta, mia cara? 
-Esatto. E la accompagnerò a casa, all'istante, e la farò anche un tea. 
Non ascoltò nessuna delle motivazioni seguenti, finché non arrivarono a Pall Mall e Mycroft richiuse la porta alle sue spalle, seccato. 
-Spero tu comprenda che il tuo comportamento potrebbe essere inopportuno.- disse, sedendosi sulla poltrona e attendendo che la donna le portasse il tea.
-E spero che lei si renda conto che, ogni tanto, fa bene lasciare che qualcuno si prenda cura di lei. Sono la sua PA, lo sa. 
-Mi affianchi nel lavoro, che altro dovresti fare? 
Anthea irrigidì appena la mascella, versando l'acqua calda nella teiera con l'infuso in polvere. 
-Tutto quello che è necessario, Sir. 
Posò la tazza e la teiera su un elegante vassoio argenteo e raggiunse il suo capo in salotto, trovandolo con le mani premute sulle tempie. Rispettò il suo silenzio, posando il vassoio sul tavolino e posandogli una mano sulla spalla. Sapeva che quello era un gesto inopportuno, ma a volte non poteva fare a meno di trattenersi, e soprattutto era stanca di farlo. Mycroft la guardò, alzando lentamente il viso. 
-Andrea? 
La donna sorrise, accarezzandogli la spalla da sopra l'abito in un gesto lento, dolce. Materno quasi, tanto che lasciò interdetto il freddo politico. 
-Sì, Sir? 
Per un attimo temette che l'uomo la scacciasse o le chiedesse malamente che cosa diavolo aveva intenzione di fare, ma non avvenne. 
-Pensi che si riprenderà? 
-Certo, Sir.- rispose, restando ferma accanto alla poltrona.
In verità non lo sapeva, ma era così incantata dalla visione di quel volto incupito dalla preoccupazione da non riuscire a far altro che rassicurare il più glaciale degli uomini che avesse mai incontrato. 
-E se non dovesse farlo?
Mycroft parlava piano, in un sussurro quasi timido, Anthea sorrise nel vederlo sparire dietro la tazza fumante di tea. 
-Lo farà, questa non è la prima volta che viene ricoverato. 
-Proprio per questo potrebbe non riprendersi. 
Lo guardò, le mani pallide che tremavano appena, gli occhi vitrei e fermi nel vuoto, il corpo rigido, e pensò che l'unica cosa che voleva fare era abbracciarlo stretto e non lasciarlo più andare. Era un pensiero così intimo, così da donna, così inopportuno e fuori dal loro rapporto di lavoro, che arrossì improvvisamente dopo averlo formulato. Per fortuna quell'imbarazzo non venne notato affatto. 
-Lo farà, Sir. È un uomo forte.- asserì convinta, sedendosi sul bracciolo della poltrona. -È sopravvissuto ad innumerevoli situazioni, come lei, e una nuova terapia potrà solamente portargli giovamento. 
Mycroft non rispose più, ormai isolato nei propri pensieri, e Anthea ne approfittò per scuotere debolmente il capo e accarezzargli il volto. 
Silenzio. Per innumerevoli minuti. 
-Andrea. 
-Sì, Sir. 
-Gradirei, ecco, che tu... Se naturalmente non ti reca disturbo, perché in quel caso sei ovviamente libera di andare, chiaramente non ti obbligo, ma... Ecco...
-Sì, le farò compagnia questa notte, se è questo che intendeva chiedermi. 
Mycroft evitò il suo sguardo, ma Anthea non si scompose. Dopotutto, aveva appena assistito all'ennesimo crollo di Mycroft Holmes, uomo potente ma fragile. Come un castello di carte, così perfetto ed armonioso nell'aspetto, difficile da mantenere in piedi, ma debole contro le folate di vento. E lei non si sarebbe lasciata sfuggire l'occasione di passare del tempo con Mycroft come uomo, piuttosto che come capo. Se anche non ci sarebbero stati riferimenti futuri all'accaduto, almeno era rimasta al suo fianco. Era l'unica cosa che contava.
  
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