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Autore: RobertaShaira    27/09/2015    2 recensioni
[Cast The Flash]
Grant e Rick, dopo il finale della prima stagione, non si vedono per un lungo periodo di tempo. Tra di loro però è nato qualcosa di importante e la distanza li sta logorando, scalfendo il loro rapporto.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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“Apri la porta”.
Le tue parole mi risuonano dentro come un martello che picchia sul muro per infilarci dentro il chiodo. Ti insinui nella mia mente e non riesco a farti uscire. La tua voce, solo quello mi basta, per tornare a quando le nostre giornate non erano niente se non passate insieme.
“Aprimi, ti prego”.
Sono seduto sul divano con i piedi sul cuscino e le gambe in su, il mento appoggiato sulle ginocchia. Ti sento dietro la porta, sei così vicino eppure lontano anni luce. Per la prima volta da mesi ti ho a pochi metri di distanza. Ci separa una parete. Ci separa la mia incapacità di alzarmi da questo divano e venire ad aprirti. Ad aprirmi.
“Rimarrò qui finché non lo farai. Lo so che ci sei. Lo so che vuoi vedermi. Parlami.”
Una lacrima scende sul mio viso. Perché è vero, voglio vederti. Voglio parlarti. Voglio riaverti. Ma è passato troppo tempo. Stasera uscirà la tua nuova serie, quella che hai girato con altre persone che non sono io. Vedevo le tue foto e soffrivo. Eri sempre sorridente, splendido. Come il sole. Ed io mi sento come se vivessi in uno di quei posti in cui il sole non sorge mai, dove la notte regna sovrana.  So che anche io ho vissuto la mia vita mentre eri lontano, ma in realtà fingevo. Fingevo che mi andasse bene starti lontano, fingevo di non odiare gli autori per averti portato via da me. Non posso più fingere, non posso più.. Forse fingevi anche tu?
“Vai via. E’ inutile parlarne” sussurro. Ma non ti basta. Non desisti. Sai bene che senza di te non riesco a vivere. Sai bene quanto sono geloso del tuo nuovo ruolo e del ragazzo che dovrai fingere di amare. Sei qui proprio per questo, perché mi conosci e sapevi che avrei avuto bisogno di conferme, di certezze. Ma non puoi darmele, non puoi dirmi nulla che riesca a diminuire la distanza che c’è tra noi adesso.
“Non è inutile Grant. Niente è inutile quando si parla di te. Andiamo, dai. Aprimi. Parliamo. Mi sono fatto ore di viaggio per vederti. Vuoi che parli tutta la notte ad una porta chiusa?”
Mi sento proprio così, come se il mio cuore fosse dietro una porta chiusa, sbarrata, sigillata. Quando sei partito ce lo eravamo ripromessi, saremmo stati bene, non potevamo pretendere l’uno dall’altro che mettessimo in pausa le nostre vite fin quando non ci fossimo rivisti. Ma forse avremmo dovuto, forse avremmo dovuto assicurarci la salvezza dei nostri cuori. Non avremmo dovuto sottovalutarne la loro fragilità quando separati l’uno dall’altro. Ora sei qui dopo tutto questo tempo per fare cosa? Rincuorarmi? Rassicurarmi che nulla è cambiato? Non ci vediamo da mesi, diamine! Sentirti una volta si e una volta no durante la settimana non mi basta. A maggior ragione quando in sottofondo sento risate di persone che ti vivono ogni giorno mentre io non posso. Non dovrei avercela con te, non è colpa tua. Eppure ti odio così tanto per esserti fatto amare così tanto.
Lo sento che ti sei seduto a terra, non vuoi proprio arrenderti. Eppure quella porta mi sembra lontana chilometri. La guardo fisso e non riesco a trovare le forze neanche di immaginare di venirla ad aprire.
“Non ce la faccio. Rick, per favore, va’ via..” piango e sento il tuo pugno sbattere contro la parete. Odi sentirmi piangere. Odi quando sei tu a farmi piangere, volontariamente o meno.
