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Autore: Revy_Bart    12/02/2009    0 recensioni
questa è una fic che ho fatto per un contest e prendendo spunto dal libro Notre Dame de Paris di Victor Hugo. Ci sonoalcune frasi in spagnolo e tradotte in italiano tra parentesi ma non sono sicurissima che siano giuste... La fine della storia però non è molto, mooooolto bella perchè quando dovevo consegnare la fic ho dovuto finirla in fretta e quindi non è quel granchè... spero comunque che vi piaccia ^^
Genere: Romantico, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Parigi, 1482. Periodo in cui gli stranieri non sono ben accetti. Coloro, che abitano al di fuori delle porte della città, sono chiamati Gitani o Zingari. Tipicamente queste persone sono clandestini spagnoli che si guadagnano da vivere con i soldi che elemosinano o che ricevono le donne ballando per le strade. In questo tempo, è espresso ogni tipo d’arte da artisti tipicamente senza nome: dalla scrittura all’architettura. La vita di una tipica popolana è molto movimentata, dato che chiunque sospetta che tu possa offrire riparo ai gitani. Molto spesso le nostre case sono distrutte anche per una sola voce infondata. In questo periodo, una grave minaccia stava sopraggiungendo sulla nostra Parigi. Notte del mese di aprile, una ragazza si aggira per le strade della città nascosta dalla penombra di un mantello che copre la sua testa con un cappuccio, tanto da renderla quasi invisibile. Quasi quindici anni di vita passati a offrire riparo a qualche gitano che si aggirava e ancora non era stata scoperta. Vive da sola con il fratello adottivo, Pedro, più grande di lei circa di vent’anni. La madre e il padre morirono quando lei era ancora piccola e la lasciarono a quel ragazzo che sembra essere uscito da una di quelle famiglie di zingari: capelli neri e occhi castani, molto alto e di buon animo. A dire il vero anche la ragazza è molto simile a una zingara ma non se ne fa problema. Capelli castani che sembrano neri e lunghi, occhi stranamente gialli, vestiti stracciati e di poco conto, di solito indossa un solo orecchino a cerchio sull’orecchio sinistro e un cappello per non far vedere il suo viso. Seppur sia una di quelle popolane, è dotata di un’astuzia innata e di una bellezza che colpiva chiunque. La carnagione scura contrastava i raggi della luna. I passi della ragazza si fanno sempre più veloci e silenziosi, la direzione è quella delle porte di Parigi che sono sempre chiuse dopo un certo orario; però, appunto per queste operazioni, i Gitani erano riusciti a creare un buco da dove passano per entrare durante la notte nella città. Prima di partire la ragazza ebbe raccomandazioni che il fratello le ripeteva sempre:
- Estella – la chiamava preoccupato – Devi stare attenta, questa volta non abbiamo un ospite qualunque ma, bensì, il re dei Gitani. Ha sentito parlare di noi e vuole entrare a Parigi per qualche sera; quindi non sarà un disturbo eccessivo. Ricordati di non comportarti come al solito però.-
- Va bene… va bene… è un ospite e lo tratterò a dovere… -
gli disse mentre indossava il mantello. E ora si trova a pochi passi dalle porte di legno chiuse e controllate da delle guardie che spesso, di notte, dormivano e non controllavano quello che succedeva attorno a loro. Questa è una di quelle sere. Estella sgattaiola velocemente a ridosso delle pareti che sostengono l’enorme portone della città. La ragazza raggiunge finalmente il foro creato e comincia a sussurrare qualche parola in spagnolo.
- Leandro, donde el rey? Mover! ( Leandro dov’è il re? Muovetevi!) – aveva studiato un po’ di spagnolo che le aveva insegnato gentilmente suo fratello per questi casi. Dopo alcuni minuti di scocciante attesa, la voce di un uomo, di circa cinquant’anni, echeggia in quel buco fatto su misura d’uomo.
- Aquí estamos! ( eccoci!) –
- Leandro ¡por fin! ¿Dónde está él? (Finalmente Leandro! Dov’è lui?) –
- Está poniendo una capa y llega (Sta mettendo un mantello e arriva) -
- Eccomi -
la voce di un ventenne si fa distinguere tra il chiacchiericcio confuso degli altri zingari che si trovavano dalla parte opposta e, dopo di che, sbuca un ragazzo di media statura completamente incappucciato.
