The White Walkers - Back to Hardhome
Nella valle l’aria si era improvvisamente
cristallizzata.
Un lungo istante, quello in
cui tutti avvertirono la minaccia, vera, concreta, la percepirono sulla pelle,
ma ancora non la realizzarono; non era paura quella dipinta sui loro volti, né
sorpresa, né incredulità. Non era niente. Poi si levarono i turbini di neve
congelata e gli animali impazzirono, mentre nei cuori degli uomini si risvegliava
un terrore primordiale. Un copione già scritto, una scena che quelle terre avevano
già visto, molti, troppi, secoli prima. “È trascorso troppo tempo perché l’umanità
possa ricordare” pensò.
L’esercito di non morti si
riversò nella valle: pallidi spettri di carne marcia si avventarono sui vivi,
tentando di ridurre in pulsanti brandelli i loro corpi, affamati di sangue, di
vita. Le porte di legno vennero chiuse, dividendo i vivi dai vivi. Si
definivano umani loro, individui meschini che condannavano i propri simili a un
destino peggiore della morte, mentre, con le spade nei pugni tremanti, ne udivano
le urla disperate, sordi agli appelli e alle suppliche di coloro che cercavano
un rifugio inesistente. Quindi il silenzio. La palizzata smise di sussultare e
il gelo si insinuò tra le travature del legno, preludio di ciò che stava per
accadere. I morti non più tali, si rialzarono, memori della crudele ingiustizia
appena subita. Gli occhi, illuminati di freddo azzurro, si riaprirono e andarono
alla ricerca dei loro nuovi nemici. Alcuni tentarono di scavalcare la
palizzata, altri scavarono nella neve per poterci passare sotto. Erano
sgraziati, erano puro istinto omicida, senza alcuna ragione, non avevano una
strategia, un ordine, la loro unica forza era il numero, una mostruosa moltitudine
di corpi lattiginosi unita da un obiettivo comune: uccidere. Il legno si spezzò
e infine cedette sotto l’assalto dell’esercito dei non-morti, sotto il peso
della calca che premeva per entrare. Si schiacciarono a vicenda, si
calpestarono, come straccioni in fila per un avanzo di pane, loro cercavano di
sopraffarsi per un pezzo di carne. Avanzarono, lasciandosi dietro una scia di
cadaveri e sangue. Alcuni barcollavano decapitati, altri arrancavano mutilati
di un braccio, qualcuno strisciava privo delle gambe, ma a nulla potevano le armi
degli uomini contro creature già morte, niente poteva arrestarli. Mariti si
avventarono contro mogli in fuga trafiggendo i loro cuori con pugnali affilati anziché
dolci baci, bambini raggiunsero i genitori e li abbracciarono, soffocandoli con
i loro artigli neri. Intanto i guardiani della notte tentavano di mettere in
salvo sulle scialuppe quante più persone possibile, ma per ognuno che veniva
strappato alla morte, dieci cadevano sotto le lame dei cadaveri rianimati.
Ma gli uomini, si sa, sono
eccellenti sopravvissuti: sono deboli, senza particolari poteri, miseri ammassi
di carne e ossa; non sanno volare, né respirare sott’acqua; non sono più possenti
della maggior parte degli animali, non hanno armi naturali. Eppure
sopravvivono.
E infatti, lentamente, i non
morti furono costretti a recedere, il fuoco li divorò, la forza che teneva
insieme quelle membra sfatte venne meno, ed essi collassarono su sé stessi in
patetici mucchietti di ossa annerite.
“Ci siamo” gioì
silenziosamente. Spronò il cavallo fino a raggiungere il bordo del precipizio.
Sotto di sé poteva vedere l’intera valle trasformata in un immenso cimitero, e,
tra le tombe a cielo aperto, i piccoli uomini che si affrettavano a lasciare
quel luogo ora doppiamente maledetto. Ma non era ancora finita per loro.
Mentalmente diede l’ordine ai suoi fratelli: una nuova ondata di non morti
comparve istantaneamente e si gettò a capofitto dal dirupo, riversandosi come
una valanga nella valle sottostante; alcuni dei suoi fratelli si unirono a
loro. Diede un ordine all’ultimo che si mosse “Distruggere l’arma”; riusciva a
percepirne il potere persino da quella distanza. Era lì, nascosta da qualche
parte, l’unica arma in grado di annientarli. Ripensò a quella notte, di quasi
ottomila anni prima.
Piantò i sui occhi azzurri nei suoi e, lentamente, sollevò le braccia.
Ed eccoci qui, con questa piccola one-shot un po' assurda che la mia gentile mente ha partorito per voi.
Allora chi conosce già i miei precedenti lavori, sa che ho una passione per la "mitologia westerosiana" (?) e non potevo esimermi dal dare una mia personale interpretazione per queste straordinarie creature che sono i dolcissimi estranei ^_^
Devo ammettere che il progetto originario era di rendere gli Estranei meno umani, incapaci di vedere l'orrore compiuto, un po' come i leoni che uccidono una gazzella, mica capiscono di averla uccisa, non nel senso che intendiamo noi.... Però poi ho optato per una linea più soft... Perciò beccatevi un po' questa e, se volete, fatemi sapere che cosa ne pensate :)
_Jo