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Autore: lapoetastra    24/09/2015    3 recensioni
< Vattene, Sam. >
Forse non ha capito di nuovo.
Sicuramente.
Non è possibile che il fratello gli abbia intimato veramente una cosa del genere, neppure per scherzo.
Ma non era un tono ilare, il suo, bensì freddo e distaccato, affilato come una lama.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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< Cos’hai, Dean? >, domanda Sam, notando che il fratello si era sdraiato sul proprio letto senza neanche degnarlo di uno sguardo.
Ma il maggiore non risponde, e si ostina a rimanere in quel silenzio cupo ed impenetrabile che si erge come un muro invalicabile tra di loro fin dal suo ritorno a casa, quel pomeriggio.
Sam, allora, con la vivacità tipica di un bambino di nove anni, si avvicina a tentoni alla figura scura del fratello ed inizia a scuoterla con tutta la forza che gli consentono le esili braccia.
Dean si tira lentamente su a sedere senza soffocare uno sbuffo infastidito.
Il più piccolo non lo vede a causa del buio che lo ammanta, ma percepisce distintamente i suoi occhi su di sé, e si sente improvvisamente in soggezione da quello sguardo invisibile, che è come se lo trapassasse da parte a parte.
Parla, Dean, ma talmente piano che il fratello non lo riesce a capire.
< Cosa hai detto? >, domanda dunque e, anche se non ne sa il motivo, sente che non vuole conoscere la risposta.
< Vattene, Sam. >
Forse non ha capito di nuovo.
Sicuramente.
Non è possibile che il fratello gli abbia intimato veramente una cosa del genere, neppure per scherzo.
Ma non era un tono ilare, il suo, bensì freddo e distaccato, affilato come una lama.
< Dean, io… io non… >, mormora il minore, con le lacrime che già gli smorzano la voce.
Il maggiore grugnisce.
< Non hai capito, vero? Come sempre, del resto. È proprio questo il punto, Sam. Tu non capisci. Non comprendi che io sono un adolescente, ormai, e che ho bisogno dei miei spazi privati e di vivere la mia vita. No, tu… tu mi stai sempre tra i piedi, sempre accollato come se non riuscissi neanche a respirare senza che io sia al tuo fianco. Non ce la faccio più, adesso. Per questo ti ho detto di andartene. Va’ via, va’ per la tua strada, cresci, e lasciami in pace, per una volta. >
Sam lo ascolta in silenzio, con la bocca spalancata ed il cuore che ha perduto un pezzo di sé ad ogni parola, fino ad essere, ora, nient’altro che un cumulo di frammenti piccoli e taglienti.
< Non puoi dire sul serio >, riesce a sussurrare alla fine tra i singhiozzi che lo sconquassano.
< Sono serissimo >, risponde invece il maggiore, calmo.
Ha ragione.
Sam lo capisce dal suo tono, di cui lui conosce le più piccole sfumature. Quella di adesso non ammette repliche.
< Vattene subito! >, grida d’improvviso Dean, in preda alla collera, facendolo sussultare.
E Sam piange, ed urla anche lui.
< Dean! Dean! Ti prego… >, balbetta, ripetendo quelle parole senza sosta, tremando, in un crescendo di dolore e disperazione che, ne è sicuro, lo ucciderà.
 
 
 
Dean si era appena addormentato, quando un gemito improvviso lo riportò di colpo alla realtà.
Non c’erano dubbi: proveniva dal piccolo letto accanto al suo, nel quale riposava Sam.
Per un po’ la stanza fu dominata unicamente dal silenzio assoluto della notte, e Dean si convinse di aver sognato.
Un secondo singulto, più basso e carico di dolore, però, lo costrinse ad alzarsi dal suo morbido e caldo giaciglio per andare a controllare il fratello.
Lo vide, nella debole luce lunare filtrata dalla finestra aperta, dibattersi forsennatamente tra le coperte, fremendo come fosse in delirio.
< Dean! Dean! Ti prego, io… > diceva con voce sofferta e prossima al pianto.
Il maggiore lo scosse dolcemente per svegliarlo da quell’incubo che tanto lo inquietava.
Dopo un po’, il più piccolo aprì gli occhi velati di lacrime, sbattendoli rapidamente nel tentativo di mettere a fuoco qualcosa in quell’ambiente semibuio.
< Cosa… cosa è successo? >, domandò piano, in preda alla confusione.
Dean, seduto sul ciglio del letto accanto a lui, gli scostò con tenerezza infinita i capelli sudati dalla piccola fronte.
< Non è niente, Sammy. Solo un brutto sogno >, gli sussurrò per tranquillizzarlo.
Ma il minore non cessava di tremare, per cui non poté far altro che stendersi al suo fianco e prenderlo tra le braccia.
< Cos’hai sognato di così orribile, fratellino? >, gli chiese, cullandolo come un neonato indifeso.
< Che tu… che tu… >, rispose Sam, piangendo, < Che tu mi dicevi che ero un peso per te, che dovevo andarmene via e lasciarti vivere la tua vita in pace. >
Dean non riuscì a trattenere un sorriso, al suono di quelle parole.
< Non poteva essere altro che un sogno, Sammy >, lo rassicurò. < È impossibile che io ti dica una cosa del genere, e sai perché? >
Il più piccolo scosse piano la testa contro il suo petto.
< Perché la mia vita sei tu, fratellino. E se mai ti dovessi allontanare volontariamente da me, allora sarebbe come se volontariamente mi uccidessi. E, grazie al cielo, non ho manie suicide. >
A quella risposta, Sam smise di colpo di tremare.
< Dici sul serio, fratellone? >, chiese, e c’era gioia nella sua voce, ora, e speranza.
< Certo! E poi, vedi, mio caro Sammy, non ti libererai mica tanto in fretta di me! >
Così dicendo Dean iniziò a fare il solletico al minore, il quale iniziò immediatamente a dimenarsi come un ossesso, gridando felice.
La paura era passata, adesso, cancellata dalle risate dei due fratelli che mai e poi si sarebbero separati.
 
   
 
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