- Piacere, Ángel – il ragazzo si presenta porgendo la mano alla ragazza.
- Estella –
- Contamos con usted Estella. Ángel recuerda su promesa (Contiamo su di te Estella. Ángel ricorda la promessa) –
- No se preocupe Leandro. (Non ti preoccupare Leandro) –
con queste parole Estella e Ángel si allontanano dalle porte e si dirigono verso la casa dove, il fratello Pedro, li stava aspettando. Senza neanche una parola, i due raggiungono la casa senza molti problemi. Con un gesto di mano, Estella spalanca la porta ormai ridotta in brandelli dalle termiti. Entrando, Pedro corre verso la sorella.
- Allora… ci sei riuscita ancora una volta vedo… -
- Dubitavi, fratello?-
chiede Estella agguantando il cappello che è appeso. A sostenerlo c’è un chiodo con a fianco altri suoi simili. La ragazza si leva il mantello e, con gesto veloce, indossa il cappello calato sul volto. Se non l’avesse fatto, pensa, Ángel l’avrebbe guardata come chiunque faceva: con uno sguardo stupito e imbarazzato. Il fratello, a quel punto si rivolge all’ospite.
- Allora voi siete Ángel, il re dei Gitani. Piacere di conoscervi –
- Piacere mio. Vi devo un favore. –
- Figuratevi. Ora levatevi pure il mantello e appendetelo a uno di quei chiodi. –
- Per favore datemi del tu. -
Estella s’immaginava il peggior Gitano che avesse mai incontrato in vita sua. Di brutti ne aveva ospitati e quasi tutti, dopo averla vista in volto, la cercavano di ammaliare con le loro “dolci” parole. Questa volta però era diverso. Ángel si leva il cappuccio dalla testa e rivela un Gitano dal bell’aspetto: occhi castani, capelli marroni ma che sembrano neri, lunghi fino alle spalle, il viso è solcato da lineamenti sottili, porta un orecchino sul orecchio sinistro. La ragazza rimane per cinque minuti a fissarlo incantata dal dolce viso del ragazzo, poi scuote la testa cercando di tornare in se: non poteva innamorarsi, tanto meno di un Gitano! Sarebbe dovuta scappare da casa lasciando il fratello da solo.
- Ti copri sempre il viso con qualcosa?- cinque secondi dopo, la ragazza si trova Ángel di fronte che cerca di vedere il suo volto coperto dalla penombra creata dal cappello.
- ¿Qué esconden? (Che cosa nascondi?) – insiste
- Asuntos que no tienen que ver con (Non sono affari che ti riguardano) – risponde lei abbassando lo sguardo timidamente.
- Vedere il volto di chi mi ospita? E come ti riconosco se mi capita di perdermi per Parigi? –
- Non ti perderesti comunque –
- Fatto sta che alcuni miei sudditi mi hanno detto che sei una bella ragazza. Tutti ti hanno visto a parte me. –
detto questo, prende la punta del cappello che solleva lentamente. Ciò che Estella in quel momento sentiva era solo il cuore che batteva all’impazzata. Quando finalmente gli sguardi dei due ragazzi s’incontrano, un gentile sorriso si fa strada nel viso di Ángel che continua a guardare gli occhi di Estella che dopo qualche secondo si abbassano pudicamente. - Avevano ragione – esordisce lui avvicinandosi paurosamente al suo viso.
- Non ho mai visto una tale bellezza in vita mia –.
- Sarà... ma io rivoglio il mio cappello –
Estella si allontana bruscamente da lui. Fa un gesto per riprendersi il cappello ma Ángel lo alza e se lo mette in testa.
- Non ti dispiace, vero? Non posso farmi riconoscere se eseguono un’ispezione a sorpresa. – un sorriso quasi di malignità sostituisce quello precedente.