“Non posso andarmene. Non capisci? Proprio non posso…” sembri rassegnato. Siamo questo l’uno per l’altro? Un motivo per piangere? Un rimpianto? Un illusione?
Mi asciugo le lacrime e calo i piedi sul pavimento. Devo trovare la forza di vederti. Dovrò farlo prima o poi. Ma non mi aspettavo fosse oggi, non mi aspettavo fosse adesso. Mentre aspettavo la messa in onda del tuo programma, che ho pubblicizzato come un matto perché voglio con tutto il cuore che tu abbia il successo che meriti anche se senza di me.
Mi alzo e lentamente mi avvicino alla porta. La distanza tra me e quel pezzo di legno svanisce pian piano, ma ogni passo è la scalata di una montagna. Sto superando le mie ansie, sto scalando il monte delle mie insicurezze, con un'unica certezza: mi basterà guardarti negli occhi per dimenticare tutto. Quello che è successo, quello che non è successo. Quello che non c’è stato in questi mesi. Abbasso la mano sulla maniglia e giro la chiave nella serratura. Apro la porta, mi affaccio lievemente e tu sei lì seduto a terra. Alzi lo sguardo e mi accechi con quelli che i comuni mortali chiamano occhi ma io so essere il filtro per la tua anima. Quegli occhi solitamente splendenti che ora sono rossi come fiamme per le lacrime quasi versate. Ma sorridi appena mi vedi, e mi illumini il cuore scaldandolo con la tua luce.
“Vieni, entra. Alzati da terra” dico sommessamente. Non mi riconosco neanche quando ti parlo in questo modo ermetico. Non mi sembro io, non mi sento io. Il sorriso sul tuo viso si affievolisce sentendo il tono della mia voce e lentamente ti alzi e ti avvicini a me. Indietreggio dalla porta e mi rifugio nuovamente sul divano nella stessa identica posizione di prima. Tu entri e chiudi la porta.
“Mi era mancato questo posto. Mi sei mancato tu.” Mi dici.
Ed io sprofondo con il viso tra le ginocchia. Non riesco ad ascoltarti. Perché so che questa situazione ha fatto male a te quanto a me. Ma so anche che sei più forte, o almeno ho sempre creduto che lo fossi. E so che sei circondato da nuove persone e che ti dimenticherai di me. O meglio, di questo non ho certezza, solo una dannatissima paura.
Ti avvicini e ti siedi accanto a me. Non puoi immaginare quanto ho desiderato sentirti così vicino. Ma il tempo è tiranno, quanto le nostre vite. Forse sono melodrammatico, ma dopo averti vissuto per così tanto tempo nel modo in cui ti ho vissuto, ora anche solo un minuto lontano da te mi sembra un eternità. Moltiplica quell’eternità per mesi e mesi e capirai cosa ho provato. Ma forse… forse l’hai provato anche tu?
Alzo la testa e ti guardo. Sei seduto con la schiena poggiata ed il viso rivolto verso il soffitto. Sembri ipnotizzato a guardare delle stelle invisibili, quelle che vedo risplendere nei tuoi occhi.
“Mi sei mancato anche tu.” Ti dico.
Ti volti verso di me e rimango inchiodato nel tuo sguardo. Mi sorridi. Mi sciolgo.
“Possiamo parlare?” mi implori. Ma non capisci che non hai bisogno di implorarmi. Non capisci che tutto quello che vorrei è poterti parlare ancora, di nuovo, senza porte , chilometri, città e distanze a dividerci.



“Vai via. E’inutile parlarne.” Davvero mi stai dicendo di andar via? Dopo tutto quello che c’è stato? Nonostante tutto quello che c’è? Sto odiando questa porta. Maledetto legno che mi separa dall’unica cosa che vorrei nella mia vita. Non posso arrendermi, non voglio arrendermi, non voglio andarmene, non posso lasciarti andare.
