Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Niglia    25/09/2015    2 recensioni
[Hans!centric/Anna]
Alla fine, restano solo i rimorsi. E un cuore ghiacciato.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Hans
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
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Fandom: Frozen
Personaggi: Hans/Anna
Titolo: Lament of a Frozen Heart
Rating: Arancione
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste
Avvertimenti: Violenza, AU, Alternate!Ending, Character!Death, Hans!centric.
Note: Il titolo è insipido, lo so - sono una frana. Ho promesso che avrei scritto qualcosa su una fanart da parecchi mesi, e praticamente era quasi finita ma mancava la conclusione, che chissà perché è sempre la cosa più difficile da fare - a parte trovare un inizio decente; e adesso, per chissà quale grazia divina, mi è arrivata giusto l'ispirazione sufficiente per concluderla!
Se dovete sporgere reclami prendetevela con l’autrice/autore di questa fanart [here]; la qui presente autrice non è da ritenersi responsabile del dolore causato da questa mini one-shot angst. Non troppo, perlomeno. LOL. Ah! Anche se non si direbbe a giudicare da questa fanfiction, io li shippo come il pane e la nutella, giuro. :D
La dedico alla mia adorata Alexiel Mihawk, che mi ha iniziato al mondo delle fanfiction HansAnna e mi ha spinto, un po’ con le buone e un po’ con le cattive, a scriverne qualcuna. Grazie, moglie. ♥ (Also correte nel suo profilo a leggere le sue, di Hansanna, che sono dei gioiellini uno più bello dell'altro).
Buona lettura a tutti!