- Fai pure – risponde lei e si dirige verso la tavola che si trova nel centro di una camera un po’ malridotta. Alcuni buchi della porta e delle pareti fanno entrare qualche spiffero d’aria fredda che è accompagnato da alcuni fischi. “che strana ragazza…” Ángel fissa insistentemente Estella che intanto si allontana “ ma devo rivolgermi a lei per farmi aiutare… I Gitani contano su di me e lei… seppur sia molto strana… ma carina…“. “che ragazzo strano…” Estella non pensa ad altro “mi ha fregato il cappello ed è pure un gran presuntuoso! Ci credo che l’abbiano eletto re!...Però è carino…”. A quel punto Estella si gira a guardarlo fisso negli occhi. Nel frattempo, Pedro irrompe nel corridoio che collega l’entrata alla stanza con il tavolo.
- Scusa, non abbiamo quel granché di casa… ma comunque è discreta…-
- Non importa… sono abituato a peggio-
- Avrai fame scommetto. La cena è pronta –
- Fratello, io vado a letto – si affretta a dire Estella. Poi corre verso le scale che portano ad un’enorme soffitta.
- Fa sempre così? – Chiede Ángel guardandola mentre si allontana.
- Sì… ha qualche problema a socializzare con i ragazzi estranei. -
Nel frattempo Estella raggiunge la camera: è pressappoco una soffitta completamente vuota se non fosse stato per tre letti che sono posti uno a fianco all’altro nella parete di sinistra. Sopra ad uno dei tre letti, c’è una piccola finestra con il vetro completamente impolverato. È li dove Estella dorme. Corre verso il letto con un materasso fatto completamente di paglia, si butta e poi sta ferma ascoltando il silenzio della camera. Un forte odore di fieno le riempie i polmoni. Chiude gli occhi sistemandosi meglio nel letto e comincia a dormire. Pochi secondi dopo, in silenzio, qualcuno sale e va davanti al letto della ragazza che ormai è caduta in un leggero letargo, ma che basta per non farle capire cosa stia succedendo. Lentamente la figura si avvicina al lato del letto, si mette in ginocchio e fissa la ragazza che sta dormendo, accarezza il suo volto e sospira.
- Come faccio a svegliarla?- dice sussurrando. Continua a guardare Estella che non si sveglia. “ Quando dorme, sembra un angelo…” pensa tirando fuori da una tasca una collana: ha un ciondolo a forma di goccia di colore giallo. “quando ti sveglierai, ti spiegherò tutto…”. Mentre mette la collana al suo collo, Estella apre gli occhi un po’ confusa, guarda la figura ma non parla. I due si fissano per una lunga durata di tempo quando la ragazza cede al sonno e torna a chiudere gli occhi. Una luce rosastra comincia a lampeggiare dal ciondolo e la figura sorride.
È mattina, la stanza di Estella e del fratello comincia a illuminarsi delle prime luci dell'alba. La ragazza apre gli occhi fissando imperterrita il soffitto di legno. Sente qualcosa che le stringe i fianchi ma non gli da tanto peso pensando che sia il fratello. Si gira per dare il buongiorno a Pedro ma, quando comprende che ad abbracciarla non era il fratello bensì Ángel, comincia ad affannarsi. “Che cosa sta succedendo qui? Perché mio fratello è nel terzo letto e questo dorme accanto a me? Che cosa faccio adesso?”. Fissa il ragazzo ancora addormentato che continua a stringerla per i fianchi. Preso un po’ di respiro, comincia a scuotere il ragazzo cercando di svegliarlo.
- Ángel, me tienes la spiegazioni. Ángel! (Ángel, mi devi delle spiegazioni. Ángel!) –
- ¿Qué sucede? (Che succede?)- chiede il ragazzo intontito – ¿Quién habla español aquí? todavía están en el tribunal? (Chi parla spagnolo qui? Sono ancora alla corte?) –
- No, pero para mí no tiene explicación de la misma ... ¿qué estás haciendo? (no ma mi devi delle spiegazioni lo stesso… cosa stai facendo!?) – Ángel guarda Estella un po’ stupito, poi si avvicina di più a lei abbracciandola ancora.
- ... te estoy abrazando un problema? (…ti sto abbracciando qualche problema?)- il suo caratteristico sorriso, maligno e sarcastico allo stesso tempo, si dipinge nel volto del ragazzo; ma, mentre la ragazza stava per rispondere, Pedro si sveglia.