“Non è inutile Grant. Niente è inutile quando si parla di te. Andiamo, dai. Aprimi. Parliamo. Mi sono fatto ore di viaggio per vederti. Vuoi che parli tutta la notte ad una porta chiusa?” spero invano che mi crederai, che mi darai un opportunità, che la darai a noi. Odio saperti così distante, odio sentirti così distante avendoti dall’altra parte della parete. La vita ci ha divisi ma la distanza non ha sapore odore consistenza e significato. Noi ce l’abbiamo. Tu ce l’hai. Il sapore dei tuoi baci al caffè, l’odore del tuo bagnoschiuma dolce dopo la doccia, la consistenza della tua pelle sotto la mia, tu dai senso alla mia vita.
Niente. Non mi dici niente, non mi rispondi. Vuoi arrenderti? Vuoi definitivamente farla finita? Non possiamo. Non capisci che non possiamo?
Mi accascio a terra, lentamente. Il mio corpo cede a quel terrore insinuatosi appena l’idea della fine mi ha colpito come mille lame sottili in pieno petto.
“Non ce la faccio. Rick, per favore, va’ via..”. Non ce la fai? A far cosa? Ad aprire una dannatissima porta? Eppure lasciarmi qui fuori ti riesce così facile? Sbatto il pugno contro la parete e quasi mi faccio male. Non riesco a crederci. Non sei tu, non sei lo stesso ragazzo che si è fatto corteggiare spudoratamente agli inizi, non sei quello che mi ha baciato dietro le quinte con il rischio che qualcuno ci scoprisse, non sei tu che col costume di Flash sei venuto in piena notte a casa mia e mi hai fatto uno spogliarello solo per farmi sorridere perché in quel giorno ero di cattivo umore.
“Non posso andarmene. Non capisci? Proprio non posso…” sono rassegnato. Non posso davvero. Non ne ho né la forza né la capacità. Le mie gambe sembrano non rispondere più ai miei comandi, non riesco ad alzarmi, non riesco a pensare a nient’altro se non a questa maledetta porta e a quanto vorrei buttarla giù a forza di calci e pugni. Sento dei movimenti, ti sei alzato, ti stai avvicinando. Davvero stai venendo ad aprire? Ad aprirmi? Ad aprirti?
Ecco che la porta si muove lentamente ed è come se ti vedessi per la prima volta, stupendo anche se stanco e sfatto. Le guance gonfie, gli occhi lucidi, i capelli spettinati. Ma giurerei e griderei al mondo che non sei mai stato più bello di così. Non posso fare a meno di sorridere, anche in quella situazione, anche se mi hai trovato a terra come un idiota. I nostri occhi sembrano essere stati inventati per guardarsi.
“Vieni, entra. Alzati da terra” mi dici piano. La tua voce è un toccasana, un elisir, una panacea per l’anima.
Mi alzo e tu ti scansi, quasi come se avessi paura di me. Non voglio farti male, io voglio proteggerti dai mali del mondo. Io voglio amarti con tutto me stesso. Ma davvero ancora non lo sai? Davvero ancora non l’hai capito?
Varco la soglia e mi chiudo questa dannatissima porta alle spalle. Ma ora questa porta non mi lascia più fuori, adesso mi chiude qui dentro, insieme a te, ed inizio ad amarla un po’. Se potessi, non la aprirei mai più. La lascerei nella sua pace, nella sua fermezza, la lascerei in pace senza aprirla, sbatterla, toccarla mai più.
Ti siedi sul divano e ti chiudi a riccio. Mi sembri un cucciolo indifeso, mi sembri impaurito. Non voglio farti male. Non ho mai mai mai voluto farti male. Mi guardo intorno ed è tutto esattamente come l’ultima volta. C’è anche la nostra foto sul camino. Siamo davvero belli, io con un braccio sopra la tua spalla, sorridiamo, un sorriso vero di quelli che nascono nel cuore e passano per il viso per espandersi nell’area e rendere il mondo un posto migliore.
“Mi era mancato questo posto” dico guardando la foto. “ Mi sei mancato tu.” Ti dico guardando te ancora con la testa nascosta tra le gambe.