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Lament of a Frozen Heart











Era dappertutto.
Macchiava la neve, lordandone il candore e la purezza, spazzando via il bianco e perdendosi tra le crepe del ghiaccio, creando terribili sentieri che somigliavano a vene sotto la sottile superficie della pelle. Grondava sulle sue mani, scivolava lentamente sulla stoffa dei vestiti, quieto e pesante come lava che cola da un vulcano. L’odore si perdeva nell’aria gelida, ma il colore ricopriva ogni cosa.
Sangue.
Hans non sapeva dove posare gli occhi – evitarlo pareva impossibile.
Lo shock era tale da aver annullato ogni cognizione di sé: unica certezza era il silenzio, un silenzio ovattato e roboante, che si faceva largo inesorabile nelle profondità del suo animo e lo avviluppava tra le sue spire.
Lentamente, tornò la percezione degli altri sensi – olfatto, udito, gusto, tatto – e il principe delle Isole del Sud sentì l’odore salato di lacrime che non si era accorto di aver versato, udì l’imperversante ululato della tempesta, intuì quasi, sulla punta della lingua, il sapore del ghiaccio e avvertì, greve e pesante e terribile, il fardello del corpo che reggeva tra le braccia, e che stringeva a sé con la medesima disperazione del naufrago che teme di affogare.
Colore rosso. Odore del ferro.
Il sangue era dappertutto. Colmava lo sguardo e gli offuscava la vista, così che tutto ciò che inondava la sua visione era un profondo, terribile, denso colore rosso.
«Anna…» Il debole refolo si riversò nell’aria gelida, trasformandosi in un alito di nebbia davanti alla sua bocca. La sua voce era udibile a stento nell’imperversare della tormenta. «Anna?»
Le sue braccia rilassarono la stretta sul corpo ghiacciato che si era trascinato in grembo, avvolgendolo ora con una strana delicatezza, e impedendo alla neve e alla superficie gelata del fiordo di accogliere ciò che restava della principessa. Nessuno lo avrebbe convinto a lasciar andare la presa.
Era sua.
Un singhiozzo sfuggì dalle sue labbra livide, screpolate, così flebile da essere inesistente.
Aveva creduto che uccidere sarebbe stato facile, indolore; che avrebbe potuto far scivolare la lama affilata della sua spada tra le costole della regina senza provare alcun rimorso, anzi, gioendone persino. Per quale motivo avrebbe dovuto star male per aver strappato una vita, per aver liberato il mondo da una simile minaccia? Che male c’era nell’evitare che quella strega dalle sembianze di fata gelasse ogni regno esistente nella follia che imperversava nella sua mente come una tempesta di neve?
Non aveva avuto remore nel pianificare la morte della regina, né le aveva avute nel sollevare la spada per infliggerle il colpo finale, autoproclamandosi eroe, salvatore e regnante in un’unica mossa.
Adesso, il peso della colpa e del rimpianto lo aveva svuotato di ogni altra emozione, privandolo della capacità di pensare, parlare, o provare la benché minima soddisfazione.
Sì, aveva lasciato la principessa a morire congelata in una stanza buia del palazzo, aveva spento il camino, spezzato il suo cuore – oh Anna, se solo ci fosse qualcuno che ti amasse – ma per qualche ridicola ragione ora la situazione era diversa, perché non si era limitato a lasciarla in balia del suo destino di morte certa, lui era stato quel destino, sua era stata la mano che aveva inferto il colpo di grazia.
Quella mano adesso era ricoperta di sangue, le dita appiccicose, la pelle ghiacciata, ma era un tipo diverso di freddo che il principe provava, un freddo interno, un freddo dell’anima.
Non aveva idea che potesse fare così male, uccidere qualcuno. Uccidere Anna.
Si sentiva annientato. Se qualcuno si fosse avvicinato per ucciderlo, ora, probabilmente avrebbe accolto con sollievo la punizione, chinando persino il capo per agevolare un fendente liscio e pulito.
Abbassò gli occhi sul volto pallido della principessa, la gola contratta nel ricordare il sorriso che solo il giorno prima aveva graziato la sua bocca piccola e deliziosa, lo scintillio dei suoi occhi quando le aveva proposto di sposarlo, il rossore che aveva tinto le sue guance quando si erano incontrati per la prima volta il mattino dell’incoronazione, il colore selvaggio dei suoi capelli quando l’aveva osservata cavalcare via verso la montagna, all’inseguimento di una sorella che non la voleva.
Adesso non era rimasto più nulla di tutto questo in lei: il rosso di Anna pareva essersi riversato interamente sulla neve, abbandonandone il corpo, lasciandosi dietro un involucro bianco come una statua di ghiaccio – capelli argentei, pelle diafana, occhi spenti, bocca muta.
Un gemito scappò al principe – le sue braccia rafforzarono la stretta su ciò che restava della principessa.
Il gemito si trasformò in lamento, il lamento divenne pianto, il pianto crebbe in urla e imprecazioni che si persero nella tempesta.

Guardie e soldati avanzarono lentamente verso di lui, sfidando la tormenta per rispondere all’ordine della loro regina sconfitta dal lutto.
Strapparono l’assassino dalla sua preda, lo incatenarono senza misericordia, ignorarono le sue ulula disperate quando il corpo della fanciulla gli venne portato via.
Gli occhi febbricitanti di Hans seguirono avidi la triste processione che proseguiva verso il castello – la regina silenziosa dietro a coloro che portavano la sorella, guardie e servitori accorsi per porgere mormorii e condoglianze, l’intero popolo che si affacciava dalle mura del palazzo per assistere tristemente al ritorno per nulla vittorioso di ciò che restava della famiglia reale.
«Anna», mormorò ancora Hans, lasciandosi trascinare via. Non aveva più la forza di opporsi.
Sordo alle minacce dei soldati e ai loro insulti, il principe continuò a fissare il corteo senza staccare gli occhi dal corpo inerte della principessa, senza distogliere lo sguardo finché esso non sparì all’interno delle mura di cinta. Solo allora perse ogni appiglio sulla realtà e si accasciò a terra come una marionetta, le ginocchia immerse nel sangue che lui stesso aveva versato, il capo chino con aria disfatta, le mani strette dietro la schiena nella morsa impietosa delle catene.
«Anna», sussurrò ancora, a mo’ di preghiera. «Perdonami


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Oneshot: 962 parole.
   
 
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