- Buongiorno ragazzi. – si volta verso la sorella e il ragazzo che, nel frattempo, slega la sua presa dai fianchi di Estella.
- Estella, devo andare a lavorare. Tu occupati di tutto.-
- Ok… -
il fratello si alza e va giù, probabilmente per mangiare qualcosa. Estella lo guarda mentre pensa che, restando con quel ragazzo, sarebbe stata spacciata. “ha brutte intenzioni…” non si leva più questo pensiero dalla mente. Ángel continua a fissare Estella appoggiato su un fianco con un braccio che sosteneva la testa. “Ora è il momento delle spiegazioni…”. Continua a guardarla aspettando che il suo sguardo sia ricambiato. Non aspetta molto. La ragazza abbassa lo sguardo e comincia a toccare la collana che Ángel le aveva messo la sera prima.
- ¿Qué es esto? Ehm… cioè… cos’è questa? –
- Qualcosa che ti aiuterà ad aiutarci… - risponde lui fissando la mano che sfiora con panico il ciondolo
- Perché me l’hai messa al collo? Allora eri tu ieri sera! Che cosa dovrebbe significare?!- di solito quando Estella si faceva prendere dal panico domandava in continuazione senza lasciare il momento di rispondere e questo è uno di questi momenti.
- Calmati – le ordina il ragazzo – è solo un ciondolo, cosa vuoi che ti faccia? –
- Ma se hai appena detto che vi devo aiutare!!! –
- Sì, ma questo ti può solo aiutare e non di sicuro uccidere! –
- Ed esattamente che devo farne?- chiede Estella con tono di sfida
- Devi solo aiutarmi a trovare la causa della crisi del mio popolo. –
- Cosa…?-
- Me explico (mi spiego)- il ragazzo tira un forte respiro e comincia a raccontare – Sai bene che, noi zingari, abbiamo un ritrovo che chiamiamo la Corte. In questo luogo siamo emarginati da Parigi e, in questi ultimi tempi, lo spirito di un uomo gira per il ritrovo lanciando maledizioni. Ha detto che se non avessimo trovato la sua arma, che uno zingaro nascose, avrebbe causato una malattia letale. Tu sei l’unica che ci possa aiutare e ora che ho finalmente trovato la Gitana che cercavo…! –
- Pero tiene razón? (Ma stai bene?)- Estella ridacchia - Yo no soy gitano!(io non sono una Gitana)-
- Por supuesto que está gitana! (Certo che sei gitana!) per lo meno quanto lo sono io!-
- Así que creo que tiene la persona equivocada. (Allora credo che tu abbia sbagliato persona). –
- Tua madre e la mia si conoscevano. Quando avevo cinque anni ti ho vista nascere, meglio di me non ti conosce nessuno. Anche Pedro è un gitano come noi. Non ti è mai sembrato che assomigliavi troppo a una gitana? E non ti sei mai chiesta perché?-
Estella rimane allibita da quella scoperta. “io sono gitana…?” non era mai stata così confusa in vita sua. Abbassa lo sguardo pudicamente pensando anche che quel ragazzo, come diceva lui, l’aveva vista nascere. “Forse ho un po’ esagerato”. Ángel si solleva buttando per terra le coperte e, scoprendosi, facendo arrossire Estella: a petto nudo, il ragazzo si stava avvicinando a lei. Questa visione la sblocca completamente dallo shock della nuova scoperta tanto che, appena lui accarezza il suo volto, le dona le forze necessarie per lanciare un urlo che fece tremare tutta Parigi.
- Algo para bajar a el amor de Dios! ( Mettiti qualcosa a dosso per l’amor del cielo!!!) – prende una maglietta e gliela lancia in faccia ottenendo lo stupore di Ángel.
- Allora non sei scioccata come credevo…- Ángel prende con una mano la maglietta e se la leva dalla faccia.
- È tua?- chiede di nuovo sorridendo malignamente
- Sacrifico una maglietta basta che te la metti! – scioccata e confusa, Estella si rannicchia in un angolino del letto mettendosi una mano in fronte e fissando il vuoto. Ángel prende il braccio della ragazza. Ancora non indossa quella maglietta, per cui lei si limita a guardarlo.