Nessuna risposta, nessun movimento. Mi avvicino e mi abbandono sul divano, con la testa a guardare il soffitto in cui riesco ad immaginare le stelle che abbiamo guardato insieme la prima notte di riprese. Mi perdo in quel ricordo, in cui eravamo ancora quasi sconosciuti ma ci sentivamo già legati, e ci trovammo a qualche metro di distanza a fissare il cielo. Solo noi due, mentre gli altri in mezzo a noi erano affaccendati a fare tutt’altro. Ricordo il preciso momento in cui ho abbassato lo sguardo e ti ho visto mentre abbassavi il tuo, i nostri occhi si sono incrociati con il riflesso delle stelle ancora rinchiuso in loro. E’ stato quello il momento in cui ho capito.
“Mi sei mancato anche tu.” Le tue parole spezzano il silenzio e mi riportano alla realtà, a quel momento. Mi giro e il tuo volto mi paralizza. Sei bello. Bello davvero. Bello come pochi. Bello come nessuno. Non riesco a non sorridere. Ed è questo l’amore, no? Qualcuno che ti fa sorridere anche nei momenti più bui? Qualcuno che ti basta guardare negli occhi per farti ridere il cuore.
“Possiamo parlare?” supplico. Ho bisogno che tu mi dica di si. Ho bisogno di te.



“Non abbiamo bisogno di parlare, non abbiamo niente da dirci” mi sento male a dirtelo ma è quello che sento. Non abbiamo bisogno di parlare, dovremmo solo abbracciarci e svanire in quell’abbraccio. Non abbiamo niente da dirci, a parte che ci amiamo ma questo lo sappiamo già. Mi guardi con aria confusa, atterrita, il sorriso che avevi poco fa svanisce pian piano dal tuo viso. Ma i tuoi occhi, quei maledetti occhi, mi gridano che mi ami e quell’urlo mi ferisce.
“La situazione è quella che è. Non possiamo farci niente. Hai visto anche tu come sono stati questi ultimi mesi. Non ci siamo visti mai. Nemmeno una volta. Sentire la tua voce un giorno si e uno no per quanto sia inebriante non è abbastanza. Non posso elemosinare alla vita una storia d’amore che si è così caparbiamente decisa a non darmi.” Le parole mi escono fuori insieme alla lacrime. Mi sto facendo del male e lo sto facendo anche a te. Ma non posso fare altro. Non possiamo fare altro. Per quanto potevamo continuare così? Qualcuno doveva trovare la forza di dirlo.
Resti a fissarmi con gli occhi spalancati. Non ti aspettavi niente di tutto questo, probabilmente era meglio se ti avessi lasciato fuori e avessi fatto parlare una porta chiusa al posto mio. Quegli occhi enormi in cui mi sono sempre perso, ora sono totalmente persi mentre mi guardano. Continuano a gridare, quasi a farmi male, urlano che mi ami.
Abbassi lo sguardo. Ti alzi dal divano e cammini per la stanza. Non dici una parola. Ti avvicini alla porta. Forse vuoi andartene, senza dirmi niente. D’altronde cosa potresti dirmi? Cosa ti ho lasciato da dirmi?
Appoggi una mano sul legno liscio, appoggi anche l’altra. Sembri sfinito. Ti ho sfinito. Non avrei mai voluto, mai, mai voluto farti così male.
Con la testa abbassata inizi a parlare.
“Ho odiato questa stramaledetta porta. Sai? Ma ho capito una cosa. E’ solo una porta.” Rimani in silenzio per qualche attimo. Con le mani ancora poggiate sul legno volti leggermente il viso verso di me, puntandomi i tuoi occhi addosso.
“Le diamo il potere che vogliamo, a questa porta. Possiamo chiuderla. Possiamo aprirla. Socchiuderla. Spalancarla. Sfondarla. Blindarla. Siamo noi a farne quello che vogliamo.” Mi dici ancora con gli occhi fissi nei miei. Non riesco a schiodarmi dal tuo sguardo, sono ipnotizzato.