- Promesa me ayuda (promettimi che mi aiuterai)- lui continua a fissarle gli occhi con insistenza, cosa che fa anche la ragazza senza dire una parola
- ¿Y qué? (allora?) – il suo tono di voce si fa serio
- Bueno ... Yo te ayudaré (va bene… ti aiuterò)- con questo lui molla la presa e si mette la camicia che lei gli aveva dato.
- ¿Quieres preparar el desayuno? (vuoi che ti prepari la colazione?) –
- Ok… ma puoi parlare normalmente ora – Estella comincia a scendere le scale seguita da Ángel. Ancora in pensiero per la notizia delle sue origini, cammina, come guidata da una forza esterna, fino alla stanza del grande tavolo. Mentre si dirige verso le credenze, la goccia s’illumina e riflette una scritta sul muro. Ángel arriva proprio in quel momento, giusto il tempo di leggere le parole della frase: “La respuesta que buscas está en la vanidad de la ciudad de París centrada en cualquier pensamiento religioso. Toca en diferentes períodos y es dirigido por un misterioso personaje. Ver uno de sus melódicas y las herramientas que usted encontrará lo que busca. (La risposta che cerchi è nella vanità della città di Parigi incentrata a qualunque pensiero religioso. Suona in diversi periodi ed è guidata da un personaggio misterioso. Vedi in uno dei suoi strumenti melodiosi e troverai ciò che cerchi)”.
- Ángel?! Che succede?! Che cos’è questa luce rosastra?! –
- Finalmente!- il ragazzo corre verso di lei e, raggiuntala, le afferra le spalle scrutando la scritta che lampeggia
- Finalmente cosa? Spiegati e subito!!!- Estella si dimena
- Ti ricordi che dicevo che questa collana ci avrebbe aiutato? Ecco, in questo momento ci sta indicando dove si trova quell’arma! –
- E cosa dovrebbe significare quella frase?-
- Come? Non capivi lo spagnolo?-
- Certo che lo capisco ma dove cavolo è quest’arma?!-
- Riflettici bene… La risposta che cerchi è nella vanità della città di Parigi incentrata a qualunque pensiero religioso-
- Suona in diversi periodi ed è guidata da un personaggio misterioso… Notre Dame!- poi la scritta sparisce e Estella si gira verso Ángel
- Quando ci muoviamo?- chiede lei pensierosa. La domanda è retorica: l’unico momento in cui si ci può muovere a Parigi senza problemi, è durante la notte. E infatti la risposta del ragazzo è proprio quella. - Ci muoveremo di sera, quando tuo fratello si addormenterà.-
- Ma che gli diciamo se si sveglia e non ci trova?-
- Ci inventeremo qualcosa…- dice Ángel sventolando un po’ la mano per niente preoccupato.
Alla sera, l’ora va vagando su mezzanotte. Estella è a letto con gli occhi chiusi, a fianco a lei Ángel è disteso ad occhi sbarrati aspettando che Pedro si addormentasse. Il silenzio regna nella camera tranne sempre i soliti spifferi d’aria che provocano un fischio quasi irritante. Un russare lieve si fa notare dalla parte di Pedro. Ángel scuote un po’ Estella e le sussurra:
- Estella, svegliati! Dobbiamo andare!-
- Mmmmmmh…?- la ragazza emette un mugolio mentre apre gli occhi.
- Sei sicuro di quello che stiamo per fare?- la verità è che lei preferisce stare a letto a dormire ma cerca di nascondere la sua evidente stanchezza
- Certo… sei tu quella che deve trovarla…- e con queste parole Ángel si alza dal materasso paglioso. Estella lo imita e si trascina fino alle scale, dove cerca di scenderle senza cadere. Finalmente arriva giù. Si dirige verso il suo mantello ma, prima che riesca a prenderlo, Ángel glielo passa gentilmente.
- Grazie- dice lei con voce da cavernicolo. Estella, dopo aver indossato la sua kappa, si indirizza verso la porta che apre con un gesto brusco della mano. In casa entra una brezza fresca e frizzante che punzecchia il volto della ragazza, grazie al quale si sveglia completamente. Senza aspettare un minuto di più, Estella parte seguita dal ragazzo. Nessuna parola ha accompagnato il tragitto fino alla cattedrale di Notre Dame; ma quando finalmente raggiungono davanti alla chiesa, cominciano le domande isteriche di Estella.
- Ok… adesso come raggiungiamo il campanile?-
- Entriamo e saliamo. Cosa c’è di più semplice? –
- Sì, ma se troviamo un prete? –
- Gli chiediamo il diritto d’asilo – un ghigno si dipinge nel volto del ragazzo
- Hai sempre la risposta a tutto? – la ragazza gli sorride
- Di solito… ora andiamo –
e così s’incamminano verso l’entrata della possente Notre Dame. All’interno nessuno controlla la chiesa e tutto sembra tranquillo. Nella navata principale, due file parallele di candelabri accompagnano il passo felpato dei due ragazzi.
- Da che parte dobbiamo andare a cercare?-
- Non saprei dirti… come faceva quella frase? –
- La risposta che cerchi è nella vanità della città di Parigi incentrata a qualunque pensiero religioso… - ripete Estella senza contare a ciò che dice Ángel.
- Suona in diversi periodi ed è guidata da un personaggio misterioso. Vedi in uno dei suoi strumenti melodiosi e troverai ciò che cerchi…- qualche secondo e la ragazza trova la risposta:
- Il campanile! –
- Cosa? – chiede Ángel
- Il campanile! La chiesa ha solo qualcosa che suona e quel qualcosa sono le campane che sono dirette dal campanaro, personaggio misterioso cui si rivolge la frase. Gli indizi combaciano. È lì che dobbiamo andare! – la ragazza corre verso una porta che si trovava accanto all’entrata principale dietro la quale si trova una scala a chiocciola che porta appunto al campanile.
- Eh… ehi! Aspettami! – Ángel è rimasto indietro.
Corre per raggiungerla. “perspicacie la ragazza” pensa con un sorriso sulle labbra “ siamo in salvo con lei… non poteva capitarci una ragazza migliore…”. Un corridoio aperto prima di arrivare alle campane di Notre Dame. Percorrendolo si aveva la miglior vista della città di Parigi ed Estella se ne accorge. Mentre corre per raggiungere la torretta accanto, contempla il paesaggio, anche se lo vede di corsa. Ai suoi passi si aggiunge un commento da parte del ragazzo.
- Bel paesaggio quassù.- dice mentre si appoggia allo scorri - mano di mattoni. La ragazza si ferma e fissa la città vista dall’alto
- Sì… bellissima vista…- poi, guardando Ángel, si affretta a dire:
- Allora ci muoviamo? Dobbiamo trovare quell’arma no? –
- Ehm… frena un momento… - Ángel ricambia lo sguardo di Estella.
- Non c’è fretta… abbiamo tutta una notte per salvare la nostra popolazione… - il ragazzo comincia ad avvicinarsi alla ragazza.
- Non ho mai conosciuto una ragazza così imprevedibile, dolce e bella come te. – a pochi passi da lei, il tempo sembra essersi rallentato.
- Io non so che mi prenda… credo di essere impazzito per dirti una cosa simile… - continua lui. “Non mi dire certe cose…” pensa lei stando immobile.
- Io… Te quiero… - la sua mano sfiora il volto di lei che prova, nel frattempo, una dolce confusione
- C… cos…?-
- No… non parlare… - il ragazzo sorride.
Avvicina il suo volto a quello della ragazza. un lungo bacio tra i due scocca nel momento in cui le loro labbra si incontrano. Il tempo sembra essersi fermato, il cuore della ragazza sembra voler scoppiare da quanto veloce batte. Quando il momento magico finisce, i loro sguardi si incontrano facendo spazio a un silenzio assoluto.