Ti stacchi dalla porta e ti avvicini piano a me. Ogni passo una parola.
“Apri”
“La”
“Porta”
Ora sei davanti a me, a qualche passo, alzo la testa per guardarti meglio. Sei un adone, sei un Dio, non posso credere di averti avuto. E non posso credere di averti perso.
 



Mi stai guardando con uno sguardo che non riesco a decifrare. Hai capito cosa voglio dire? Hai capito cosa voglio da te? Voglio che ti apri a me, davvero. Perché se l’avessi fatto seriamente qualche mese distanti non ci avrebbe distrutti così tanto, così irrimediabilmente. Io ti amo, dannazione. Ti amo con tutto il mio cuore. Non posso perderti, perderei me stesso.
“Apri la porta, fallo per me. Fallo per noi…” ti ripeto. Mentre mi guardi ancora spaesato e confuso. Distogli lo sguardo e ti passi una mano tra i capelli, lo fai sempre quando sei agitato, quando non sai cosa dire.
Ti alzi spiazzandomi un po’. Non ho idea di cosa farai. Ho paura che mi allontanerai per sempre. Ho paura che mi caccerai via. Non ho idea di cosa farei.
“Mi dispiace…” eccolo lì il colpo al cuore. Mi stai lasciando. Mi stai uccidendo. Non farlo non farlo non farlo ti prego se mi hai mai amato non lo fare.
“Mi dispiace di essere arrivato a questo punto. Sono stato un bambino capriccioso. Ma avevo paura. Così tanta pausa che la tua nuova vita fosse mille volte migliore di me. Che quel tipo… fosse migliore di me. Che avessi voltato pagina, che sentirmi fosse un impegno, un obbligo. Lo so, mi faccio mille paranoie.”
Mi dici come un fiume in piena. Un fiume di parole che mi travolgono e non so bene cosa stai cercando di dirmi. Vuoi.. scusarti? Lasciarmi? Spiegarti? Dimmi di più ti prego, ho bisogno di capirti.
“Io ti amo.” L’intero mio cuore si rilassa, in quell’istante. Non me lo avevi mai detto prima. Mai. Nemmeno quando ci siamo salutati alla mia partenza. Nemmeno quando abbiamo fatto l’amore la prima volta.
“Ti amo tanto anch’io” mi affretto a risponderti senza darti il tempo di rimangiartelo.
Ti avvicini piano e io ti bacio. Sono tornato a casa. Nessun’altro potrà mai prendere il tuo posto. Le tue labbra, il tuo calore e il tuo amore sono la mia dimora. Una dimora che mi divora da dentro e non mi lascia via d’uscita. Non ho via di scampo da te ma non voglio averla. Ti prendo la testa tra le mani e non ti lascio. Sei mio. Sono tuo. Hai finalmente aperto la porta del tuo cuore, hai annullato la distanza. L’unica distanza che contava, l’unica che faceva la differenza, l’unica che ci teneva separati.



Mi sento leggero come non mi sono mai sentito. Nemmeno la prima volta che abbiamo fatto l’amore mi sono sentito così. Forse avevo paura. Forse non mi sono mai lasciato andare veramente perché sapevo che sarebbe finita. Sapevo che te ne saresti andato. Ma non è finita se non lo vogliamo noi. E tu, sei tornato. Torni sempre. E ci sei anche quando non ci sei. Devo smetterla di chiudermi le porte in faccia, devo smetterla di farmi così tanto male. Devo smetterla di non credere in me, in te, in noi.
Ti ho detto che ti amo. Ti ho aperto la porta del mio cuore. Entra, entra pure amore mio. Perché io sono tuo, e tu sei mio. Scompaio nel tuo bacio, tra le tue mani che mi avvolgono ma non mi imprigionano, piuttosto mi liberano. Entra, ti prego, e riempi il vuoto che ho faticato a scavarmi dentro. Entra, la porta è finalmente aperta. L’ho fatto per te, per me, per noi. 
   
 
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