- Ehm… - la ragazza interrompe la quiete
- Non dovremo… -
- Sì, hai ragione… -
Ángel continua a guardarla mentre si incammina confusa verso le scale della torre accanto. Raggiunte le campane, Estella si confonde: le campane erano troppe; come facevano a cercare quell’arma sotto a tutte quelle? Quando la ragazza smarrisce la speranza, la collana comincia a lampeggiare e una luce illumina una delle campane: la più grande che generalmente suona durante i matrimoni. La ragazza corre verso la campana, si abbassa e vi guarda sotto. Una luce violacea comincia a risplendere riflettendosi nelle pareti della campana e illuminando una spada fatta diversamente dalle altre: nella punta, che si storce un po’, vi sono tre grandi buchi, il manico sembra fatto in oro massiccio e la lama della spada nel metallo più resistente. Estella agguanta la spada e la porta ad Ángel.
- È questa?-
- Mi auguro di sì… - risponde speranzoso il ragazzo.
A quel punto la collana torna a riflettere una strana scritta nel pavimento: “Ahora que la espada a encontrar, es mejor que no sbrighiate. Sólo cinco minutos a la expiración de la una y si no tienen la espada en el tiempo, el Tribunal de Justicia se fuera. Usted está muy lejos de allí y, a continuación, puede utilizar la teleportación decir tres veces en el nombre del espíritu del maestro de armas.( Ora che la spada avete trovato, è meglio che vi sbrighiate. mancano solo cinque minuti allo scadere della l'una e se non riportate la spada in tempo la Corte sarà spacciata. Siete molto lontani da lì e quindi potete usare il teletrasporto dicendo per tre volte il nome dello spirito padrone dell'arma.)”.
- Cosa??? C’è un tempo di scadenza?! E adesso come si chiama quello spirito!?- urla la ragazza
- Miguel González – risponde il ragazzo in tutta tranquillità
- Perché non me lo dicevi prima? –
- Se mi lasciassi il tempo di parlare! -. Dopo quella discussione, Estella si affretta a dire il nome del uomo:
- Miguel González Miguel González Miguel González – chiude gli occhi e poco tempo dopo li riapre ritrovandosi in una caverna piena di zingari.
- È questa la Corte?-
- Secondo te…? – poi il ragazzo si rivolge agli uomini e alle donne presenti li - Corte, su rey está de vuelta. ¿dónde está el espíritu? lo que queremos! (Corte, il vostro re è tornato. Dov’è lo spirito? Abbiamo quello che cerca!)– il popolo, a quelle parole, acclama a gran voce Ángel svegliando lo spirito
- Que perturba mi descanso? (chi disturba il mio riposo?) –. “anche lui parla spagnolo…” pensa la ragazza un po’ nauseata da quella lingua.
- Miguel, finalmente tenemos lo que usted desea y usted descanse en paz! (Miguel, finalmente abbiamo ciò che cerchi e che ti farà riposare in pace!) - a quel punto Estella porge la spada allo spirito.
- Ángel ho un po’ di paura… ma che razza di fantasma è? –
e Estella non ha tutti i torti ad inorridire: il fantasma è un ammasso di sostanza biancastra che si muove nell’aria viziata di quella grotta. A quel punto, l’ammasso biancastro agguanta la spada e comincia ad urlare di gioia dissolvendosi lentamente - Por último, mi amado! Pero para que en todos estos años? He buscado por todas!( Finalmente mia amata!!! ma dov'eri finita per tutti questi anni? ti ho cercata da per tutto!!!)-.
Finiti questi urli, il fantasma non si vede più e anche la sua gelida presenza era sparita. I gitani esultarono di felicità facendo i loro ringraziamenti ai due ragazzi. - última cosa que quiero pedirle a usted un minuto. antes de todo lo que pido una cosa a esta chica. ¿Quiere casarse? (l'ultima cosa che vorrei chiederle un minuto. prima di tutto quello che chiedo una cosa a questa ragazza. Vuoi sposarmi?) –
la ragazza guarda stupita Ángel che nel frattempo si era inginocchiato prendendo la sua mano. Si guarda a torno un po’ imbarazzata. “Cosa gli rispondo adesso?”. Con il cuore che le batte e le mani che le tremano, da la risposta: - Sí, quiero casarme (si voglio sposarti) –
Tutto, quindi, finisce con un matrimonio, un ritorno tra i propri concittadini e una nuova regina al trono della Corte degli zingari. E, anche se ci fossero stati dei problemi, la Corte aveva la possibilità di contare su un re e una regina con una marcia in più degli altri regnanti.
  
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